Si è spento lunedi 13 aprile 2015, a 87 anni, a Lubecca, lo scrittore Premio Nobel Günter Grass, coscienza critica della democrazia tedesca dopo la tragedia del nazismo e voce della generazione che ha ereditato le atrocità del nazismo. Poeta, scrittore, saggista, drammaturgo e scultore, Grass era nato Danzica nel 1927, dove, tra 1946 e 1947, ha lavorato in una miniera e ha imparato a scolpire. Ha studiato scultura e grafica, prima a Düsseldorf, presso l’Accademia delle Belle arti, poi a Berlino. Dal 1983 al 1986 è stato presidente dell’Accademia delle arti di Berlino.
Per la sua opera letteraria ha ricevuto dozzine di premi internazionali, tra i quali il Premio Grinzane Cavour nel 1992 e il premio Nobel nel 1999 perché «era come se alla letteratura tedesca fosse stato concesso un nuovo inizio dopo decenni di distruzione di linguistica e morale».
L’indimenticabile Il tamburo di latta (che insieme a Anni di cane e a Gatto e topo costituisce la trilogia Danzica) è, come ha scritto Dario Fo, “libro eccezionale in cui c’è disperazione, forza, ironia” e racconta la storia del bimbo-nano Oskar Matzerath, vero anticipatore del Sessantotto, che ci lascia percorrere, attraverso la sua dura vicenda familiare, la storia di Danzica, luogo multietnico in cui polacchi, tedeschi e kashubi convivono tra tensioni e fatiche. Da Diario di una Lumaca ad Anestesia locale, da Il rombo al Passo del gambero, Grass ha raccontato con tenacia e sincerità le ambiguità e le contraddizioni della Germania moderna, conferendo ai suoi personaggi una dimensione non solo politica ma anche filosofica-letteraria pessimistica, tutta tedesca.
Sguardo dolente sul mondo contemporaneo, intellettuale spesso criticato per le sue posizioni politiche, di tedesco di una certa sinistra occidentale (lo scrittore non ha mai visto di buon occhio l’unificazione della Germania), Gunter Grass è stato pienamente un figlio, infantilmente arrabbiato, del suo tempo, nato dalle colpe della Germania della quale non poteva non incarnare tutte quelle contraddizioni e quelle difficoltà che hanno costituito l’essenza del secondo dopoguerra. Nei suoi libri si fondono le lacerazioni dell’animo tedesco e la forza visionaria di radice polacca e slave, le note espressioniste fosche unite all’ironia, ci hanno regalato una scrittura magmatica e ricca, realistica ma anche deformata e ossessiva. Il narrare di Grass è metaforico di una realtà che non riesce a fare i conti col proprio tragico passato, che vuole dimenticare ma che rivive e che si scontra costantemente tra desideri e incertezze. C’è sempre tutto questo nei suoi libri, una lunga geniale e forse mai conclusa analisi di come la guerra ha cambiato la Germania e il mondo e una voglia di non arrendersi ad un mondo dominato dagli altri e da persone che non sanno vivere.