‘Il silenzio del niente’ di Ennio Masneri: due racconti noir psicologici

Il silenzio del niente di Ennio Masneri, edito dalla casa editrice milanese La Vita Felice, a distanza di alcuni mesi dall’uscita ancora riesce a far parlare di sé.

Nato a Crotone l’01/04/1978 l’autore del libro ha vissuto a Trebisacce (CS) un paesino del Golfo di Taranto sullo Ionio.

Lì ha conosciuto il mal di vivere (attenuato dalla vicinanza con il mare) fino a che non si è trasferito a Perugia per fare l’università dove ha conseguito nel 2005 la laurea in Lettere e Filosofia quasi da autodidatta a causa della mia sordità (non sono sordo-muto e quindi non conosco la Lis).

Negli anni seguenti ha fatto il corso di Redattore per casa editrice e il master in Esperto in Cultura d’Impresa; poi si è trasferito nel 2008 a Milano per lavorare in una società di servizi di telecomunicazioni americana (Verizon Italia) rimanendo quindi in pianta stabile a Vittuone (MI). Il trasferimento, sperato e voluto senza provare alcuna nostalgia per il paese dove ha vissuto, gli ha dato la possibilità di lavorare su se stesso e liberarsi del vecchio mal di vivere (la cui ombra permane ancora nei suoi scritti).

Masneri ha vissuto una lunga parentesi di poco meno di una decina di anni come scrittore indie con lo pseudonimo di Paolo Massimo Neri con la tetralogia thriller-fantasy La Leggenda del Drago d’Argento pubblicata in formato kindle e cartaceo su Amazon (ritirata per una revisione aggiornata in corso). Con l’esperienza di un formato complesso e difficile come il fantasy si è allenato per affinare, senza mai smettere di farlo, lo stile e perseguire la qualità dello scritto seguendo gli studi classici e le regole del corso di redattore.

Ha scritto e poi pubblicato con l’editore di Milano La Vita Felice la raccolta di racconti Il silenzio del niente.

Infine, in autunno 2022, verrà forse pubblicato dall’editore Il Ciliegio di Como il romanzo breve L’ombra del ciliegio  con illustrazioni in b/n all’interno di Anselmo Sangiovanni e la prefazione del poeta Renato Minore. Sono in corso nuovi progetti di scrittura.

 

Il silenzio del niente: sinossi

Il silenzio del niente copertina

Il silenzio dei niente, esce a maggio del 2021, per la collana contemporanea narrativa

Questi due racconti sono quanto ho ottenuto dalla mia osservazione – analitica, critica, curiosa – della società attuale quando si tratta dei bambini. Ma, più che altro, sono frutto di una riflessione sulla banalizzazione dell’infanzia a cui essi vengono sottoposti non per iniziativa propria né dei loro genitori (sia pur con alcune, forse molte, forse troppe, eccezioni), ma dal mondo adulto in generale che spesso e consapevolmente sovverte, spoglia e distrugge la loro
innocenza.
Da questo esame e da una costante riflessione ho voluto appunto coniare il concetto di “banalizzazione dell’infanzia”.
I bambini sono figure invisibili nella coscienza degli adulti. E in quanto tali, ho deciso di sfiorare con mano la loro invisibilità come se fossero a margine, come se la loro infanzia facesse da sfondo alle storie dei grandi. Rosso notturno e Il sogno dello scorpione sono i titoli dei miei racconti che denunciano questa volontà di dirigere l’infanzia, di decretarla, anche con leggi, mode, interventi di ogni specie, a una semplice fase di passaggio fino a quando, nel momento in cui avremo il coraggio di guardare indietro, non scopriremo di avere soltanto giocato con il vuoto e fatto qualcosa di irrimediabilmente marcio, come degli dèi di in fimo ordine

 

Di seguito la sinossi due racconti noir psicologici:

ROSSO NOTTURNO: un uomo incontra in un motel una donna con cui fa sesso ma scampa alla morte. Le confessa di essere uno scrittore in cerca di spunti per un romanzo e che cercava proprio lei per intervistarla sul motivo che l’ha spinta a diventare un’assassina solo di uomini con cui ha rapporti sessuali. Scoprirà un passato di abusi, dolore e indifferenza.

IL SOGNO DELLO SCORPIONE: un uomo fissa il soffitto da un letto e sa che se abbassa gli occhi vedrà i fantasmi di quelli che ha ucciso. Per non cadere nella disperazione della propria solitudine ripercorre la propria infanzia, la morte della madre (ballerina del Bolero di Ravel) per un’esplosione, la vendetta per mezzo di lui da parte del padre ex appartenente all’ETA. Ricorda anche le sue esperienze da killer con una vena di ironia nera prima di muoversi per commettere l’omicidio che gli è stato commissionato e da cui – contravvenendo alla prima legge dei killer – si sentirà emotivamente coinvolto.

In 120 pagine lo scrittore dà vita a due racconti noir psicologici che indagano con una vena di iperrealismo le conseguenze della violenza fisica e morale sulle donne e sui bambini.

“Per silenzio del niente – ha affermato l’autore – mi riferisco al silenzio della società che, spesso e volentieri, preferisce non occuparsi di chi subisce violenza e cerca giustizia relegando ad altri l’onere di agire o scegliendo di non vedere. Questa sua improduttività porta, oltre alla creazione di nuovi mostri, al nulla, cioè al silenzio e alla sua forza dirompente che travolge anche gli innocenti, costretti alle volte a farsi giustizia da soli. Questi due racconti vogliono essere altrettante grida per rompere e scuotere quel tacere troppo a lungo giustificato e per questo cristallizzato”.

Un bambino privato dell’innocenza della propria infanzia potrà mai liberarsi dal giogo dei traumi subiti? È l’interrogativo – commenta l’editore – al quale tentano di dare una risposta i due racconti di questo libro, attraverso le vicende estreme, ma non per questo poco realistiche, di due killer, Red e Carlos. L’una, femme fatale che uccide i propri amanti, narra da un lato un passato di abusi e indifferenza che ne svela i moventi, dall’altro un presente di angoscia e solitudine che ne mostra il tormento senza tregua. E l’altro, prima bambino privato troppo presto della madre da una società meschina e patriarcale, poi killer su commissione, freddo e distaccato all’apparenza, inquieto e perseguitato dai fantasmi nella realtà della propria desolata esistenza. Attraverso due vicende così diverse eppure così simili, Masneri delinea uno scenario dove non esistono semplici vittime o carnefici, entro cui i personaggi non fanno che spostare il baricentro emotivo della narrazione in un crescendo di luci e ombre. Resta, come punto cardine per il lettore, una ferma condanna nei confronti della violenza, raccontata a volte nella sua cruda efferatezza, altre nella sua atroce banalità, altre ancora con quell’indifferenza e quel silenzio che tuttora, troppo spesso, la accompagnano”.

 

https://www.lavitafelice.it/scheda-libro/ennio-masneri/il-silenzio-del-niente-9788893465359-618496.html

 

Michael Weinberg, “Il diario di Lela – Storia di ordinari abusi”

“Il diario di Lela – Storia di ordinari abusi” di Michael Weinberg è un’opera coraggiosa, dedicata «a tutte le donne vittime di violenza, costrette nel quotidiano silenzio del proprio dolore»; la protagonista della vicenda è colei che nella vita reale l’ha ispirata, e che ha avuto la forza di raccontare la sua storia e di ripercorrere anni di indicibile sofferenza e di insopportabile vuoto, causati da uomini disgustosi che l’hanno resa un oggetto, una marionetta senza volontà.

Lela, nome di fantasia, offre generosamente il suo vissuto sperando che possa essere di conforto per le donne che stanno passando il suo stesso inferno, e che magari possa anche spingerle a riscattarsi e a riprendere in mano la propria esistenza. In tal senso sono una preziosa testimonianza i brani del diario di Lela contenuti nell’opera; sono pagine dure e drammatiche e a volte, durante la lettura, si arriva a pensare che sia troppo da sopportare per un essere umano, e che sia quindi frutto della fantasia di Lela.

Eppure, come è ben dichiarato, sono reali storie di vita vissuta e meritano quindi di essere trasmesse a più persone possibili, per diffondere sensibilizzazione sul tema della violenza contro le donne: una piaga che ogni anno miete vittime che rimangono per lo più silenziose, a causa della paura, della vergogna o del senso di colpa indotto da una società che non difende i più deboli ma che, anzi, li giudica senza pietà. È quindi importante che tutti sappiano ciò che accade, che vivano le sensazioni provate dalle vittime di stupro, che si rendano conto dell’entità delle terribili ferite fisiche ed emotive che non guariscono mai, e che gettano le donne in un incubo senza fine.

Michael Weinberg accompagna rispettosamente il personaggio di Lela, una vera e propria sopravvissuta, nel corso di una vicenda che fa male e che fa provare rabbia e sgomento; ci racconta senza censure le tragiche esperienze di questa giovane donna che perde pezzi della sua anima a ogni violenza, e che smarrisce la capacità di autodeterminarsi, di scegliere, di occuparsi di sé stessa e perfino di provare sentimenti ed emozioni. Una donna che diventa nulla perché odia il suo corpo abusato, prima di rendersi conto, dopo un lungo e sofferto cammino, di non avere nessuna colpa – «I mostri sono loro, non io».

L’autore torinese presenta un’intensa opera ispirata a eventi realmente accaduti: è il racconto della triste vicenda di Lela, costretta a subire per anni violenze e abusi inimmaginabili che l’hanno spinta sull’orlo del baratro. Una storia di sofferenza e di riscatto narrata dall’autore con delicatezza, e con rispetto per la cruda e straziante verità dei fatti.

 

SINOSSI DELL’OPERA. Frammenti di dolore, estrapolati dal racconto di una donna, lasciano spazio a interrogativi e dubbi atroci su cui indagare. Adriano, giornalista brillante e dal fiuto per le investigazioni, si troverà a fare i conti con il diario di Lela, le cui pagine rimandano al profilo complesso di una ragazza dal vissuto emotivo devastato e intorpidito da stupri reiteratamente subiti. Sarà proprio Adriano che – entrando di soppiatto nelle squallide vite di chi si è macchiato di simili atrocità – farà luce sugli eventi tragici che hanno segnato il percorso di Lela, e che sembrano averla condotta fino alla morte. È un romanzo che dà voce a tutte le donne che hanno subìto e subiscono violenze, ma che non hanno la forza e il coraggio di raccontare. È un invito ad ascoltare il silenzio, quello rumoroso, e a comprenderlo, invece che giudicarlo.

 

LA COLLANA “BERKANA” DI GRAUS EDIZIONI, FONDATA E DIRETTA DA ROBERTA BEOLCHI: Berkana è una runa che viene dalla cultura celtica e germanica; rappresenta la Runa dell’energia femminile, della fecondità, della rinascita e della rigenerazione ed è simbolo positivo dell’universo femminile. Proprio in virtù di tale motivo, la Collana Berkana raccoglie testi che raccontano di donne che hanno subito violenze ma che ce l’hanno fatta, riuscendo a trarne un insegnamento, e anche storie di orfani che sono riusciti a superare la perdita della propria madre; testi da cui trarre un insegnamento positivo e che esaltano la Donna. Graus Edizioni rappresenta la prima casa editrice che possiede una collana dedicata ad una runa, la runa della fertilità, della creatività e del rinnovamento.

 

BIOGRAFIA DELL’AUTORE. Michael Weinberg (Torino, 1967), pseudonimo dell’autore, Dottore Commercialista, esperto nelle soluzioni alle crisi d’impresa, vive oggi a Dubai ove si occupa in prevalenza di consulenza transnazionale. Scrive per passione, traendo spunto da fatti ispirati a vicende realmente accadute. Il suo primo libro, “L’Intervista, la verità sulle trame ordite contro il curatore della TAV” (Graus Edizioni) è stato insignito del Premio Menotti, Spoleto Art Festival (2021).

‘Il Signore di Notte’ di Gustavo Vitali al Salone del Libro e a Libri in Piazza

Sono una cinquantina gli stand che attendono i visitatori di “Libri in Piazza” in programma il 2 e 3 aprile a Rivoli (Torino), comprese tre emittenti radio televisive. Due le aree che li suddividono, una dedicata al genere “comics” e l’altra agli editori.

La manifestazione prevede un nutrito programma di eventi collaterali, dalla cerimonia di benvenuto con le autorità locali e la madrina Elena Mirullo, agli incontri con gli autori, dalla presentazione di opere e scrittori nella Sala Convegni di piazza Martiri della Libertà, agli aperitivi letterari presso le attività commerciali di via Piol.

Infine lo stand dell’organizzazione, il CSU, Collettivo Scrittori Uniti, gruppo di appassionati di scrittura nato con l’obiettivo di promuovere libri durante le fiere nazionali. Sito nei pressi della Sala Convegni, ospiterà numerose opere e tra queste, per la prima volta in piazza, il libro Il Signore di Notte, un giallo nella Venezia del 1605. Il tutto condito da incontri musicali dal vivo nonché approfondimenti su tematiche di attualità e attività video-ludiche.

Non ha bisogno di presentazioni il Salone Internazionale del Libro, giunto quest’anno alla XXXIV edizione che come sempre si preannuncia ricca di incontri ed eventi straordinari.

Sotto il titolo “Cuori Selvaggi”, le riflessioni ruoteranno attorno al tema della ricerca di speranza per il futuro, ricerca che non ci abbandona mai a dispetto del mondo inquieto, turbolento e pieno di enormi problemi nel quale viviamo.

Gli 81 mila metri quadrati dell’ultima edizione sono stati attraversati da oltre 150 mila visitatori. Con la concreta prospettiva di replicare il successo, l’esposizione del 2022 terrà banco nel capoluogo piemontese dal 19 al 23 maggio presso il Lingotto Fiere di via Nizza e non solo. Infatti l’iniziativa Salone Off porterà libri e spettacoli fuori dai padiglioni, con uno sguardo privilegiato alle periferie e all’area metropolitana.

Tra i numerosi attori della più grande fiera italiana dell’editoria, autori, librai, bibliotecari, docenti e studenti, case editrici e tanti, tanti lettori, il padiglione 2 ospiterà ancora una volta lo stand del Collettivo Scrittori Uniti. Qui saranno disponibili le opere di numerosi scrittori, compreso il libro Il Signore di Notte, opera d’esordio di Gustavo Vitali, che, come segnalato nel sito del libro medesimo, sta ottenendo lusinghiere recensioni da parte di lettori e addetti ai lavori. Nelle giornate di giovedì 19 maggio e venerdì 20 sarà presente lo stesso autore.

‘Tondelli: scrittore totale’. Il saggio di Sciltian Gastaldi sul dirompente Pier Vittorio Tondelli

Secondo una periodizzazione perlopiù accettata, nell’ambito della narrativa italiana si è avuto un punto di svolta databile al 1980: di là da questo ideale spartiacque si situa la tradizione novecentesca, di qua la fase che a tutt’oggi stiamo vivendo.
Se si assume senza troppa rigidità la categoria di nuova narrativa italiana è certamente opportuna a descrivere un insieme di cambiamenti avvertibili per la prima volta, in particolare, nelle opere di giovani scrittori. Tra di essi, ha interpretato un ruolo fondamentale Pier Vittorio Tondelli (1956-1991), il cui libro d’esordio Altri libertini  (romanzo politico, manifesto di una nuova generazione) viene solitamente considerato, a ragione, come una delle opere che maggiormente ha influenzato gli sviluppi successivi della narrativa.
Acuto osservatore dei più vari aspetti della creatività giovanile, Tondelli ha tracciato con gli scritti poi raccolti in Un weekend postmoderno
una mappa dettagliata di tutte le manifestazioni estetiche dei suoi tempi (dalla letteratura alla musica, dal cinema alle arti figurative, fino ai fumetti e ai videogiochi).
Ma cosa si sa davvero di Tondelli e della collocazione delle sue opere nella storia della letteratura? Come analizzare correttamente la sua figura letteraria? La ricerca del docente e saggista Sciltian Gastaldi, docente, giornalista professionista (L’Inkiesta) e romanziere, che ha dato alla luce il saggio Tondelli: scrittore totale. Il racconto degli anni Ottanta fra impegno, camp e controcultura gay, edito da Pendragon, ha portato ad un’operazione culturale oltre che che critico-letteraria, la quale mette in atto in modo scientifico la contestazione della vulgata dei due ciclopi, la critica cattolica e la critica marxista, che hanno erroneamente visto in Tondelli il cantore del disimpegno, autore blasfemo per poi essere presentato come scrittore toccato dalla Grazia?
Sciltian Gastaldi parte giustamente dall’analisi delle opere di Tondelli, avvalendosi di una vasta ed eterogenea bibliografia per la ricostruzione del dato biografico, condotta anche mediante sopralluoghi negli ambienti tondelliani, la raccolta di testimonianze orali e dello studio della biblioteca privata di Tondelli.
La tesi proposta dall’autore è che le opere di Tondelli si distinguono in primo luogo per la caratteristica dell’impegno, giocato su diversi livelli: letterario e contenutistico, contro le omologazioni imperanti dei classici e della narrativa consumistica o edificante degli anni Ottanta; linguistico sperimentale, contro il canone delle belle lettere, facendo propria e aggiornando la lezione di Arbasino; culturale, contro il conservatorismo perbenista che avversa ogni controcultura giovanile; politico, in senso non ideologico e soprattutto sociale, contro  l’omofobia e l’emarginazione, temi di gran moda al giorno d’oggi più che mai, ma che Tondelli non voleva cavalcare.
Tondelli stesso, nelle interviste, è scettico nei confronti di categorie quali la “letteratura gay” e teme che la propria opera non venga apprezzata con il solo criterio del valore letterario. Giulio Iacoli ha parlato in questo caso di «crisi di disidentificazione», ricordando che «le dichiarazioni autoriali non possono avere per noi un mero effetto impediente, di fissazione del dicibile entro territori verificati e prescrittivi». È infatti il testo stesso, con il suo ritornare in modo così insistito sul tema, a imporre alla critica di affrontare l’omosessualità, non solo come tema, ma come fattore costitutivo di una poetica.
L’omosessualità è nei contributi critici di studiosi che vivono all’estero, il tema principale attraverso il quale l’opera di Tondelli ha suscitato interesse. Il testo più frequentato dalla critica, è l’ultimo romanzo dell’autore, Camere separate, in cui la storia d’amore tra i personaggi di Leo e Thomas è il caposaldo attorno al quale è costruito l’intreccio. Come notato da Olga Campofreda, con l’eccezione di Camere separate, vi è però, generalmente, un vuoto critico intorno alle restanti opere di Tondelli.
Vuoto critico che Gastaldi ha contribuito a colmare in modo soddisfacente e puntuale, il quale ci consegna un Tondelli nella cui formazione i suoi referenti sono stati il cinema, la televisione, il fumetto, e tutta la mitologia legata ai personaggi del pop, del rock, non tanto i discorsi intellettuali. Ci consegna un Tondelli la cui scrittura basata sulla messa in scena dei linguaggi giovanili (spesso purtroppo liquidate dispregiativamente come giovanilistiche) è stata spesso fraintesa dalla critica, con l’accusa di spontaneismo, vale a dire di un’insufficiente elaborazione stilistica che sarebbe alla base di testi privi di dignità letteraria.
Gastaldi mette anche in guardia dal pericolo che porta a credere che basti avere qualcosa da raccontare, e che non serva un lavoro sulla forma. Viceversa, urge riscrivere, analizzare, rifare, per arrivare a qualche risultato, soprattutto se si vogliono raggiungere l’immediatezza e la freschezza, obiettivi faticosi da raggiungere e non spontanei, come si può pensare nel caso di Tondelli.
Il saggio di Gastaldi ci mostra un Tondelli che è più decadente che avanguardista e ha capito che i luoghi esistono fino a quando uno scrittore li scandaglia con ostinazione: lo scrittore di Correggio infatti riusciva a scrutare la costa americana dalla riviera romagnola, “detrashizzandola”, allontanandola dall’immaginario collettivo di pellicole come Rimini Rimini e Abbronzatissimi.
L’autobiografismo di Tondelli si muove dal privato all’impegno sociale, descrivendo situazioni e sensazioni che hanno quindi valore universale e dunque letterario, e a tal proposito Gastaldi distingue almeno due livelli nel corpus tondelliano, uno “positivo” e uno “negativo”. Il primo f riferimento in particolare ad Altri libertiniPier a gennaio e Camere separate. In queste opere l’autore passa in rassegna emozioni, situazioni, sentimenti da lui vissuti, per dare loro una valenza universale.
Il secondo tipo di autobiografismo presente in Tondelli è quello che Gastaldi chiama “fisico-pedissequo” ed è utilizzato ne Il diario del soldato Acci, in Dinner Party, in Rimini e, anche se il discorso a riguardo è molto più complesso, anche in Pao Pao. In questi lavori l’autore tende a plasmare la maschera dei suoi personaggi per farla aderire alla propria, rimanendo così prigioniero delle proprie esperienze. In questo modo i personaggi risultano tutti un po’ simili tra loro.

Gastaldi presenta inoltre un Tondelli che bramava un confronto aperto tra scrittura e critica, avendo con essa un rapporto difficile. Critica che si è sempre più arroccata su se stessa incapace di un dialogo con la scrittura che l’hanno resa pressoché insignificante, faziosa e inattendibile.

Per quanto concerne la controcultura gay, è importante sottolineare come Tondelli non legga l’omosessualità in termini ideologici e neppure identitari, come oggi si tende a fare in concomitanza con la questione diritti civili, dimenticando quelli sociali. Tondelli è contrario a una riduzione della complessità della persona alla dimensione della sessualità che non può diventare l’unico elemento per cui una persona si identifica per ciò che è, rischiando l’auto-ghettizzazione.

La produzione letteraria di Tondelli è strettamente legata agli anni Ottanta: lo slang giovanile subisce trasformazioni in tempi molto rapidi, per cui il linguaggio giovanile dei tardi anni Settanta e dei primi anni Ottanta che si trova in Altri libertini o in Pao Pao non è più attuale. Tuttavia il ritmo di Tondelli è talmente incisivo, che ancora oggi Altri libertini e Pao Pao risultano comprensibili e freschi, al di là delle mutazioni linguistiche.

Gastaldi infine ci fa capire quanto la logica commerciale fosse del tutto estranea all’operazione di Tondelli, acuto osservatore sociologico mentre oggi essa sembra quella che domina gran parte dell’editoria.

Tondelli: scrittore totale rifugge dai paludati accademismi tipici di tanti saggi, e appare come un’opera al passo con i tempi rimettendo al centro del dibattito Pier Vittorio Tondelli, sia quello sbarazzino che spirituale, cercando di allargare il discorso tenendo in considerazione gli studi in precedenza svolti su Tondelli, il  cui “giovanilismo” è condizione esistenziale (tenendo anche conto che lo scrittore scomparve a soli 36 anni),  prediligendo quelli che si sono soffermati sulla dimensione impegnata di Tondelli, dinamica, vagabonda, energica. A questi elementi Gastaldi ne aggiunge uno molto importante per la piena comprensione dello scrittore emiliano, ovvero l’apporto dell‘estetica camp nelle sue opere, che hanno reso Tondelli l’iniziatore della controcultura queer, di quei giovani alla ricerca di qualcosa di diverso e dirompente per sfuggire all’omologazione borghese.

Viene da chiedersi se ci siano riusciti, cosa stia producendo la narrativa “giovanilistica” e la controcultura queer in termini di linguaggio, se non si tratti invece ad un neo-conformismo e neo-imborghesimento grottesco che non ha nulla di trasgressivo e cosa ne avrebbe pensato Tondelli.

 

 

‘Non c’erano i fiori’, la raccolta poetica d Arianna Galli

Nella raccolta poetica “Non c’erano i fiori”, pubblicata da Ladolfi editore. la giovane penna di Arianna Galli soffre, si dilania, impazzisce per amore. I suoi versi, però, non parlano unicamente di quel nobile, quanto oramai usurato, sentimento amoroso. Le sue parole entrano a fondo, scavano nell’animo umano, cercando in tutti i modi di scovarci ancora speranza. Una speranza, però, che quasi certamente la protagonista di questi versi ha perso.

La raccolta, ispirata alle teorie di Freud, al mito di Amore e Psiche e al celebre romanzo di TobinoLe libere donne di Magliano”, indaga il percorso psicologico di Irene che nella sua pazzia nata dal dolore comprende pian piano la sua identità, il rapporto con sé stessa, con l’amore e con la città in cui abita, Milano, che appare a squarci e deformata, frantumata come la sua stessa anima. Perché prima non c’erano fiori, ma è ciò che ha lasciato nel suo cuore la persona amata, il fiore che porterà per sempre con sé nella vita nel suo cammino verso il futuro.

L’autrice, in questo libro, vuole lanciarci un messaggio chiaro, semplice, ma altrettanto struggente. Un inno che tende quasi a metterci in allerta sull’importanza dell’amore, con tutto quel che lo circonda. Perché quando due anime si fondono, arrivando a tal punto da sembrare un’unica cosa, e si penetrano, così in profondità da lasciar obbligatoriamente qualcosa di sé all’altro, sarà impossibile per loro una volta separati sperare di tornare come prima. Niente potrà mai tornare come prima. Qualcuno crescerà, migliorerà, vedrà quella storia come un pretesto per maturare, ma tanti altri smarriranno il senno, perdendosi inseguendo la propria anima di notte.

L’illusione, in queste pagine, ci stringe con forza la mano. Verso dopo verso sembra quasi di poter udire una voce forte, vigorosa, gridare con ferocia, con rabbia, contro  quella cecità nella quale si è immersi quando in un amore vediamo solo quel che vogliamo vedere. Perché dopotutto, si è entrambi il miracolo dell’altro, e al contempo il proprio sogno di completezza. Quindi è davvero semplice ritrovarsi a vedere riflesso nell’altro quel che in realtà non c’è.

Vi è in qualche modo una richiesta di scuse da parte della protagonista quando si rivolge al proprio amore del passato in questo modo: “ Non odiarmi quando sarà tutto cenere quando sarà passato il miracolo che ci ha fatto vedere come due stessi esseri, abbracciati dalla stessa luce”.

Chiede di non odiarla, quasi lo implora, come se la responsabilità per quel sogno trascorso insieme sia tutta sua. Non riesce a vedersi solo come la metà di una coppia, tantoché gli sbagli di entrambi, per lei, sono solo i suoi. Le pare quasi naturale, infine, sentire l’esigenza di dover implorare che quel sentimento amoroso non si tramuti in odio.

Questi versi trasudano un incessante sensazione di malessere, dovuta a una presenza che ricorre spesso nel libro ma che rimane intangibile fino alle ultime battute. Una figura che mai si palesa fino in fondo, lasciando così un incolmabile vuoto dietro di sé.

“Ricordo i tuoi baci come una rosa; Ora, giorni case cose pagine strade ci dividono. Ricordo dopo i baci, l’appoggiare la testa sulla tua spalla, dolcemente per una carezza…”

In fin dei conti, quel che la protagonista chiede è solo di poter avere una carezza, e nel mentre, potersi perdere di nuovo in quegli occhi che ha tanto amato. Negli occhi di quell’uomo che “Tolse la cecità al passato e donò l’amore al presente”.

Purtroppo il presente di cui si parla è per lei oramai passato. Il presente che sta vivendo è un doloroso viaggio a marcia indietro.

 

 

 

 

‘Il falò del Saraceno’: Alessandro Sbrogiò ritorna in libreria con un noir

Il falò del Saraceno, edito da bookabook, è l’ultimo romanzo di libro di Alessandro Sbrogiò.

Catanese, classe 1963, Sbrogiò, fin dalla pubertà ha sposato la musica, che per lunghi anni è stato il suo lavoro. Diplomato in contrabasso al Conservatorio di Venezia, è stato fra i fondatori della Venice Baroque Orchestra, con la quale ha calcato i palcoscenici dei più importanti teatri del mondo e inciso per case discografiche come Deutsche Grammophon e Sony Americana. Più recentemente ha fondato la Magister Espresso Orchestra e per questo ensemble ha composto e prodotto l’album Banda Vaga (Freecom Edizioni).

Mai sazio di nuove esperienze ha scritto musica per il teatro e l’audiovisivo. Ha inoltre collaborato con il regista e rapper congo-americano Selé M’Poko e composto e arrangiato tutte le parti orchestrali dell’ultima psichedelica pop suite Storia di Tich del cantautore Andrea Tich (per altro personaggio del romanzo).

Pur soddisfatto della strada intrapresa, non ha mai dimenticato un altro vecchio amore: la scrittura. Nonostante i sensi di colpa ha continuato a frequentarla segretamente nelle camere d’hotel di mezzo mondo, nelle sale d’attesa degli aeroporti e sorvolando diversi oceani. Fino a quando, nel 2017, la relazione è venuta alla luce a causa del libro Cadenze D’Inganno, classificatosi al primo posto al Premio Lorenzo Da Ponte 2017, indetto dalla Casa Editrice Diastema Studi e Ricerche e presieduto da Antonia Arslan. Diastema ha poi pubblicato il volume che ha ricevuto una menzione speciale al Festival Giallo Garda. Nel 2018 Diastema ha deciso di pubblicare anche Orchestra Tipica Madero – tango noir, secondo romanzo di Sbrogiò, menzionato anche questo al Festival Giallo Garda 2019 e al Concorso Letterario la Quercia del Myr 2019.

Il falò del Saraceno: Sinossi

Il falò del Saraceno

Il falò del Saraceno, è uscito il 13 Febbraio 2022. Il libro è arrivato tra i finalisti del Premio Garfagnana in Giallo Barga Noir 2020 quando era ancora inedito.

Mi pare di vederlo il signor Passanisi, armato di canna da pesca, uscire di buon’ora dalla sua villetta sul mare e arricciare il naso, guardandosi intorno con aria infastidita. Colpa di quello strano olezzo, misto di barbecue e benzina, assai diverso dalla fragranza di mentuccia, timo e salmastro tipica della costa. Di certo avrà guardato verso la battigia, alla ricerca di una macchia di spazzatura maleodorante, magari lasciata in mare da un mercantile di passaggio e portata dalla risacca in prossimità degli scogli. A volte le chiazze di nafta e sporcizia arrivavano fino sotto casa sua, piccole isole di rifiuti, fatte di cassette di legno marcio, cartone, masserizie e tutti gli scarti delle cucine di bordo.

 

Trama

Estate del 1979, East Coast siciliana. Franz, Gerardo e Pirata sono tre amici alle soglie della maggiore età. Vivono in una cittadina che a levante si affaccia sul mar Ionio e a ponente è assediata dal polo industriale: un piccolo universo in continua espansione, fatto di ciminiere, serbatoi e serpentine luminose.  A quelle latitudini il continente è lontano e i tre ragazzi si sentono esiliati, sospesi in un tempo che potrà finire solo con una fuga.

Preoccupati di fare la fine di Montecristo, un farfugliante barbone, icona del fallimento di chi da quell’immobilismo è stato sopraffatto, i protagonisti si consolano con una smodata passione per la cannabis e i suoi derivati, si ubriacano di rock d’importazione e pianificano il futuro. Per puro caso si imbattono in una storia vecchia di trent’anni: il signor Saraceno ritorna al paese dopo dieci anni di assenza, restaura una casetta sul mare e poco dopo si dà fuoco come un bonzo.

I tre giovani, dopo averci ricamato sopra, preferirebbero ignorare l’accaduto, ma entra in scena la coetanea Camilla, solitaria milanese in vacanza, che li convince dell’importanza di approfondire l’argomento, soprattutto in merito ad Amandine, l’amante francese del suicida, di cui è rimasta solo una lettera, dove in poche righe dà il benservito al signor Saraceno e comunica che non si sogna nemmeno di sbarcare in Sicilia, anzi si trasferirà a breve in Australia. Al contrario, c’è chi a Saraceno è indissolubilmente fedele, cioè il professor Lo Bello, docente in pensione, ecologista ante litteram e amico intimo del suicida, che da una parte cercherà di far riflettere i ragazzi sull’inquinamento provocato dalla Las Vegas degli idrocarburi e dall’altra non lesinerà in versioni varie e differenti sulle cause che hanno spinto all’estremo gesto l’amico.

Montecristo continua a entrare e uscire dalla vicenda, sospettato di sapere più di quello che lascia intuire, così come il barbiere della piazza, che però ricorda bene i giorni precedenti lo strano suicidio, quando si aggirava per il paese un motociclista impegnato a chiedere di Saraceno con inconfondibile accento francese. Francese è anche il vecchio quotidiano dalla data sospetta che viene ritrovato dai ragazzi nella casetta sul mare, contenente la ricetta delle madeleine di proustiana memoria, indizio che lascia pensare che forse la misteriosa amante francese, contrariamente a quanto affermato nella lettera, da quelle parti si è fatta vedere. Alla luce di queste scoperte Camilla non potrà più nascondere il vero motivo per cui si trova in Sicilia, scatenando così il precipitare degli eventi e il conseguente insospettabile finale.

Se la musica è stata al centro della sua vita portandolo a calcare i palcoscenici dei più importanti teatri del mondo e a incidere per case discografiche come Deutsche Grammophon e Sony Americana, la scrittura rappresenta l’altro grande, vecchio amore mai dimenticato.

Sbrogiò in queste pagine porta i lettori in un’afosa estate siciliana alla fine degli anni Settanta. Tre amici si imbattono in una notizia del passato: la notte del 28 luglio 1949, il signor Saraceno, tornato al paese natio dopo una lunga assenza, si è dato fuoco sulla scogliera. A trent’anni di distanza, le cause del suo gesto ancora non sono state chiarite. I tre giovani decidono, quindi, di evocare l’uomo e si ritrovano a dover fare i conti con un mistero più grande di loro, che li porta a comprendere che nulla è definitivo, né l’amore, né la vita e, a volte, neppure la morte.

Questo è il mio terzo romanzo, – ha dichiarato l’autore – in realtà la prima versione risale a oltre venticinque anni fa e l’ho riscritto un’infinità di volte, non solo per migliorarlo, ma anche perché dentro ci vivevo benissimo, con il divertimento e l’emozione che spero arriverà al lettore. Mi hanno ispirato una casa sul mare dove davvero è avvenuto un suicidio nel dopoguerra e la voglia di raccontare la East Coast siciliana della fine degli anni Settanta, con le scogliere incontaminate ma anche le raffinerie inquinanti, e soprattutto le chitarre distorte della gioventù ingenua e disobbediente che eravamo. Tutto il resto l’ho inventato”.

Tra realtà e finzione, Alessandro Sbrogiò ci fa conoscere la terra siciliana di quegli anni, tanto da sembrare di sentirne i profumi, vederne i paesaggi e gustarne i sapori, al fianco di una gioventù disorientata e psichedelica, sempre alla ricerca di una verità, una qualunque.

 

https://bookabook.it/libro/falo-del-saraceno/

‘Obliquità. Elogio della slealtà’: il saggio di Silvio Aparo in cui si scandaglia il concetto di obliquità

Obliquità. Elogio della slealtà, edito da Novalogos, è il saggio del  giornalista e scrittore Silvio Aparo.

Nato a Siracusa nel 1971, milanese d’adozione, Aparo, ha cominciato a muovere i primi passi professionali a Milano, presso la redazione del quotidiano La Voce di Indro Montanelli. Dal 2004 al 2011 è stato corrispondente per il quotidiano Giornale di Sicilia. Ha cominciato a erigere minuscoli sistemi filosofici fin dai tempi dall’Università che non ha mai pubblicato per scelta. Dal 2015 si è occupato dello sviluppo di nuovi modelli editoriali. Attualmente insegna.

Obliquità. Elogio della slealtà: Sinossi

Obliquità- Copertina del libro

Obliquità. Elogio della slealtà è uscito il 21 Ottobre per la Collana Varia (Filosofia)

Quando è sopraggiunta l’esigenza di scrivere sul concetto di “Obliquità” non riuscivo
a comprendere esattamente da dove cominciare. Come fare a parlare positivamente di
qualcosa, che perfino il dizionario definisce “scorretto, sleale, non lineare”?
Avevo la chiara sensazione, però, che le esperienze più interessanti trattenute nella
memoria e degne di essere raccontate riguardassero proprio quelle vicende trasversali,
“oblique”, non convenzionali per l’appunto, rispetto alle tante apparentemente coerenti,
prevedibili e facilmente comprensibili.
“Oblique” per me sono state le strade dell’Amore, i sentieri tortuosi del dubbio,
i percorsi contraddittori del ragionamento. “Obliqua”, la posizione del cuore. “Obliquo”
persino l’asse del mondo; un tertium datur in grado di mettere in contatto tra loro i paralleli
dell’esistenza ai meridiani del destino.

Ci sono mete, traguardi, obiettivi o intuizioni che raggiungiamo dopo molti anni nonostante siano sempre stati a portata di mano. E la cosa ancora più sorprendente da scoprire è che a dispetto del tempo impiegato per raggiungerli abbiamo utilizzato comunque e sempre la via più breve.

L’Obliquità è dentro e tutta intorno a noi, tra la rete neurale e gli stati onirici, le parole e i silenzi, tra l’anima e la mente, tra le discipline e il mondo. Non esiste luogo che non abiti, coscienza che non oltrepassi, pensiero che non trascenda.

L’Obliquità è la via verso la ribellione, la slealtà nei confronti di un sistema in disfacimento. Un implacabile desiderio di resistenza morale e intellettuale.

“Il libro nasce per caso dopo essermi imbattuto nella parola OBLIQUITÀ – ha dichiarato lo scrittore. Mi sono chiesto come mai per Obliquità intendiamo qualcosa di ‘scorretto, sleale, non lineare’? Se la posizione del Cuore è obliqua, l’asse della terra è obliquo, le esperienze più intense ed interessanti della vita sono oblique, compiendo giri lunghi ed articolati prima di giungere a compimento, perché ci hanno insegnato che Obliquo è sinonimo di scorretto? Un grande inganno che parte fin dai banchi di scuola, dai precetti di maestri e genitori, e si conclude, se si conclude, con la fine della nostra esperienza terrena”.

Ci sono voluti due anni per portare a termine il lavoro che, nonostante sia un breve saggio, una plaquette, è denso di significati e spunti di riflessione. Una bibliografia importante, a corredo, completa un’indagine scrupolosa, curiosa, interessante e divertente da leggere.

 

http://www.novalogos.it/prod.php?id=127

 

 

 

 

‘Brama’ di Ilaria Palomba, una radiografia della psiche

Possedere l’altro, primeggiare, schivare le attenzioni di una madre morbosa, meritare il riconoscimento di un padre inarrivabile sono i desideri che animano Bianca, fragile trentenne, ricoverata più volte in psichiatria per i suoi vani tentativi di suicidio e protagonista del romanzo di Ilaria Palomba dal titolo Brama, edita da Giulio Perrone.

L’incontro con il filosofo Carlo Brama, ambivalente oggetto di desiderio, rende maggiormente precario lo stare al mondo della vulnerabile Bianca, e le apre un viaggio a ritroso nell’infanzia e nell’adolescenza pugliese, frugando tra i segreti di una famiglia borghese piena di scheletri nell’armadio.

L’amore non è una fiaba a lieto fine ma una radiografia della psiche, un legame tanto carnale quanto spirituale che, come in un rito, nel suo compiersi conduce al trascendimento della ragione. Tra Carlo e Bianca c’è un gioco crudele che diventa una condanna, una tessitura di destini, sacra e terribile, cui cercano entrambi di sfuggire.

Ilaria Palomba cita subito in esergo due concezioni della brama, secondo Alberto Savinio e Jung;  la protagonista desidera “come la terra brama il cielo”, ma poi citando “Il diario del seduttore” di Kierkegaard scrive che è “la paura il desiderio più grande,  la natura dell’anima umana” e nel capitolo 30 i termini desiderio e brama sono intercambiabili: questo non significa assolutamente confusione o inesattezza, ma difficoltà a stabilire differenze ontologiche tra brama e desiderio per chiunque.

La protagonista di Brama si alterna tra relazioni tormentate, autodistruzione, tentativi di suicidio sotto forma di “abbuffata di farmaci”, cure psichiatriche conseguenti e rischio reale di essere “lobotomizzata da farmaci”, che stabilizzano l’umore, annullano deliri e psicosi, ma allo stesso tempo appiattiscono la vita psichica.

La Giulio Perrone conferma ulteriormente con questo romanzo di pubblicare libri di elevata qualità. Quest’opera è senza ombra di dubbio frutto di grande talento e coraggio. È un’analisi psicologica incessante, arricchita da citazioni letterarie, psicologiche, filosofiche. Le rare volte in cui si descrive atti sessuali non c’è mai volgarità ma modernità. Il sesso poi non è mai estremo. Il sadomasochismo è soprattutto psicologico/esistenziale: come scrive magistralmente la Palomba è una “sfida a fottersi entrambi” da parte dei due amanti.

Vengono anche descritte le dinamiche patologiche familiari. Bianca infatti si sente una pazza depressa e una figlia ingrata, ma interiormente prova un forte disagio, tant’è che si definisce la “somma di pezzi non assemblati”. Carlo, il suo amante, non vuole solo il sesso o l’amore, ma soprattutto la mente; tuttavia anche la protagonista è considerata da chi la conosce bene una manipolatrice mentale.

In ambito sentimentale la stragrande maggioranza delle persone ha un archetipo definito, dei gusti definiti che portano a scegliere spesso la stessa tipologia di partner. Si usa dire che chi si somiglia si piglia. Ma non c’è una regola certa. A volte si possono scegliere persone complementari, mentre a volte si attraggono le persone totalmente opposte, completamente agli antipodi.  Sapere poi perché siamo esseri così abitudinari è difficile a dirlo.

Perché i nostri comportamenti sono incasellati sempre in pochi pattern, in poche categorie? Perché fanno parte della nostra identità e della nostra personalità di base che è sempre così stabilita e predeterminata? Siamo davvero degli esseri così prevedibili? È ciò che un lettore si domanda dopo aver letto Brama. In fondo siamo ciò che pensiamo e siamo ciò che facciamo e inoltre facciamo sempre ciò che pensiamo? I nostri desideri agiscono per noi? Siamo agiti dalle nostre sub-personalità?

Siamo come automi già programmati con schemi sia innati che appresi? Gli studiosi della mente cercano di dare risposte, ma c’è poco di certo. Tutti concordano nel dire che il cervello umano è “schematico” per adattarsi meglio all’ambiente,  per essere coerenti con noi stessi (dato che siamo ricercatori di coerenza e stabilità), per mettere ordine al disordine, per interpretare più efficacemente il mondo. Tutti siamo soggetti a schemi cognitivi, costituiti da modelli e rappresentazioni mentali, da convinzioni radicate nell’animo. Il problema è che alcuni hanno degli schemi “disfunzionali” e finiscono per imbattersi sempre nelle solite situazioni, nei soliti episodi.

Bianca è in un certo qual modo disfunzionale in amore. È anche vero che quando ci imbattiamo in una situazione viene attivata la memoria e in essa vengono cercate delle reazioni e dei comportamenti a situazioni simili che abbiamo già vissuto. È molto difficile cambiare, comportarsi in modo completamente nuovo ed originale.

Alcune domande sorgono spontanee. In che modo viene generato un modello di comportamento? Fino a che età si può cambiare schemi di comportamento? Una persona poi può cambiare i suoi schemi di comportamento senza snaturarsi totalmente? Una cosa è certa: molte persone sono molto conservatrici, hanno così paura del nuovo, dell’ignoto, del cambiamento, che preferiscono stare malissimo pur di rimanere tali e quali.

Il problema principale, croce e delizia al tempo stesso, è che la nostra esperienza è sempre troppo limitata per fare delle inferenze efficaci per il futuro. L’autrice infine ci fa domandare come potremmo Imparare a non farsi del male, a volersi bene. Sartre a tal proposito sosteneva: “È vero che non sei responsabile di quello che sei, ma sei responsabile di quello che fai di ciò che sei.”

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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