I punti di vista elettorali: proporzionale e maggioritario

Si potrebbe dire, usando una metafora, che il sistema elettorale, quale esso sia, è il punto di vista, e la democrazia il paesaggio. A seconda del punto di vista il paesaggio sarà diverso. Se dunque il sistema elettorale fosse proporzionale si avrebbe un certo tipo di panorama politico, se ci fosse un sistema maggioritario, ce ne sarebbe un altro.

In sintesi cos’è il proporzionale concettualmente: esso prevede che in base ai voti che prendi, si ha proporzionalmente un numero di rappresentanti in Parlamento. Dunque per il proporzionale la rappresentatività varrebbe più della governabilità, qualora esse fossero in contraddizione. Nell’ ipotesi tuttavia di tre poli, come sembrano essercene adesso, tutti più o meno al 30%, nessuno vincerebbe. Che fare? Il maggioritario, che prevede un premio di governabilità, fa diventare maggioritario colui che vince e/o supera una certa soglia, dandogli cioè un sovrappiù di parlamentari per raggiungere la maggioranza e governare, altrimenti si potrebbe rivotare di nuovo, ma se il risultato non dovesse cambiare, si ritornerebbe al caos, quindi di nuovo al voto, quindi di nuovo al caos etc… Per il maggioritario la governabilità vale quanto e più della rappresentatività, perché il contrario, il caos, è più pericoloso di un premio aggiuntivo.

Attualmente, sia in caso di voto con i due sistemi elettorali diversi per Camera e Senato, sia in caso di una riforma omogenea tra le due camere, si sta profilando di fatto un sistema proporzionale. Va precisato che il sistema perfetto in astratto non esiste, esistono sistemi più funzionali, a seconda delle circostanze politiche, storiche, istituzionali, sociali che un certo Paese sta vivendo. Dunque non esiste il miglior sistema in assoluto, ma il migliore in un certo periodo.
Il proporzionale può essere sfruttato in due modi: può certificare la predominanza elettorale effettiva di un certo partito, può cioè saldare al potere chi di fatto è vincente, perché fa corrispondere al suo peso, già di suo maggioritario, il numero di seggi corrispondenti. In questo caso il maggioritario è nei fatti, e il proporzionale lo registra e convalida.

Il proporzionale può essere però anche la spia non di una forza, ma di tante debolezze. Si potrebbe prevedere, pur senza averne ovviamente la scientifica certezza, che in Italia il voto dimostri l’esistenza di tre poli politici, PD/centro sinistra, Centro destra, Movimento 5 stelle. Tre poli a circa il 30% l’uno. Così è difficile che uno solo possa governare. Il sistema proporzionale, cioè tot voti si traducono in tot seggi, senza premi di governabilità aggiuntivi, non permetterebbe a nessuno di vincere né di governare appunto. Allora perché sceglierlo? Perché in fondo la possibilità rimanere vivi e con la forza attuale è molto più forte della paura di ridursi tanto a causa di un vincitore unico con il maggioritario: in un sistema maggioritario infatti uno solo è destinato a superare, anche artificialmente il 50% dei seggi, e gli altri ne risulterebbero fortemente, forse enormemente ridimensionati. Essendo tutti per ora deboli alla pari, il sistema proporzionale permettere loro invece di sopravvivere alla pari. Nessuno vince, tutti vincono, cioè in un’ottica politica miope, tutti sopravvivono.

Anche il maggioritario può essere usato in due modi: può dare a chi già di suo è predominante, un premio che ne assecondi la forza elettorale conferendogli un numero aggiuntivo di seggi che traduca la sua forza in governabilità. E’ in fondo un proporzionale di sostanza, perché registra la forza effettiva di uno dei poli, e la governabilità diventa una conseguenza della sua forza, non un privilegio illegittimo e eccessivo in termini di seggi. Può però anche essere usato per far vincere forzosamente la maggiore minoranza, troppo numericamente debole per avere diritto a quel premio. In questo caso, più che un maggioritario sarebbe, giocando con le parole, uno sproporzionale.

Ora, nel nostro panorama politico si hanno effettivamente tre poli, tutti più o meno equivalenti, e un sistema elettorale doppio, uno per la Camera, uno per il Senato. Con una sintesi semplificata li si possono definire entrambi proporzionali. Alla luce di quanto detto non si possono definire i tre poli forti uguali, ma deboli uguali, e per questo più interessati a un proporzionale del secondo tipo. Non che nessuno di loro non punti, se possibile, a vincere e ottenere la maggioranza, ma è davvero probabilissimo che nessuno di loro vinca, tanto vale allora rimanere nei rapporti di forza attuali o leggermente modificati con il proporzionale.

C’è anche un altro dato di fatto, il proporzionale attuale ha una soglia di sbarramento per entrare in Parlamento al 3%, cioè facilita l’entrata in Parlamento dei piccolo partiti, e dunque anche l’entrata in gioco. I seggi di questi piccoli potrebbero essere la differenza necessaria a governare per uno dei due poli, sinistra o destra, essendo i 5 stelle una lista unica volontariamente.
Se si dovese fare un patto serio tra un grande e altri piccoli, la possibilità di raggiunger il 40% (soglia per ottenere il premio di governabilità) non sarebbe più così difficile. Ma un patto può anche essere un ricatto da parte del piccolo, rendendo sì accessibile il premio e il governo, ma poi rendendolo precario nella sua azione ed esistenza stesse.

Qui entra in gioco un ultimo fattore, i leader. Leader capaci riuscirebbero a gestire con dignità e competenza sia un sistema proporzionale che uno maggioritario. Non farebbero del proprio comando una priorità, ma cercherebbero di far funzionare il sistema, facendo patti seri, se non dovessero riuscire a superare il proporzionale, o varando un maggioritario che non storpi la rappresentanza delle opposizioni/minoranze nell’altro caso.

 

 

Dal maggioritario al proporzionale: l’intesa tramontata sulla nuova legge elettorale

Pur non riuscendo a realizzare l’accordo sulla legge elettorale, il modo in cui tale accordo era stato possibile getta luce sui suoi protagonisti, è dunque interessante analizzare i motivi profondi che hanno spinto tutti a mettersi d’accordo sulla legge proporzionale.
Nessuno vuole il proporzionale, quindi? Quindi lo fanno. L’unico accordo fattibile, si potrebbe logicamente pensare, è escludere fin dal principio il proporzionale. Le dinamiche sottese a questo cambio di rotta permettono di far vedere se una classe dirigente sia o no Politica.

In sintesi cos’è il proporzionale concettualmente: esso prevede che in base ai voti che prendi, si ha proporzionalmente un numero di rappresentanti in Parlamento. Ottimo, detto così è democrazia pura, salvo poi avere magari tutti partiti, ipotesi, al 30%, così nessuno vince, tanto da avere la maggioranza del 50 più 1 per cento e governare. Che fare? Il maggioritario, che prevede un premio di governabilità, fa diventare maggioritario colui che vince e/o supera una certa soglia, dandogli cioè un sovrappiù di parlamentari per raggiungere la maggioranza e governare, altrimenti si potrebbe rivotare di nuovo, ma se il risultato non dovesse cambiare, si ritornerebbe al caos, quindi di nuovo al voto, quindi di nuovo al caos etc… Per il maggioritario la governabilità vale quanto e più della rappresentatività, perché il contrario, il caos, è più pericoloso di un premio aggiuntivo.

Tutto inizia con la fine della Prima Repubblica (dove c’era il proporzionale) e il referendum in cui la stragrande maggioranza degli italiani vota per un sistema maggioritario. Così si formano due poli, centro destra e centro sinistra, si alternano, e questa alternanza maggioritaria, seppur limitata dai ricatti dei piccoli partiti, era uno dei pochissimi e invisibili lasciti positivi del berlusconismo. Ecco il nostro prima attore, Berlusconi e Forza Italia, da sempre schierati per il maggioritario e da esso a loro volta supportati. Quando però iniziano a perdere consensi (più del 50%!), allora, sapendo di non vincere, Berlusconi, un idealista maggioritario, inizia a dire che vuole il proporzionale. Cioè poiché non vince lui, allora non vuole vinca nessuno, per diventare poi fondamentale per offrire i proprio voti al più potente non vincitore e fare insieme un governo (larghe intese). Non c’è male per uno dei fondatori del maggioritario in Italia. Va anche detto, a favore dell’azione di Berlusconi, che qualora rinunciasse ad essere lui l’ago della bilancia, lascerebbe nel suo campo un vuoto politico colmabile da attori potenzialmente peggiori. Sopravvivere può dunque non essere solo egoismo politico, ma avere un effetto, forse non voluto ma positivo, di riaggregazione futura e moderata del centro-destra.

Renzi e il PD. Renzi, lo ricordiamo tutti, fa approvare l’italicum, probabilmente la legge elettorale più marcatamente maggioritaria che la Repubblica italiana abbia mai avuto, tanto da farsi accusare di autoritarismo implicito etc… Lui conferma questa impostazione dicendo che non avrebbe mai fatto il leader di un governo destinato a stare a galla, perché senza vera maggioranza non sarebbe stato possibile riformare il Paese. Ora il proporzionale con i tre poli attuali al 30% porterebbe proprio a questo. Ma lui si è accorto che non è in grado di ottenere la maggioranza, non lo era più neppure con l’italicum, ormai comunque parzialmente bocciato dalla corte costituzionale, non lo è sicuramente ora, dove i successi del suo governo sono, a livello costituzionale ed economico, approssimativi, momentanei, superflui, forse neppure effettivi. Ora, visto che non può vincere, ma non se ne vuole andare, preferisce comunque rimanere a galla che sparire, preferisce rinnegare il maggioritario, e fare di tutto per essere uno degli attori della futura ingovernabilità, piuttosto che andarsene dignitosamente, dopo essere stati sconfitti lui e la sua (evidentemente falsa) volontà maggioritaria. Se non può far parte dell’ordine vuole far parte del caos, in un nuova declinazione dell’importante è partecipare, proprio da chi sembrava non voler far altro che vincere. Anche per Renzi va dato atto che un tentativo maggioritario, seppur scomposto, discutibile e bocciato, è stato cercato, e che nel suo eccessivo leaderismo, ha però confermato una certa vocazione maggioritaria. Non è escluso che possa in futuro ritentare la strada di un maggioritario, accettando per ora il gioco proporzionale, perché impossibilitato a imporre il maggioritario.

Come ultimo partito del vecchio sistema troviamo la Lega, la vecchia maggioritaria Lega. Salvini, suo leader, esperto di complessità, di fronte al problema del futuro probabilissimo caos con il proporzionale, invece di cercare di spingere per il maggioritario, ha detto di accettare qualsiasi cosa pur di andare a votare. Convinto che gli italiani apprezzino le risposte semplici (semplicistiche) e chiare rispetto ai problemi. Da un lato questa determinazione può dargli l’immagine di una determinazione e un orientamento al risultato che non pochi italiani potrebbero apprezzare, ma è anche vero che se dietro tale semplicità, non ci fosse la chiarezza ma piuttosto l’assenza di una visione complessa, il problema tornerebbe nel momento in cui dovesse governare. E’ pur vero che Salvini è il più piccolo degli attori parlamentari per ora in gioco, sa di non poter influire su quale sistema varare, ma solo assecondarlo, quale che sia, e velocizzare il voto. E’ una strategia, forse pragmatica, forse miope. Si deve attendere per capire.

Si arriva ora al Movimento 5 stelle. Non si deve pensare ai 5 stelle del 2013-15 per capire cosa vogliono dalla legge elettorale. Bisogna pensare ai 5 stelle dopo la vittoria di Virginia Raggi come sindaco di Roma. A prescindere dai meriti e/o demeriti effettivi di questa giunta, è emerso tuttavia ai leader dei 5 stelle la consapevolezza che una maggiore preparazione in vista di un possibile futuro loro governo nazionale sarebbe necessaria. Certo hanno, soprattutto la base, un’idea della rappresentanza che si sposa molto meglio con il proporzionale che con il maggioritario, ma alla luce di quanto appena detto, è anche vero che la possibilità di non vincere li aiuterebbe ad avere altri anni a disposizione per formarsi come forza di governo preparata e sicura di sé. Poco credibile appare la formula d’emergenza da loro proposta: il governo di minoranza parlamentare. Per definizione un governo non è della minoranza, perché per governare gli serve la maggioranza, così, ammesso che riescano a vararlo in Parlamento (dove avrebbero solo la minoranza dei voti per la fiducia) su ogni legge dovrebbero chiedere il voto a qualcuno (ma loro non li chiedono) e per averli dovrebbero trattare (ma loro non trattano) e scambiare qualcosa nella scrittura delle leggi, perché coloro a cui si chiedono i voti vorranno giustamente partecipare alla stesura (ma loro non scambiano). E’ chiaramente emerso un problema di selezione della loro classe dirigente. Tra loro sono infatti emersi, grazie ad un sistema piuttosto precario, sia leader capaci che pessimi, ma è un difetto che una forza di governo deve limitare al massimo. La selezione è la base della futura azione di chi sarà selezionato. Per ora il rischio è di sprecare le intenzioni e le energie positive con leader che forse non sanno esprimerle. E’ tuttavia vero che il movimento è forte, al contrario degli altri partiti, a prescindere dai suoi leader, escluso Grillo, ma per l’idea di innovazione che è riuscito a trasmettere.

Questa è la nostra classe politica, che non ha classe, non è Politica, ma purtroppo sì, è la nostra. Nostra vuol dire che viene da noi, fa parte di noi, e finché gli italiani saranno quello che saranno, lo sarà anche la classe politica e viceversa. Non è un circolo irreversibile, ma è il circolo che c’è ora.

Trump si confronta con il siciliano e i siciliani mentre cerca di arrivare al G7 di Taormina

Trump sta guidando con un auto in affitto per raggiungere il G7, ovviamente usa un tom tom russo, la voce si chiama Putin

Trump: Digita Naviga verso… : Ma dove lo facevano? Ah sì Taormina! – Andando si imbatte in due uomini pelati, uno più giovane, sopra i 40, uno molto più anziano

Si ferma e chiede indicazioni, pur avendo paura che possano essere dei profughi messicani, sia perché ha sentito che in Sicilia ne sbarcano parecchi, anche se non riesce a capire come facciano i messicani, pur di arrivare negli Stati Uniti, a prendere delle barche e cercare di passare dalla Sicilia, comunque rischia.

Trump: Dasvidania – saluta in russo, la sua lingua madre.
Montalbano: Eh, ma che minchia di lingua parlasse?
Trump: Are you mexicans? I’m Donald Trump, voi chi siete?
Montalbano: Montalbano.
Trump: No, non da dove venite – sapeva che in Italia molti paesi iniziano con Monte etc… – chi siete?
Montalbano: Pe o culo mi pgghi? Montalbano sono.
Trump: And you?
Andrea Camilleri: Camilleri.
Trump: So, Montalbano and Camilleri, sto cercando Taormina.
Montalbano: Qui sei a Vigata.
Trump: Ok, quanto dista dal muro col Messico questa Vigata?
Montalbano si gira verso Camilleri: Ma chistu è chillu che ce l’ha con il clima?

Camilleri: Chistu ce l’ha con tutti.
Trump: Oh – sbotta – stop boys, ti ho riconosciuto a te sai – dice rivolgendosi a Camilleri, e questi pensa che si riferisca ai suoi libri, al teatro etc… ma sopravvaluta Trump -Tu ti sei schierato con il comunista greco, Tsipras, I ricord – perché come i provinciali italiani credono che l’inglese si formi storpiando l’italiano, Trump crede che l’italiano abbia la struttura dell’inglese, anche se con parole diverse, quindi appunto ricordare è ricord.
Camilleri: Feci anche altro

Trump: Which altr?
Camilleri: Ho rivoluzionato in qualche modo sia l’italiano che il siciliano, rendendoli una cosa unica, il vigatese, parlato dal commissario Salvo Montalbano, il protagonista, dove non si distingue il dialetto dalla lingua nazionale, così da risultare al tempo stesso comprensibile ai non siciliani, ma familiare ai siciliani.
Trump era sconvolto, in Sicilia non usavano il messicano!
Camilleri: Comunque qui nei mie libri ci sono anche le cartine, tenga, si orienti. – gli passa il primo romanzo su Montalbano, La forma dell’acqua.
Trump ride: L’acqua non ha forma, ne era sicuro.
E’ una metafora, cioè le cose possono assumere la forma manipolata che si vuole, come fa lei con le sue politiche.

Trump: Yes metafora… Yo entiendo. – e li guarda sperando di fare bella figura con lo spagnolo.
Montalbano non ne può più: Sceeemo sei, ma pecchè non te ne andasti, eh?
Trump: Ok keep calm Montalban! – e sgomma via.

27 maggio 2017, G7 di Taormina

Gentiloni: Cosa studi Donald?
Trump chiude un libro che sta ripetendo ad alta voce: Spagnolo, così capisco cosa dicono gli immigrati che cercano di invadere il mio Paese.
Gentiloni: Posso vedere? – Trump gli passa La forma dell’acqua di Camilleri – Spagnolo?!
Trump: Yes, ho incontrat due immigrati messicani qui da voi.
Gentiloni: Messicani!?…

Hermann Hesse, Berlusconi, Renzi e la salvazione di Maria Elena Boschi

Renzi: Babbo?
Berlusconi (con un agnellino in braccio): Dimmi Matteo.
Renzi: Che ne dici dell’iniziativa di domenica, i miei stanno ripulendo Roma dai rifiuti.
Berlusconi: Matteo, per ripulirla i tuoi… non dovevano esserci.
Renzi: Dai Babbo, sai che i miei sono anche i tuoi.
Berlusconi: Sì lo so, scherzavo, concedi ad un vecchio pregiudicato i suoi scherzi. Comunque ti ho sentito cantare ieri, che canzone era?
Renzi: Mah niente, La guerra di Ferruccio, diciamo che cerco un futuro anche in altri campi, oltre la politica.

Boschi: Ma la politica serve proprio ad occuparsi di altri campi! – interviene all’improvviso – tipo le banche.
Renzi: Ci servirebbero scrittori che non si occupino di politica, non so, tipo quel tedesco, Herman Hesse, non sarebbe possibile parlarci?
Boschi: Dovrebbe stare in una casa di cura.
Berlusconi: Anche noi.
Boschi e Renzi: Babbo!!!!
Berlusconi: Scusate, scusate.

I due gigli si recano così a trovare Herman Hesse

Casa di cura di Montagnola, Svizzera

Boschi: Monsieur Hesse, buongiorno!
Renzi: Maria, guarda che è tedesco.
Boschi: Appunto
Renzi: Come appunto? Herr Hesse.
Hesse: Che volete?

Renzi: Vorremmo che lei facesse un appello, tipo quello degli intellettuali a favore della prima guerra mondiale e dell’intervento, quello di Thomas Mann e altri, però al contrario, cercando di convincere gli artisti e gli intellettuali a non impegnarsi, ad esempio nei suoi libri, il Lupo della steppa, Narciso e Boccadoro, in Siddharta, lei non dice che la pace è più importante dell’impegno? Che impegnarsi è inutile, meglio stare da parte? Invece in Italia i giornalisti pensano che il titolo li renda scrittori, e che scrivere significhi attaccare, insultare.

Hesse: Vedete, herr Renzi e frau Boschi, io non ho mai voluto impegnarmi direttamente, ma non vuol dire che non mi sono impegnato, i miei protagonisti cercano la pace, ma non fuggono dalla verità, cercano la tranquillità, ma non a costo di perdersi.

Boschi: Sì, come vuoi, ma tu alla fine non hai rotto le scatole al potere.
Hesse: Ho cercato di parlare all’anima delle persone, da quelle, dal basso, il potere può essere cambiato, ma ho anche parlato contro una certa mentalità, contro il sistema prussiano, oppure a favore di un Europa che sia grande, come da tradizione umanista, una vera Europa.
Renzi: Ma a noi sulla mentalità andrebbe pure bene, ma in Italia si fissano con la morale, e sono i primi a essere immorali, speravo che fra “amici” delle caste ci potessimo capire.

Hesse: Invece…
Renzi: Già, magari potremmo fare pressioni per fare avere un Nobel per De bortoli, comprarlo, che dici Maria Elena, queste riesce a farle bene?
Boschi: Matteo piantala, o lascio il governo!
Renzi: Magari – sussurra lui – Allora d’accordo, farai l’appello?
Hesse: No.
Renzi: Come no?
Hesse: No.
Renzi: Come no? – Renzi sta impazzando, qualcuno gli dice no, e continua a ripetere “come no, come no, come no”…

Dalla casa di cura gli infermieri lo sentono e arrivano a prelevarlo.

Renzi: Lasciatemi, Maria Elena! Maria! Lasciatemi! Dì a Gentiloni di intervenire con la Svizzera, dillo ad Alfanooooooo!!!!

Boschi: Allora stai fresco. – Intanto sorride e pensa che un conto è fare cazzate da scagnozza, un conto come capo, ora non rischiava più di essere lasciata a casa, era lei che lasciava a casa Renzi… casa di cura. – Caro Hermann, credo in qualche modo di avere ottenuto comune qualcosa da quest’incontro, non si preoccupi per il manifesto, anzi la citerò nella mia prossima riforma.

Hesse: Frau boschi, come ho già scritto, anche un orologio rotto segna l’ora giusta due volte al giorno, io credo che lei non le abbia ancora incontrate le sue due ore, anche se lei credeva fossero il governo e la banca…

La guerra di Ferruccio

Continua a far discutere l’ultimo libro del giornalista Ferruccio De Bortoli, dedicato al tema dei ‘poteri forti’ italiani, per il passaggio sul caso della Banca Etruria. lo stesso De Bortoli ha sostenuto durante la trasmissione Otto e mezzo su La7 sul caso Boschi che “La Banca Etruria è una storia di massoneria”. Il sottosegretario Maria Elena Boschi ha annunciato querela.

 

Riveli sepolto in un libro di tua mano,
non è uno scherzo non è il fatto quotidiano,
che se lo inventa dalle pagine dei rossi,
ma sono i mille imbrogli dei Boschi

Lungo le sponde del mio torrente
voglio che scendano i gigli argentati
non più le cazzate dei raccomandati
portati in braccio da quella demente
Così ti calunniava ed era inverno
e come gli altri verso l’inferno
governi triste come chi deve
de Bortoli sputa contro una delle tue allieve.

Fermati Ferruccio, fermati adesso
lascia che il giglio magico ti passi un po’ addosso
dei miei sms in battaglia ti porti la voce
“Chi fece la fonte ebbe in cambio una croce”…

Ma tu non lo udisti e il libro vendeva
con le pagine piene di bava
ed arrivasti a ottener la querela
in un bel giorno di primavera.

E mentre marciavi con la minaccia in spalle
vedesti la Boschi in fondo alla valle
che aveva il tuo stesso identico umore
ma la faccia di un altro colore.

Querelalo Maria Elena, querelalo ora
e dopo una querela querelalo ancora
fino a che tu non lo vedrai esangue
cadere in terra e coprire le sue malelingue

“E se lo querelo in fronte o nel cuore
soltanto il tempo avrà per morire
ma il tempo a me resterà per vedere
vedere gli occhi di un uomo che muore”.

E mentre gli usi questa premura
Ferruccio si volta, ti vede e ha paura
ed imbracciata l’editoria
non ti ricambia la cortesia.
Cadesti in terra senza un lamento
e ti accorgesti in Parlamento
che il tempo non ti sarebbe bastato
a chiedere un avvocato per ogni peccato.

Cadesti in terra senza un lamento
e ti accorgesti in Parlamento
che la tua Banca finiva quel giorno
e non ci sarebbe stato un ritorno.

“Boschetta mia querelare di maggio
ci vuole tanto troppo coraggio
Boschetta bella dritta all’inferno
avrei preferito mandartici io quest’in inverno.”

E mentre l’avvocato ti stava a sentire
dentro alle mani stringevi della tua banca le lire
dentro alla bocca stringevi pressioni
troppo gelate per scioglier Ghizzoni.

Dormi sepolta dal fatto quotidiano
non è Ferruccio non è la mia mano
che ti fan cadere dal seggio dei gigli grossi
ma sono i mille imbrogli dei Boschi.

Dopo le primarie Renzi chiede allo scrittore Mauro Corona di fare una statua per celebrarlo

Renzi: Ragazzi voglio fare il botto!
Graziano Delrio: Cioè?

Renzi: Dopo le primarie voglio indire le letterarie per celebrare la mia vittoria.
Maurizio Martina: Cosa?
Renzi: Sì, come con gli antichi romani con i giochi nell’arena, solo che stavolta faremo partecipare tutti i più grandi letterati che conosco.
Delrio: Quali consoci?
Renzi: Proprio l’altro ieri è uscito un bel discorso di Marine le Pen, la candidata alle presidenziali francesi.
Delrio: Era copiato da Fillon, un altro candidato.
Renzi: E allora? Devono celebrare me, no?
Delrio: Sì.
Renzi: E io non ho copiato?
Delrio: Chi?

Renzi: Beh, direi la destra a tutto tondo, ma a volto scimmiotto anche i cinque stelle, ah, poi Obama per le frasi a effetto, ultimamente il candidato liberale francese Macron, con lo spot elettorale In cammino, insomma chi non copia è perduto! Tu, Maria Elena, parteciperai con il tuo inedito Riforma Boschi.

La Boschi titubante: Posso essere esentata? Sai, ho già fatto un bel po’ di figure di… non so come dirlo…
Renzi: Sì, lo so, la parola che cerchi è merda, figure di merda, ma se era per quelle neanche rivincevo le primarie: in Italia non ci giudicano per quelle, questo è il bello di questo Paese, quindi se siamo politici e ci votano, possiamo pure essere scrittori e ci leggeranno.
Boschi: Se lo dici tu, chi convochiamo?

Renzi: Beh anche Augias e Galimberti, ho letto un articolo su un Blog, ‘900letterario, molto approfondito sulla loro esperienza nel copia-incolla e nega. Andate a leggerlo e reclutateli, io devo uscire, parto, vado a Erto, da uno scrittore vero, Mauro Corona, avete mai letto qualcosa?

Boschi: No.
Renzi: Figurati.
Boschi: Tu?
Renzi: No, ma so che fa anche lo scultore.

Erto

Renzi bussa alla porta di casa di Corona: Mauro!
Mauro Corona: Chi è?
Renzi: Il premier.
Mauro Corona: Gentiloni?
Renzi: No, Renzi.
Mauro Corona: Ok, corretto entra, cosa vuoi?

Renzi: Una statua per celebrare la vittoria alle primarie.
Mauro Corona: Hai mai letto un mio libro?
Renzi: No, ma cosa c’entra?
Mauro Corona: No, immagino che per te non c’entra nulla, ma leggiti La fine del mondo storto.
Renzi: Scusa, questo invece l’ho letto, ma in quel libro dicevi che le risorse non sono infinite e che un giorno saremo costretti a tornare a prima della tecnologia.
Mauro Corona: Più correttamente a riscoprire ciò che sapevamo fare prima della tecnologia.
Renzi: Cioè non potrò più mandare tweet?!?!
Mauro Corona: Che sono?
Renzi: Sono cinguettii.

Mauro Corona: Che!!!?? Tu cinguetti!!!??
Renzi: Come te lo spiego? Io scrivo il mio pensiero in140 caratteri.
Mauro Corona: Ti avanzerà spazio immagino…
Renzi: A volte sì, ma lo riempio con gli astag.
Mauro Corona: Era ironico.
Renzi però non ci bada: Non potrò più usare le slides?
Mauro Corona: Che??!!
Renzi: Sì sono dei files con cui faccio sembrare che dico tutto, ma poi non lo dico.
Mauro Corona: E figurati se lo fai.

Renzi: Esatto!
Mauro Corona: No, era una battuta anche questa.
Renzi: Cosa?
Mauro Corona: Lascia perdere.
Renzi: E non potrò più fare il “Matteo risponde”?
Mauro Corona: E che è?
Renzi: La gente scrive e io gli rispondo.
Mauro Corona: Con i fatti?
Renzi: Che??!! Questa volta è lui a rimanere stupefatto: Certo che no: la gente non li vuole.
Corona dopo un po’di silenzio… : Finalmente abbiamo trovato una cosa su cui siamo d’accordo. Ti farò la statua.

Renzi: Grazie il regime ti ricompenserà… ops scusa, il reame, ops scusa, è che dormo poco, il governo.
Mauro Corona: Certo, basta che mi lasciate in pace nelle mie montagne. Rileggi il mio libro!
Renzi: Certo! Però questa storia che non si può usare la tecnologia, praticamente mi impedisce di governare.
Mauro Corona: Scusa, ma pensa al mio libro, cosa sapeva fare l’uomo prima dell’uso della tecnologia? Non governa l’uomo forse da migliaia di anni? Non faceva politica prima dell’Iphone, del pc?
Renzi: Sì, ma…
Mauro Corona: … non riusciva a prendere così tanto in girio la gente.
Renzi: Su questo ti correggo, cambia lo strumento, non la presa in giro.

Al momento di ritirare la statua Renzi va da Corona, dicendo: Ho riletto il libro, alla fine non è così male, il fatto che i più forti si adattano e sopravvivono, ci posso stare, io sono così.

Corona: Non i più forti, i più umili, e più sono umili, più imparano, e imparano che l’ “uguale” e non il “più” ci rende simili.
Renzi: L’uguale!? Ma questa è sinistra!!! -grida spaventato e scappa via dimenticandosi perfino della statua.

Corona ride, sapeva che alla fine Renzi non avrebbe retto al libro e alla parola “sinistra”, e divertito, sapendo che ormai sarebbe tramontato anche il concorso letterario, scopre la statua di Renzi… : Accidenti, la faccia mi è venuta con i capelli ricci, gli occhi spiritati… vabbè, cercherò di venderla a grillo, tanto i falsi e i fanatici si assomigliano sempre, mentono tutti e due… e lo sanno tutti e due. – Poi confronta questa statua con la prima copia… che gli era venuta senza capelli, di bassa statura e con un grande sorriso berlusconiano.

Corrado Augias e Umberto Galimberti frequentano un corso per rimanere copioni e privilegiati

Corrado Augias e Umberto Galimberti frequentano un corso per rimanere copioni e privilegiati: “Corso per rimanere famosi e in una casta privilegiata”.

Galimberti legge, è entusiasta, prende il cellulare…
Augias: Pronto?
Galimberti: Pronto, ciao ho trovato una soluzione a quei nostri problemi…
Augias: Ti riferisci alla copiatura, al plagio delle opere?
Galimberti: Esatto!
Augias: Ma è un corso sicuro? Cioè poi ci garantisce che non perderemo l’onore comunque?
Galimberti: Macché onore, non è con quello che siamo qui, forse all’inizio, forse…
Augias: Vabbè, vale la pena vedere.

Galimberti: Ok inizia domani, ci vediamo lì davanti, domani ci spiegano tutto, chi sono i docenti, il programma etc…

Augias e Galimberti si siedono e dopo poco, entrano i docenti. Marianna Madia, copiatrice di parte della tesi di dottorato, Valeria Fedeli, falsificatrice di curriculum per l’aggiunta di una laurea non presa, Giampaolo Scafarto, carabiniere esperto in falsificazione di intercettazioni (un omaggio all’epoca del digitale). Poi ovviamente e giustamente in Italia, viste appunto queste competenze, la prima è ministra della Pubblica Amministrazione, la seconda è ministra dell’Istruzione pubblica, il terzo è presente in omaggio all’era del digitale.

Fedeli: Bene, oggi cominciamo con il modulo:
Copiar m’è dolce in questo mare.
Madia: Continueremo con:
M’illumino di plagio.
Scafarto: E finiremo con il classico:
Chiaro, fresco e dolce oblio.
Madia: Oh, ma abbiamo tra noi due Padri del nostro genere, un bell’applauso per Corrado Augias e Umberto Galimberti!

Loro due sono imbarazzati, ma poi la platea, composta da gente abituata a truccare tutto ciò che produce, non fa che applaudire e così già si sentono più a loro agio.
Madia: Alzate le vostre opere vi prego!
E così entrambi i campioni della fama immeritata alzano i loro scritti accusati, Augias alza Disputa su Dio e dintorni scritto insieme all’ignaro del plagio Vito Mancuso, e Galimberti alza… beh ne ha portati alcuni, avrebbe potuto portarli tutti.
Fedeli: Fate un discorso vi prego.
Platea: Discorso, discorso, discorso…
Galimberti sta per aprire bocca ma… non ha nulla da cui copiare, proprio in quel momento, e rimane muto.

La folla capisce che proprio questa è la migliore dimostrazione di quanto sia importante copiare per non sembrare stupidi come Galimberti in quel momento, quindi c’è uno scrosciare di applausi senza fine. Anche Augias applaude sperando che si dimentichino di far parlare anche lui.
Poi i due scrittori, ricolmi di allori, escono e commentano.

Augias: Per fortuna non ho dovuto parlare, tu alla fine hai un pensiero copiato, puoi rivenderlo, essere professore di filosofia ti permette, ti obbliga ad avere un pensiero.
Galimberti: Guarda che ho un pensiero!
Augias: Sì, ma è degli altri.

Galimberti: Io sono un greco! E odio i cattolici! Sono anticlericale e dunque ho ragione!
Augias: Spero che i greci non ti sentano, i cattolici li odio anche io…comunque io invece non ho neanche la scusa della filosofia. Copio e basta. Poi com’è finita con l’università di Venezia?
Galimberti: Figurati non mi hanno fatto nulla, solo un monito, che vuol dire chiacchiera, che vuol dire nulla. A te com’è andata con Mancuso quando l’ha saputo? Quanto amo questi teologi “ateiggianti”
Augias: Ho detto che non lo sapevo che era un passo di qualcuno. Crede che debba giustificarmi, ma non ci saranno conseguenze penali.

Galimberti: Lo vedi? L’importante è rimanere in Italia, qui nessuno ci farà pagare nulla, perché altrimenti, nei posti dove siamo noi, dovrebbero pagare quasi tutti. E soprattutto essere invitati in trasmissioni dove gente come noi giganteggia accanto agli ignoranti che non si accorgono se diciamo cazzate.
Augias scoppia a ridere e, anche se ateo, ringrazia Dio.

Lo scrittore Erri De Luca, il governatore della Campania Vincenzo De Luca e la pentastellata Valeria Ciarambino di fronte al potere

Vincenzo De Luca: Entri, entri.

Erri De Luca: Grazie. – si ritrova in un’enorme sala affrescata con le gesta di… guarda meglio, raffigurazioni in stile rinascimentale di Vincenzo De Luca contro i titani, De Luca domatore di cavalli come Ettore, e poi De Luca e… la fondazione di Salerno, con sottoscritto a.D. 0.

Vincenzo De Luca: Lo so cosa si sta chiedendo.
Ma Erri è come inebetito.

Vincenzo De Luca: A. D. 0. Non sta per anno Domini, ma per anno De Luca.
Erri De Luca: Eh!!?? Veramente poi ero perplesso su tutto.
Vincenzo De Luca: Sì, sotto c’erano dipinti barocchi etc… sa, quelle borbonate assurde, non so se capisce il riferimento, ma i Borbone sono spagnoli, mica napoletani, almeno credo, e comunque il mondo è cambiato, ci sono io, non loro, quindi dipinti miei, non loro, li ho fatti coprire con queste nuove opere d’arte. Anche l’arte deve progredire.

Erri De Luca: Non so se gli invasati si possano definire geni.
Vincenzo De Luca: Non cerchi di offendermi, io sono un tipo calmo, non rispondo con insulti, ma non si approfitti.
Erri De Luca: No, non risponde, lei comincia proprio con gli insulti.
Vincenzo De Luca: Non l’ascolto, piuttosto pensi a Van Gogh, un pazzo, si tagliò l’orecchio, ma dipinse da genio.

Erri De Luca: Lei sarebbe come van Gogh?
Vincenzo De Luca: Ahaha, non cadrò nei suoi giochi di parole, voi scrittori le usate perché non avete altro.
Erri De Luca: Che strano, lo avrei detto dei politici?
Vincenzo De Luca: Si sbaglia, dietro le nostre parole c’è altro, ben altro…
Erri De Luca: I secondi fini?
Vincenzo De Luca: Il popolo, che è con me!
Erri De Luca: Quello camorrista sicuramente…
Vincenzo De Luca: Una minoranza quasi inesistente, e poi non ho chiesto io i loro voti. Comunque si sieda davvero. Le offro qualcosa e le dico perché l’ho fatta chiamare. Ecco sì, prenda pure. – e gli avvicinò un bicchiere…

Erri De Luca beve ma poi… sputa tutto: Ma che è?
Vincenzo De Luca: Aceto, un piccolo omaggio al suo libro Aceto, arcobaleno, dove parla di quei tre. La vita è aceto, dolore.
Erri De Luca: Non solo, è senso.
Vincenzo De Luca: E’ la politica a dare senso alla vita delle persone.
Erri De Luca: La politica o il potere?
Vincenzo De Luca: E’ la stessa cosa.
Erri De Luca: E comunque se crede di aver fatto un riferimento colto si considera troppo.
Vincenzo De Luca: No, non c’è n’è mai abbastanza di me, mi creda, c’è troppo poco De Luca in questa regione.

Erri De Luca: Ho un altro parere.
Vincenzo De Luca: Sì lo so, lei è sempre contrario, non importa chi sta al potere, lei odia il potere, ho letto il suo libello, Parola contraria, interessante mescolanza di stupidità mal scritta e invidia fin troppo evidente, lei mi sembra un rancoroso ormai idiota.
Erri De Luca sta per esplodere: Lì parlavo del diritto al dissenso contro la Tav al nord. Sono sicuro del resto che l’idiozia la riconosce come in uno specchio.
Vincenzo De Luca: Comunque vorrei confrontarmi con lei su che cosa sia la politica, proprio partendo dal quest’ultimo libro.

A Erri De Luca parve quasi che ci fosse la possibilità di non dover buttare all’aria proprio tutto delle intenzioni di quell’uomo: – Va bene.
Vincenzo De Luca: Perfetto, inizierei da questo. – Vincenzo De Luca si piega e si rialza con un sanpietrino in mano che tira in testa a Erri De Luca, dicendo – Questo incita a fare lei in quel libro, vero?
Erri De Luca ormai a terra tramortito, nella confusione mentale che lo prende, gli sembra di vedere addirittura una foto in bianco e nero di Salerno dietro il governatore. Sopra c’è Salerno a. D. per dire ante De Luca: tutto bosco, sotto Salerno a. D. per dire anno De Luca 0: una metropoli simile a Berlino. – Io non dico questo, non incitavo alla violenza, infatti sono stato assolto.
Vincenzo De Luca: Anch’io, ma…
Intanto sentono bussare alla porta.

Vincenzo De Luca: Oh, l’onorevole regionale Ciarambino, la nostra chiattona, che ci fa qui? Ha fame? Se vuole può mangiarsi De luca, lo scrittore ovviamente.
Valeria Ciarambino si avvicina velocemente alla scrivania del governatore, ma la stanza è lunga…
Vincenzo De Luca: Ha ricevuto il mazzo di fiori?
Valeria Ciarambino: Come no, li ho portati con me.
Vincenzo De Luca: Come mai?
Ma lei lo ignora.
Vincenzo De Luca: Risponda! Cos’è, non ci vede più dalla fame?
Valeria Ciarambino: Io ho fame della verità!
Vincenzo De Luca: E allora, bella chiattona mia, non sarai mai sazia, a voi grillini la verità basta solo se la cucinate voi.
Ma ormai la Ciarambino è addosso a De Luca.
Vincenzo De Luca: Ma che fai!?
Lei lo prende per la testa e gliela sbatte ripetutamente sulla scrivania fino a ucciderlo.
Erri De Luca cerca di fermarla ma…
Valeria Ciarambino: Sei dalla parte del potere forte, dovevo immaginarlo che eri un’ipocrita – e afferra anche lui, che per un attimo, guardando la Ciarambino urlare a bocca aperta ha davvero paura che lei possa mangiarlo, ma lei si limita a … uccidere anche lui.

Non andò nessuno a reclamare i corpi delle vittime, né il popolo per Vincenzo De Luca, né i no tav per Erri De Luca, così nell’ignoranza più completa, i becchini che leggono solo che il cognome di entrambi è lo stesso, li seppelliscono insieme, come fossero parenti.
Sulla lapide il marmista, che deve incidere nomi e date, non sa che lì sono seppellite due persone, pensa ce ne sia una sola, così invece di scrivere, come gli era stato detto:
Erri e Vincenzo de Luca, A.D. 2017
scrive:
Eri Vincenzo De Luca, A.D. 2017

Valeria Ciarambino mai scoperta come assassina di entrambi, diventa governatrice della Campania e nel discorso d’insediamento dice: Il popolo campano è libero da un governatore infame, che ha voluto uccidere il suo omonimo, prima di suicidarsi.

5 anni dopo la stanza del governatore è affrescata con la Ciarambino che sconfigge i titani, doma i cavalli…

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