La versione di Aristotele? E’ davvero un’ottima scelta, perché è stata pensata per fare un dispetto al pessimo ministro dell’Interno che attualmente abbiamo. Ruota intorno al concetto che è l’amicizia con gli altri che tiene in piedi le città, Aristotele è un uomo che la sapeva lunga. Bravi al ministero, hanno scelto un brano che dà inizio alla Resistenza contro il nuovo fascismo. (fonte ANSA).
Questo il commento di Luciano Canfora al testo della versione di maturità classica di quest’anno, un brano dell’Etica Nicomachea di Aristotele. Eppure non serve essere né filologi classici né storici dell’antichità per rimanere perplessi di fronte ad un’ affermazione come questa. Precisiamo quindi un piccolo e insignificante dettaglio trascurato da Canfora: “l’amicizia che tiene in piedi le città” – si badi bene: non solo nel pensiero di Aristotele, ma nell’humus generale della cultura greca antica fino almeno all’Ellenismo – è quella tra cittadini, ossia individui di sesso maschile, adulti e formati dalla polis, che addirittura, con la Legge sulla cittadinanza di Pericle (451/450 a.C.) dovevano avere entrambi i genitori ateniesi. Tutti gli altri – meteci, figli illegittimi, donne, stranieri di passaggio, schiavi) erano in condizione di inferiorità; potremmo dire, con Orwell, che nella polis tutti gli uomini sono uguali, ma alcuni sono più uguali di altri, con quel che ne consegue in termini di diritti. I barbari (xenoi barbaroi) è persino superfluo nominarli: Aristotele con un non-greco che non conoscesse la sua lingua non ci avrebbe mai nemmeno parlato.
Detto ciò, possiamo alternativamente imputare a Canfora o una disarmante ignoranza – ma, dato il curriculum studiorum e le numerose pubblicazioni in materia di storia greca, sembra decisamente poco plausibile – o un’altrettanto disarmante malafede. Perché va bene, professore, che entrambi i suoi genitori fossero in prima linea a militare contro il fascismo e che lei voglia calcare le loro orme: il pensiero politico di un individuo è faccenda personale che non può essere messa in discussione. Quello che invece deve essere messo in discussione è il fatto che un intellettuale del suo calibro cada in un errore storico così grossolano per portare acqua ad un mulino, che di questi tempi è, peraltro, già strabordante di suo e, mi creda, non ha bisogno del suo intervento. Lei che, da insegnante, in classe insegnerà sicuramente a non manipolare la storia, a non giudicarla, a non cadere in beceri anacronismi, a non prestarsi a mistificanti riletture ideologiche, lei, un esimio professore, si mette sotto i piedi tutta la sua onestà intellettuale e ci suggerisce, surrettiziamente, che Aristotele fosse un teorico dell’integrazione del mondo antico, addirittura modello per noi contemporanei.
Se volessimo fare come lei, professore, utilizzando indebitamente, a nostro uso e consumo, l’autorità di un filosofo come Aristotele per leggere e interpretare meccanicamente il presente, allora le diremmo che contro questi barbaroi (i migranti), che parlano una lingua incomprensibile, che vengono da paesi caldi, che non conoscono la democrazia e che invadono senza permesso le nostre coste, noi dovremmo organizzare una terza guerra persiana.