Quella sinistra passione occidentale per i terroristi islamici

Il 7 ottobre 2024 ricorre il primo anniversario dell’attacco terroristico di Hamas a Israele, ma per alcune grottesche compagini italiane che si preparano a manifestare, è una data storica che celebra la resistenza palestinese nei confronti dello Stato di Israele, considerato terrorista dai maître à penser che manifestano una sinistra passione per i terroristi islamici. Perché? Da dove nasce tutta questa solidarietà e eccitazione per la cosiddetta “resistenza palestinese” e per coloro che vogliono distruggere Israele?

Le rivoluzioni, come scriveva Dahrendorf sono momenti malinconici della storia, avventure individuali e collettive, nelle quali la speranza viene quasi sempre tradita, lasciando al suo posto una violenta delusione. La rivoluzione che credono di celebrare i pro-Palestina, è evidentemente, quel punto di svolta epocale, quel mutamento tanto vagheggiato, capace di inaugurare, attraverso un passaggio “critico”, mediante la violenza, la guerra, il terrore, un’altra società, regno di autentica giustizia.

Secondo gli ipocriti odiatori occidentali che vivono in Occidente e alla maniera occidentale, gli integralisti islamici e chi ha massacrato uomini. donne e bambini il 7 ottobre 2023, sono portatori di valori di giustizia ed uguaglianza. Coloro che impiccano omosessuali in quanto tali e incarcerano e assassinano donne che non indossano correttamente il velo. Come lo si può spiegare?

Nel modo attuale di autorappresentarsi, troviamo tanti relitti affioranti della narrazione ideologica intorno alla rivoluzione sorta in Occidente. Forse anche per questo attecchisce fra giovani cresciuti in Europa: jihad, insomma, fa rima con rivoluzione, non a caso nel “Manuale dello stato islamico”, una delle tante pubblicazioni web di Daesh si legge, “lo stato islamico è la vera rivoluzione, grazie a Corano e Sunnah”. Senza contare che nell’immaginario di sinistra gli arabi sono vittime a prescindere, non bianchi, poveri, sfruttati.

D’altro canto, come ha giustamente notato il prof. Luigi Caramiello ne “L’Islam tra noi che genera nuovi mostri”, se si presta un po’ di attenzione al discettare di tanti intellettuali intorno al tema, si fa presto a scoprire quanto siano ancora folte le schiere di coloro che subiscono tutt’oggi il fascino del vecchio mitologema della rivoluzione, il quale, periodicamente, si ripresenta sotto i nostri occhi, anche se in forma variamente trasfigurata. Non sono tanto le “masse” a subire la seduzione di tale messaggio, esso infatti trova simpatia soprattutto fra le élites politiche e culturali, professori sessantottini (altra rivoluzione il ’68!), neo femministe e trans-femministe, donne del movimento “Non una di meno” (tranne se israeliana, viene da dire), che hanno manifestato contro il genocidio (termine peraltro scorretto) perpetrato da Israele a Gaza, in barba al divieto del questore che sapeva bene che nella tanto strombazzata protesta, si è inneggiato al 7 ottobre, e all’antisemitismo.

Gli occidentali pro-Palestina con il (finto) complesso di colpa, trincerandosi dietro la Costituzione dimenticano di citare il seguente passaggio: <<E’ vietata ogni organizzazione, movimento o gruppo avente tra i propri scopi l’incitamento alla discriminazione o alla violenza per motivi razziali, etnici, nazionali, o religiosi>>.

E’ doveroso ricordare ai pseudorivoluzionari che ciò che insegnano tante diverse esperienze storiche – dalla rivoluzione francese del 1889 a quella bolscevica del 1919, per giungere a taluni inquietanti esiti della cosiddetta “Primavera araba” -, è proprio il fatto che ogni qualvolta, sotto il pretesto rivoluzionario di un vago concetto di giustizia, l’autorità dello Stato si estende all’insieme della società e tende a non riconoscere più alcuna altra sfera, alcun’altra dimensione individuale; il risultato è semplicemente un orrore, che sulla ha a che vedere con l’evoluzione della società.

 

 

 

Papi e Santi marchigiani a Castel Sant’Angelo dal 3 ottobre al 2 marzo 2025

Domani apre la grande mostra “Papi e Santi marchigiani a Castel Sant’Angelo”, che il pubblico potrà scoprire, inclusa nel biglietto d’ingresso al Castello, dal 3 ottobre 2024 fino al 2 marzo 2025, nella suggestiva cornice delle Sale dell’Armeria Superiore. Un’esposizione ricca di materiali, documenti e testimonianze, molti dei quali provenienti dal territorio marchigiano, opere del tutto inedite o poco note, che testimonia la connessione di Roma – città Eterna dei Papi dove passato e presente appaiono indissolubilmente legati – e del suo patrimonio storico, artistico e culturale con le Marche.

 La mostra è promossa dalla Regione Marche, dall’ATIM Agenzia per il Turismo e per l’Internazionalizzazione delle Marche, con la collaborazione della Direzione generale Musei del Ministero della Cultura e dell’istituto Pantheon e Castel Sant’Angelo – Direzione Musei nazionali della città di Roma, con il patrocinio di Giubileo 2025 e Conferenza Episcopale Marchigiana. Prodotta e organizzata da C.O.R. Creare Organizzare Realizzare di Alessandro Nicosia con la curatela di Marco Pizzo e di Maria Cristina Bettini.

 Le Marche, tra storia e cultura, hanno tessuto nel corso dei secoli un legame profondo con la Chiesa cattolica. Il loro passato, intimamente connesso con lo Stato Pontificio, dominio temporale dei papi, ha contribuito a plasmare l’identità e il tessuto sociale della regione. L’autorità e l’influenza della Chiesa hanno permeato molteplici aspetti della società marchigiana, guidando le istituzioni, ispirando opere d’arte sacra e delineando le pratiche culturali e spirituali della popolazione. Le Marche rappresentano un crocevia di storia e fede, dove il patrimonio religioso si fonde armoniosamente con il tessuto della vita quotidiana, caratterizzando le radici culturali della regione e rafforzandone il ruolo centrale nella storia ecclesiastica dell’Italia.

 L’obiettivo è quello di far affiorare l’intreccio tra arte, cultura e spiritualità, il profondo e persistente legame con il territorio marchigiano, coinvolgendo e catturando la curiosità di turisti, amatori e devoti verso la scoperta di questi luoghi.

Le figure dei santi marchigiani sono riuscite a caratterizzare perfettamente le istanze del loro tempo divenendo punti di riferimento religioso e artistico come, ad esempio, San Nicola da Tolentino.

 “La mostra ‘Papi e Santi marchigiani a Castel Sant’Angelo’ – dichiara Francesco Acquaroli, presidente della Regione Marche – offre un viaggio straordinario attraverso la storia, l’arte e la spiritualità che unisce il territorio marchigiano alla Città Eterna. L’esposizione, che si snoda tra documenti preziosi e opere inedite, celebra il legame profondo tra le Marche e la Chiesa cattolica, rivelando l’influenza che i papi e i santi nati in questa regione hanno avuto nel plasmare la cultura ecclesiastica e artistica italiana. Un’occasione imperdibile per immergersi in una storia di fede e arte in un museo prestigioso come Castel Sant’Angelo, ma anche un’importante vetrina per la promozione del territorio marchigiano. Attraverso il dialogo tra arte sacra e storia ecclesiastica, questa esposizione invita infatti i visitatori ad esplorare la nostra regione per scoprirne le radici culturali e spirituali. Abbiamo dunque un’opportunità unica per valorizzare il patrimonio delle Marche, attirando l’attenzione di turisti, studiosi e appassionati d’arte verso un territorio ricco di tradizioni, paesaggi e cultura, favorendo così la crescita del turismo e la conoscenza delle sue eccellenze”.

 Prosegue S.E.R. Mons. Rino FisichellaPro-Prefetto del Dicastero per l’Evangelizzazione e incaricato da Papa Francesco all’organizzazione del Giubileo 2025: “Mentre mi congratulo per la lodevole iniziativa, auspico che i visitatori possano trasformarsi ‘Pellegrini di Speranza’ e che nel loro cammino verso la Porta Santa possano essere edificati dalle eminenti personalità che questa mostra desidera raccontare”.

 “Questa mostra nasce dalla storia e dalla straordinaria fecondità spirituale e culturale della terra marchigiana – spiega S.E.R. Mons. Nazzareno Marconipresidente della Conferenza Episcopale Marchigiana – Le Marche sono cristiane grazie a Roma ma, essendo una terra feconda e grata, hanno ben presto preso a restituire a Roma una grande ricchezza di fede, di cultura, di vita cristiana. È così che fin dal IV secolo dalle Marche cristiane sono sorti i primi santi la cui fama ha raggiunto Roma, come San Marcellino di Ancona citato da San Gregorio Magno. Ancora di più nel Medioevo, le Marche hanno restituito a Roma il dono della fede attraverso nuove vie di pellegrinaggio dove già dalla fine del 1200, sono giunti nell’Urbe, i primi grandi papi marchigiani. Poi ‘dal cielo’ il 10 dicembre 1294 avveniva la ‘Venuta’ della Santa Casa a Loreto. Giunta dal cielo la Santa Casa darà origine ad una terza strada di legame tra Roma e le Marche, una via più celeste che terrestre, segnata dai passi dei pellegrini e sulla quale i papi ed i santi marchigiani prenderanno ad andare e venire da Roma: La via Lauretana”.

Dichiara Massimo Osanna, Direttore Generale Musei, nella prefazione al catalogo della Mostra: “Nella precipua ottica di lettura e interpretazione delle realtà territoriali, la mostra guarda al panorama di abbazie, monasteri e luoghi di pellegrinaggio della regione e entra al suo interno, per rivelarne le storie, in un intrigante intreccio di voci, volti, tradizioni e memorie antiche che riescono ad attualizzarne la potente portata e a diffonderne il messaggio, dialogando sapientemente con la contemporaneità. E così le figure dei nove papi, alle quali le Marche hanno conferito i natali, vengono analizzate attraverso i tratti più caratteristici e significativi del rapporto tra territorio e fede, tratteggiando un quadro inedito e affascinante”.

 La mostra sarà divisa in 3 sezioni: nella prima vedremo il racconto dei papi (età medievale, età moderna, Risorgimento) attraverso biografie ed elementi che li contraddistinguono come ritratti, medaglie, oggetti legati alla loro committenza. Come nel caso del tabernacolo di El Greco legato alla figura del Papa Sisto V. Nella seconda i santi e i beati (San Marcellino, San Nicola da Tolentino, il Beato Sante, San Giacomo della Marca, Santa Camilla Battista da Varano, San Giuseppe da Copertino, Santa Veronica Giuliani, Santa Maria Goretti) attraverso incisioni, quadri, oggetti di culto e di valore spirituale come le preziose pagine dell’Evangelario di San Marcellino risalente al VI secolo. Nella terza gli itinerari sacri delle Marche: eremi, oratori, santuari, abbazie, rinomate chiese e cattedrali, splendide testimonianze dell’arte romanica e rinascimentale. Questa sezione sarà illustrata anche attraverso mappe, piante e disegni antichi, spesso poco conosciuti o totalmente inediti. Quella che per noi appare la meta di un viaggio era un tempo la tappa di un più complesso itinerario dell’anima, ricerca di luoghi sacri, ma anche di luoghi di riflessione e connessione interiore.

 Il percorso sarà narrato attraverso documenti provenienti da una vasta gamma di fonti, che spaziano dalle istituzioni pubbliche alle organizzazioni religiose, dai prestatori privati ai collezionisti. Ogni sezione del percorso sarà arricchita dall’esposizione di opere d’arte autentiche, manufatti originali, reperti archeologici, documenti storici, fotografie e filmati, offrendo ai visitatori un’esperienza ricca di conoscenze ed emozioni. Allo stesso modo le figure dei santi saranno documentate oltre che da profili biografici anche da suggestioni spirituali tratte dai loro scritti o da processi di santificazione che ne hanno fatto affiorare la ‘modernità’. Si pensi ad esempio alla figura di Santa Maria Goretti, divenuta espressione nel XX secolo della spiritualità dei padri passionisti di San Leonardo della Croce, che sarà presente in mostra con la rara reliquia della sua veste.

La visita dei loro ‘luoghi’ e il pellegrinaggio sulle loro tombe diventa quindi un cammino verso la conoscenza di una cultura antica ancora in grado di parlare ai contemporanei.

 

Andrea Arcarisi: “Lo spazio è come una grande avventura, simile al Far West di un tempo”

La robotica è un universo di pensieri e visioni intrecciati tra loro, una scienza le cui basi della conoscenza furono gettate dallo scrittore fantastico Isaac Asimov, il padre delle tre leggi della robotica e dei robot positronici.

Il giovane ingegnere robotico siciliano Andrea Arcarisi sembra un protagonista dei racconti di Asimov, che nell’arena industriale attuale, si distingue per essere stato selezionato tra i pochi studenti europei e undicesimo italiano per il programma di astronauta analogico presso l’Analog Astronaut Training Centre (AATC) in Polonia, in collaborazione con lo Space Technology Centre di Cracovia (EUSPA-ESA), dopo aver superato una selezione rigorosissima.

La missione ha riguardato nello specifico diverse simulazioni di vita nell’ambiente della Stazione Spaziale Internazionale e diversi esperimenti scientifici personali.

Tra le esperienze della missione l’ingegnere Arcarisi ha affrontato una simulazione di Habitat Lunare direttamente in Polonia, ricreando le condizioni di sopravvivenza di un astronauta. I test di sopravvivenza hanno incluso sfide come il test di forza G e simulazioni di attività extraveicolari (EVA) in immersione.

Spinto a studiare Ingegneria Meccatronica nella sua Sicilia e Robotica a Pisa dopo la visione del film Interstellar” di Nolan, Andrea Arcarisi, in futuro vorrebbe far parte dell’ESA, l’Agenzia spaziale europea.

Di questo giovane ingegnere colpiscono la cordialità, la passione per il proprio lavoro, la determinazione e la consapevolezza di aver scelto un obiettivo elitario unitamente ad un percorso faticoso, partecipando a simulazioni avanzate per testare sistemi robotici in ambienti simili a quello dello spazio. Un’eccellenza italiana, un ragazzo ambizioso disponibile a parlare sull’origine del mondo senza pregiudizi nei confronti della religione, che ci ricorda che l’uomo è fatto per cose grandi, e che ogni impresa umana cammina sotto l’egida dell’hybris, anche quella dell’uomo più umile.

 

1 Cosa significa far parte del programma di astronauta analogico presso l’Analog Astronaut Training Centre?

L’esperienza come astronauta analogico rappresenta un vero e proprio trampolino di lancio per chi aspira a diventare astronauta. Durante questo programma, ci si prepara non solo dal punto di vista scientifico, ma anche psicologico e fisico, vivendo in prima persona situazioni che simulano i viaggi spaziali, la vita a bordo delle stazioni spaziali e persino future colonizzazioni di altri pianeti. È un percorso che forma individui capaci di affrontare sfide complesse e situazioni ad alto rischio, mantenendo lucidità e competenza, qualità fondamentali per la comunità scientifica. Inoltre, questa esperienza permette di testare sé stessi in vista delle selezioni per astronauti, che, come nel caso dell’ESA, si tengono solo una volta ogni dieci anni.

2 Qual è l’esperienza di missione più importante cui hai preso parte?

L’esperienza più significativa è stata la “One Man Mission” di ottobre 2023, durante la quale ho trascorso due settimane in completo isolamento all’interno di una stazione spaziale simulata a terra. In questo contesto, ho affrontato numerosi compiti scientifici, resistendo all’isolamento tipico delle missioni spaziali e superando prove di emergenza. È stata una sfida tanto mentale quanto emotiva, ma grazie alla determinazione sono riuscito a completare ogni incarico, inclusa la realizzazione di due prototipi scientifici. Uno di questi, oggi, è diventato il nuovo prototipo sviluppato dallo Space Systems Laboratory dell’Università di Pisa, sotto la direzione del professor Salvo Marcuccio, e rappresenta il futuro sistema di controllo d’assetto per dispositivi nella stratosfera tramite palloni HAB (High Altitude Balloons).

3 Cos’è per te lo spazio? Qual è la tua visione?

Lo spazio, per me, è come una grande avventura, simile al Far West di un tempo: è un luogo sconfinato e misterioso, pieno di possibilità ma anche di sfide che non possiamo ancora immaginare. È qui che l’umanità può sognare in grande, creare nuove tecnologie e forse, un giorno, trovare una seconda casa su pianeti come Marte. Allo stesso tempo, lo spazio ci spinge a collaborare come mai prima d’ora. Già oggi, con progetti come la Stazione Spaziale Internazionale, vediamo cosa possiamo ottenere unendo le forze. Ma è anche un luogo di competizione: aziende private e nazioni si stanno sfidando per essere le prime a sfruttarne le risorse e a portare avanti nuove scoperte.

4 Cosa pensi dei progetti di Elon Musk?

Elon Musk è un innovatore che ha cambiato molti settori, come i pagamenti online con PayPal e le auto elettriche con Tesla. Con SpaceX, sta rendendo i viaggi spaziali più accessibili, puntando a farci arrivare su Marte. Anche se a volte dice cose provocatorie o discutibili, la sua visione del futuro è chiara e ambiziosa: vuole spingere l’umanità oltre i confini della Terra. Quello che lo rende speciale è il suo modo di pensare in grande. Non si accontenta di piccoli cambiamenti, ma vuole trasformare completamente il mondo. Se qualcuno riuscirà a portarci su Marte, Musk potrebbe essere uno dei protagonisti di questa impresa.

5 Un utilizzo illuminato e saggio dell’intelligenza artificiale applicata allo spazio, può senza dubbio aiutare gli stakeholder nei processi decisionali volti a conquistare una solida postura in un dominio sempre più strategico. In che ambiti l’AI può fare la differenza, come trasforma le attività spaziali?

L’intelligenza artificiale sta rivoluzionando le attività spaziali in molti modi. Immagina una missione spaziale in cui ogni decisione, dalla traiettoria al consumo energetico, è ottimizzata in tempo reale, riducendo costi e rischi. L’AI permette di analizzare enormi quantità di dati raccolti da satelliti e sensori, fornendo agli scienziati informazioni essenziali in tempi record. Inoltre, veicoli spaziali e rover possono operare autonomamente, affrontando imprevisti senza dover attendere istruzioni dalla Terra. Questo non solo rende le missioni più sicure, ma apre nuove possibilità per esplorare ambienti estremi o lontani

6 Come sono messe le università italiane in materia di robotica?

Dal punto di vista strettamente accademico le università italiane presentano delle lacune nonostante la presenza di diversi corsi in ingegneria robotica, cybernetica e meccatronica: pochi laboratori, poche strutture, in compenso però abbiamo centri di eccellenza: tre importanti centri di eccellenza in robotica sono a Genova, Pisa e Napoli. Siamo molto competitivi da questo punto di vista.

7 Secondo i cosmologi Barrow e Tipler lo spazio e il tempo sono entrati nell’esistenza, letteralmente nulla esisteva prima della singolarità, quindi, se l’universo ha origine in tale singolarità, avremo veramente una creazione ex nihilo, cosa ne pensi, qual è la tua visione dell’origine del mondo?

Speculare sull’origine dell’universo senza prove concrete è affascinante proprio perché ci permette di immaginare e ipotizzare liberamente. Un po’ come con la teoria dei frattali, ci ritroviamo a contemplare la perfezione dell’universo, che sembra seguire un ordine che non può essere casuale. Da esseri umani, è naturale voler trovare un senso e vedere un disegno in tutto questo. Personalmente, credo che nulla nasca davvero dal nulla; tutto ha una fonte, anche se è qualcosa di così complesso e indefinibile che la nostra mente, limitata, fatica a comprenderlo. Pensiamo di capire tanto, eppure non riusciamo nemmeno a immaginare la quarta dimensione. Tutto questo non può essere solo una coincidenza, ma qualcosa di molto più profondo.
O almeno spero diciamo, mi fa sorridere l’idea che un entità al di sopra di ogni cosa giochi con noi attraverso le leggi della fisica.

‘On Leonardo’s road’. Al Museo MAS di Milano artisti contemporanei omaggiano Leonardo Da Vinci

Sabato 5 Ottobre 2024 dalle ore 18.00 presso il Museo D’arte e Scienza di Milano (MAS), sarà inaugurata la mostra “On Leonardo’s road”, organizzata dalla FC Art Curator Events della storica e critica d’arte Francesca Callipari e dedicata al genio immortale di Leonardo da Vinci.

Omaggiando idealmente il grande genio di tutti i tempi Leonardo Da Vinci – che proprio a Milano, arrivato nel 1482, diede prova della sua straordinaria capacità di eccellere in ogni campo, lasciando una traccia indelebile nella storia della città – si propone una mostra collettiva di arte contemporanea che riunisce le opere di artisti italiani ed internazionali, provenienti da diversi Paesi, quali: ITALIA, AUSTRIA, ROMANIA, GRECIA, RUSSIA, INDIA, TAIWAN, FRANCIA, CROAZIA, POLONIA, SLOVACCHIA, COLOMBIA, INGHILTERRA, GERMANIA.

Nella città di Milano, infatti, il genio italiano trascorse quasi 20 anni, il periodo più lungo della sua vita. Vasari narra che l’eclettico Leonardo si recò a Milano nel 1482, ai servigi di Ludovico il Moro, dove arrivò per partecipare a un concorso per musicisti e sbaragliò tutti i concorrenti suonando una lira d’argento a forma di teschio di cavallo, costruitosi da solo.

La produzione di Leonardo fu ricca e articolata durante la sua lunga permanenza nella città meneghina: qui dipinse due delle opere più enigmatiche della sua produzione, L’Ultima Cena nel refettorio di Santa Maria delle Grazie, e la Dama con l’Ermellino. E inoltre creò i due codici tutt’ora conservati nella città: il Codice Atlantico e il Codice Trivulziano. E ancora di grande importanza sono gli studi di urbanistica compiuti durante il periodo della peste a Milano (1484-1485).

Circa 30 le opere in esposizione, unitamente ad altre presentate in video-esposizione, che condurranno l’osservatore in uno straordinario viaggio tra generi e tecniche artistiche diverse, perseguite dagli artisti contemporanei, passando dalla pittura alla scultura; dall’oreficeria alla fotografia; dall’arte digitale a piccole installazioni.

Tra paesaggi, atmosfere surreali ed oniriche o ritratti che simulano la realtà, gli artisti esprimono le loro emozioni, facendo sì che l’esempio del grande Leonardo sia per loro un invito a spingersi sempre oltre ciò che sembra possibile, oltrepassando le barriere al fine di giungere a nuove forme e tecniche artistiche.

La mostra si svolgerà fino al 11 Ottobre nelle bellissime Sale Leonardo del Museo Mas di Milano, mentre nella Sala degli arazzi, durante la serata inaugurale, avrà luogo la presentazione critica dell’evento a cura della dott.ssa Francesca Callipari, con interventi di alcuni ospiti e degli stessi artisti.

L’evento sarà documentato e seguito dalla web tv “I Love Italy TV & Gallery” e dal sito web di informazione culturale “I Love Italy News”.

Opera di Andrea Severi

On Leonardo’s road. In esposizione fisica opere dei seguenti artisti:

  • AGUS STEFANIA • ALESSANDRINI SERGIO • ARRIGONI PAOLA • AURELI SABRINA • AVELLINO FLORIANA • AVELLINO VIVIANA • CARIANOPOL CLAUDIA • CIAMPI LUISA • DEGANI LAURA • DUPONT JOSINE • DURBACA MIOARA • FARG2 • GENTILCORE GIACOMO • GHIZZARDI MARIO • GHOSH SWATI • GOBBI VALENTINA • KAISERLIS IOANNIS •KOMPEL SVETLANA • LA PIRAGESSICA• LEPORE LAURA • LEVI MARCO   • MEVOLI MINA • MITTERHUBER CHRISTINA • MURGIA GIAMPIERO • OGLIARI ORNELLA  • PARELLO CARMELINA • RUSSO LILLY • SEVERI ANDREA • TOY BLAISE
  • TRAMONTIN PAOLA • TRIANTAFILLOU AGGELIKI

  • con la partecipazione straordinaria dell’artista-orafo internazionale TOMMASO LUCARELLI

 

In videoexpo le opere di:

  • BACHIOCCO PIERA • BATILLAT CÉCILE   • BOAGHE LUCIA • CHANG JUNG-CHIH
  • COSMIN BRENDEA • DUSSAN JENNY CAROLA • FLOREA RODICA •FRATTINI GIOVANNI
  • GABRIELE FRANCESCA • IACOB IRINEL DANIELA •JAGODOVA’ ANNA • LA VALLE ADELAIDE •LJILJAK IVAN •MAJA POP ART PRINCESS •MARIANI CARLA L. •MOLLO MELANIE
  • MURGIA GIAMPIERO •PIETRAGALLA ANNAMARIA •RODY

‘The Beguiled’. Il film più controverso e visionario di Siegel

The Beguiled (1971titolo italiano, La notte brava del soldato Jonathan) è uno dei film più potenti, coesi, visionari e controversi diretti da Don Siegel, sceneggiato magnificamente con una sottile connotazione psicologica, pennellate antropologiche di magistrale riuscita, composto e sfrenato nel medesimo gesto registico.

La trama è semplice, lineare, scarnificata fino all’estremo dell’essenziale, e tutto si svolge all’interno del collegio femminile sudista. Ma il modo peculiare con cui Don Siegel dà estro all’affresco dei personaggi, la cura nelle inquadrature, il dinamismo delle immagini e le suggestioni pressoché pittoriche degli interni, degli sguardi, dei volti, sono qualcosa che difficilmente si lascia dimenticare.

Clint Eastwood (alla sua prima prova attoriale di spessore, riconosciuta tale anche dalla critica del tempo) è il caporale John McBurney, la sola figura maschile all’interno del collegio; introdotta a dispetto delle ordinanze e dei codici che vedrebbero l’obbligo, in tempi di conflitto, di consegnarlo all’esercito sudista come prigioniero. Miss Martha Farnsworth, più che matura e arcigna direttrice della scuola, appare dibattuta proprio nel decidere le sorti del giovane soldato, ma prende la decisione di curarlo in attesa di vedere il da farsi, con l’alibi di salvarlo da una prigionia che nelle sue condizioni ne avrebbe decretato la morte, ma adombrando intenti occulti di ben altra natura.

In questa sorta di gineceo, il soldato si muove furbescamente e in modo maliardo, catturando le attenzioni, più o meno sessualmente esplicite, di tutte le educande, comprese quelle di Miss Martha, che, a dispetto dell’aria e della condotta irreprensibili, nasconde un passato torbido e incestuoso. Di particolare spessore (e stuzzicata, anche lei, dal fascino del caporale) è la figura della serva di colore: dipinta come forte, risoluta e di una certa fibra morale, nasconde qualcosa, nel proprio trascorso, di innominabile, ed ha subito un maltolto che non dimentica. È forse la figura più schietta e umana della lunga carrellata di personaggi femminili che offre il film.

Storia dell’Africa e migrazione europea: due incontri alla XXI edizione del Festival della Mente di Sarzana

La XXI edizione del Festival della Mente di Sarzana, promosso dalla Fondazione Carispezia e dal Comune di Sarzana, e diretto da Benedetta Marietti, si terrà da venerdì 30 agosto a domenica 1 settembre. Tra i molti ospiti che si confronteranno sul tema della gratitudine, anche la giornalista sudanese Zeinab Badawi con l’antropologo culturale Marco Aime e lo scrittore Gabriele Del Grande.

Zeinab Badawi – di cui a fine agosto uscirà il libro Storia africana dell’Africa edito da Rizzoli – e l’africanista Marco Aime rifletteranno sulla necessità di cambiare prospettiva e di ridare voce agli africani nell’incontro Africa, un continente da riscoprire, che si terrà sabato 31 agosto alle ore 12, al Teatro degli Impavidi.

L’Africa è il luogo di nascita dell’umanità, ha visto fiorire antiche civiltà, imperi, e vivaci luoghi di cultura e di commercio. Eppure, per molti, la sua storia comincia solo pochi secoli fa con l’arrivo degli europei, e per troppo tempo è stata dominata dalle narrazioni occidentali di schiavitù.

Zeinab Badawi è una presentatrice, giornalista e regista sudanese. Presidente della Royal African Society dal 2014 al 2021, è presidente della School of Oriental and African Studies (SOAS) dell’Università di Londra. Lavora nei media britannici e ha vinto numerosi premi e riconoscimenti.

Marco Aime insegna Antropologia culturale all’Università di Genova. Autore di studi sull’Africa, ha pubblicato numerosi saggi di studi antropologici, fra i quali L’incontro mancato. Turisti, nativi, immagini (2005), Timbuctu (2008), Cultura, per la collana «I sampietrini» (2013), L’isola del non arrivo. Voci da Lampedusa (2018), Il grande gioco del Sahel (con A. de Georgio, 2021), Di pietre, di sabbia, di erba, di carta (2024), usciti per Bollati Boringhieri.

Di popoli migranti si parlerà anche nell’incontro Il secolo è mobile dell’autore, e fondatore dell’Osservatorio Fortress Europe Gabriele Del Grande che si terrà sabato 31 agosto alle ore 16.15, al cinema Moderno. Del Grande rileggerà la storia delle migrazioni in Europa e della loro progressiva illegalizzazione: se fino all’inizio del Secolo breve non esistevano passaporti, e si viaggiava sui transatlantici senza documenti né lasciapassare, oggi sui fondali del Mediterraneo giacciono i corpi di migliaia di emigranti annegati lungo le rotte del contrabbando. Attraverso una selezione esclusiva di foto e video d’archivio, Del Grande presenta un excursus che rivela il presente sotto una nuova prospettiva e anticipa il futuro con una proposta visionaria.

Gabriele Del Grande racconta le migrazioni dal 2006, quando fondò l’osservatorio Fortress Europe. Da allora ha viaggiato in una trentina di paesi tra le due sponde del Mediterraneo, il nord Europa e il Sahel. È autore dei libri Mamadou va a morire (2007), Roma senza fissa dimora (2009) e Il mare di mezzo (2010) pubblicati da Infinito edizioni; Dawla (2018) e Il secolo mobile (2023) pubblicati da Mondadori. Nel 2014 ha ideato e co-diretto il film Io sto con la sposa.

Cannes 2024: ‘Anora’ vince la Palma d’oro. Se questo è il nuovo cinema americano

La Palma d’oro 2024 va al Sean Baker di Anora, narratore indie dell’America diseredata con una speciale attenzione per gli hustlers, gli spiantati che campano di espedienti, e per i lavoratori del sesso in particolare. Li considera, uomini e donne, il nuovo proletariato. Il suo film-troppo lungo- sembra all’inizio una replica di Pretty Woman, con una Cenerentola lap dancer che lo svitato rampollo di un oligarca sposa per gioco. Ma poi diventa una scorribanda mozzafiato con bodyguards e genitori nababbi impegnati a ricacciare Cenerentola nel fango da cui è venuta. Solo i perdenti possono darsi, tra loro, comprensione e conforto, e questo avverrà. E’ il più bel film del concorso? Naturalmente no.

Emilia Pèrez, il mélo in musical di Jacques Audiard che ha avuto comunque due premi, il Prix di Jury e la Palma collettiva per l’interpretazione femminile al quartetto protagonista: l’attrice transgender Karla Sofìa Gascon, Zoe Saldana, Adriana Paz e Selena Gomez, avrebbe meritato il premio più ambito.

E’ troppo facile premiare le donne perché fa tanto “femminista impegnato”. Il Gran Premio della giuria, secondo in ordine di importanza, è andato a All we imagine as light della documentarista indiana Payal Kapadia, debuttante nella finzione, con le storie intrecciate di tre donne emarginate da una Mumbai caotica e ostile. Altra regista donna, Coralie Fargeat, premiata per la sceneggiatura di The Substance, un body-horror per palati robusti che denuncia l’asservimento delle donne all’imperativo maschile che le vuole belle, giovani e sode e le cestina sopra i 50. Con una impavida Demi Moore.

E’ discutibile anche il premio per la regia a Grand Tour del portoghese Miguel Gòmez: è il film meno originale della sua carriera, mentre il Jesse Plemons miglior attore per Kinds of Kindness di Yorgos Lanthimos risarcisce un film di sottile humour noir massacrato dalla critica. Restano fuori in tanti, a torto o a ragione: il più vicino a noi è Paolo Sorrentino, che racconta una storia di donna ma con sguardo maschile, il più glorioso è Francis Ford Coppola, col suo pirotecnico sogno di una vita, Megalopolis.

Insomma la giuria presieduta da Greta Gerwig ha assegnato il premio per la miglior attrice a ben quattro interpreti a pari merito: Adriana Paz, Zoe Saldana, Karla Sofia Gascon e Selena Gomez, Karla Sofìa Gascòn, che ha iniziato la sua transizione di genere all’età di 46 anni, è la prima attrice transgender a vincere questo premio. Tutto nella norma.

Il film vincitore racconta tuttavia racconta di una ragazza che sogna di diventare una principessa, una prostituta di Brooklyn,  che ha la possibilità di vivere una storia da Cenerentola quando incontra e sposa il figlio di un oligarca russo. Pellicola curiosa e divertente che consente di fare qualche annotazione in relazione:

Una ragazza di oggi sogna la favola, l’agiatezza, la bella vita, e nel frattempo pratica la propria libertà ed emancipazione facendo la sex worker (come direbbero quelli che parlando bene e che non discriminano!);

per fare ciò la ragazza ha bisogno degli uomini;

sempre la ragazza viene dipinta come l’eroina della vicenda, in quanto donna libera che si “autodetermina” e che smaschera le ipocrisie dell’alta società di cui vorrebbe far parte;

I genitori del ragazzo russo non vogliono avere a che fare con una nuora americana ex spogliarellista e prostituta;

il regista americano prende in giro l’oligarca russo e rappresenta la protagonista, un russa americana, come una sex worker in nero (che originalità).

Una rivisitazione senza troppe ambizioni dunque, di Pretty Woman, Anora, film che secondo alcuni rappresenterebbe il nuovo cinema statunitense, lontano da quello dei grandi maestri, un cinema di piccole storie e nella fattispecie una storia con un protagonista maschile ricchissimo ed idiota e una ragazza sveglia, che “deve” muovere il sedere in faccia alla gente per dimostrare di avere potere sugli uomini.

Anora sembra raccontare solo di una generazione che dà per scontato di doversi vendere. Il regista stira allo stremo ogni idea e questo forse indebolisce Anora anziché rafforzarlo, a maggior ragione considerando il fatto che l’intera trama è completamente prevedibile e non presenta nessuno scostamento da quanto uno spettatore minimamente avveduto possa dedurre dal primo quarto d’ora, per quanto riguarda la prima metà, e poi dall’ingresso in scena degli sgherri e soprattutto dell’attento e gentile Igor per quanto riguarda lo sviluppo che porterà alla risoluzione.

La pellicola intrattiene e porta al pubblico anche qualche spunto di riflessione (senza però spremere troppo le meningi, sia chiaro), ma non è così inventivo o creativo da motivare la propria durata. Basti pensare al dialogo pre-fnale tra Igor e Anora, in cui si ribadiscono otto volte due concetti: sebbene l’attrice protagonista abbia lavorato con Tarantino e in ogni frase dica – volutamente – “fuck” o “fucking” in ogni possibile declinazione, Sean Baker non ha la genialità del collega e il suo film non ha forse la brillantezza per reggere ogni singolo minuto di pellicola (è girato in 35mm).

Anora resta una rom-com spassosa che mantiene comunque quel che promette. Non che prometta più di tanto.

Anora

Nuove tecnologie: l’innovazione guiderà davvero la sostenibilità?

Quando pensiamo alla tecnologia, in genere ci vengono in mente immagini di gadget all’avanguardia e città futuristiche, senza contare le tante novità a cui stiamo assistendo in questi anni in ambito digitale, tra servizi web sempre più efficienti, intelligenze artificiali in grado di risolvere problemi di varia natura e sistemi di realtà virtuale che ci immergono in ambientazioni tridimensionali. Ma oggi, la tecnologia è chiamata a risolvere un’altra sfida molto più importante: rendere il nostro pianeta un posto più sostenibile. Questo è il motivo per cui l’innovazione tecnologica sta giocando un ruolo chiave nel promuovere la sostenibilità. Ma quanto possiamo davvero contare sulla tecnologia per guidarci verso un futuro più verde?

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La rivoluzione delle energie rinnovabili

Lo sviluppo tecnologico viene considerato da molti come una delle cause del peggioramento delle condizioni del pianeta. In parte ciò è anche vero, se consideriamo le conseguenze negative di molte novità introdotte nel corso dei secoli, tuttavia la stessa tecnologia, se correttamente utilizzata, può svolgere un ruolo determinante per riportare l’ambiente in condizioni di vivibilità migliori.

Un esempio lampante di come la tecnologia stia aiutando la sostenibilità è il settore delle energie rinnovabili. Pannelli solari, turbine eoliche e altri metodi innovativi stanno infatti diventando sempre più accessibili ed efficienti ed è facile, oggi, vedere impianti fotovoltaici sui tetti delle case e persino lungo le autostrade al servizio di edifici privati e pubblici. Tuttavia, per rendere le energie rinnovabili una soluzione davvero sostenibile, abbiamo bisogno di tecnologie migliori per immagazzinare l’energia e per collegarla alle reti elettriche e soltanto attraverso ulteriori sviluppi sarà possibile raggiungere risultati davvero significativi.

La mobilità sostenibile prende piede

Un altro segnale positivo arriva dal mondo dei trasporti. I veicoli elettrici stanno diventando sempre più popolari e non è raro vedere auto elettriche sfrecciare per le strade. Sebbene vi siano ancora forti dibattiti tra favorevoli e contrari, sicuramente passi in avanti sono stati fatti da questo punto di vista: grazie a batterie più durature e stazioni di ricarica sempre più diffuse, l’idea di una mobilità sostenibile sta infatti diventando realtà. Affinché questa tendenza diventi la norma, occorrono però più investimenti in infrastrutture e incentivi governativi, volti a favorire una maggiore diffusione dei veicoli green sia nel trasporto privato che in quello pubblico.

Intelligenza artificiale per un mondo migliore

L’intelligenza artificiale (IA) sta dimostrando tutto il suo potenziale per promuovere la sostenibilità ambientale. Questa tecnologia, infatti, non è protagonista solo nel campo del marketing o dell’intrattenimento, dove per esempio permette alle società che gestiscono casino online di governare in maniera più efficace, equa e imparziale le meccaniche di svaghi come le roulette e le slot machine, migliorando l’esperienza complessiva degli utenti, ma anche nell’efficientamento di attività legate all’inquinamento, alla gestione dei rifiuti e all’ambiente in genere.

Le aziende possono oggi utilizzare l’IA per ridurre gli sprechi, ottimizzare i processi produttivi e persino prevedere disastri naturali, dando vita a un circolo virtuoso che migliora la vita di tutti i cittadini.

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L’agricoltura diventa high-tech

La tecnologia sta rivoluzionando anche il modo in cui coltiviamo il cibo. L’agritech, che include droni e sensori intelligenti, sta aiutando gli agricoltori a ridurre l’uso di acqua e pesticidi migliorando la qualità dei raccolti, un passaggio che può contribuire a rendere l’agricoltura più sostenibile, ma che al contempo richiede investimenti significativi e una formazione adeguata per gli agricoltori.

Non c’è dubbio, insomma, che la tecnologia stia guidando il cambiamento verso la sostenibilità. Tuttavia, siamo solo all’inizio di un cammino lungo e complesso. Per rendere il nostro pianeta più verde, dobbiamo infatti continuare a investire in innovazione, ma anche cambiare i nostri comportamenti e modelli di consumo, rendendoci in prima persona protagonisti di questo passaggio. La sostenibilità non riguarda d’altronde solo la tecnologia, ma è un impegno collettivo che richiede la collaborazione di tutti.

L’innovazione tecnologica può certamente essere uno strumento potente per promuovere la sostenibilità, ma siamo tutti chiamati ad affrontare questa sfida con un approccio equilibrato, combinando la tecnologia con un profondo rispetto per l’ambiente e una forte consapevolezza delle nostre responsabilità. Se lo faremo, potremo costruire un futuro più sostenibile per noi e per le generazioni future.

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