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Final cut di Vins Gallico

“Final cut”, il marketing dei sentimenti

Final cut. L’amore non resiste (Fandango editore, 2015) è un romanzo di Vins Gallico (Portami rispetto) che è rientrato nella “dozzina” del Premio Strega 2015, piazzandosi però all’ultimo posto dietro XXI secolo di Paolo Zardi (Neo edizioni, 2015).

 

Final cut, ossia “darci un taglio” in amore

Dopo aver ereditato una cospicua somma dalla morte del nonno nel 2008, il protagonista, che resta anonimo per tutto il libro, apre la “Final Cut”, un’agenzia che si occupa di troncare le relazioni d’amore ormai terminate, di fatto sostituendosi in tutto e per tutto a chi si trova nella spiacevole posizione di dover dare spiegazioni e restituire oggetti più o meno simbolici. Dopo un lento avvio, il proprietario della “Final Cut” crea un vero e proprio prezzario, con tanto di tariffe e pacchetti differenziati: il servizio base prevede la semplice restituzione dei beni del “lasciato”; i servizi avanzati comprendono, invece, un “discorso di chiusura” e, nella versione completa, addirittura la possibilità di replica dell’altro.

Il socio unico della società usa i vari casi per studiare approcci di marketing sempre più mirati: ad esempio comprende quasi subito quanto l’empatia sia un elemento di rilievo per la riuscita dell’impresa. È proprio tramite questi casi che arriva a comprendere, lui che sui disastri amorosi ha costruito un business, cosa è andato storto nella sua relazione con Anita, una ragazza (sposata e con figli) che ha segretamente frequentato per anni fino all’inevitabile epilogo.

Delegare il dolore, la sofferenza, le responsabilità

L’agenzia “Final Cut” si occupa di sbrigare le noiose e dolorose pratiche derivanti dalla chiusura di un rapporto. Come il protagonista stesso ammette durante una conversazione con la sua miglior cliente, Mery:

La mia posizione è che uomini e donne oscillano fra presunzione e debolezza. Quando sono in coppia, a volte non reggono le difficoltà per mantenere il rapporto. Così alcuni preferiscono abbattere e ricostruire. Senza capire che è sempre lo stesso gioco. Chi è in coppia vorrebbe tornare a star da solo e vede nel partner un peso, un argine. Poi una volta da solo, non ha più forze“.

Ma la verità è ben più complessa:

Chi si rivolge alla Final Cut non lo fa solo per vigliaccheria, come credevo quando l’ho fondata, ma anche per incapacità a contenere la sofferenza, ad accettarla. Alcuni hanno bisogno di un’eutanasia, altri richiedono l’autopsia sul cadavere della loro storia d’amore“.

In una società consumistica, dove si può speculare su tutto, anche i sentimenti sembrano diventare quindi un oggetto di marketing, su cui fare studi e, soprattutto, affari. Come ogni oggetto in vendita, anche la “delega sentimentale” della “Final Cut” subisce gli alti e i bassi del mercato, e nella fattispecie questo elemento si mischia con l’ipocrisia tipica della società borghese più classica:

Avevo notato nei consuntivi aziendali che si verificava sempre un calo nelle due settimane precedenti al Natale. Probabilmente la gente non vuole trascorrere le festività in solitudine, oppure preferisce posticipare le separazioni a dopo l’Epifania per non rovinarsi o rovinare le ferie. Una simile tendenza a procrastinare l’avevo notata anche nel caso di compleanni o di impegni istituzionali“.

L’immersione del protagonista nello squallido mondo della “Final Cut” e della delega sentimentale lo ha portato ad alienarsi dai sentimenti. Durante tutta la storia non lo si vede mai socializzare ed empatizzare veramente con qualcuno: i clienti restano sempre tali, poiché è deontologicamente corretto essere scostanti, gelidi, aridi. Tutto ciò si nota anche quando Mattia, uno studente di marketing, si propone di studiare la “Final Cut” come progetto per la tesi: a fronte delle reazioni normali del ragazzo davanti al dolore dei clienti, il protagonista resta indifferente, e anzi lo redarguisce severamente, al punto di costringerlo ad allontanarsi definitivamente. Lo spiraglio verso un’umanizzazione del protagonista, dunque, si chiude con un naufragio totale.

È solo tramite la già menzionata Mery che il narratore riesce ad aprirsi un po’, sia verso se stesso sia verso la sua storia con Anita, conclusa solo in apparenza; questo aspetto lo si vede anche nell’uso dei tempi, su cui Gallico fa leva in una sorta di gioco metanarrativo: “Mi domando se Mery sia consapevole della netta separazione che esercita: quando cita Zeno coniuga i verbi al passato, mentre se parla di Nina il tempo torna al presente“.

Allo stesso modo, la storia viene narrata al passato quando si parla di altri clienti o della fondazione di “Final Cut”, mentre si passa al presente quando Mery è al centro della scena; questo a significare, probabilmente, la connessione fra Mery e Anita, ossia fra una cliente che non riesce mai a chiudere una storia d’amore, e la storia d’amore stessa vissuta dal protagonista.

Vins Gallico tratteggia con leggerezza, precisione e una notevole dose di nichilismo una società fortemente abituata a non affrontare le scelte e a non farsi carico delle conseguenze delle proprie azioni. “Final Cut” risulta un ambasciatore dei sentimenti, poiché è molto più semplice pagare qualcuno piuttosto che fare i conti con un viso colmo di dolore, il cui ricordo probabilmente ci perseguiterebbe nei sogni per gli anni a venire.

About David Valentini

David Valentini è nato a Roma nel 1987. Laureato in filosofia e appassionato di arte e letteratura, è scrittore, correttore di bozze e traduttore. Ha pubblicato due romanzi e il suo sogno è vincere il Premio Strega. Gestisce la pagina Facebook "Crepuscoli urbani".

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