La scomparsa di Stephanie Mailer (La Nave di Teseo, 2018) è l’ultimo giallo dell’autore svizzero Joël Dicker, famoso per La verità sul caso Harry Quebert del 2012, romanzo dal quale a breve sarà tratta una serie tv. Dopo aver pubblicato uno spin-off del suo più grande successo, Il libro dei Baltimore (La Nave di Teseo, 2015), un romanzo di formazione e un dramma famigliare al tempo stesso, Dicker torna al genere mistery, che tanto gli è congeniale.
La scomparsa di Stephanie Mailer racconta un cold case, come ne La verità sul caso Harry Quebert, un quadruplice omicidio avvenuto nel 1994, creduto risolto ormai da tempo. Jesse Rosenberg, il poliziotto che si era occupato del caso, sta per andare in pensione, quando una giovane e ambiziosa giornalista, Stephanie Mailer, lo contatta per informarlo che l’indagine del 1994 aveva delle falle e che in realtà il vero colpevole è ancora a piede libero. Naturalmente, come da tradizione in un buon giallo che si rispetti, l’unico ad avere delle risposte scompare. Stephanie Mailer svanisce nel nulla quella sera stessa e questo da l’inizio al romanzo. Jesse Rosenberg ritarda il prepensionamento anticipato e torna in pista, insieme alla sua spalla di un tempo, Derek, e a una nuova affascinante poliziotta, Anna. Torneranno a Orphea, deliziosa cittadina degli Hamptons dove nel 1994 è avvenuto il quadruplice omicidio, e scaveranno nel passato per scoprire la verità che a quel tempo era rimasta celata.
Trenta personaggi principali, flashback fra passato e presente, continui depistaggi che fanno rimbalzare il lettore da un sospettato all’altro: questa è la formula de La scomparsa di Stephanie Mailer. Più di settecento pagine che si leggono tutte d’un fiato, merito dello stile accattivante dell’autore che sa come mantenere l’attenzione sempre sul filo del rasoio.
Il lettore si ritrova a sospettare di tutti e nessuno, a trattenere il fiato per ogni colpo di scena, ma ben consapevole che quello più importante sarà solo nelle ultime venti pagine, coloro che saranno oggetto di indagine prima di quel momento alla fine verranno scagionati dalla confessione del vero colpevole.
La scomparsa di Stephanie Mailer: depistaggi e sottotrame
Come successo con La verità sul caso Harry Quebert, anche qui ho notato degli elementi di base, probabilmente propri dello stile di Dicker: la mole imponente del romanzo, l’attenzione spasmodica per i dettagli e per la storia di tutti i personaggi, meno considerazione per il finale e per lo scioglimento dell’indagine, che risulta meno importante di tutto il percorso che l’ha preceduta e per questo non soddisfa mai pienamente. Dicker ama “giocare” con il lettore, portandolo prima da una parte e poi dall’altra, distorce la realtà varie volte prima di mostrare la verità, che è mostrata quasi come una concessione ultima, la meta di un viaggio che il lettore non vuole mai davvero terminare.
Un’altra particolarità di Dicker è la caratterizzazione grottesca delle vittime. Di solito sono personaggi dal passato marcio, che subito suscitano antipatia nel lettore, che quasi “giustifica” in parte l’operato dell’assassino misterioso. Anche gli altri personaggi sono ben caratterizzati, ognuno ha una sua storia, ognuno merita attenzione, in alcuni tratti anche troppa, visto che i continui flashback a volte sviano l’attenzione dall’indagine iniziale e possono “irritare” il lettore e dilungare la storia in maniera eccessiva.
La scomparsa di Stephanie Mailer conferma Joël Dicker come un autore di indubbio talento, che ha grande padronanza della sua penna e che ha solo bisogno di affinarsi ancora negli anni e, data la sua giovane età, trentadue anni, ha tutto il tempo per farlo.