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‘I ragazzi della III F’, il romanzo di formazione ambientato negli anni ’80, di Marco la Greca

Ragazzi

"I ragazzi della III F" di Marco la Greca, edito da Morellini, è un romanzo di formazione ambientato negli anni Ottanta dentro e fuori le aule del Liceo Orazio di Roma. I protagonisti sono quattro ragazzi alle prese con l'ultimo anno di scuola, nel loro passaggio da studenti ad adulti. L'autore conduce il lettore in un emozionante viaggio attraverso il decennio degli anni Ottanta, un periodo che ha segnato profondamente molte generazioni, in particolare all'anno della maturità. tra amicizie, amori, speranze, paure, walkman e canzoni cantate a squarciagola.

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‘Mother Water Blues’ il romanzo sulla boxe di Elia Rossi

Boxe libro

Mother Water Blues è il nuovo romanzo dello scrittore Elia Rossi, pubblicato da Durango Edizioni sul mondo della boxe, a metà tra romanzo di formazione e opera conoscitiva scaccia pregiudizi su uno sport abbastanza dvisivo. Con una narrazione moderna, riflessiva e attenta Elia Rossi porta il lettore all’interno di una storia avventurosa e combattiva. Con ironia l’autore fa conoscere il mondo della boxe con i due personaggi che interfacceranno tra loro. Così Elia Rossi parla della scrittura: <>.

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Premio Bancarella 2023: trionfa Francesca Giannone con “La portalettere”

A conquistare il Premio Bancarella 2023 è Francesca Giannone con il romanzo d'esordio  La portalettere di Editrice Nord. Ieri 16 luglio 2023 nella piazza di Pontremoli, in Lunigiana,  si è tenuta la cerimonia di premiazione della 71esima edizione del popolare Premio Bancarella, organizzato dalla Fondazione Città del Libro, presieduta da Ignazio Landi e dalle Unioni Librai Pontremolesi e delle Bancarelle. Il primo scrittore ad aggiudicarsi, la prima edizione del premio nel 1953, è stato Hernest Hemingway. Nell'albo d'oro dei vincitore si annoverano, tra i tanti, gli illustri Boris Pasternak, Oriana Fallaci e Umberto Eco.

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‘Le due vite di Tu’, il romanzo di formazione di Aldo Cernuto

tu

Solo dalle ferite può uscire un respiro vitale, che coincide con un cambiamento esistenziale che ha il sapore di una pacificazione familiare: è questo uno dei messaggi che contiene il romanzo di Aldo Cernuto, copywriter e direttore creativo in network pubblicitari, dal titolo Le due vite di Tu, romanzo di formazione sotto forma epistolare che non risparmia al lettore un doppio finale. Le due vite di Tu racconta i due momenti contrapposti della vita del protagonista: nella prima parte l’autore si concentra sulla nascita fino all’adolescenza di un bimbo in apparenza ritardato, figlio di genitori separati.

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‘La spirale dell’estate’, il nuovo romanzo di spionaggio di Enzo Verrengia

estate

La spirale dell'estate è il nuovo romanzo dello scrittore  Enzo Verrengia, autore di testi teatrali, di cabaret e sceneggiature per gli albi di Martin Mystère. Collabora con La Gazzetta del Mezzogiorno, Conquiste del Lavoro e La Verità. Verrengia ha pubblicato i racconti comici de La notte degli stramurti viventi, editi in digitale da Delos Books, per la quale ha firmato anche Lo scritto di sangue (2018), e la trilogia Morte a Venezia (2019), Il mondo finisce a Berlino (2020) e Finale di caccia (2021). Con lo pseudonimo di Kevin Hochs ha firmato per la collana “Segretissimo” di Mondadori i romanzi di spionaggio Sandblast (2008), Sturmvogel (2011), Targeting (2014) e Watchdog (2015). Ha rivisitato Stevenson con L’eredità di Hyde (PIEMME, 2013). Suoi i saggi Divora il prossimo tuo (Avagliano, 2004), Complottario (Avagliano, 2006) e Millennial (Pellegrini, 2017)

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‘Cose da bambini’ di Toni Brunetti: l’incredulità di fronte alla brutalità del mondo

Cose da bambini

In Cose da bambini, ambientato tra il 12 dicembre 1969 e il 31 dicembre 1970, che è al contempo romanzo di formazione e thriller, c'è la periferia violenta di Milano sullo sfondo. Il protagonista vive nel problematico quartiere dell'Anello. Ma siamo davvero certi che quella fosse una Milano minore? Comunque in primo piano c'è la vita del giovanissimo protagonista, Marco di soli 11 anni, sospeso tra il mondo dei cosiddetti pari, con tutti i suoi conflitti come ad esempio la guerra delle clave, e quello familiare, in cui troviamo i contrasti dei genitori e della sorella più grande.

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‘L’amica geniale’: il romanzo del ricordo sulle età della vita, di Elena Ferrante

Le due bambine si tengono la mano su per la scala buia e polverosa della vita. Il loro mondo è quello di un rione povero di Napoli, pare un paese sperduto, la città è appena dietro la collina ma sembra già un’altra realtà. Nelle strade, fra i palazzi la voce della violenza impesta l’aria, memorie di tempi lontani che affondano le radici ben prima della nascita delle due protagoniste di quest’ultimo libro di Elena Ferrante, L’amica geniale (edizioni e/o, pp. 329, € 18). L’infanzia di Lila e Lenù è un’infanzia di brutalità, di pietre in faccia, di sangue, di urla contro i genitori, di voli fuori dalla finestra scaraventate da padri imbufaliti. I bambini riproducono i comportamenti degli adulti, delle proprie famiglie, l’odio si rigenera nei figli eppure una strada alternativa sembra spalancarsi di fronte alle due ragazzine: la scuola, se sei bravo, se brilli la maestra ti apprezzerà e così l’intero rione, e chissà, forse potrai andare via, scrivere un romanzo e diventare ricco e famoso. E Lila era bravissima, aveva imparato a leggere da sola, sapeva fare i conti a mente a una velocità fulminea, pur essendo ribelle e fastidiosa in classe. Noi la guardiamo crescere attraverso gli occhi dell’amica Lenù, voce narrante, che la trova talmente intelligente che i suoi sentimenti d’affetto si mescolano spesso all’invidia e a un senso d’inferiorità e d’impotenza. Lenù è la ragazzina buona e diligente che non ha nulla di quel demone geniale che scorge così potente nella sua amica. Tenta di starle dietro, studia solo per cercare di superarla. Tutto inutile, Lila è troppo. Almeno Lenù si sente bella, è bionda e paffuta, Lila invece no, è così magra che sembra rachitica, con quei capelli neri sempre arruffati. Ma l’infanzia finisce e l’adolescenza stravolge tutto, Lila non può proseguire gli studi perché i genitori sono troppo poveri. Solo Lenù continuerà la scuola e sarà l’unica sua ricchezza, l’unica forza. E se per un po’ Lila tenta di starle dietro studiando latino e greco sulla panchina del giardino pubblico, e divorando romanzi presi in prestito nella biblioteca della scuola, ben presto comincerà a infuocarsi per altro, ad esempio per la politica che sembra finalmente dare “motivazioni concrete, facce comuni al clima di astratta tensione” che avevano respirato nel quartiere. “Il fascismo, il nazismo, la guerra, gli Alleati, la monarchia, la repubblica, lei li fece diventare strade, case, facce, don Achille e la borsa nera, Peluso il comunista, il nonno camorrista dei Solara, il padre Silvio, fascista peggio ancora di Marcello e Michele, e suo padre Fernando lo Scarparo, e mio padre, tutti tutti tutti ai suoi occhi macchiati fin nelle midolla da colpe tenebrose”. Quelle di Lila sono passioni brucianti che si consumano in un baleno. Ma se la scuola non è più per lei un modo per mostrare al mondo quel suo stile da fuoriclasse nel frattempo Lila è diventata bella, sensuale e corteggiatissima, sempre al centro dell’attenzione, immischiata più che mai nei meccanismi violenti del rione, tra spasimanti, fidanzati, fratelli, progetti imprenditoriali per arricchire la famiglia e un matrimonio ambiguo tra amore e convenienza. Questa è la storia dell’evolversi della vita attorno a quella stretta di mano nata durante l’infanzia. Le bambine crescono, cambiano, si osservano, si invidiano, si stimano, si amano. Sono l’una l’amica geniale dell’altra, lo specchio dentro cui osservare se stesse e la povertà di Napoli. Contro ogni aspettativa Lila, ribelle e fulminante, sembra affondare sempre più le sue radici tra i palazzi del quartiere, Lenù invece, nella sua insicura pacatezza comincia a desiderare di diventare altro, volare via. Non è questo un romanzo dalle grandi rivelazioni, di quella violenza del sud incancrenita e tramandata di generazione in generazione s’è già parlato molto, da Sciascia fino a Saviano. Eppure la scrittura luminosa di Elena Ferrante imbriglia la lettura e la trascina. E la storia è viva più che mai, le due ragazzine crescono sotto i nostri occhi con tutte quelle sfumature psicologiche che danno un’impronta profonda alla narrazione. La casa editrice e/o ha annunciato per i prossimi mesi altri volumi di Elena Ferrante sulla giovinezza, la maturità e la vecchiaia delle due amiche ‘geniali’. Sarà un raro esempio di romanzo di formazione italiano?

Due bambine si tengono la mano su per la scala buia e polverosa della vita. Il loro mondo è quello di un rione povero di Napoli, pare un paese sperduto, la città è appena dietro la collina ma sembra già un’altra realtà. Nelle strade, fra i palazzi la voce della violenza impesta l’aria, memorie di tempi lontani che affondano le radici ben prima della nascita delle due protagoniste di quest’ultimo libro di Elena Ferrante, L’amica geniale (edizioni e/o, pp. 329). L’infanzia di Lila e Lenù è un’infanzia di brutalità, di pietre in faccia, di sangue, di urla contro i genitori, di voli fuori dalla finestra scaraventate da padri imbufaliti. I bambini riproducono i comportamenti degli adulti, delle proprie famiglie, l’odio si rigenera nei figli eppure una strada alternativa sembra spalancarsi di fronte alle due ragazzine: la scuola, se sei bravo, se brilli la maestra ti apprezzerà e così l’intero rione, e chissà, forse potrai andare via, scrivere un romanzo e diventare ricco e famoso. E Lila era bravissima, aveva imparato a leggere da sola, sapeva fare i conti a mente a una velocità fulminea, pur essendo ribelle e fastidiosa in classe. Noi la guardiamo crescere attraverso gli occhi dell’amica Lenù, voce narrante, che la trova talmente intelligente che i suoi sentimenti d’affetto si mescolano spesso all’invidia e a un senso d’inferiorità e d’impotenza. Lenù è la ragazzina buona e diligente che non ha nulla di quel demone geniale che scorge così potente nella sua amica. Tenta di starle dietro, studia solo per cercare di superarla. Tutto inutile, Lila è troppo. Almeno Lenù si sente bella, è bionda e paffuta, Lila invece no, è così magra che sembra rachitica, con quei capelli neri sempre arruffati.

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