Crocifisso Dentello

Crocifisso Dentello: ‘La vita sconosciuta’, il suo secondo e dirompente romanzo che, come il primo, non delude le aspettative

Lo scrittore emergente Crocifisso Dentello nato a Desio nel 1978, il quale ha esordito nel 2015 con Finché dura la colpa (Gaffi), romanzo che è diventato un caso editoriale grazie al successo di critica e di pubblico accoglienza della critica e dei lettori, è tornato quest’anno in libreria con un’opera dirompente, originale e potente. Anni di piombo, omosessualità, immigrazione, e senso della perdita le tematiche del suo ultimo romanzo.

Quando un giovane scrittore fa centro col primo romanzo, tanto da appassionare un vasto pubblico e divenire un caso tra gli esordienti, viene naturale chiedersi se riuscirà a bissare il colpo. Se non si appartiene a quella esecrabile schiera di critici che con disturbante sadismo aspettano solo di cogliere in fallo chiunque cerchi di farsi largo nel panorama editoriale, si vive l’attesa con una certa apprensione, facendo dentro di sé il tifo, soprattutto se si pensa sinceramente di avere a che fare con una vera promessa. Certamente Crocifisso Dentello, con il suo La vita sconosciuta, vi farà tirare un sospiro di sollievo. Lo scrittore conferma se stesso come astro nascente della narrativa italiana. Finché dura la colpa, il suo primo romanzo, non era stato solo una meteora, un ingannevole abbaglio.

Dopo l’agognata e sofferta ricerca di un editore per la prima opera, che ha visto la luce editoriale grazie al coraggioso appoggio di Alberto Gaffi, Dentello approda, in accordo con la sua agenzia letteraria la Benedetta Centovalli Literary Agency, a La Nave di Teseo. Questa nuova e curiosa casa editrice, fondata da Elisabetta Sgarbi, e che è già riuscita a mandare un testo in finale allo Strega (Elena Stancanelli, La femmina nuda), si conferma oculata e lungimirante andando ad annoverare nel suo cotè un talento quale Dentello. Non solo devono avervi scorto il valore e la vendibilità del prodotto, ma è ragionevole ritenere abbiano inoltre compreso le potenzialità insite nella penna di questo giovane scrittore.

Questa la sinossi del romanzo:

Milano, primi anni Duemila. Ernesto, cinquantenne disoccupato, reduce da un incontro sessuale con un gigolò arabo, rincasa nel cuore della notte e scopre la moglie Agata riversa senza vita sul divano. Il tragico evento è preceduto alcune ore prima dall’ennesima disputa coniugale perché Agata – costretta a lavorare come domestica per salvare il bilancio familiare – rimprovera al marito una colpevole rassegnazione.
Il lutto improvviso esaspera i sensi di colpa di Ernesto. Da anni conduce una doppia vita costellata da menzogne e tradimenti. Agata, siciliana dal carattere ribelle, ignora che il marito la tradisce con prostituti nel degrado di parchi pubblici e toilette di stazioni ferroviarie. Così com’è all’oscuro del terribile segreto che Ernesto custodisce, risalente al loro comune passato di rivoluzionari negli anni Settanta.
Scandito da capitoli che si accumulano come istantanee capaci di illuminare il nostro passato prossimo grazie a un particolare, un dettaglio, un’emozione, il romanzo attraversa la memoria intima e pubblica di un uomo che si mette a nudo in una confessione senza sconti. Crocifisso Dentello, alla sua seconda prova, racconta due vite perdute, un marito e una moglie offesi dalla Storia e dai sentimenti negati.

La prima cosa che bisogna riconoscere a Dentello è che ha capito la regola numero uno dello scrivere: l’incipit deve essere fulminante. E quello di La vita sconosciuta, allo stesso modo di quello del suo primo lavoro, lo è. Fulminante e sconvolgente:

Mentre Agata rincorreva il suo ultimo respiro, sciogliendo il suo finale di vita in un sonno senza più risveglio, io me ne stavo genuflesso sull’erba umida del Parco Nord, profanato dal cazzo di un tunisino e accogliendo nella mia bocca, come in una torbida eucaristia, il suo seme di musulmano infedele.
Formidabile l’idea di catapultare il lettore in medias res avviluppandolo in una mistura di squallore e turbamento, amore mercenario e morte. In questo romanzo si ritroverà per certi versi molto del Dentello con cui si era familiarizzato attraverso il primo lavoro. Lo stile resta inconfondibile, caratterizzato da una prosa ricercata ma piacevolmente scorrevole. Allo stesso modo resta l’ambientazione, l’orizzonte periferico della città che evidentemente lo scrittore sente e conosce intimamente. Nuovo e inaspettato giunge invece l’ambito temporale entro cui la storia risulta dispiegarsi con salti, ritorni, e oscillazioni tra la fine degli anni settanta del secolo scorso e il presente.

Dentello decide di misurarsi niente meno che con la questione del terrorismo e, al contempo, con l’epoca del precariato e della disoccupazione. È interessante questa tensione storica. Si tratta per altro di una tendenza che in parte si era già riscontrata per esempio in un altro giovane scrittore, il Marco Missiroli di Atti osceni in luogo privato. Può sembrare strano che un giovane romanziere che, per semplice questione anagrafica, non ha potuto conoscere quegli anni decida poi di scriverne. La soluzione interpretativa più probabile sembra quella per cui, alla ricerca delle motivazioni profonde dello stato di crisi nella presente contingenza storica, l’autore si muova setacciando il passato nella persuasione che in esso stia la chiave di comprensione del fattuale.

Gli altri due temi, oltre alla questione del terrorismo come risposta degli umiliati e offesi alla loro condizione sociale, sono il senso della perdita e quello dell’omosessualità. Il protagonista, nonché io narrante, Ernesto, è un ex magazziniere (prima ancora operaio in una fabbrica di vernici) recentemente naufragato nel declivio senza uscita della disoccupazione, come tanti altri cinquantenni che, di questi tempi, si ritrovano improvvisamente senza lavoro. Al suo fianco, ma tra costanti tensioni e attriti, la moglie Agata. Anche lei come lui militante in gioventù tra i gruppi rivoluzionari, svolge, oramai giunta alla mezza età, la mansione di colf in case di ricchi signori nella tragedia di una Milano in cui la forbice sociale si va facendo sempre più larga. Essendo la sola a lavorare, in questo disastrato nucleo famigliare, il suo stipendio costituisce l’unica fonte di reddito.

Si potrà facilmente comprendere la difficile condizione in cui versano i due coniugi e la spirale malsana di frustrazioni e recriminazioni che travaglia la loro convivenza. Ad aggravare ulteriormente la situazione, vi è il fatto che l’uomo di casa custodisce un terribile segreto, la sua omosessualità, che lo porta a vivere una doppia vita. Una sorta di moderno Dr Jekill e Mr Hyde che durante il giorno, è un semplice sfaccendato comprensibilmente abulico e privo di stimoli che bighellona tra il divano e la cucina, con qualche saltuaria e inefficace puntatina nei supermercati, alla ricerca di un nuovo impiego come magazziniere. Ma la notte, dopo che la moglie è regolarmente rientrata a casa e l’ha pesantemente redarguito per il suo stato di inoperosità, si manifesta il suo lato sconosciuto. Approfittando dei continui battibecchi e scontri, Ernesto finge di essere alterato più di quanto effettivamente sia. Allora, prende la porta e inizia le sue peregrinazioni notturne a caccia di qualche amore mercenario. Il più delle volte, questa caccia si risolve nel praticare una fellatio a un extracomunitario:

Non avevo grandi disponibilità di denaro, ma questi immigrati, con i loro denti guasti e la loro igiene sommaria, si accontentavano di pochi euro, di un pacchetto di sigarette, di una ricarica telefonica.

Anche la sua vita sessuale è quindi segnata dal degrado e l’abiezione. Spaventoso e di grande tristezza il racconto di questi incontri clandestini, tra parchi avvolti in una cupa atmosfera notturna e bagni delle stazioni dei treni. Il tono diretto della prima persona, quel punto di vista endogeno, accentua ancor di più la misura della desolazione vissuta dal protagonista. Dentello è abilissimo nel rendere tutto ciò, restituendoci il senso di una drammaturgia rigidamente codificata che viene ripetutamente messa in scena tra ragazzi di vita e clienti.

Sarà proprio al ritorno da uno di questi incontri consumati con travagliato senso di colpa e voracità che Ernesto troverà Agata morta sul divano. Nessun omicidio. Per fortuna Dentello ci ha risparmiato dalla sciagura di un ennesimo e abusatissimo noir. Un semplice attacco, uno di quei “colpi” improvvisi che possono sottrarre alla vita in men che non si dica. Da quel momento, lo scrittore intraprende ciò che si potrebbe quasi definire una proustiana ricognizione della costruzione ed evoluzione della storia tra Agata ed Ernesto. Ciò è occasione per dimostrare come la vita, con le sue mille pastoie, riesca a corrompere anche un amore tutto sommato puro, tra persone semplici. Il lettore avrà modo di constatare come Dentello sappia essere delicato e toccante nello sviscerare i moti dell’animo sottoposto a una dolorosa perdita. Come affermato in precedenza, emerge il meglio della lezione proustiana dove, come in una trasposizione metropolitana del noto passo della madeleine, Ernesto rievoca partendo da mille particolari l’essere amato scomparso. Similmente che nel noto autore francese, il processo sarà molto doloroso e tormentato, nella fattispecie la sofferenza della perdita verrà inasprita dal senso di colpa. Amarissima, quanto veritiera, la presa d’atto finale che se ne ricava in merito all’amore:

Ognuno ha una percentuale di vita sconosciuta alla propria compagna. Lo spicchio è di varia grandezza ma il mio era ampio e irreversibile come un pozzo senza fondo.

 

Recensione de L’intellettuale dissidente

 

Pubblicato da

Annalina Grasso

Giornalista e blogger campana, 29 anni. Laurea in lettere e filologia, master in arte. Amo il cinema, l'arte, la musica, la letteratura, in particolare quella russa, francese e italiana. Collaboro con una galleria d'arte contemporanea.

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