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Ricordando Thomas Mann, mediatore tra Vita e Spirito

Thomas Mann (6 giugno 1875 – 12 agosto 1955) ha inscritto la propria complessa letteratura nel territorio della vita, in cui tutti noi ci riconosciamo, perché è un territorio ermetico, tra non-essere-ancora e non-essere-più. Di questo regno intermedio, demonico, mutevole, l’arte si fa espressione, a volte anche contro le taglienti pretese dello spirito.

L’ermetismo di questo straordinario mediatore lunare tra vita e spirito, autore del romanzo-saggio, si rifrange nei molteplici volti dei protagonisti delle sue opere maggiori: da Thomas Buddenbrook a Tonio Kröger, da Giuseppe a Felix Krull, da Gustav von Aschenbach a Adrian Leverkühn, i quali rappresentano una fantasmagoria delle sue controfigure più o meno parziali, fantasiose o ideali.

Thomas Mann e la Germania

Andando oltre i dibattiti sul romanzo ‘ottocentesco’ di Mann, o sulla sua idea perenne di borghesia, oppure sui suoi rapporti con lo spirito tedesco, si potrebbe partire, in occasione dell’anniversario della sua nascita, da una constatazione riguardo lo scrittore tedesco e nello specifico la sua produzione letteraria da parte del filologo ungherese Kerényi nel carteggio con Thomas Mann: “una grande entelechia con inclinazione mitologica, anzi con indole mitologica, con i tratti maliziosi di un essere ermetico”

La cifra spirituale e letteraria più originale di Mann, che è il suo lascito, può essere colta nel suo carattere ermetico.

Ma come viene visto oggi Thomas Mann? Quale potrebbe essere la più giusta definizione?

L’ermetismo di Thomas Mann

Seguendo le considerazioni di Kerenyi, Thomas Mann è visto come colui che, «in questo settore del mondo umano, nel regno intermedio tra vita e morte, si muoveva come i Greci reputavano che si muovesse il loro dio Hermes. La realtà psichica del dio Hermes […] consisteva nella possibilità (che però corrisponde anche adun’altissima facoltà spirituale) di trovarsi a casa propria persino in quel regno».

Se esiste un testo letterario in cui è rappresentata la “superiore realtà” di Hermes, questo è senza dubbio La montagna incantata dove il ludus viene scoperto, e il mistero rivelato proprio dall’autore nell’ultima pagina del romanzo, quando afferma che la storia di Hans Castorp forse non fu esemplare, ma nemmeno inutile: fu “una storia ermetica”

La politica

Il primo Mann, quello che arriva fino alle geniali e deliranti Considerazioni di un impolitico dove si chiede: Cos’è lo spirito tedesco? Come può esprimersi sotto la forma del borghese? E che rapporti ha con l’umanesimo? è quello che ritorna nel Doktor Faustus nel quale emerge come lo spirito tedesco sia pessimista.

Il “pessimismo” ha un’origine e una valenza ben precisa, in quest’ambito culturale; ne sono figli Nietzsche, Wagner e lo stesso Thomas Mann.

Questa origine si trova in Schopenhauer. Mann, in quanto romanziere “ottocentesco”, delinea consapevolmente la sua discendenza: «per quanto è essenziale al mio spirito, io sono un vero figlio del secolo nel quale cadono i primi venticinque anni della mia vita, il diciannovesimo […]. Romanticismo, nazionalismo, borghesia, musica, pessimismo, umorismo, questi elementi che erano sospesi nell’atmosfera del secolo passato sono anche le componenti principali e impersonali della mia esistenza»

Il pessimismo borghese

Un altro aspetto importante della letteratura di Mann è il “fattore morale” borghese che riguarda non solo l’uomo d’affari, ma anche l’artista, lo scrittore, come Mann chiarisce a proposito di se stesso: «in contrasto con quello meramente estetico, con la contemplazione edonistica della bellezza, anche col nichilismo e col vagabondaggio all’insegna della morte, è propriamente un sentirsi borghesi, ossia cittadini della vita, è la sensibilità per determinati doveri vitali […], a recare un apporto produttivo alla vita e al suo sviluppo; è ciò che impone all’artista di non concepire l’arte come una dispensa assoluta dalle responsabilità umane, di fondare una casa, una famiglia, di dare una base solida, decorosa, non trovo altra parola, borghese, alla sua vita spirituale, per avventurosa che essa sia»

La ‘borghesia’ nasce dunque in reazione a questo presentimento pessimistico del vuoto e dell’infondatezza.

La teologia

E la teologia? Per disquisire di quest’altro importante aspetto nell’opera di Thomas Mann, bisogna fare riferimento al Doktor Faust, e allo studio di Maar il quale in un articolo del 1989, ha annesso alla “costellazione” del romanzo un altro nome significativo, quello di Gustav Mahler, di cui ha studiato la posizione in tutta l’opera di Thomas Mann.

Il fatto che la posizione di Mahler nel Doktor Faustus sia sfuggita a numerosi critici prima di Maar come Adorno, è dipeso in parte da due fattori: le modalità della sua “apparizione” e la falsa constatazione che ne ha impedito il riconoscimento. Maar ha dimostrato con prove incontestabili (una fotografia posseduta da Thomas Mann e la descrizione che il romanziere aveva dato di Gustav von Aschenbach in Morte a Venezia) che il diavolo con cui Leverkühn discute lungamente nel capitolo XXV del romanzo e che, dopo una prima trasformazione, assume certi pensieri adorniani sulla crisi della musica e sulla sua “impossibilità” nella situazione storico-sociale “moderna”, non assume affatto i tratti fisici di Adorno, come generazioni di critici avevano sostenuto, bensì quelli di Gustav Mahler.

L’attualità di Thomas Mann

Di cosa ci parla oggi Thomas Mann, l’uomo che era spaventato dal caos del mondo e che seguiva gli eventi del suo tempo con la stessa puntigliosità utilizzata per comporre i suoi romanzi, era un testimone sempre vicino agli eventi e sempre dentro i dibattiti culturali e politici che li accompagnavano?

Soprattutto che la sua Montagna non è incantata come molti pensano, ma magica, in quanto essa può suscitare incanto, “ma anche sortilegio e maleficio” e del resto “nel corso della narrazione si assiste ad una vera e propria iniziazione”, quella che Mann fa sperimentare a Hans Castorp e della sua progressiva “salita” agli inferi e la cui conclusione è segnata da quell’“orribile danza” e da quella “voluttà smaniosa e maligna” che è la prima guerra mondiale, sui cui campi intrisi di sangue si compirà il sacrificio del protagonista.

Ascendenze freudiane

Mann ci parla di tendenze civili e demoniache presenti nell’uomo: ascendenze freudiane dunque e della potere che ha un grande evento storico di scuoterci. Di teologia, di passione, do sagacia, di filosofia contemporanea, della necessità di dare credito al temo, alla sofferenza, alla gioia; nel caos della vita.

Nonché le seguenti parole contenute in Considerazioni di un impolitico, lui che era antinazista ma anche radicato nella contraddizione:

“Non solo non penso che il destino dell’uomo si esaurisca nell’attività pubblica e sociale, ma addirittura trovo quest’opinione disgustosa e inumana”; “Amore! Umanità! Li conosco, quel teorico amore e quella dottrina umanitaria, professati a denti stretti per provocare un senso di ribrezzo nel popolo…. Tremenda, certo, è la guerra. Se però nel vivo della guerra il letterato politico si mette in posa e proclama di sentire nel petto il respiro d’amore dell’universo, questo è il più spaventoso degli spaventi e insopportabile”.

La personalità dunque nasce da un conflitto e la si ha quando si è qualcuno, non quando si hanno opinioni. Pensiero tagliente ed estremo, inconcepibile per chi accoglie solo l’ovvio e per chi non è uno spirito libero; questo sembra essere uno dei lasciti più importanti e al contempo urticanti del mago Thomas Mann.

 

Remembering Thomas Mann, mediator between Life and Spirit

 

About Annalina Grasso

Giornalista e blogger campana, 29 anni. Laurea in lettere e filologia, master in arte. Amo il cinema, l'arte, la musica, la letteratura, in particolare quella russa, francese e italiana. Collaboro con una galleria d'arte contemporanea.

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