Mistero, doppio, mutamento di identità. Il grande risultato dei film di David Lynch risiede nella fascinazione di questi tre aspetti e nella capacità di abbattere la distanza tra spettatore e schermo. Invece di consentire la prossimità immaginaria che domina nel cinema mainstream, i film di Lynch coinvolgono lo spettatore nella loro stessa struttura. La struttura di un film di Lynch altera la situazione di visione cinematografica stessa e priva lo spettatore del senso di fondo di rimanere a una distanza di sicurezza da ciò che accade sullo schermo.
Read More »‘Giurato numero 2 ‘, l’ambiguità morale secondo Clint Eastwood
Cinquant'anni dopo che Roland Barthes e Michel Foucault hanno avviato la demolizione del concetto di autore, sottolineandone l'inadeguatezza come fonte di significato, la critica cinematografica oscilla ancora tra approcci devoti e cauti alla questione. I primi, come se fossero improvvisamente liberati dalla repressione del loro entusiasmo, abbracciano con tutto il cuore l'autore come pratica euristica e propongono di usarlo come fonte di analisi esplicativa. I secondi, spesso allineati al pensiero post-strutturalista, cercano di delineare i modi in cui gli autori influenzano la circolazione della loro opera senza cadere nella trappola di difendere la reificazione borghese della loro posizione. Tra questi ci sono stati tentativi di affrontare i contesti storici e istituzionali degli autori, che hanno spesso ridotto la loro funzione a meri partecipanti alla commercializzazione del cinema, insieme a una ripresa di studi che si aggrappano ancora alla capacità dell'autore di mobilitare aspetti dell'identità, ad esempio, attivando fantasie sulla capacità degli spettatori di avere il controllo del significato ed esprimersi.
Read More »‘The Beguiled’. Il film più controverso e visionario di Siegel
The Beguiled (1971, titolo italiano, La notte brava del soldato Jonathan) è uno dei film più potenti, coesi, visionari e controversi diretti da Don Siegel, sceneggiato magnificamente con una sottile connotazione psicologica, pennellate antropologiche di magistrale riuscita, composto e sfrenato nel medesimo gesto registico. La trama è semplice, lineare, scarnificata fino all’estremo dell’essenziale, e tutto si svolge all’interno del collegio femminile sudista. Ma il modo peculiare con cui Don Siegel dà estro all’affresco dei personaggi, la cura nelle inquadrature, il dinamismo delle immagini e le suggestioni pressoché pittoriche degli interni, degli sguardi, dei volti, sono qualcosa che difficilmente si lascia dimenticare.
Read More »Dal libro al film: “American Pastoral”. Una trasposizione impossibile
Guardando American Pastoral, film diretto da Ewan McGregor e uscito nei cinema statunitensi nel 2016, la struggente bellezza della storia raccontata da Philip Roth nell’omonimo romanzo del 1997 si percepisce a tratti e la pellicola colpisce più dal punto di vista emotivo che artistico. Non è certo una scelta facile esordire con l’adattamento di American Pastoral, un’opera nota, monumentale, forse troppo dark per un pubblico cinematografico. Adattare un tale colosso della letteratura al linguaggio del cinema significa riuscire a rendere l’atmosfera, le emozioni, le sensazioni, i pensieri e il non detto che aleggia in tutta la storia non usando le parole ma le immagini, gli sguardi degli attori e le loro interpretazioni.
Read More »Cannes 2024: ‘Anora’ vince la Palma d’oro. Se questo è il nuovo cinema americano
La Palma d’oro 2024 va al Sean Baker di Anora, narratore indy dell’America diseredata con una speciale attenzione per gli hustlers, gli spiantati che campano di espedienti, e per i lavoratori del sesso in particolare. Li considera, uomini e donne, il nuovo proletariato. Il suo film-troppo lungo- sembra all’inizio una replica di Pretty Woman, con una Cenerentola lap dancer che lo svitato rampollo di un oligarca sposa per gioco. Ma poi diventa una scorribanda mozzafiato con bodyguards e genitori nababbi impegnati a ricacciare Cenerentola nel fango da cui è venuta. Solo i perdenti possono darsi, tra loro, comprensione e conforto, e questo avverrà. E' il più bel film del concorso? Naturalmente no.
Read More »Un libro per Paola Cortellesi e co.
Solitamente i premi cinematografici sono vincenti perché in un modo o nell’altro fanno presa anche su coloro che del cinema non sono appassionati. Tuttavia la premessa per l’edizione 2024 dei David di Donatello (come è stato per gli Oscar del resto) è che la familiarità degli spettatori più o meno consapevoli con determinati film sia aumentata e si riscontra una diffusa familiarità con molti film grazie alla pubblicità dei media. Non è un caso che il film manifesto “C’è ancora domani” di Paola Cortellesi abbia conquistato buona parte del pubblico e degli addetti ai lavori e trionfato ai David di Donatello: il film stesso è costruito sulla rabbia, e la protesta in nome delle donne vittime del sistema patriarcale sopravvissuto alla caduta del fascismo, questo lo scopo dichiarato dalla regista. In tempo di lotte al fantasma del patriarcato è grasso che cola.
Read More »‘Tre colori: Blu’ di Kieślowski. La libertà è un obbligo verso se stessi
Tre colori: Blu è un controverso e premiato film del 1993 diretto da Krzysztof Kieślowski e il primo della trilogia che il regista polacco ha dedicato ai tre colori della bandiera francese ed al motto della Rivoluzione francese: Liberté, Égalité, Fraternité! Un film robusto nei connotati estetici e nei contenuti, diretto con maestria e forza evocatrice commista a vibrante malinconia e a sprazzi di speranza e apertura tutt’altro che ingenua a valori universali, o meglio, che dovrebbero avere statuto d’esistenza in ogni latitudine della vicenda umana (il finire del secolo scorso qui testimonia, nello spirito del regista, di una fiducia nel progetto europeista sinceramente laica e fondata sull’eguaglianza e l’equità sociale, sulla libertà e la cittadinanza di diritti non disegnati da confini, che oggi a conti fatti può sembrare velleitaria e aurorale rispetto a quanto sarebbe seguito).
Read More »‘Napoleon’. Il rifiuto della sconfitta è l’unica chiave seria della caratterizzazione di Scott
Ancora lui? La mitografia bonapartista non prevede pause. Nel cinema di Ridley Scott, inoltre, l’immagine di “Napoleon” aleggia fin dal suo primo lungometraggio del 1977, “I duellanti”, ambientato negli anni del mandato di Primo Console. L’incontro era dunque scontato, tuttavia il regista britannico ha aspettato sino al 2020 prima di lanciarsi nell’impresa: avviato inizialmente con la 20th Century Fox, il progetto è stato abbandonato a causa del budget di circa duecento milioni di dollari che ha spinto la piattaforma streaming Apple TV+ prima a subentrare e poi a collaborare con un distributore per portare il film anche nelle sale (sui teleschermi sarà messa in onda una versione di oltre 4 ore).
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