Giuseppe Tomasi di Lampedusa e Giorgio Bassani commentano Salvini in occasione dei 60 anni dell’Unione europea

25 marzo, manifestazione dei sovranisti contro la celebrazione di 60 anni dei Trattati di Roma. Entra Salvini sul palco, mentre tra il pubblico sono presenti gli scrittori Giuseppe Tomasi di Lampedusa e un amico, Giorgio Bassani. Salvini compare con la sua solita felpa, questa volta con su scritto “Gattopardi”.

Tomasi di Lampedusa è un po’ perplesso: Ma che scritta si è messo?
Salvini inizia a parlare: Noi fummo i Gattopardi, i Leoni; quelli che ci sostituiranno saranno gli sciacalletti, le iene; e tutti quanti Gattopardi, sciacalli e pecore continueremo a crederci il sale della terra
Tomasi di Lampedusa: Ma è il mio libro!
Bassani: Non ti arrabbiare subito, vediamo cosa dice. Qualche volte anche Salvini dice cose giuste…
Salvini: Contro quest’Europa che ci affama, che ci incatena, contro una moneta che ha distrutto la nostra economia, io oggi non voglio ricordare l’Unione europea, ma un grande scrittore, uno di noi, Giuseppe Tomasi di Lampedusa!
Tomasi di Lampedusa: Uno di noi! Della lega nord! Io sono siciliano!
Bassani: In effetti, ma sai è politica, retorica, lascia parlare, sai poi ora la lega è diventata nazionale, non è più solo lega nord.
Tomasi di Lampedusa: Quindi ora la Lega ama anche il sud?
Bassani: No, solo che odia l’Europa più del sud.
Tomasi di Lampedusa: Quindi gli serve il sud…
Bassani: …per uscire dall’Europa.
Tomasi di Lampedusa: E poi magari…
Bassani: …si separa dal sud…
Tomasi di Lampedusa: …per ritornare in Europa con il nord a velocità massima.
Bassani: Sì, credo che il trucco sia questo.
Tomasi di Lampedusa: Il piano sarebbe geniale, se non fosse che deve essere lui ad attuarlo, assomiglia a quello della canzone, come si chiama?
Bassani: Gabbani, quello vestito da scimmia?
Tomasi di Lampedusa: Sì, solo che lui si mascherava da scimmia, Salvini invece ci somiglia proprio.

Nel frattempo Salvini finisce il discorso tra le urla della gente vestita, chi da vichingo, chi da guerriero celtico… chi da imbecille. Il leader del carroccio si mescola alla folla per salutare tutti – uno gli fa anche il saluto romano quando passa, ma lo colpisce in faccia, perché calcola male la distanza – solo che quando passa davanti a Tomasi di Lampedusa e a Bassani, non li riconosce, soprattutto il primo.

Tomasi di Lampedusa: Ma come, cita i mie libri e non mi riconosce?
Bassani: Non credo che sia automatico per lui citare solo quello che legge.
Tomasi di Lampedusa: Si in effetti sembra il tipo così, non credo neppure che per lui sia automatico leggere.

Salvini si ferma, si gira improvvisamente e li sorprende: Giuseppe! Giorgio!
I due scrittori sorridono immediatamente e, gratificati e ricredutisi, gli vanno incontro, ma Salvini li supera e saluta due facce dipinte di verde dietro di loro, con una pancia più grossa dell’Unione europea, frutto di anni di ignoranza affogata nella birra.
Poi si gira nuovamente per tornare indietro, però rivolgendo prima la parola a quei due con la faccia delusa: Volete un autografo?

Tomasi di Lampedusa: No per carità, piuttosto possiamo offrirle noi una banana?
Bassani: O una noce di cocco?
Tomasi di Lampedusa: Non faccia complimenti.

Salvini non capisce, gli sembrano tipi strani, del resto hanno il classico identikit che insospettisce uno come lui: sguardo intelligente, espressione profonda, camicia invece della felpa, addirittura la cravatta, segno di palese asservimento al sistema, barba tagliata (a Salvini cresce solo sotto il mento, ma è sufficiente a renderlo disordinato, invece che farne una scelta di stile), uno dei due ha pure i baffi, magari è un dalemiano, decide di non fidarsi: No grazie. – e sparisce di nuovo fra gli Uh Uh Uh animaleschi della folla intellettualmente affascinata da tanto cervello.

Bassani: Basta, andiamo via, non sarà lui a fare l’Europa come dico io nei miei romanzi su Ferrara, cioè al tempo stesso locale, ma non localistica, un’Europa di diversi, ma insieme e uguali.
Tomasi di Lampedusa: Basta sì usciamo, andiamo al Campidoglio, magari lì dicono cose più intelligenti.
Arrivati, salutano la doorwoman.
Bassani: Hai visto che cerimoniale, mettono la fascia tricolore pure agli usceri, questo sì che è stile, chissà che figurone con la Merkel.

Bassani: Comunque dovrebbero imparare da me quei mediocri al potere. L’Unione europea non è democratica, come invece i suoi singoli stati: i cittadini non eleggono un capo del governo.Tomasi di Lampedusa: Cosa proporresti?
Bassani: Elezione diretta del capo del governo, eurobond per condividere il debito, ripartizione equa dei migranti con diritto d’asilo, esercito europeo, tassazione più o meno uniforme.
Tomasi di Lampedusa: Già che ci stai aggiungi strade d’oro, pioggia potabile, stipendio senza lavoro, miracoli nel fine settimana…
Bassani: Dici che è irrealizzabile?
Tomasi di Lampedusa: Non con questi leader e non con questi popoli.
Bassani: Neppure quello siciliano?
Tomasi di Lampedusa: Neppure lui, lo sai, il siciliano, come emerge dal gattopardo, non cambia mai.
Bassani: Che amarezza, dai usciamo, non ne posso più.

E uscendo urtano una donna alla porta del Campidoglio – Ah, mi scusi – e continuano a camminare.
… neanche loro, come i leader europei, si erano accorti che era il sindaco di Roma.

 

Per chi suona la sinistra. Renzi che si crede Maradona recluta Hemingway e Picasso per le primarie

Militante PD: Forza signori, forza, qui c’è la vera sinistra, ripeto, fresca di giornata, la vera sinistra signori, accorrete prima che finisca! Venghino signori, venghino! Ernest Hemingway si avvicina, incuriosito dalla scritta sopra il banchetto: Lingotto fiere, per chi suona la sinistra. Gli ricorda ovviamente il titolo del suo capolavoro, Per chi suona la campana. Decide di provare a entrare: Mi scusi, cosa succede qua dentro?

Militante PD: Lei chi è?
Hemingway: Io? Ernest Hemingway, lo scrittore, credo che abbiate ripreso il titolo del mio libro.
Militante PD: Come no! Vuole una tessera della sinistra?
Hemingway: Dipende che sinistra siete.
Militante PD: Aspetti guardo cosa è rimasto. Abbiamo queste – e l’assistente si passa tra le mani una tessera con scritto Pd, una con scritto Campo progressista, una con Sinistra italiana, una con Possibile, una con Articolo 1 – Movimento democratici e progressisti, poi di nuovo Pd, però è la sinistra burocratica di Orlando, e ancora Pd, però quella populista-rancorosa di Emiliano.
Hemingway è un po’ spaesato: Scusate, ma la sinistra non è una sola?
Il Militante PD ride: Ma lei da dove viene? Mica siamo in America, dove c’è il Partito democratico e basta: lì state uniti per vincere, qui ci dividiamo per vincere tutti…
Hemingway: … una poltrona in Parlamento.
Militante PD: Certo! Comunque le posso consigliare la sinistra di Renzi, la provi, ottima, moderna, veloce, mai concreta, praticamente si scioglie in bocca, le sembrerà di non sentirla.
Hemingway ci pensa un attimo: Sono un po’ perplesso.
Militante PD: Non sarà mica un gufo?
Hemingway: Come?
L’assistente lo capisce subito, non è un renziano, e corre dentro. Hemingway lo vede ritornare con Renzi.
Matteo Renzi: Carissimo Ernest come stai? Sono Matteo. Let’s call me Matthew!
Hemingway: Ma quello è Moby Dick!
Renzi: Esatto, la balena bianca, come la Democrazia cristiana che voglio rifare, non ti sembra grandioso? Entra, altri grandi ti hanno preceduto.
Hemingway decide di entrare, più per curiosità, che per convinzione.
Renzi: Ti vedo perplesso, non trattarmi come le tue mogli, mi raccomando!
Hemingway: In che senso?
Renzi: So che ne hai cambiate 4, non vorrei che avessi dubbi pure sul PD.
Hemingway: Resisterò stoicamente, come i miei personaggi.
Renzi: Bravo Ernest, anch’io mi sono sempre immedesimato in Robert Jordan, il tuo eroe di Per chi suona la campana, che si sacrifica per la causa. Anch’io sai avevo detto che lasciavo la politica, ma il Paese che farebbe senza di me? Io, come Jordan, rimango e lotto per gli altri, fosse per me mica rivorrei sedermi a Palazzo Chigi, ma gente come me deve eroicamente sacrificarsi.
Hemingway: Immagino quanto sia pesante per te, tutto quel potere, quei soldi, quel narcisismo.
Renzi: Esatto – non capisce l’ironia Renzi – abbiamo bisogno di intellettuali che ci capiscano.
Hemingway: Ci? Chi?
Renzi: Noi, noi Renzi.
Hemingway: Noi popolo renziano.
Renzi: No, no, noi Renzi, plurale magistratis.
Hemingway: Maiestatis vorrà dire?
Renzi: Perdoni il lapsus, sa vicende familiari.
Hemingway: Comunque chi sono questi intellettuali?
Renzi: Certamente, vieni che ti presento Pablo. – e lo porta dietro le quinte del Lingotto, dove un uomo è intento a portare un quadro nel camerino di Renzi – Segui lui, è il mio programmista, Pablo.
Hemingway segue quell’uomo chiamandolo: Pablo!

Quello si gira… E’ Picasso! Pablo Picasso!
Hemingway: Pablo, ma che ci fai qui?
Pablo Picasso: Sto portando il programma del Pd al segretario uscente.
Hemingway: Ma questo è un quadro!
Picasso: Sì, puro cubismo.
Hemingway lo osserva: Ma non si capisce nulla.
Picasso: Esatto… è il programma del PD.

Intanto dal palco si sente la voce di Graziano Delrio, ministro dei trasporti e delle infrastrutture, dire: E adesso salutiamo “el politico de oro” Diego Armando Maradona!

Renzi entra trionfale con la maglia del Napoli e un pallone ai piedi. Sia Hemingway che Picasso, ormai spostatisi sugli spalti, si girano…
Picasso: Si è dimenticato il programma! Ce l’ho qui il quadro!
Hemingway: L’ha chiamato Diego Armando Maradona e non se n’è accorto nessuno!

Picasso però sembra entusiasmarsi e urla: Passa! Passa!
Tutta la platea intanto urla Diego, Diego verso Renzi e questi, dando sfoggio di sé, tira una pallonata fortissima verso il pubblico… Il pallone prende in pieno il quadro di Picasso e trapassandolo colpisce in pieno la faccia del pittore scaraventandolo all’indietro.

Hemingway: Pablo! Il programma!
Ma la folla non se ne accorge neppure.

Hemingway trascina via il ferito, ma lascia stare il programma, cioè il quadro, perché Picasso prima di svenire gli dice: Lascia stare il quadro, tanto il programma di Renzi… è Renzi e basta, e la squadra di Renzi è sempre solo Renzi. Diego la palla la passava, era un leader ma non era egocentrico.

Bukowski scopre che gli scissionisti del PD sono uguali ai maiali de ‘La fattoria degli animali’ di Orwell

Charles Bukowski entra alla Bury Farm, ma c’è qualcosa di strano. Gli animali, le strutture, tutto a posto, ma qualcosa non va… non vede uomini. Bussa alla villa padronale e… gli apre un maiale.

Bukowski: Ma quanto cazzo ho bevuto? Devo proprio smetterla. Lo sa che lei mi sembra un maiale? – dice ridendo al maiale – Almeno riesco a vederla che ancora cammina su due gambe, lei sicuramente è un uomo, non sono poi così ubriaco. Senta, volevo chiederle se per caso ha un dollaro, o due, o… ma sì dai, facciamo prima, ha una bottiglia di alcool da offrirmi?

Il maiale lo guarda con un’aria di superiorità infinita: Aspetti qui due gambe, le chiamo Napoleon.

Bukowski: Chi?

Il maiale: Sì, mi scusi, può chiamarlo Massimo, Massimo d’Alema.

Bukowski: Ah! Come no, lo scissionista.

Il maiale: Rivoluzionario! – urla.

Bukowski: Ok, ok, stai calmo, compagno…

Il maiale: Può chiamarmi Pierluigi Bersani. Comunque non sono tuo compagno, due gambe, stai al tuo posto. – e gli indica il salotto dove Bukowski sente un gran vociare…

Bukowski entra accompagnato da maial-Bersani e vede seduti al tavolo tanti maiali. “Ma possibile che quello che ho bevuto mi fa vedere tutto, tranne che uomini? E poi i visi di quei maiali hanno qualcosa di familiare”, consulta lercio.it su facebook. “Ma sì!!! Ecco chi siete!” Riconosce d’Alema, che siede dietro il capotavola, pronto, se servisse (a lui) ad accoltellare il capotavola di turno, e poi c’è un maiale enorme, lo scruta a fondo… è Emiliano! E poi Speranza attaccato alla gamba di Bersani continua a sorridere come uno scemo.

Maial-Bersani: Prego, si accomodi due gambe.

Bukowski: Ma… ma voi sembrate gli scissionisti del Pd, ma dove sono finito, che fattoria è questa?

Napoleon-d’Alema: Questa non è una fattoria, questo è il paradiso, non lo riconosce? Forse deve bere di più, vedrà che con qualche sorso la vita sembra un paradiso, prego si sieda e beva, e ascolti.

A Bukowski sedendosi sembra di leggere

quattro gambe è buono, due gambe è meglio, popolo è buono, d’Alema è meglio.

Si rese conto che non aveva bisogno di bere ancora: No grazie, apposto così. Volete spiegarmi che succede?

Napoleon-d’Alema interviene dicendo: Compagno Boschi…

Bukowski: Bukowski.

Napoleon-d’Alema: Sì insomma, compagno Boschi, la dirigenza si occupa del suo bene, non di spiegarglielo. Altre domande saranno ritenute da noi come sintomo di… – E Napoleon-d’Alema cerca di schioccare le dita, ma non è ancora così antropomorfo per farlo con lo zoccolo a due punte che ha, così interviene subito il maial-Speranza che sfrega il suo zoccolo su quello di Napoleon-d’Alema, in modo da ottenere il suono dello schioccare per ricordarsi qualcosa – Ah sì ecco, sintomo di renzismo, tu compagno sei renziano?

Bukowski: Io?… Boh, non so neanche che vuol dire.

Maial-Bersani: Se lo faccia dire dal nostro Emiliano, lui è antirenziamo, ma anche renziano, dipende da chi apparecchia la tavola.

Maial-Emiliano intanto si muove di continuo sulla sedia giustificandosi: Mi scusi sa, ma sono abituato a cambiare sempre posizione.

Bukowski: Le pare.

Maial-Emiliano: Comunque le spiego, io non sono contro gli scissionisti, ma preferisco rimanere dentro il PD, non sono neanche renziano, io sono per un altro PD!

Bukowski: Che tipo di PD?

Maial-Emiliano: PD…. Vorrei dirglielo, ma non ho una posizione sola neanche su questo, sicuramente un PD diverso da tutti gli altri PD. Sicuramente!

Napoleaon-D’Alema: Sicuramente! – poi rivolgendosi di nuovo a Bukowski – Vede signor Boschi, noi, IL POPOLO, non possiamo restare nel PD, lì padron-Renzi…

Bukowski: Ma non era padron-Frodo nella storia?

Napoleaon-D’Alema: L’anello ce l’ha Renzi, no? Quindi noi, IL POPOLO, abbiamo capito che padron-Renzi non ci avrebbe mai lasciato il controllo: purtroppo vince sempre le primarie, anche se perde le elezioni e quindi comanda sempre lui. Ci tocca fare come in Russia, meno voti… allora armi e rivoluzione! Lui non riconosce l’uguaglianza delle minoranza, che deve comandare sulla maggioranza. Noi, signor Boschi, siamo più uguali degli altri!

Bukowski: Voi siete dei maiali, proprio come tutti i politici. – e ride di gusto, ma intanto maial-Bersani gli spacca una bottiglia d’alcool in testa uccidendolo.

Due giorni dopo, funerali di stato del regime…

Napoleaon-D’Alema: Noi POPOLO piangiamo oggi la terribile scomparsa del compagno Boschi. Da quello che dice il medico (il medico non è alla fattoria ma gli altri, cioè le pecore non lo sanno, sono pecore) è morto per un attacco di renzismo. Abbiamo cercato di cambiare la sua testa con questa bottiglia, aveva chiesto lui l’alcool, chiedendoci praticamente di morire, piuttosto che rimanere renziano. Non potevamo fare altro , lo ha chiesto lui. Ricorderemo sempre il suo amore per l’acool. Propongo di intitolare una pizza al defunto, la bukoskaiola!

Le pecore osannanti cantarono poi l’inno Boschi ciao…

«Una mattina mi sono scisso,
o Boschi, ciao! Boschi, ciao! Boschi, ciao, ciao, ciao!
Una mattina mi son scisso
e ho salutato l’invasor (Renzi).

O d’alemiano, portami via,
o Boschi, ciao! Boschi, ciao! Boschi, ciao, ciao, ciao!
O bersaniano, portami via,
ché mi sento di morir.

E se io voto da speranziano,
o Boschi, ciao! Boschi, ciao! Boschi, ciao, ciao, ciao!
E se io voto da rossiano,
tu mi devi candidar.

Mi candiderai in Parlamento,
o Boschi, ciao! Boschi, ciao! Boschi, ciao, ciao, ciao!
E candiderai in Parlamento
al caldo di una bella poltron.

E le genti che passeranno
o Boschi, ciao! Boschi, ciao! Boschi, ciao, ciao, ciao!
E le genti che passeranno
Ti diranno «Che faccia da cul!»

«È questa la faccia da cul del d’alemiano»,
o Boschi, ciao! Boschi, ciao! Boschi, ciao, ciao, ciao!
«È questa la faccia da cul del d’alemiano
morto per la poltro-o-na!»

Perché i tassisti sono una lobby

Si sta consumando da giorni uno sciopero dei tassisti, motivato dalla protesta contro una mancata regolamentazione del settore di chi, pur usando la macchina per portare in giro i clienti, non ha però un taxi, ma usa la propria auto, oppure offre servizi di noleggio con conducente.

Sia il taxi che queste alternative hanno ragione di esistere nella misura in cui offrono un servizio. Tra i motivi per scegliere un servizio c’è ovviamente, e tanto più in un momento di crisi, un criterio economico. Dunque un cliente valuta quanto costa un taxi e quanto un non-taxi. Chiunque sa che il primo costa uno sproposito. Tutto qua. I tassisti, invece di incolpare la libera concorrenza di chi offre un medesimo tipo di trasporto, però ad un prezzo a volte anche enormemente inferiore, e protestare cercando di far imporre dalle istituzioni un tariffario più alto (alla faccia della tutela del cliente, fanno una battaglia perché il cliente paghi di più) dovrebbero accettare di rinunciare alla loro lobby-monopolio che occupa l’intero settore dell’offerta e può quindi stabilire un prezzo a tavolino, senza che nessuno possa fare concorrenza. E’ questo quello che vogliono i tassisti: un monopolio che permetta loro di mantenere prezzi altissimi.

Altro motivo del contendere è che i tassisti hanno acquistato la licenza ad un prezzo alto per poter lavorare, mentre i conducenti di non-taxi no. A loro sembra un’ingiustizia aver pagato mentre altri non dovrebbero farlo, quindi la soluzione per loro è far pagare anche gli altri, non piuttosto invece smettere di pagare tutti. Non si potrebbe per esempio più razionalmente elaborare un’alternativa: far pagare una minima, davvero minima, quota di entrata a chi diventa conducente alternativo e con queste quote restituire una parte del costo della licenza inizialmente pagato da chi è diventato tassista con la vecchia regola? No, preferiscono mantenere la loro casta: mercato chiuso, prezzi alti e risentimento.

Alcuni tassisti più razionali, invece che cercare di fermare uno degli effetti positivi della globalizzazione dei servizi, hanno deciso invece di assecondarla iscrivendosi a uber taxi, con cui chi vuole dall’app di uber può scegliere il servizio taxi e non il più comune ed economico uber pop. Ma anche qui si ritorna al punto d’origine: il costo, che in un mercato libero è determinato dalla concorrenza. Non piace? Si può andare in Corea del Nord, oppure rimpiangere l’Unione Sovietica, ma una delle cose positive del liberismo è che il cliente conta. Liberismo, non capitalismo selvaggio ovviamente. Perché è certo che le alternative ai taxi debbano avere un quadro normativo di riferimento, è ovvio: la discussione parlamentare in proposito è stata rimandata, non eliminata. Ma qui si protesta non perché il rimando potrebbe indicare assenza di regolamentazione concorrenziale, piuttosto perché non si è messo una regola repressiva a tutto ciò che taxi non è.  E dunque infine una repressione contro i clienti, rei di voler risparmiare.

Come ha affermato giustamente un anonimo conducente di queste alternative, tutti coloro che usufruiscono di servizio alternativo al taxi, non userebbero i taxi, se queste alternative non ci fossero: si deve mettere in testa che il taxi costa troppo, quindi o si paga di meno il trasporto in auto, o non si prende proprio l’auto. Dunque neppure questa concorrenza sta rubando in realtà così tanti clienti ai tassisti, perché non erano loro clienti.

Un esempio valga più di mille parole. Sono di Roma. Dovevo andare alla stazione termini partendo da Roma nord. Per chi non è di Roma, informo che sono venti km scarsi di percorso: costo benzina verde all’epoca era diciamo 1.65 euro al litro a Roma, con la mia macchina che fa circa 18 km al litro avrei speso praticamente il costo di un litro di benzina, se invece avessi preso l’autobus, avrei pagato 1,50 euro di biglietto. Il taxi mi è costato 40 euro.

In generale si può dire che una corsa con uberpop (il servizio low cost di uber) va dai 5 ai 10 euro di media. Quand’è che capita un costo così con un taxi? Spesso poi i taxi non accettano pagamento elettronico, i taxi non fanno preventivi e in ogni caso la spesa è fuori controllo, nel senso che più ci mettono a portare il cliente, più si paga, mentre con uber si può richiedere un preventivo e con quello decidere e se si accetta, poi quello è il costo, a prescindere dalle variabili a cui sarà soggetta la corsa. E’ questo il tipo di servizi che rendono il servizio taxi sempre più obsoleto.

L’evoluzione dei mezzi digitali e della globalizzazione dei servizi ha, nelle alternative ai taxi, una sua interessante e moderna applicazione. Forse questo farà totalmente sparire il servizio taxi tradizionale, ma la soluzione non è fermare il progresso, quanto piuttosto reimpiegare e reinventare chi da quel progresso viene più colpito che aiutato, cioè i tassisti. Da sempre la modernità fa scomparire qualcosa e comparire un’altra, più comoda per le presone e in questo caso per le loro tasche. Il gas farà scomparire i carburanti tradizionali, internet ha infinitamente rafforzato il telelavoro, l’automazione sostituirà certi lavoratori. E allora? Non sempre si deve dire “viva il progresso”, il progresso va misurato sulla base dei criteri molto pratici: sostenibilità ecologica, economica, comodità, benessere generale della persona. Quando tutto questo è rispettato, allora combatterlo è sia antistorico che antisociale. Combattere è mancanza di vergogna, tipico delle caste.

Gabriel García Márquez e Franz Kafka aiutano Donald Trump

Donald Trump, neo-presidente degli Stati Uniti: Finalmente! Manca solo l’ultimo pannello! Veramente complimenti, un muro come si deve. Prima che montiate l’ultimo pannello vado dalla parte messicana del muro e do un’occhiata, aspettate a chiudere tutto.

Poi si sa, le inaugurazioni sono sempre piene di confusione, non si sente bene ciò che ciascuno dice, così gli operai non sentono Trump, che a sua volta, nel suo classico disinteresse verso gli altri, non riesce acontemplare che qualcuno non lo ascolti. Così lui non aspetta la conferma e passa…

Due ore dopo, ritornando verso l’ultimo pannello,che crede aperto, scopre che…

Trump: Cavolo, aprite! Aprite! Aprite! Sono Donald Trump, presidente degli Stati Uniti d’America.

Guardia1 sulla torretta del muro: Guarda quello, neanche hanno chiuso, che già vuole passare, aveva proprio ragione il Presidente.

Guardia2: Dammi il binocolo- poi ride e passa il binocolo alla guardia1- Guarda, si è fatto pure biondo per somigliare al presidente, pensa se Trump lo potesse vedere… Cosa non si inventano per sembrare noi.

Nel frattempo…

 Gabriel García Marquez: Senior presidente!

Trump: Sì?

Márquez: E’ inutile che si sbraccia e urla, non si passa.

Trump: Lei chi è?

Márquez: Gabriel García Márquez.

Trump: Chi!?

Márquez: Scrittore, premio Nobel per la letteratura

Trump: Il castrista traditore del poeta Heberto Padilla, come no, mi ricordo! In ogni caso Márquez è morto, quindi tu non cercare di vendermi qualcosa, messicano, siete tutti così, criminali. Ma io ho fatto fare il muro, siete fregati!

Márquez: Ehm ehm ehm, siamo fregati senior presidente.

Trump intanto guarda meglio chi gli parla: Márquez hai detto? Allora davvero non sei morto ipocrita di un messicano?

Márquez: Sì, ma sono comunque qui, realtà e magia si mescolano, la poesia intuisce la magia del reale, o lo sapeva? Per me però è solo reale, nient’altro.

Trump: Ahahahahah, lo vedi che volevi vendermi qualcosa, ma quale Márquez, vuoi vendermi questo realismo magico messicano, e cos’è? Un formaggio vostro?

Nel frattempo un enorme insetto si avvicina ai due, zoppicando molto…

Trump disgustato: Chi è? Chi sei?

Márquez: Si calmi senior, quello non è un insetto, cioè non è sempre stato così, le presento el senior Gregor Samsa.

Trump: Chi?

Márquez: Samsa? Forse Franz Kafka stesso, forse solo un suo personaggio letterario, ne La metamorfosi – realismo magico no? Samsa è troppo diverso per la sua famiglia, perché possano amarlo ancora, come noi messicani per lei, senior. El senior Kafka sapeva che cos’era la diversità.

Trump è troppo terrorizzato per capire che l’insetto è innocuo, così, trovata una mela, la prende e la lancia sulla corazza di Gregor.

Samsa non può parlare, ma pensa “Aia, di nuovo, anche tu come mio padre, paura del diverso”.

Trump intanto cerca sullo smartphone maggiori informazioni soprattutto su Márquez, ma anche su Kafka, Samsa: Ma qui non prende bene internet!

Márquez: Benvenuto in Messico.

Trump: Ma io non volevo stare in Messico! E poi non fare il paladino dei messicani con me, i messicani muoiono a causa dei narcotrafficanti e tu hai sostenuto che in Colombia non si dovesse fare la guerra alla droga che gestiscono; gli italiani morti uccisi da Cesare Battisti? Non hai difeso anche lui?

Márquez: Secondo me il proibizionismo sulle droghe le rafforza. Comunque lei in Messico ci starà purtroppo, ormai lei è un diverso come noi, lei è messicano! – “meglio ripetere messicano e fargli dimenticare Cesare Battisti.

Trump: Messicano!!!sbianca, si gira e corre verso il muro contro cui urta ripetutamente i pugni – Aprite! Aprite!

Guardia1: questo mi ha rotto. – e insieme a Guardia2 scendono con i manganelli, passano sul confine messicano e riempiono di botte Trump che, ferito, viene portato in ospedale, trasportato da Gregor Samsa sopra la sua corazza.

Trump non sopravvive. Viene seppellito con il nome ispanizzato di Donaldo Tram, poi cambiato in Buendia, come il cognome dei protagonisti di Cent’anni di solitudine, scritto da Márquez… Donaldo Buendia.

Prima che muoia Márquez gli dice: Non si passa, hai visto, potrai passare solo fra cento anni… cento anni di solitudine… qui in Messico.

Un secolo dopo il muro cade, come la città di Macondo nel libro di Márquez, e i messicani celebrano ancora ogni anno negli Stati uniti San Donaldo Buendia, primo ribelle contro il muro e morto perla causa dei messicani.

Charles Bukowski rovina e vince il Festival di Carlo Conti

Carlo Conti: Finalmente è arrivato il momento più atteso: il superospite di stasera, direttamente dal bar accanto al casinò di Sanremo il grande scrittore Charles Bukowski!

Questa la presentazione, poi si sa, la famosa scala dell’Ariston è proibitiva per tutti, soprattutto per un ubriaco almeno, com’è in questo momento Bukowski, che infatti appena tenta il primo gradino: –Shit!(merda) –  inciampa e rotola giù nel panico generale. La bottiglia di liquore rotola con lui, si rompe e…

Conti: Cavolo… – accorso a soccorrere il famoso scrittore, mette i piedi sull’alcool rovesciato e scivola.

Bukowski di nuovo in piedi e ora sul palco, come non fosse successo nulla: Allora Carlo, quale cantante devo annunciare, oppure devo cantare io?

Conti, appena rialzatosi, ormai sporco di alcool e quindi circondato dallo stesso odore dello scrittore, sorride nervosamente, esita un attimo a pensare e poi sussurra: Si chiama Albano Carrisi il prossimo cantante

Bukowski: Abbiamo Carrisi, Ce l’abbiamo! E’ proprio qui! Cazzo!

Conti: No! No! ALBANO, ALBANO!

Bukowski: Abbiamo! Abbiamo!

Conti: Dì solo Carrisi!

Bukowski: Ok.

Conti: No ok, dillo!

Bukowski: Ok! – e recuperata la bottiglia, la alza in omaggio a… ci pensa… – Perché c’è tutta questa gente? Chi festeggiamo? Ah sì, a Carrisi! Abbiamo Carrisi!

Conti finge una risata fragorosa e dà una pacca così forte sulla schiena di Bukowski, da buttarlo in avanti e farlo tossire, così almeno lo zittisce, poi annuncia: Signore e signori, Albano Carrisi!

Bukowski: E io cosa avevo detto? Ma chi cazzo è poi sto Albano Carrisi, io conosco cantanti come Eminem, Manson, gli Squallor…

Albano capisce che è meglio entrare cantando da subito, per distrarre tutti e dare modo agli assistenti e a Conti di portare via Bukowski.

 

Dietro le quinte…

Conti: Signor Bukowski lei non solo non riceverà il suo compenso per la comparsa di oggi, ma dovrà risarcire la Rai.

Bukowski: Bravo, così sei sicuro che i soldi con cui ti pagano mezzo milione di euro per questo festival ti arrivino, molto furbo. Che due palle tutta questa serietà, questa gente perbene, questa platea ordinaria!! Bleah!!! E vogliamo parlare di quell’Albano??!!! Amore, rose, spine..ho il voltastomaco, vi prego abbattetelooo!!!!!

“Il matrimonio, Dio, i figli, i parenti e il lavoro. Non ti rendi conto che qualsiasi idiota può vivere così e che la maggior parte lo fa?”

Conti, se fosse una persona con una carnagione più comune, sarebbe potuto arrossire di rabbia, ma appunto più scuro di com’è non riesce a diventare, e a Bukowski sembra quindi che non si sia offeso.

Conti: Appena Albano avrà finito, lei andrà a leggere una sua poesia, come ha fatto spesso, d’accordo? Almeno questo deve farlo, ha capito?

Bukowski: Ha capito!

Conti: Lasciamo perdere, non mi risponda più, lo faccia e basta.

Conti rientra sul palco dopo l’esibizione di Albano: Signore e signori, per scusarsi di quanto accaduto, il signor Bukowski si presta ora a leggere una sua poesia, quindi… Charles Bukowski!- questa volta fatto entrare di lato, invece che dalla scala.

Le luci si spengono, Bukowski si schiarisce la voce: Ehm, ehm, ehm. Dall’opera omnia del maestro Mark Zuckerberg da Facebook,

Farsi i cazzi miei…

Conti, che prima non era diventato rosso, ora non riesce a diventare bianco, mentre ormai Bukowski procede con la poesia…

A tutti chiedo un mi piace,

a tutti e senza pace.

Esisto solo se vedete,

poi sparite, per nient’altro mi servite.

Aspettate… così sparisco anch’io!

 

Conti: Tocca a Vasco Rossi! Fate entrare Vasco Rossi! Fatelo entrare!!!!- Urla, ma Rossi aveva nel frattempo trovato la bottiglia di Bukowski e aveva voglia di ricordare una vita spericolata, così ora beve e non viene a cantare: “Eh bei tempi, quanti ricordi, mi piace questo Bukowski, non ho mai letto un suo libro ma so che piace ai bimbiminkia e agli ubriaconi, alla sua salute!! E poi ci troveremo come le star a bere del wisky al Roxy Barrrr…”

Intanto è tutto uno scrosciare di applausi e un postare su facebook questa poesia, sia video che parole.

 

Serata finale…

Conti: Da casa il voto è unanime… il vincitore della 67esima edizione del festival di Sanremo è… – non ci crede – è… Charles Bukowski. – lo dice senza enfasi, totalmente spaesato, dice solo a bassa voce – Ma non è un cantante.

Bukowski, con atteggiamento sprezzante: “Resistere significa semplicemente tirare fuori i coglioni, e meno sono le chance più dolce è la vittoria.”

All’improvviso appare sul palco Albano che aveva sentito quello che aveva detto Bukowski e si rivolge alla platea:

I poveracci che denigrano il matrimonio, Dio, i figli, i parenti e il lavoro. Non vi rendete conto che qualsiasi idiota può vivere anche così soprattutto co l’aiuto della bottiglia e della droga che non li costringe a pensare alla loro miseria?

La platea si scalda e applaude fragorosamete Albano. Sbuca anche Vasco Rossi alticcio che inizia a cantare: Bravo Albano! “No si puòòòò fare quello che si vuole, non si può spingere solo l’acceleratoreeeeee…!”

Conti: che grande edizione questa!

Bukowski è un po’ amareggiato e in difficoltà: Calimero, resto sempre io il vincitore di questa stucchevole manifestazione per famigliole felici!

La non riforma delle forze dell’ordine italiane-l’abolizione del Corpo Forestale

Tra le tante semplificazioni tentate dal governo Renzi, ce n’è una che sicuramente è tra le peggiori, anche se tra le meno denunciate, a causa del solito disinteresse italiano, che si traduce in vera e propria ignoranza per i dettagli. Si sta parlando del capitolo della riforma della Pubblica Amministrazione a firma del ministro Marianna Madia (ma diciamo a firma Renzi) riguardante l’abolizione del Corpo forestale dello Stato (CfS) come corpo a sé stante, per essere invece inglobato in quello dei carabinieri.

In occasione di tragedie come quella causata ultimamente dalla neve all’hotel Rigopiano e in tutta l’Italia centrale – ammesso che la colpa poi sia stata effettivamente della sola neve e non delle imprudenze e inefficienze umane – si è riacceso il dibattito sull’opportunità o meno di una tale riforma. Ovviamente che i forestali diventino carabinieri, non vuol dire che non sappiano più fare i forestali, ma che svolgono tale compito con la divisa dei carabinieri, invece che con quella verde dei forestali. Fin qui la cosa non cambia, non migliora e probabilmente non peggiora.

Solo fin qui però. Il punto è chiedersi se tale riforma sia inserita in un contesto che le dia un senso un po’ più marcato di quello del fare una riforma che non cambia nulla, né in peggio, né in meglio, perché se così fosse, perché allora farla? La risposta è semplice: il contesto di ulteriori riforme razionalizzanti e semplificative del sistema delle forze di sicurezza italiane non è stato veramente compiuto, ma era necessario, in tipico stile renziano, far invece apparire che la riforma ci fosse, quindi quale corpo abolire? Il più “facile” da eliminare, più facile perché è un corpo di valore numerico abbastanza limitato (7-8000 elementi a livello nazionale), e sicuramente meno conosciuto rispetto a carabinieri o guardia di finanza. Non c’è solo questo però. I carabinieri ottengono la gestione dei reati di competenza del Corpo forestale dello Stato, non tramite i nuovi carabinieri ex forestali, ma tramite il proprio personale. Già, perché gli ex forestali devono scegliere se diventare militari come i carabinieri e riempire buchi di organico o andare in mobilità e poi lasciare.

Oggi si assiste invece all’infondato dibattito per cui è stata l’assenza della forestale a rendere più difficili i soccorsi al Rigopiano e dintorni appenninici, ma appunto i forestali esistono ancora, anche se ora si chiamano carabinieri. Dunque che cosa si sarebbe dovuto semplificare per avere un effettiva semplificazione e maggiore efficienza nei soccorsi?

Innanzitutto polizia e carabinieri, di fatto, svolgono la medesima funzione di ordine pubblico. I carabinieri sono anche altro, sono una forza armata, ma perché una forza armata ha una seconda natura che è quella di tutela della pubblica sicurezza, quando esiste già la polizia? Chi ad esempio vuole fare una denuncia, poniamo contro ignoti, può andare tanto in un commissariato di polizia che in uno dei carabinieri. Cosa cambia? Niente. Anzi no, cambia che si pagano due strutture per gli uffici, quindi doppi comandi, come a dire due teste che comandano un solo corpo (ordine pubblico). Poi abbiamo la guardia di finanza, che si occupa soprattutto di reati fiscali e finanziari. Ottimo, ma essendo comunque reati non basterebbe inglobare la guardia di finanza nella polizia ed eliminare un ennesimo costo di uffici per un ulteriore comando a sé stante?

Per venire infine ai forestali, sono stati aboliti per i motivi che dovrebbero valere altrettanto bene per l’abolizione dei carabinieri e guardia di finanzia, per poi inglobarli dentro la polizia. Soprattutto si sarebbero potuti abolire i corpi di forestali regionali presenti in Italia. Ecco un’altra tipica sorpresa da sistema marcio:il CfS non può coprire le regioni a statuto speciale (Valle d’Aosta, TrentinoAlto Adige/province di Trento e Bolzano, Friuli Venezia Giulia, Sicilia, Sardegna), ma non solo, anche le regioni a statuto ordinario hanno i loro forestali regionali meno formati del corpo nazionale (quelli calabresi sono5.887!).Si si vuole semplificare si possono togliere le prerogative delle regioni a statuto speciale in tema di tutela ambientale con una vera riforma costituzionale di un singolo e semplice articolo che faccia subentrare il CfS. Perché poi esistono anche i corpi forestali regionali ordinari? Sono uno dei tanti postifici per raccomandati, che sarebbero altrimenti senza futuro.

In conclusione si poteva scegliere di accorpare anche polizia e carabinieri, o polizia e guardia di finanza, abolire i forestali regionali, invece… meglio accorpare solo il Corpo forestale dello Stato. E queste sono riforme?

Pirandello chiede a D’Annunzio di entrare nel Governo Gentiloni

Maria Elena Boschi, la nuova, si fa per dire, componente del governo (in realtà è nuovo solo il governo, in realtà neanche il governo), comunque… la Boschi ottiene che Gabriele D’Annunzio apra il cancello del Vittoriale e bussa al portone.

D’annunzio: Chi è?

Boschi: Governo Gentiloni.

D’Annunzio: Chi!!??

Boschi: Gentiloni.

D’Annunzio: E chi è?

Boschi: Il presidente del consiglio.

D’Annunzio: Pensavo fosse Renzi.

Boschi: Sì, infatti.

D’Annunzio: Ma come? Ha detto che è Gentiloni.

Boschi: Sì, infatti, diciamo che lo sono tutti e due.

D’Annunzio apre la porta, ma più o meno era un portone grande quanto l’ego che aveva, e per aprirne anche una sola anta gli ci vuole l’aiuto di altri tre camerieri.

D’Annunzio: Buongiorno, ecco, mi scusi, ma queste porte sono vecchie e pesano.

Boschi: Certo, capisco, anche a Palazzo Chigi, le chiudiamo solo in presenza dei cittadini normali, altrimenti le teniamo sempre aperte, così possono entrare cani e porci.

D’Annunzio: Ehm… lo vedo. – disse osservando l’interlocutrice. – Comunque, che cosa vuole?

Boschi: Non posso dirglielo subito, devo prima appurarmi che lei sia effettivamente Gabriele d’Annunzio.

D’Annunzio: Ma scherza!? Come osa non conoscermi, non ha studiato?

Boschi: No. – ammette candidamente lei.

E mentre D’Annunzio rimane perplesso, lei inizia con le domande di rito del nuovo programma televisivo del governo Gentiloni: “C’è un governo per te”, in onda da genaio a sperano il più lontano possibile.

Boschi: Allora comincio:

E’ lei quello che ha perso un occhio durante la prima guerra mondiale? – disse quel nome come se lo sentisse per la prima volta.

D’Annunzio: Secondo lei la benda sull’occhio la porta per estetica?

Boschi: Beh, conoscendo il tipo, potrebbe. Comunque, seconda domanda:

E’ lei quello che apostrofò il Presidente del consiglio Nitti con il nome di Cagoja?

D’Annunzio annuisce.

Boschi: Perfetto, è lei che a Fiume si occupò del governo della città con la carica di…

D’Annunzio: Presidente!

Boschi: Qui mi risulta proto-dittatore.

D’Annunzio: Sbagliato! Ero voluto da tutti.

Boschi: Non lo so, qui ho segnato proto-dittatore, e mi creda di proto-dittatori me ne intendo, sicuro di voler confermare presidente?

D’Annunzio: Allora direi vate.

Boschi: Water?

D’Annunzio: Come!?

Boschi: Scherzo, scusi ogni tanto scherziamo anche noi.

D’Annunzio: Soprattutto quando scrivete le leggi ho saputo, tipo la sua sulla costituzione, oppure la riforma madia… spero fossero scherzi. – rispose alla provocazione.

Boschi: Non sono qui per essere provocata, ma per convocarla. Comunque visto che lei è effettivamente Gabriele d’Annunzio, la invito definitivamente al nostro programma. Tenga la lettera e grazie.

Gabriele la prende senza dire prego, né arrivederci.

In studio a canale 5

Un postino, un uomo che ha sempre fatto daponte fra gli schieramenti, di nome Denis Verdini, aspetta all’entrata del set, mentre la Boschi conduce.

Boschi: Allora Denis, alla fine si è presentato il signor Gabriele d’Annunzio?

Verdini: Sì Maria, Gabriele d’Annunzio è qui!

D’Annunzio entra in divisa militare, con passo marziale e atteggiamento marziano.

Boschi: Cos’è signor d’Annunzio, si è fatto male all’occhio?

D’Annunzio: Ancora? Le ho già detto che è una ferita di guerra.

Boschi: C’è una guerra!?

D’Annunzio la guardò spaesato: Lasci perdere.

Boschi: Beh, mi dispiace per l’occhio a nome del governo.

Poi la Boschi si rivolge a Verdini: Scusa non mi convince questa storia della guerra, chiedi alla Pinotti… aspetta, la Pinotti è ancora il ministro della difesa?

Verdini: Sì.

Boschi: Ok, chiedi anche al ministro degli esteri, Gentiloni.

Verdini imbarazzato: ora lei è ministro del governo Gentiloni, cioè Gentiloni è presidente del consiglio.

Boschi: Ah è vero, è che mi sembra sempre tutto uguale, ma allora chi è ministro degli esteri?

Verdini: Alfano.

Boschi: Ma lui si intende anche di esteri? Non stava agli interni?

Verdini: No, non si intende di esteri, ma non si intendeva neanche di interni, quindi si poteva spostare.

Boschi: Sì, ora torna tutto. Beh, allora chiedi anche ad Alfano su questa guerra: ho sentito D’Annunzio chiamarla prima guerra mondiale, voglio sapere contro chi e con chi stiamo combattendo.

Verdini è ancora più imbarazzato, si limita a dire: Vado.

D’Annunzio: Non le chiedo a nome di quale governo si dispiace, tanto lei non si è dimessa comunque.

Boschi: Esatto! – lo prende  come un complimento.

D’Annunzio ci rinuncia: Mi siedo qui. – ed indicò il divano alla destra della busta da lettere enorme, che lo separava da chi lo aveva invitato.

Boschi: Allora, è pronto a vedere chi l’ha chiamata?

D’Annunzio: No, sono venuto a fare due passi. – la derise lui.

Boschi: Mi scusi signor water – e lo chiama così volutamente – ma devo proprio farlo prima di aprire la busta.

D’Annunzio: Cosa? – chiede lui, mentre lei si avvicina con passo svelto e deciso e, giunta davanti a lui, gli molla un ceffone che gli sposta la testa e tutta la benda.

Boschi: Sa? E’ ora chelei capisca che sono viscida, ambiziosa, scaltra, ma sicuramente non stupida, quindi alla prossima battuta Denis la accompagnerà fuori di qui e la costringerà a trasferire il suo conto in Banca Etruria.

Lo schiaffo era stato umiliante, ma Banca Etruria gli sembra anche peggio… è terrorizzato.

D’Annunzio: D’accordo, mi scusi.

Boschi: Niente. – e continuò a sorridergli sempre cortese e falsa – Allora aprite la busta.

Dopo un po’ di silenzio in cui D’Annunzio guardò chi lo aveva chiamato…

Boschi: Allora, lo riconosce?

D’Annunzio: Certo! Luigi Pirandello… Luigi perché mi hai fatto chiamare?

Pirandello: Perché tu ti sei chiuso nella tua proprietà e ti disinteressi dei destini d’Italia, volevo chiederti se ti va di entrare nel nuovo governo come sottosegretario agli strilli e alla parolacce, è una delle strategie del nuovo governo: combattere Grillo sullo stesso piano degli insulti,anche noi iniziamo a insultare. Gentiloni ha letto la tua citazione su Giolitti “ansimante leccatore di sudici piedi prussiani” gli sembra che tu abbia talento. Quindi sono qui per comunicarti che “C’è un governo per te!”

D’Annunzio: C’è un governo per me? – gli sembrava tutto uno scherzo, guardò inebetito sia Pirandello che la Boschi, che continuava a sorridere.

Boschi: Allora la togliamo questa busta? Accetta?

D’Annunzio: Io…

Due settimane dopo un aereo vola su Vienna e getta dei volantini. Sopra c’è scritto:

Cerco riparo in Austria, chiedo scusa per avervi sconfitto nel ‘18, oggi l’impero non mi sembra più così brutto.

Improvvisamente vostro,

Gabriele d’Annunzio

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