Galline che copiano, ovvero Augias e Galimberti alle prese con le uova al Fipronil

Augias: Secondo te i nostri libri cosa sono?
Galimberti: Sono uova.
Augias: Come?
Galimberti: Prendi due uova, una sana, una con il Fipronil. Mischiale senza guardare.
Augias: Fatto.
Galimberti: Dimmi, quale ha il Fipronil?
Augias: Non lo so.
Galimberti: Esatto!
Augias: Non si vede la differenza.
Galimberti: Noi copiamo così bene, che non si vede la differenza!
Augias: Dunque neanche l’indifferenza!
Galimberti: Sì, non si vede nulla, nessun riferimento al libro copiato, così il libro sembra nostro.
Augias: Però il Fipronil è nocivo, uccide.
Galimberti: Uccide il copiato, non il copiatore. Anzi, il copiatore vive e sopravvive grazie al Fipronil. Ti ricordi la storia delle galline di Orwell ne La fattoria degli animali?
Augias: Sì, si rifiutarono di consegnare le uova, vennero messe a digiuno per punizione, nove di loro morirono, ma le altre si arresero e consegnarono le uova.
Galimberti: Cosa ne ricavi?
Augias: Che gli originali, gli autori, diciamo le galline oneste, senza le nostra fama, le nostre recensioni, i nostri commenti, i nostri contatti, le nostre benedizioni, sono a digiuno, muoiono, se vogliono vivere devono consegnare a noi la loro opera.
Galimberti: Giusto.
Augias: Quindi noi vorremmo essere galline?
Galimberti: No!! Siamo più furbi, perché tutti credono che le uova siano nostre, ma è a loro, agli autori-gallina, che brucia il culo.
Augias: Allora noi chi siamo?
Galimberti: Il Fipronil!

Sherlock Holmes, John Watson e i disastri di Roma

Tassista: Entri dottò, welcome dotto’, salga.
Sherlock: What the meaning of dotto’?
Tassista: Dottò, Mister, come dite voi, ve possino!
Sherlock: Non voglio entrare, voglio sapere come arrivare a Roma da Ciampino con i mezzi pubblici.

In un istante si fece silenzio per tutto il piazzale dell’aeroporto e poi un’immessa, uniformemente diffusa risata…

Tassista: Dottò, ma scherza, mica sta a Londra qui, quali mezzi! Ci sono per carità, ma ci vuole un’ora e mezza, meglio due per arrivare, con me in taxi ci mette venti minuti dottò, saga, le faccio prezzo fisso turistico, 30 euro.

Watson: Sherlock non ti fidare.
Sherlock: John vuoi davvero metterci due ore per arrivare, dobbiamo raggiungere la sindaca, ci ha ingaggiati e non voglio farla aspettare.

Una volta saliti…

Watson: Allora Sherlock, vuoi dirmi cosa vuole da noi la sindaca?
Sherlock: Deve parlarci dell’acqua e dei mezzi pubblici.
Tassista: Mi scusi se mi intrometto dottò, avete detto acqua? Siete i nuovi vertici di ACEA?
Sherlock: A che?
Tassista: ACEA, la società che gestisce l’acqua, sa da noi c’è siccità?
Sherlock: Sì, mai io vedo le fontanelle aperte e l’acqua che scorre.
Tassista: Ma che c’entra dottò, a noi non manca l’acqua da bere, ci manca quella su cui bere, anzi mangiare, non ce n’è più da sprecare e questo è un guaio dottò.

Sherlock: Non dovrebbe essere il contrario?
Tassista: Dovrebbe, ma a Londra, mica qua.
Sherlock: Senta scusi comunque aveva detto 20 minuti ed è da quaranta che stiamo qui, se lo avessi saputo prima avrei preso UBER.

Il tassista inchioda: A bello, te senti quarcuno perché parli latino? E poi perché vorrebbe UBER, è tutta una truffa, loro ci truffano: fanno di tutto per fa pagare meno i cittadini, così quelli non prendono più il taxi… non è una truffa?
Sherlock: Si chiama libero mercato.
Tassista: E’ una truffa appunto, noi ci mangiamo sui cittadini, UBER vuole mangiare grazie ai cittadini, è una truffa nei nostri confronti.

Tassista: Come no dottò, riparto subito.
Watson: Comunque perché allora i romani non prendono i mezzi pubblici?
Tassista: Perché non funzionano, vede dottò, l’ATAC è la società che gestisce i mezzi pubblici a Roma, ma ogni giorno un terzo degli autobus è rotto e non si può riparare, il 12% dei dipendenti è sempre assenteista, almeno un quarto dei dipendenti sono raccomandati e inutilmente in organico e i cittadini non pagano alcun biglietto, che comunque i controllori che non ci sono non controllano e quelli che ci sono neanche.
Sherlock: E nessuno fa niente.

 

Tassista: Chi potrebbe asseconda così ci mangia pure lui, e se provasse a fare qualcosa… beh c’è il sindacato. Voi ce l’avete il sindacato dottò? Nessuno li può toccare i dipendenti pubblici?
Holmes: Sì l’abbiamo ma non mi pare funzioni così da noi.
Tassista: Eccoci qua, dottò guardi che bello il Campidoglio.
Intanto Watson scende di corsa e vomita.
Holmes: Ma che ti prende John?
Tassista: Non si preoccupi, sono le buche, gli hanno fatto male allo stomaco.
Holmes: E non le riparate?
Tassista: Sì, ma poi se rompono perché ce mettemo il peggio asfalto, così se rompe subito e richiamano gli stessi per rifarle di nuovo, ingegnoso vero dottò?
Watson: Non è il termine che avrei usato.
Tassista: Comunque so 60 euro.

Sherlock: Come 60? Aveva detto 30!
Tassista: Sì infatti 30 per due fa sessanta.
Watson: Lei aveva fatto capire trenta in totale.
Tassista: E mica l’ho detto dottò e vi ho raccontato i mali de Roma, la sindaca cor cazzo che ve li diceva tutti interi. Famo sessanta e passa la paura.
Watson: Ma è una truffa!
Tassista: Benvenuto a Roma dottò. – e se ne va.
Watson: Sherlock secondo te dov’è allora l’acqua?
Holmes: La raggi è convinta che i romani o i poteri forti l’abbiano nascosta, una specie di complotto per metterla in cattiva luce

Watson: Un complotto? Come quello dei frigoriferi?
Sherlock: Corretto Watson.
Watson: Strano questi romani.
Holmes: Sì, un inglese non lo farebbe mai, nascondere l’acqua, come potrebbe mai farsi il tè in tal caso?
Watson: Sherlock credo che a Roma non bevano il tè caldo alle cinque, vista anche la temperatura.
Holmes: Lo bevono nel deserto, perché non dovrebbero berlo qui?
Watson: Beh il deserto qui ancora non c’è.
Holmes: Dai tempo alla Raggi, vedrai che riuscirà a crearlo, so che chi ci stava prima di lei aveva già dato il via e fatto più della metà dell’opera.
Watson: L’ho sentito anch’io, quindi cosa si fa Sherlock, dobbiamo dire la verità alla Raggi?
Intanto arrivati dalla sindaca…
Holmes: Allora sindaca, lei mi ha detto che non avete acqua, ma continuate a sprecarla, da dove la prendete?

Raggi: Da bracciano, beviamo quella degli altri.
Holmes: Deve avere un sapore amaro…
Raggi: No no è acqua dolce!
Watson: Intendeva metaforicamente.
Raggi: Ah… certo.
Holmes: Non potreste riparare le tubature, chiudere le fontanelle?
Raggi: Dottor Holmes, la prego, qui è a Roma, a Roma tutto si mangia, io vorrei capire non dove finisce l’acqua che sprechiamo da sempre, ma come mai è finita la possibilità di mangiarci sopra.
Holmes: Berci… Quindi non farete nulla per rivoluzionare la situazione.
Raggi: Scherza? I poteri forti non me lo permetterebbero.
Holmes: Allora perché aveva promesso di farlo?
Raggi: Ma le promesse sono come l’acqua appunto, le bevono tutti, e puoi sprecarle quanto vuoi, purtroppo poi è arrivato questo caldo, comunque raddoppieranno l’acquedotto del peschiera.
Watson: Ci vorranno anni e in ogni caso lo sapevate da aprile almeno che ci sarebbe stata questa siccità, anzi da anni si sa che il clima è cambiato.

Raggi: Lo sapevano anche prima di me.
Watson: E quindi? Tutti sanno e nessuno agisce?
Raggi: Hanno agito tutti mi creda, comunque mi pare di capire che la sua famosa scienza della deduzione non è stata in grado di capire dove trovare altra acqua, né gli assentisti dell’ATAC?
Sherlock: Le lascio questo numero, è quello dei taxi di Roma, chiami, le sapranno dire tutto.
Raggi: Tutto?
Sherlock: Tutto… anche che il sindaco sarebbe lei.

 

 

Pennac e Maupassant discutono della crisi idrica a Roma con Virginia Raggi

Bar del campidoglio. Pennac: Vede dottor Maupassant…, ma intanto ordini, cosa prende?
Maupassant: Un bicchiere d’acqua grazie
Il cameriere ne porta uno più un altro riempito quasi a metà.

Maupassant: Ne avevo chiesto uno solo!

Infatti, l’altro lo devo sprecare, guardi lo rovescio subito
Maupassant: Ma che fa?!

Vede dottor, è proprio questo il problema, a Roma sprechiamo una marea di acqua, mi serve un capro espiatorio
Maupassant: Non fareste prima a conservarla meglio
Sì da trent’anni è così, ma se le cose funzionassero non ci avrebbero potuto mangiare
Pennac: Bere oserei dire, e lei sindaca non beve?

Virginia Raggi: Io grazie, non per ora no, ma hanno bevuto tutti quelli intorno a me per ora, Marra, Romeo, altri non riuscivano a farli smettere di bere, quindi se ne sono andati

Maupassant: Ma non capisco cosa posso fare io per lei…
Ho letto un suo libro, Il paradiso degli orchi, con il protagonista Benjamin Malaussene che fa il capro espiatorio, addetto agli uffici reclami dell’azienda, ecco io vorrei apparire come capro espiatorio, dato che io qui da solo un anno
Pennac: Quindi cosa dovrei fare?

Raggi: Scrivere un romanzo, in cui fa capire che si parla di me, di noi, i 5 stelle, che siamo utili per far sembrare solo noi colpevoli della situazione
Pennac: Magari lo siete anche voi, poco, proporzionati ad un anno di governo cittadino
Forse, ma di questo non so nulla
Pennac: Del governo cittadino
Certo, allora può scriverlo
Pennac: Ma lei ha letto davvero il libro, perché nel libro il protagonista cerca di affrancarsi da quella condizione
Raggi: Certo ma non le vede le affinità, io sono come Benjamin un capro espiatorio, come lui anch’io ho delle “bombe” come ATAC e ACEA e AMA tra le mani..
E per affrancarsi cosa fa?

Raggi: Dopo solo un anno cosa posso fare…
Da quanto sapeva che il rischio assenza d’acqua c’era per Roma
Non centra nulla lo sapevano anche gli altri”

Enzo Biagi intervista Fantozzi, che ormai lo ha raggiunto, sul libro ‘Avanti’ di Renzi

Titolo della puntata di Biagi: Scrivere un libro fa di Renzi uno scrittore? Ospite il ragionier Ugo Fantozzi

Biagi: Fantozzi si segghi la prego.
Fantozzi: Chi? Ioooo?
Biagi: Sì lei Fantocci, venghi, non temi nulla, avanti.
Fantozzi: Allora mi sedio, segghio, siedo.
Biagi: Bene, allora, io sono Enzo Biagi.
Fantozzi: Megacapo direttore di qualcosa?
Biagi: Di nulla, volevo commentare con lei questo nuovo scrittore, Renzi, pubblicherà Avanti.
Fantozzi si alza.
Biagi: Ma che fa, Fantocci? Si segghi, la prego.
Fantozzi: No, vado avanti mi ha detto, no, mi sedio di nuovo allora.
Biagi: Lei lo conosce l’autore?
Fantozzi: Chi?
Biagi: Renzi.

Fantozzi: Pina aiutami ti prego.
Filini interviene: Ma certo che lo conosce, glielo dica ragioniere.
Fantozzi: Ma Ingegner Filini non mi metti in mezzo, la prego.
Filini: Ma su, avanti, glielo dichi, certo che lo conosce, e l’ha sempre votato.
Biagi fa una faccia…
Fantozzi: Votato? No no.
Biagi continua a fare una faccia…
Fantozzi: Allora sì… – poi si arrende – non mi guardi così, la prego.
Biagi: Su Fantocci, mi dica cosa pensa di Renzi. Lei è stato scrittore, Fantocci è un personaggio letterario prima che televisivo, Fantocci nasce di carta, Fantozzi è il romanzo che ha mostrato noi italiani per quello che siamo.
Fantozzi: Ridicoli?
Biagi: Tipo l’autore di Avanti. Su, Renzi è uno scrittore?
Fantozzi: Renzi è uno scrittore e lo sa perché? Perché chi scrive dice cose vere, anche se forse mai accadute, Renzi fa uguale. Racconta, dice cose giuste, poi non le fa, o le fa diverse, o male, o anche le fa come aveva detto, questo è il punto che lo rende simile a me: dice, ma che poi faccia dopo o abbia fatto prima, non conta più.
Biagi: Quindi sarebbe simile a Fantocci?

Fantozzi: Esatto, all’italiano Fantozzi. Fantozzi vorrebbe essere più di quel che è, sia umanamente che lavorativamente, ma è egli stesso causa di ciò che è, ha sposato Pina, ma chi lo obbligava? Si lamenta del posto di lavoro ma perché non lo cambia? L’italiano non cambia anche quando può, finora almeno è andata così. Per questo siamo un popolo che merita e vuole uno scrittore al potere.
Biagi: Ma non capisco, quindi lo stima o no come scrittore?
Fantozzi: Ho detto che è uno scrittore che è italiano come me e gli altri e che gli italiani ne ridono per condivisione, non per estraneità. Renzi e Fantozzi sono la stesa cosa.
Biagi: Quindi cosa direbbe oggi Fantozzi a Renzi?
Fantozzi: Gli direi che alcune proposte del suo passato governo erano… delle cagate pazzesche!

92 minuti di applausi da parte di Biagi.

Italo Svevo ‘analizza’ il ministro dell’istruzione Valeria Fedeli dopo che è stata colpita in Parlamento

Svevo: Allora, come si sente?
Fedeli: Mi sembra di vedere cose non vere?
Svevo: Tipo la laurea?
Fedeli: Come scusi?
Svevo: Sa, è tipico, lei ha preso un pugno in faccia.
Fedeli: No, ma la laurea me la sono inventata prima del pungo, non c’entra nulla.
Svevo: Ah ok, quindi era consapevole di inventarsela?
Fedeli: Sì, sì, certo!

 

Svevo: Allora lei sta bene, al massimo soffre di falsità, ma niente di grave per il suo mestiere, la politica, anzi è ottimo.
Fedeli: Grazie, allora posso andare. Non mi prescrive nulla? Non devo prendere nulla?
Svevo: Ma, magari alla fine la laurea se la prenda.
Fedeli: Ah, che ridere dottore… a proposito ma lei è il dottor…?
Svevo: Svevo, Italo Svevo.
Fedeli: Quello che ha scritto… come no, la Coscienza di Svevo, è lei?
Svevo: La coscienza è di Zeno, Svevo sono io, l’autore.
Fedeli: Ah ho capito!
Svevo: Crede? In realtà mi chiamo Aron Hector Schmitz.
Fedeli: Tirolese?
Svevo: Di Trieste.
Fedeli: Si appunto, in Tirolo.

Svevo: “Mamma mia, neanche le elementari ha, altro che laurea”. Comunque qualcosa in realtà gliela prescrivo, un libro.
Fedeli: Sì, mi dica, ma, la prego, non mi faccia leggere quelli dal Fatto Quotidiano, tipo Freud, Marx, Schopenauer, Nietzsche, non li sopporto, sono faziosi.
Svevo: Del fatto quotidiano? Loro!?
Fedeli: Sì, non scrivono sul Fatto?
Svevo: Direi di no, loro mi hanno influenzato molto, più come metodologie che ideologie.
Fedeli: Forse mi confondo.
Svevo: No, non è confusione, mi creda, è ignoranza.
Fedeli: Reversibile dottore?

Svevo: Alla sua età è difficile, ma si legga questo: La coscienza di Zeno.
Fedeli: Lei si crede tanto normale? Tanto superiore a me dottore?
Svevo: Normale? Per nulla! Il diverso, l’ammalato, lo scrittore, sopravvivono al sistema, si ammalano pur di salvare se stessi dall’omologazione, resistono e si salvano, si rendono letterari, vivi. La letteratura è l’unico modo di vivere senza perdersi nella società alienante. Lei non è più diversa, ammalata, lei falsifica un curriculum per diventare senatrice e ministra e non la cacciano dopo che la scoprono, lei è il potere, il sistema, lei non è per nulla malata, per questo forse è perduta.
Fedeli: Sa che c’è dottore, il libro lo leggo, ma lei non mi vedrà più, visto che mi ha detto che sono normale in questo modo.
Svevo: Allora senza saperlo farà come Zeno, che si autoproclama guarito.
Fedeli: Addio!

E invece due giorni dopo…
Fedeli: Dottore, dottore, dottor Zeno!
Svevo: Svevo, ministra, Svevo.
Fedeli: Sì, sì, ho letto il libro.
Svevo: Come si sente?
Fedeli: Vorrei sapere, secondo lei come mai ho mentito nel curriculum?
Svevo: Perché aveva bisogno di sentirsi sana, come scrivo nel romanzo, convincersi di esserlo è l’unico modo per esserlo davvero.
Fedeli: Quindi fingevo con me stessa, ma non è grave!
Svevo: Beh, ha finto anche con milioni di cittadini, è più grave.
Fedeli: E il pugno? Perché mi è arrivato il pugno?
Svevo si avvicina e la colpisce con un pugno fortissimo in faccia.
Fedeli: Perché l’ha fatto?
Svevo: Ah – sospira soddisfatto – ora capisco perché gliel’hanno dato.

Al telefono con Eugenio montale, autore di Un omaggio a Svevo…
Svevo: Eugenio, ciao.
Montale: Ciao Italo, come va?
Svevo: Ho dato un pugno alla Fedeli! Mi sento liberato!
Montale: Sei il solito malato.
Svevo ride: E’ quello che volevo sentirmi dire.

 

 

Trump si confronta con il siciliano e i siciliani mentre cerca di arrivare al G7 di Taormina

Trump sta guidando con un auto in affitto per raggiungere il G7, ovviamente usa un tom tom russo, la voce si chiama Putin

Trump: Digita Naviga verso… : Ma dove lo facevano? Ah sì Taormina! – Andando si imbatte in due uomini pelati, uno più giovane, sopra i 40, uno molto più anziano

Si ferma e chiede indicazioni, pur avendo paura che possano essere dei profughi messicani, sia perché ha sentito che in Sicilia ne sbarcano parecchi, anche se non riesce a capire come facciano i messicani, pur di arrivare negli Stati Uniti, a prendere delle barche e cercare di passare dalla Sicilia, comunque rischia.

Trump: Dasvidania – saluta in russo, la sua lingua madre.
Montalbano: Eh, ma che minchia di lingua parlasse?
Trump: Are you mexicans? I’m Donald Trump, voi chi siete?
Montalbano: Montalbano.
Trump: No, non da dove venite – sapeva che in Italia molti paesi iniziano con Monte etc… – chi siete?
Montalbano: Pe o culo mi pgghi? Montalbano sono.
Trump: And you?
Andrea Camilleri: Camilleri.
Trump: So, Montalbano and Camilleri, sto cercando Taormina.
Montalbano: Qui sei a Vigata.
Trump: Ok, quanto dista dal muro col Messico questa Vigata?
Montalbano si gira verso Camilleri: Ma chistu è chillu che ce l’ha con il clima?

Camilleri: Chistu ce l’ha con tutti.
Trump: Oh – sbotta – stop boys, ti ho riconosciuto a te sai – dice rivolgendosi a Camilleri, e questi pensa che si riferisca ai suoi libri, al teatro etc… ma sopravvaluta Trump -Tu ti sei schierato con il comunista greco, Tsipras, I ricord – perché come i provinciali italiani credono che l’inglese si formi storpiando l’italiano, Trump crede che l’italiano abbia la struttura dell’inglese, anche se con parole diverse, quindi appunto ricordare è ricord.
Camilleri: Feci anche altro

Trump: Which altr?
Camilleri: Ho rivoluzionato in qualche modo sia l’italiano che il siciliano, rendendoli una cosa unica, il vigatese, parlato dal commissario Salvo Montalbano, il protagonista, dove non si distingue il dialetto dalla lingua nazionale, così da risultare al tempo stesso comprensibile ai non siciliani, ma familiare ai siciliani.
Trump era sconvolto, in Sicilia non usavano il messicano!
Camilleri: Comunque qui nei mie libri ci sono anche le cartine, tenga, si orienti. – gli passa il primo romanzo su Montalbano, La forma dell’acqua.
Trump ride: L’acqua non ha forma, ne era sicuro.
E’ una metafora, cioè le cose possono assumere la forma manipolata che si vuole, come fa lei con le sue politiche.

Trump: Yes metafora… Yo entiendo. – e li guarda sperando di fare bella figura con lo spagnolo.
Montalbano non ne può più: Sceeemo sei, ma pecchè non te ne andasti, eh?
Trump: Ok keep calm Montalban! – e sgomma via.

27 maggio 2017, G7 di Taormina

Gentiloni: Cosa studi Donald?
Trump chiude un libro che sta ripetendo ad alta voce: Spagnolo, così capisco cosa dicono gli immigrati che cercano di invadere il mio Paese.
Gentiloni: Posso vedere? – Trump gli passa La forma dell’acqua di Camilleri – Spagnolo?!
Trump: Yes, ho incontrat due immigrati messicani qui da voi.
Gentiloni: Messicani!?…

Hermann Hesse, Berlusconi, Renzi e la salvazione di Maria Elena Boschi

Renzi: Babbo?
Berlusconi (con un agnellino in braccio): Dimmi Matteo.
Renzi: Che ne dici dell’iniziativa di domenica, i miei stanno ripulendo Roma dai rifiuti.
Berlusconi: Matteo, per ripulirla i tuoi… non dovevano esserci.
Renzi: Dai Babbo, sai che i miei sono anche i tuoi.
Berlusconi: Sì lo so, scherzavo, concedi ad un vecchio pregiudicato i suoi scherzi. Comunque ti ho sentito cantare ieri, che canzone era?
Renzi: Mah niente, La guerra di Ferruccio, diciamo che cerco un futuro anche in altri campi, oltre la politica.

Boschi: Ma la politica serve proprio ad occuparsi di altri campi! – interviene all’improvviso – tipo le banche.
Renzi: Ci servirebbero scrittori che non si occupino di politica, non so, tipo quel tedesco, Herman Hesse, non sarebbe possibile parlarci?
Boschi: Dovrebbe stare in una casa di cura.
Berlusconi: Anche noi.
Boschi e Renzi: Babbo!!!!
Berlusconi: Scusate, scusate.

I due gigli si recano così a trovare Herman Hesse

Casa di cura di Montagnola, Svizzera

Boschi: Monsieur Hesse, buongiorno!
Renzi: Maria, guarda che è tedesco.
Boschi: Appunto
Renzi: Come appunto? Herr Hesse.
Hesse: Che volete?

Renzi: Vorremmo che lei facesse un appello, tipo quello degli intellettuali a favore della prima guerra mondiale e dell’intervento, quello di Thomas Mann e altri, però al contrario, cercando di convincere gli artisti e gli intellettuali a non impegnarsi, ad esempio nei suoi libri, il Lupo della steppa, Narciso e Boccadoro, in Siddharta, lei non dice che la pace è più importante dell’impegno? Che impegnarsi è inutile, meglio stare da parte? Invece in Italia i giornalisti pensano che il titolo li renda scrittori, e che scrivere significhi attaccare, insultare.

Hesse: Vedete, herr Renzi e frau Boschi, io non ho mai voluto impegnarmi direttamente, ma non vuol dire che non mi sono impegnato, i miei protagonisti cercano la pace, ma non fuggono dalla verità, cercano la tranquillità, ma non a costo di perdersi.

Boschi: Sì, come vuoi, ma tu alla fine non hai rotto le scatole al potere.
Hesse: Ho cercato di parlare all’anima delle persone, da quelle, dal basso, il potere può essere cambiato, ma ho anche parlato contro una certa mentalità, contro il sistema prussiano, oppure a favore di un Europa che sia grande, come da tradizione umanista, una vera Europa.
Renzi: Ma a noi sulla mentalità andrebbe pure bene, ma in Italia si fissano con la morale, e sono i primi a essere immorali, speravo che fra “amici” delle caste ci potessimo capire.

Hesse: Invece…
Renzi: Già, magari potremmo fare pressioni per fare avere un Nobel per De bortoli, comprarlo, che dici Maria Elena, queste riesce a farle bene?
Boschi: Matteo piantala, o lascio il governo!
Renzi: Magari – sussurra lui – Allora d’accordo, farai l’appello?
Hesse: No.
Renzi: Come no?
Hesse: No.
Renzi: Come no? – Renzi sta impazzando, qualcuno gli dice no, e continua a ripetere “come no, come no, come no”…

Dalla casa di cura gli infermieri lo sentono e arrivano a prelevarlo.

Renzi: Lasciatemi, Maria Elena! Maria! Lasciatemi! Dì a Gentiloni di intervenire con la Svizzera, dillo ad Alfanooooooo!!!!

Boschi: Allora stai fresco. – Intanto sorride e pensa che un conto è fare cazzate da scagnozza, un conto come capo, ora non rischiava più di essere lasciata a casa, era lei che lasciava a casa Renzi… casa di cura. – Caro Hermann, credo in qualche modo di avere ottenuto comune qualcosa da quest’incontro, non si preoccupi per il manifesto, anzi la citerò nella mia prossima riforma.

Hesse: Frau boschi, come ho già scritto, anche un orologio rotto segna l’ora giusta due volte al giorno, io credo che lei non le abbia ancora incontrate le sue due ore, anche se lei credeva fossero il governo e la banca…

Dopo le primarie Renzi chiede allo scrittore Mauro Corona di fare una statua per celebrarlo

Renzi: Ragazzi voglio fare il botto!
Graziano Delrio: Cioè?

Renzi: Dopo le primarie voglio indire le letterarie per celebrare la mia vittoria.
Maurizio Martina: Cosa?
Renzi: Sì, come con gli antichi romani con i giochi nell’arena, solo che stavolta faremo partecipare tutti i più grandi letterati che conosco.
Delrio: Quali consoci?
Renzi: Proprio l’altro ieri è uscito un bel discorso di Marine le Pen, la candidata alle presidenziali francesi.
Delrio: Era copiato da Fillon, un altro candidato.
Renzi: E allora? Devono celebrare me, no?
Delrio: Sì.
Renzi: E io non ho copiato?
Delrio: Chi?

Renzi: Beh, direi la destra a tutto tondo, ma a volto scimmiotto anche i cinque stelle, ah, poi Obama per le frasi a effetto, ultimamente il candidato liberale francese Macron, con lo spot elettorale In cammino, insomma chi non copia è perduto! Tu, Maria Elena, parteciperai con il tuo inedito Riforma Boschi.

La Boschi titubante: Posso essere esentata? Sai, ho già fatto un bel po’ di figure di… non so come dirlo…
Renzi: Sì, lo so, la parola che cerchi è merda, figure di merda, ma se era per quelle neanche rivincevo le primarie: in Italia non ci giudicano per quelle, questo è il bello di questo Paese, quindi se siamo politici e ci votano, possiamo pure essere scrittori e ci leggeranno.
Boschi: Se lo dici tu, chi convochiamo?

Renzi: Beh anche Augias e Galimberti, ho letto un articolo su un Blog, ‘900letterario, molto approfondito sulla loro esperienza nel copia-incolla e nega. Andate a leggerlo e reclutateli, io devo uscire, parto, vado a Erto, da uno scrittore vero, Mauro Corona, avete mai letto qualcosa?

Boschi: No.
Renzi: Figurati.
Boschi: Tu?
Renzi: No, ma so che fa anche lo scultore.

Erto

Renzi bussa alla porta di casa di Corona: Mauro!
Mauro Corona: Chi è?
Renzi: Il premier.
Mauro Corona: Gentiloni?
Renzi: No, Renzi.
Mauro Corona: Ok, corretto entra, cosa vuoi?

Renzi: Una statua per celebrare la vittoria alle primarie.
Mauro Corona: Hai mai letto un mio libro?
Renzi: No, ma cosa c’entra?
Mauro Corona: No, immagino che per te non c’entra nulla, ma leggiti La fine del mondo storto.
Renzi: Scusa, questo invece l’ho letto, ma in quel libro dicevi che le risorse non sono infinite e che un giorno saremo costretti a tornare a prima della tecnologia.
Mauro Corona: Più correttamente a riscoprire ciò che sapevamo fare prima della tecnologia.
Renzi: Cioè non potrò più mandare tweet?!?!
Mauro Corona: Che sono?
Renzi: Sono cinguettii.

Mauro Corona: Che!!!?? Tu cinguetti!!!??
Renzi: Come te lo spiego? Io scrivo il mio pensiero in140 caratteri.
Mauro Corona: Ti avanzerà spazio immagino…
Renzi: A volte sì, ma lo riempio con gli astag.
Mauro Corona: Era ironico.
Renzi però non ci bada: Non potrò più usare le slides?
Mauro Corona: Che??!!
Renzi: Sì sono dei files con cui faccio sembrare che dico tutto, ma poi non lo dico.
Mauro Corona: E figurati se lo fai.

Renzi: Esatto!
Mauro Corona: No, era una battuta anche questa.
Renzi: Cosa?
Mauro Corona: Lascia perdere.
Renzi: E non potrò più fare il “Matteo risponde”?
Mauro Corona: E che è?
Renzi: La gente scrive e io gli rispondo.
Mauro Corona: Con i fatti?
Renzi: Che??!! Questa volta è lui a rimanere stupefatto: Certo che no: la gente non li vuole.
Corona dopo un po’di silenzio… : Finalmente abbiamo trovato una cosa su cui siamo d’accordo. Ti farò la statua.

Renzi: Grazie il regime ti ricompenserà… ops scusa, il reame, ops scusa, è che dormo poco, il governo.
Mauro Corona: Certo, basta che mi lasciate in pace nelle mie montagne. Rileggi il mio libro!
Renzi: Certo! Però questa storia che non si può usare la tecnologia, praticamente mi impedisce di governare.
Mauro Corona: Scusa, ma pensa al mio libro, cosa sapeva fare l’uomo prima dell’uso della tecnologia? Non governa l’uomo forse da migliaia di anni? Non faceva politica prima dell’Iphone, del pc?
Renzi: Sì, ma…
Mauro Corona: … non riusciva a prendere così tanto in girio la gente.
Renzi: Su questo ti correggo, cambia lo strumento, non la presa in giro.

Al momento di ritirare la statua Renzi va da Corona, dicendo: Ho riletto il libro, alla fine non è così male, il fatto che i più forti si adattano e sopravvivono, ci posso stare, io sono così.

Corona: Non i più forti, i più umili, e più sono umili, più imparano, e imparano che l’ “uguale” e non il “più” ci rende simili.
Renzi: L’uguale!? Ma questa è sinistra!!! -grida spaventato e scappa via dimenticandosi perfino della statua.

Corona ride, sapeva che alla fine Renzi non avrebbe retto al libro e alla parola “sinistra”, e divertito, sapendo che ormai sarebbe tramontato anche il concorso letterario, scopre la statua di Renzi… : Accidenti, la faccia mi è venuta con i capelli ricci, gli occhi spiritati… vabbè, cercherò di venderla a grillo, tanto i falsi e i fanatici si assomigliano sempre, mentono tutti e due… e lo sanno tutti e due. – Poi confronta questa statua con la prima copia… che gli era venuta senza capelli, di bassa statura e con un grande sorriso berlusconiano.

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