Maurizio de Giovanni, giallista napoletano classe 1958, dopo aver vinto nel 2005 un concorso per giallisti esordienti con un racconto incentrato sulla figura dell’ormai mitico malinconico commissario Ricciardi, il quale crede di essere pazzo e nel quale si riflette l’autore stesso, attivo nella Napoli degli anni Trenta, comincia un ciclo di romanzi, pubblicati da Einaudi Stile Libero, ispirati proprio al celebre commissario, che comprende Il senso del dolore, La condanna del sangue, Il posto di ognuno, Il giorno dei morti, Per mano mia, Vipera, In fondo al tuo cuore e Anime di vetro. Nel 2012 esce Il metodo del Coccodrillo, edito da Mondadori che si aggiudica anche il Premio Scerbanenco, e dove fa la sua comparsa l’ispettore Lojacono, fra i protagonisti della serie dei Bastardi di Pizzofalcone. Nel 2014, ancora per Einaudi Stile Libero, de Giovanni pubblica anche l’antologia Giochi criminali, insieme a Giancarlo De Cataldo, Diego De Silva e Carlo Lucarelli. Nel 2015 esce per Rizzoli il romanzo Il resto della settimana. Tutti i libri di Maurizio de Giovanni sono tradotti o in corso di traduzione in Francia, Germania, Inghilterra, Spagna, Russia, Danimarca e Stati Uniti. Lo scrittore partenopeo è anche autore di racconti a tema calcistico sulla squadra del Napoli, della quale è visceralmente tifoso, nonché di opere teatrali. Intenso ed originale, de Giovanni sa coinvolgere il lettore come pochi scrittori sanno fare e probabilmente creando dipendenza verso i suoi personaggi (Ricciardi, Enrica, Bambinella), generando curiosità e aspettative per il romanzo che verrà già mentre si legge quello attuale. Ribaltando l’immagine tipica da cartolina delle città, de Giovanni svuota la sua Napoli della banale retorica calando il lettore in una città dall’atmosfera insolita, quasi metafisica, senza rinunciare a volte al folklore autoctono e ai sentimenti.
Maurizio de Giovanni e la cronaca nera
Ogni volta che ci si trova al cospetto di un delitto efferato, cediamo naturalmente alla tentazione di puntare il dito verso il suo autore, che da omicida si trasforma rapidamente in “mostro”. Il fatto che qualcuno abbia ‘sbandato’ più di noi è sinistramente rassicurante, ci fa sentire in qualche modo migliori, e soprattutto ci fa parlare. Parlare del “mostro”, certo. Ci fa parlare tanto. Purtroppo, però, in quel gran parlare che genera un caso di cronaca nera, troppo spesso ci si dimentica che a commettere quell’azione delittuosa è stato pur sempre un uomo, perché si è portati a pensare che ci sia uno strappo netto tra l’omicida e l’essere umano.
Maurizio de Giovanni, nella sua recente opera Nove volte per amore, prende spunto da nove celebri casi di cronaca nera per inventare altrettante storie, e soprattutto per tentare di ricucire quello strappo. E ci riesce, e come se ci riesce! Con una precisione sartoriale degna della migliore tradizione napoletana, restituisce ai c.d. “mostri” l’umanità dissoltasi nel chiacchiericcio. E lo fa con grande onestà, senza giudicare e senza giustificare. Si limita soltanto ad offrire dei punti di vista differenti, che siano quelli delle vittime o quelli dei carnefici. Quei punti di vista che faticano a trovare spazio in TV o sui giornali, perché i media tendono sempre più a banalizzare l’uomo: a loro interessa il delitto. De Giovanni, invece, ‘banalizza’ il delitto: a lui interessa l’uomo. Ma, la sua, è una banalizzazione virtuosa. Nella sua reinterpretazione frutto della fantasia, lo scrittore napoletano rende gli autori di questi nove delitti molto più normali di quanto possano sembrare. Spesso si scopre che il delitto può nascere da un’incomprensione, da quella incomunicabilità che troppo spesso permea i rapporti umani; può nascere dalla noia figlia dell’imborghesimento, può nascere dalla solitudine.
L’abilità di de Giovanni è proprio quella di rendere sorprendenti situazioni assolutamente normali. E per farlo si avvale dei suoi personaggi, lasciando che siano loro ad esprimersi. Ce li avvicina. Letteralmente. Con il suo inconfondibile stile asciutto e delicato, gli fa spazio allontanandosi in punta di penna senza intromettersi tra loro e il lettore, che accetta di buon grado questo attestato di fiducia e divora i suoi racconti con avidità. Con la ricompensa di un punto di vista differente.