La consistenza del bianco è il romanzo di esordio di Ornella De Luca, giovanissima autrice messinese che ha già pubblicato diverse storie, vinto concorsi e si è anche classificata al secondo posto al premio Nanà edizione 2012 promosso dalla casa editrice Avagliano con il romanzo breve Raccontami del vento.
La consistenza del bianco è ambientato a inizio Novecento e ritrae un mondo corrotto di nobili inglesi viziati e di malviventi nei bassifondi di New York. È la storia di Cheryl Milton che scappa dallo Yorkshire e dalla sua famiglia, che la aveva promessa in sposa a un uomo di dubbia moralità, e fugge in America cercando di rifarsi una vita. Cheryl, egoista e vanesia, si troverà a scontrarsi con nuove realtà e con verità difficili e sconosciute; minacciata dal suo oscuro passato, sempre in agguato, Cheryl matura nel corso del romanzo una nuova sensibilità.
In tutto il romanzo si aggirano personalità irrequiete e contraddittorie, che sebbene investiti di buone intenzioni, imboccano pericolosamente la strada per la propria rovina. Ma è proprio in questo buio intricato e confuso che si stringono legami importanti, legami che lasciano trapelare un inaspettato bagliore di speranza.
Questo l’incipit del romanzo:
«Va da sé che ogni famiglia, pur sancita istituzionalmente e socialmente dall’atto di nascita, non sia necessariamente e altrettanto solennemente posta in essere da eguali forti vincoli relazionali. Direi piuttosto che assai di frequente capita di trovare sotto lo stesso tetto un’accozzaglia di gente male assortita, che condivide lo stesso corridoio e gli stessi servizi igienici ma non le stesse radici emozionali e valoriali. Vivere insieme può essere claustrofobico quando le diverse attitudini caratteriali tendono a scontrarsi o peggio ad ignorarsi. Esiste un gap di comunicazione sia per difetto che per eccesso. E l’unica soluzione sembra essere l’ arrendersi alla codardia e a quella che apparentemente risulta sempre la scelta più sbagliata: scappare. Cheryl l’aveva capito senza rendersene conto, spinta più dall’istinto di sopravvivenza che da un ragionamento ben ponderato. L’unico che non avrebbe voluto abbandonare era il fratellino di quattro anni. Disprezzava lo snobismo e la ristrettezza mentale della madre, l’ipocrisia e lo sciovinismo del padre, la malignità e l’estremo egoismo che sovente manifestava sua sorella, cresciuta con la consapevolezza di poter ottenere tutto solo alzando di un’ottava il tono della voce. E proprio seguendo quest’impeto di ribellione, una notte decise di scavalcare il muro di cinta della tenuta della sua famiglia e correre verso il paese. Portando con sé solo qualche vestito e sei pezzi d’argenteria da poter rivendere. Più qualche gioiello della madre. Ma solo quelli che sapeva detestasse, regali del marito per farsi perdonare le lunghe assenze e forse qualcos’altro. God bless the king… and his aristocracy. Era buio e la strada sterrata poco praticabile a causa della fanghiglia. Il canale di scolo era allagato e gli alberi ai margini avevano perduto le proprie ramificazioni sul selciato. A sole tre miglia da casa dovette fermarsi a riposare e a controllare un taglio sul polpaccio sinistro, che si era procurata superando lo steccato del bestiame. La stazione più vicina era ancora a un paio di miglia da lì, ma dalla sua parte aveva il tempo. Non credeva, infatti, che si sarebbero accorti della sua scomparsa fino al mattino seguente, quando la cameriera sarebbe entrata a svegliarla, portando con sé la colazione e gli asciugamani puliti. Così, temporeggiò e si introdusse in quello che sembrava un grosso capanno da caccia. Il cancello di legno marcio era socchiuso e incastrato nel selciato, ma non fu difficile aprirlo quel tanto che bastava da passarci trasversalmente. Avere un vitino sottile le portò dei vantaggi quella sera. La stanchezza e il dolore alla gamba le provocarono un tale senso di ottundimento che non notò subito la flebile luce di una candela poggiata ai piedi del soppalco. Poi la fiamma si spense. Che sconsideratezza accendere un fuoco in un luogo chiuso, pieno di paglia e fogliame. Cheryl aguzzò la vista ed intravide una sagoma. Stava sdraiata, accasciata contro una cassa… o una valigia. La curiosità la portò a chiedersi chi si ostinasse a nascondersi con tale caparbietà, ma poi si ricordò di essere una fuggitiva e la paura ebbe la meglio sull’interesse, quel tanto da indurla a uscire di gran corsa dal capanno. Zoppicò attraverso la brughiera seguendo il profilo dei fienili in fondo alla valle, illuminati dal chiaro di luna. Arrivò fino al canale che divideva la proprietà dei Milton, la propria famiglia, da quella dei Campbell, i noiosi vicini, e cercò di attraversarlo, ma il frastuono di un branco di cani da caccia la pietrificò e le impedì di continuare ad incedere. Si voltò e vide, oltre il profilo della collina, Norman ed altri sette servitori di Laverstock Hill, la propria casa, venirle incontro gridando il suo nome. È finita, pensò. Ma avere undici anni ha i suoi vantaggi. Hai una vita davanti per incolpare i genitori dei tuoi fallimenti».
Questa storia sembra avere in sé tutti gli ingredienti del romanzo di formazione: l’adolescenza, la fuga, la speranza e la voglia di poter ricominciare in un posto nuovo; si tratta di un viaggio che comincia con uno sguardo già maturo che poi non può far altro che definirsi e consolidarsi. Fin dalle prime righe si evince una volontà di riscatto, quell’ostinato senso di speranza e di cambiamento che agita tutti noi; l’abbandono delle proprie radici e la conquista del proprio posto del mondo; una storia che parte da una ribellione per maturare nel corso della narrazione e scoprire che in fondo, anche nei momenti bui si nasconde una luce pronta a brillare.
A noi dunque non resta che fare gli auguri all’autrice e addentrarci nella sua storia per viverla in prima persona.