L’esposizione Sergio Monari. Rifrazioni dell’Antico, a cura di Niccolò Lucarelli e promossa da Sovrintendenza Capitolina ai Beni Culturali, Assessorato alla Crescita culturale di Roma Capitale, sarà ospitata al Casino Nobile dal 5 ottobre 2019 al 6 gennaio 2020.
Era dal 1993 che Roma non accoglieva una mostra sull’artista Sergio Monari; molto più ampia di quella ospitata a suo tempo al Teatro Argentina, in questa di Villa Torlonia l’artista sceglie di inserire le sue opere non in un luogo asettico ma in un edificio già ricco di storia, di simboli e di significati. Le diciotto sculture allestite nello spazio neoclassico del Casino Nobile sono ispirate a temi e personaggi della mitologia greco-romana, cercano il dialogo con le opere della collezione Torlonia, in un gioco di reciproco arricchimento e reinterpretazione.
L’allestimento si dispiega, opera dopo opera, su capitoli modellati in forma di umane sembianze, pulsioni, aspirazioni, dubbi e timori: la poesia, l’amore, la guerra, il destino, il tempo, la morte. Fisicità e concettualità s’incontrano e compongono una vivace agorà, specchio di una polis complessa e contraddittoria, assai lontana da quella vagheggiata da Platone, in cui l’avidità divora l’essere umano.
L’opera Migrante preda, cuore concettuale della mostra, simbolo della coraggiosa pioniera Medea che lascia la terra natia con la volontà di far incontrare la sapienza di due mondi lontani, suggella metaforicamente l’incontro della scultura di Monari con Villa Torlonia e la collezione di statue antiche, così come quello fra la sua Colchide e la nostra Corinto.
Accompagna la mostra un catalogo in forma di libro d’artista, edito da Montanari di Ravenna, con testi del curatore e della critica Raffaella Salato.
Sergio Monari (Bologna, 1950) ha avviato l’attività artistica nei primi anni ottanta riscuotendo ben presto consenso di critica e di pubblico sia in Italia che nel mondo.
La prima mostra estera di Monari risale al 1986, a Lubiana, e nel corso del tempo si sono aggiunte anche Parigi e New York. Nel 1984 e nel 2011 è invitato a esporre alla Biennale di Venezia, mentre nel 2015 una sua opera è stata scelta per la rassegna “Tesori d’Italia”, all’Expo di Milano.
Si sono occupati della sua opera importanti critici fra i quali Calvesi, Crispolti, Manzoni, Portoghesi e Tomassoni.
Dall’anno accademico 2006/2007 Monari è docente di Tecniche e materiali della scenografia e di Scultura al corso di Scenografia del Melodramma, nella sede cesenate dell’Accademia di Bologna.
Il segno di particolare, forte idealizzazione, cui Sergio Monari sottopone il proprio linguaggio scultoreo, presuppone una identificazione tra scultura e poesia il cui significato non è per niente comune agli usi molteplici che il dizionario odierno ha fatto o non ha fatto dell’ idea di scultura; e soprattutto, in evidente disaccordo con quanto per solito si ascrive alla desinenza Iaocontesca che liquida ogni residua immaginazione ausiliaria all’antica omologia tra arte della parola e arte plastica.
Come ha giustamente affermato Luca Cesari, un’implicazione che giustifica tutt’oggi – e non per via di parafrasi – l’angolatura della diversa abilità al disegno e alla pittura che talora esibisce lo scrittore – (nonché alla scultura, se ricordiamo il caso di C. G. Jung). Nel caso di Monari si tratta di un’implicanza non meno esemplare, avvertibile anche all’impronta, osservando le sculture tonde (e gli oggetti che meritano di essere scrutati come altrettante, straordinarie, figure a tondo) le quali non vanno pensate sotto il segno di una tragica speranza di reagire al non senso, al senza nesso della storia attuale mercè l’intonazione al sublime e una neoantichità appena ironica riconnessa a tutto quel che potrebbe riprodurre un segno archeologico di Mancanza e insieme di Castigo.