Le contraddizioni del papa nordamericano Lenny Belardo proseguono. ll quinto episodio di The Young Pope è, finora, dal punto di vista narrativo e visivo il più intenso di questa prima della fiction, dimostrando che si può essere aggressivi e delicati nell stesso tempo. Paolo Sorrentino sembra abbia dato libero sfogo a tutta la sua arte, tutta la sua ossessione per il cinema, facendo provare allo spettatore una vasta gamma di emozioni. Nel quarto episodio vi sono riferimenti all’abbandono da parte dei genitori di Lenny che consentono con la loro presenza/assenza di far emergere nuove sfaccettature del rapporto tra Papa Pio XIII e il Cardinale Dussolier (Scott Shepherd), amico d’infanzia e compagno di solitudine nell’orfanotrofio dove sono cresciuti insieme, accuditi dall’amorevole Suor Mary (Diane Keaton). Durante una passeggiata notturna tra i due per le strade di una Roma deserta, tra alberghi e paninoteche ambulanti dove cercare e trovare una prova dell’esistenza di Dio, Paolo Sorrentino fa a meno di flashback visivi de La grande bellezza optando per una strizzatina d’occhio ad Habemus Papam di Nanni Moretti sintetizzato acutamente in una breve “fuga” degli amici dai confini vaticani. Un’ esigenza di Lenny di ritornare alle proprie origini, al “famigliare” riflettendosi in chi come lui ha subito il trauma della mancanza di una famiglia anche grazie all’uso di flashback che mostra il Papa e il Cardinale bambini, alludendo ad un “miracolo” del quale Lenny non si sente ancora pronto a parlare né con Dussolier né con Suor Mary.
Paolo Sorrentino e il suo indecifrabile Papa
Man mano che si va avanti con gli episodi, ci rende sempre più conto della straordinaria bravura di Jude Law sul quale Paolo Sorrentino scolpisce un personaggio a tutto campo, completo, contraddittorio e ambiguo e personaggi-chiave che contribuiscono a proteggere il refrain dei dialoghi, dei gesti, delle azioni e dei pensieri espressi o reconditi che in un vortice sorprendente inizialmente celebrano e subito dopo mettono in discussione l’esistenza di Dio. Le inquadrature e le sequenze sono naturalmente “sorrentiniane”, visionarie e cariche di suspence e sarcasmo, originalissime, di cui la ridondanza, il compiacimento, l’infantile narcisismo sono ormai parte integrante e appaiono necessari per raccontare ateismo e cattolicesimo in poche riprese.
Come il quarto episodio, anche il sesto di The Young Pope rievoca un’attualità verosimile. E lo fa attraverso la doppia vita, ecclesiastica e privata, di Dussolier, il Caso Kurtwell affidato al neo Cardinale Gutierrez (Javier Cámara) e il rapporto Stato-Chiesa. Ed ecco che spunta un giovane e rampante premier italiano (Stefano Accorsi) che si scontra con l’ambiguo pontefice nordamericano, scontro fatto di botta e risposta, una gara a chi ha l’ultima parola riguardo tematiche spinose come quelle sulle unioni civili, divorzio, aborto, otto per mille e addirittura revisione dei Patti Lateranensi. Argomenti sfruttati da Paolo Sorrentino per approfondire la sua personale riflessione sul potere, le tattiche mass mediatiche, unite alla filosofia del marketing.
In questi due penultimi episodi regista premio Oscar ci mostra il dietro le quinte delle stanze del potere ed un Papa sempre più fermo decisionista, machiavellico, conservatore, contro sacerdoti omosessuali o sessualmente attivi che ha deciso di allontanare dalla Chiesa con conseguenze drammatiche di cui avremo conto nei prossimi ultimi due episodi.
Non dimentichiamoci che anche in questi due episodi accanto al grandioso e carismatico Papa-Jude Low, giganteggia Silvio Orlando nella parte del colto cardinale napoletano dalla lingua biforcuta Voiello, inafferrabile e astuto, di cui non deve essere data per scontata la sua buona fede: non meraviglierebbe infatti se la sua fosse una strategia per togliere di mezzo questo Papa XIII dalla Chiesa Cattolica.