‘L’usurpatore’ di Emanuele Rizzardi: un romanzo storico che porta alla luce le gesta di Alessio Filantropeno

L’usurpatore, edito da Assobyz, è l’ultimo romanzo di Emanuele Rizzardi. Classe 1990, Emanuele nasce e vive a Legnano. Laureato in Lingue presso l’Università La Cattolica e attualmente lavora come project manager presso una multinazionale della meccanica. Appassionato di storia medievale bizantina e del Caucaso fin da bambino, si forma da autodidatta sui saggi dei più noti storici contemporanei e non. Bizantinista, scrittore, divulgatore, Rizzardi collabora con varie testate di settore, associazioni e radio. Fa parte del direttivo dell’Associazione Culturale Byzantion. Del 2018 è la sua opera prima L’ultimo Paleologo, edita da PubMe. A due anni di distanza lancia sul mercato editoriale  il suo nuovo scritto.

 

L’usurpatore: Sinossi

L’usurpatore- Copertina

L’usurpatore è un romanzo storico di 427 pagine. Il libro è uscito in italiano ma successivamente è stato tradotto in inglese con il titolo di Usurpator

Tessalonica, gennaio 1324

Quando riceverai questa lettera, mio caro Michele, potrei essere un cadavere freddo e rigido in una fossa comune. Chi ti scrive e Alessandro filantropeno, il tuo vecchio e logoro padre, o almeno quanto di lui rimane. Oggi sono venuti a casa dei soldati di Andronico. << Preparatevi filantropeno, perché domani mattina a quest’ora verremo a prelevarvi e sarete scortati a Costantinopoli. Ordine del Basile Basileus>>, mi hanno detto, senza far trasparire troppe emozioni.  <<Che sia così!>>, ho risposto senza protestare e quasi sogghignando. Non ho alcun dubbio sul mio destino in un certo senso vi anello da molti anni. Sono stanco, il nero dei miei capelli ha lasciato totalmente spazio un grigiore pallido, mentre la mia pelle chiarissima diventa sempre più insofferente ai raggi del Sole, facendomi sentire un reietto rintanato in casa. Non sono per niente dubbioso sul perché il Basileus mi faccia prendere per uccidermi proprio ora, dopo quasi 30 anni dal nostro ultimo incontro; La mia stessa esistenza è un affronto alle sue politiche fallimentari. Io sono la prova vivente dell’inettitudine, miopia e stupidità del nostro sovrano Andronico II Paleologo, per volontà di Dio, ma non certo mia. Me lo aveva detto, vedremo se ora avrà almeno il fegato di mantenere la parola. Gli occhi di chi, come me, ha ricevuto la carezza di una lama rovente sono molto deboli e questo sforzo di scrittura mi sta costando ben più di un dolore, perciò presta molta attenzione a queste mie parole perdonami per eventuali errori; non è facile riassumere tanti fatti a distanza di molto tempo. […] Sappi che in questa lettera avrei solamente la verità, la pura, semplice e cruda verità. Ora che anche tu stai percorrendo le mie orme come soldato, fai tesoro delle mie parole, potrebbero tornarti utili in futuro…Ti darò consigli e ti farò rivivere le mie esperienze attraverso l’inchiostro […]

Gli ultimi anni del ‘200 sono durissimi per il già provato Impero Bizantino, recentemente ricostituitosi a Costantinopoli, sotto la spregiudicata e agguerrita famiglia dei Paleologi. Quel che rimane delle ricche province d’Asia Minore è caduto nell’anarchia. Bande di razziatori turchi, avide di bottino e terre, saccheggiano ripetutamente le campagne, costringendo i cittadini dell’impero a tentare una disperata fuga verso la costa o ad arroccarsi dietro alle mura di antiche e solide fortezze.
Nel frattempo Karman Bey, signore musulmano di Mileto, aumenta il suo potere a dismisura e raduna un esercito abbastanza grande da convincere la corte di Costantinopoli a rispondere con ogni mezzo a sua disposizione. Il sogno turco di conquistare la “regina delle città” sembra poter diventare una triste realtà.

Il Basileus Andronico II ripone le sue speranze nel giovane nipote Alessio Filantropeno, incaricandolo di porre definitivamente fine alla pressione nemica e conservare quanto rimasto, prima che sia troppo tardi. Alessio, euforico all’idea di mettere in mostra le proprie qualità come comandante militare, scoprirà che gli intrighi, i giochi di potere e la guerra hanno sempre un prezzo da pagare, e le sue illusioni giovanili andranno incontro ad una realtà amara.

Tutte le vicende ruotano intorno al declino dell’impero bizantino e alla nascita di quello Ottomano. La storia, scritta in forma epistolare, racconta la vita e le gesta del generale Alessio Filantropeno, nipote di Basileus Andronico II, appartenente alla dinastia dei Paleologi.

La famiglia dei Paleologi (Greco: Παλαιολόγος, pl. Παλαιολόγοι) fu l’ultima dinastia a governare l’Impero Bizantino. In seguito alla Quarta crociata alcuni membri della famiglia fuggirono a Nicea e qui riuscirono a mantenere il controllo dell’impero in esilio. Michele VIII Paleologo divenne imperatore nel 1259 e riconquistò Costantinopoli nel 1261. I discendenti di Michele governarono fino alla caduta di Costantinopoli, nel 1453, rendendo i Paleologi la dinastia di regnanti più longeva nella storia Bizantina. Il motto della famiglia era Basileus Basileon, Basileuon Basileuonton (Βασιλεύς Βασιλέων, Βασιλεύων Βασιλευόντων, cioè “Re dei Re, Regnante dei Regnanti”). A causa dei loro matrimoni con le famiglie d’occidente i Paleologi furono la prima famiglia Imperiale ad adornarsi di simboli occidentali su cimiero e stemma. Utilizzarono l’aquila bicipite Imperiale nera in campo oro, oppure una croce accantonata da quattro B d’oro girate all’esterno in campo rosso.

La stessa B che appare sulla copertina del libro nella scritta Bysantion. L’usurpatore narra uno spaccato storico brevissimo quasi mai trattato in altri romanzi dello stesso genere: siamo in pieno tramonto dell’impero bizantino e il  libro restituisce le imprese del giovane generale Alessio Filantropeo, una figura non molto conosciuta se non nei manuali di bizantinista.

Lo stesso Emanuele Rizzardi dice: “Il filantropeno è una figura unica ed eccezionale del suo tempo. Quella di voler dare voce alle sue gesta e stata una scelta naturale”

Guido Borghi Unige dell’Associazione Culturale Byzantion scrive nella sua recensione: “Le gesta del generale bizantino Alessio Filantropeno (ca. 1270-dopo il 1340) in Anatolia Occidentale negli anni 1293-1295 vengono qui ricostruite nella pregevole forma artistica di romanzo storico fondato sull’analisi scrupolosa e al tempo stesso critica delle fonti primarie coeve. La vicenda, pienamente rappresentativa delle dinamiche geopolitiche dell’epoca, si configura altresì come un paradigma storico generale e ha rilevanza a livello di Filosofia della Storia”.

L’usurpatore è, dunque, un romanzo storico, ma anche il racconto di prodezze, guerre civili, suspence, gloriosi combattimenti e avvincenti battaglie per accattivare non solo gli appassionati del genere.

 

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‘Memoriale di un anomalo omicida seriale’ di Davide Buzzi: un thriller noir dalla potenza riflessiva

Memoriale di un anomalo omicida seriale, edito da 96, Rue de-La-Fontaine Edizioni, è l’ultimo romanzo di Davide Buzzi. Lo scrittore ticinese nasce il 31 dicembre 1968 ad Acquarossa (Svizzera). Cantautore e autore, inizia la sua carriera artistica nel 1982 accanto a Giampiero Albertini e Franco Diogene nel film in L’oro nel camino. Nel 1993 pubblica il suo primo cd, Da grande, cui seguiranno Il Diavolo Rosso: Romaneschi (1998), Perdo pezzi (2006), Non ascoltare in caso d’incendio (2017) e, nei prossimi mesi, Radiazioni sonore artificiali non coerenti.

Nel 2013 Buzzi pubblica il suo primo libro di racconti dal titolo Il mio nome è Leponte… Johnny Leponte e nel 2017 il racconto breve La Multa. Negli anni ottiene importanti riconoscimenti internazionali quali la Targa Città di Milano(1997), il Premio Città San Bonifacio a Verona (2000) e il Premio Myrta Gabardi a Sanremo (2002). Nel 2012 ottiene due nomination agli ISMA Award di Milwakee (USA) per la canzone The She Wolf. Nel 2013 ottiene una nomination i NAMMY Award di Niagara Falls (USA) per la canzone “The She Wolf”. Fotografo di formazione, è attivo anche nel campo del giornalismo come membro di redazione del mensile “Voce di Blenio” e, da diversi anni, come inviato speciale di Radio Fiume Ticino al Festival di Sanremo.

 

Memoriale di un anomalo omicida seriale: Sinossi

Memoriale di un anomalo omicida seriale  è il romanzo autobiografico (spoof) di Antonio Scalonesi che, tramite la sapiente penna di Buzzi, si propone al lettore nelle vesti di un memoriale raccontato in prima persona, frutto dell’interrogatorio ad un uomo, Scalonesi appunto, che il 21 novembre del 2011 si presenta presso gli uffici di Lugano della Procura Pubblica del Cantone Ticino, in Svizzera, per confessare di essere un assassino seriale.

 

Sebbene sia un demone a parlare, non devono essere gli uomini a giudicare.

Antonio Scalonesi

 

No! Non lo voglio un avvocato! Certo, signor procuratore pubblico, lei mi ha letto tutti quanti i miei diritti e mi ha informato che ho la facoltà di restare in silenzio, che ho pure diritto alla presenza di un avvocato e che se non posso permettermelo me ne potrete affidare uno d’ufficio. Ma adesso mi dica lei, che ci sono venuto a fare qui se non fosse mia intenzione quella di parlare? Mi sono consegnato a lei perché avrei alcune cose da raccontarle, niente di che, solo alcuni morti ammazzati che nell’arco degli ultimi cinque anni hanno riempito il mio tempo libero.

 

Antonio Scalonesi, affermato mediatore immobiliare e proprietario di una piccola agenzia in una valle discosta dell’alto Ticino (Svizzera), è un uomo benestante, single, al quale la vita sembra avere riservato tutto il meglio possibile.

Persona di grande cultura, nutre numerosi e svariati interessi, fra i quali l’arte pittorica e la scultura. Sportivo, in passato è stato pure un ciclista dilettante di buona caratura, vincendo addirittura qualche gara importante.

Ma spesso la realtà si presenta ben diversa dall’apparenza, e non sempre nelle sue connotazioni migliori.

Il 21 novembre del 2011 Antonio Scalonesi entra spontaneamente nel palazzo della Procura della Repubblica e del Cantone Ticino di Lugano e chiede di incontrare l’allora Procuratore pubblico Giuseppe Cortesi, davanti al quale inizia a rovesciare un racconto dai risvolti terribili e inimmaginabili.

L’uomo afferma infatti di essere un omicida seriale e giorno dopo giorno, per undici lunghi mesi, confessa una lunga serie di delitti, a partire dal primo e commesso nel 2004.

Qualche mese prima di quella data Scalonesi perde un grosso affare, subendo quella che per lui rappresenta una grave umiliazione pubblica. Questo fatto scatena nell’immobiliarista ticinese un rancore smisurato nei confronti dell’imprenditore reo di avergli soffiato l’impresa, tanto che comincia a contemplare la possibilità di toglierlo di mezzo. Inizia così un intenso periodo di pedinamenti, mentre nel contempo studia un piano perfetto per arrivare finalmente, il 18 dicembre 2004, a colpire il suo “nemico” per strada, freddandolo a colpi di pistola. È solo l’inizio di una tragica epopea che lo porterà a diventare uno dei più spietati serial killer europei di tutti i tempi.

Infatti a partire da quel momento le sue azioni criminali continuano a crescere, anche perché le indagini degli inquirenti non riescono ad arrivare a lui.

Eppure, ad un certo punto il suo operato viene comunque notato da qualcuno che, seppure rimanendo nell’ombra, con il ricatto lo obbliga a compiere diversi delitti su commissione.

Il killer si ritrova così a dover ampliare il suo raggio d’azione, arrivando perfino a colpire in Francia e in Italia, mettendo però sempre in pratica delle abili strategie che gli permettono di confondere indagini e moventi e di sfuggire regolarmente a qualunque tipo di sospetto. Le diverse inchieste degli inquirenti, infatti, non riescono ad avvicinarsi in alcun modo alla verità, o anche solo ad associare fra di loro i diversi omicidi. Questo fatto porta Scalonesi a convincersi di essere un invincibile Dio della vita e della morte.

Ma qualcun altro arriva ad accorgersi dei suoi talenti nascosti, e questo a causa di un’azzardata ma abilissima impresa che Scalonesi commette all’interno del Museo d’Orsay di Parigi, dove si rende responsabile della sottrazione di un celebre dipinto di Vincent Van Gogh. Questo fatto lo proietta però inaspettatamente all’interno di un complicato intrigo internazionale e da cacciatore improvvisamente si ritrova a diventare preda. Ormai la sua vita è appesa a un filo, ma grazie ad un drammatico e tragico gioco a rimpiattino, durante il quale riesce con scaltrezza capovolgere gli eventi, il killer riesce a spuntarla e persino a scoprire l’oscuro personaggio che con il ricatto lo tiene in pugno da troppo tempo. La resa dei conti di Antonio Scalonesi si rivela terribile e lascia dietro di sé una lunga striscia di sangue che sembra non avere mai fine.

 

Antonio Scalonesi. Memoriale di un anomalo omicida: una finta biografia che terrà il lettore incollato alle pagine

Il racconto si sviluppa tutto su un supposto dialogo che avviene fra il protagonista dei fatti, Antonio Scalonesi, e il procuratore pubblico, che però non appare mai in prima persona. Il periodo storico dei fatti raccontati va da più o meno attorno al 2004 per il primo assassinio fino al 2010 per l’ultimo omicidio e l’autodenuncia di Scalonesi alle autorità.

Il Lavoro è corredato da tutta una serie di allegati, redatti da parte di vari specialisti: Articoli di giornali (redatti dall’autore e dallo scrittore, giornalista e direttore di Radio Fiume Ticino Duilio Parietti);  Rapporto della polizia scientifica in merito ad un caso specifico (redatto dall’ex. Commissario capo della polizia scientifica del Cantone Ticino E. Scossa Baggi); Richiesta di estradizione nei confronti di Scalonesi, emesso dalla corte di appello di Genova verso le autorità giudiziarie del Cantone Ticino (redatta dall’avv. Giovanni Martines, già difensore di Bernardo Provenzano nel “Processo per l’omicidio di Mario Francese” tenutosi nel 2001 a Palermo);Profilo psicopatologico e criminologico del personaggio (a cura del Dr. med, Orlando Del Don, Spec. FMH psichiatria, psicoterapia, psicopatologia del comportamento violento e criminologia). Resoconto dell’avvocato difensore di Antonio Scalonesi (realizzato dall’avvocato Amanda Rueckert).

Il protagonista parla a ruota libera e cinicamente dei suoi omicidi e (solo in parte) di alcuni aspetti legati alla sua vita, in un linguaggio non sempre educato (anzi) e con fare altezzoso e sdegnoso. A volte mente palesemente, altre stravolge la verità, omette particolari o inventa aneddoti che possano contribuire a buttare fumo sull’intera vicenda. Nel contesto generale del racconto appare quindi molto difficile intravvedere le bugie di Scalonesi in mezzo all’insieme delle verità, seppure il lettore più attento può riuscire qualche volta a coglierne gli indizi.

Scalonesi è un serial killer, ma non nel modo più stretto del termine, infatti non è ripetitivo nel suo agire e, sebbene in effetti uccida per il piacere di farlo e per poter godere del brivido della caccia, a volte esegue anche alcuni incarichi che riceve da parte di una oscura organizzazione che lo ha scoperto. La polizia invece non lo scoprirà mai, seppure forse in qualche caso potrebbe anche avere avuto qualche sospetto sul personaggio, ma non tanto in merito alla sua attività criminale, bensì più per il fatto che Scalonesi fosse spesso in viaggio e poco sul posto di lavoro. Quindi, come poteva mantenersi senza troppi problemi?

“Quando tempo fa ho iniziato a raccontare questa storia, mai avrei creduto che il tutto si sarebbe trasformato in un volume di oltre trecento pagine – dichiara lo scrittore Davide Buzzi. Scrivere l’autobiografia di un personaggio tragico come Antonio Scalonesi ti obbliga a penetrare tutto il tuo subconscio, fino ad arrivare nel nero più profondo di te stesso. In fondo, chi nel corso della propria vita, almeno per una volta, non ha mai pensato seriamente di ammazzare qualcuno, per vendetta o per arrivare alla soluzione di una diatriba impossibile? Poi, però, la maggior parte delle volte, il raziocinio ci riporta alla ragione, impedendoci di oltrepassare certe barriere. Ma non sempre… A volte purtroppo succede che la sete di vendetta, come anche la curiosità di capire fino a dove si è disposti ad arrivare con le proprie azioni, possono condurre un uomo apparentemente normale e pacifico al di là di ogni confine morale, senza che questi possa provare alcun pentimento per i crimini compiuti”.

“Memoriale di un anomalo omicida seriale è il frutto di mesi di lavoro che lo staff di 96, Rue de-La-Fontaine Edizioni ha portato avanti insieme all’autore, Davide Buzzi. Si è trattato – spiega la Casa Editrice –  sicuramente di un incontro tra persone esigenti, pignole, attente ai dettagli. Abbiamo realizzato, con l’autore, quello che crediamo sia un romanzo alquanto inusuale e ricco di particolarità. Abbiamo scelto di percorrere la strada più ripida, e siamo certi che Memoriale di un anomalo omicida seriale troverà il giusto consenso tra il pubblico, sia per la struttura, che per la voce d’autore che lo caratterizzano. Davide Buzzi ha avuto l’idea di scrivere questo romanzo facendo raccontare direttamente al protagonista le vicende che lo vedono coinvolto. Crediamo sia stata una scelta audace e siamo soddisfatti del risultato finale. Adesso vogliamo raccogliere i frutti di questo lavoro e contribuire alla diffusione della cultura e della lettura, anche attraverso questa Opera. Grazie a Davide Buzzi per il contributo importante e per la fiducia che ha riposto in noi”.

Un thriller dalle tinte noir, che si presterebbe benissimo ad una trasposizione cinematografica. Una storia, ricca di suspense, assolutamente imprevedibile e potente che innesca una disarmonia in noi stessi, obbligandoci a riconsiderare i limiti della nostra coscienza.

 

http://www.ruedelafontaineedizioni.com/negozio/davide-buzzi-memoriale-di-un-anomalo-omicida-seriale/

 

Gli artigiani del libro: il Laboratorio di Restauro Alberto Guarino di Napoli che non deve chiudere

Il Laboratorio di Restauro Alberto Guarino, della Biblioteca Nazionale di Napoli, fu istituito nel 1977 come uno dei complessi staccati dell’ “Istituto di Patologi del Libro di Roma”.

Il laboratorio è intitolato ad Alberto Guarino, primo direttore del centro di restauro napoletano, colui che più di tutti si è adoperato affinché nella città partenopea fosse intrapreso un progetto per il ripristino degli scritti conservati negli archivi della biblioteca. Ad oggi è uno dei più importanti laboratori di restauro d’Europa. Volumi e Documenti appartenenti alla Biblioteca Nazionale di Napoli vengono qui difesi dall’usura del tempo.

Gli artigiani del libro si adoperano affinché questi scritti non vengano perduti. Il loro lavoro è richiesto sia in Italia che all’estero, anche per programmi di restauro di altre biblioteche e collezioni private. Durante gli anni di attività qui hanno avuto nuova vita molti dei manoscritti e documenti storici nazionali risalenti al periodo Borbonico e al Regno d’Italia.

Il laboratorio è addetto alla salvaguardia delle opere napoletane del poeta e scrittore Giacomo Leopardi e di tanti altri celebri scrittori nazionali e internazionali che hanno regalato a Napoli i loro lavori. Purtroppo negli ultimi anni i finanziamenti ministeriali per progetti e per il personale competente sono diminuiti notevolmente e la struttura si sostiene per lo più con i lavori commissionati da privati con le visite guidate di scolaresche. I dipendenti addetti lamentano una poca collaborazione con le università, le quali potrebbero incentivare progetti e garantire il ricambio generazionale di personale.

Proprio la mancanza di addetti qualificati potrebbe essere motivo che causerebbe la chiusura della struttura per la fine dell’anno 2020. Neanche il Ministero per i beni e le attività culturali ha lavorato affinché il laboratorio di restauro della Biblioteca Nazionale non chiuda: il MIBAC ad oggi non ha indetto alcun concorso per garantire nuovi artigiani che si occupino dei libri qui custoditi.

 

#raccontiinpillole

 

‘Gli ansiosi si addormentano contando le apocalissi zombie’ di Alec Bogdanovic: un romanzo sagace sulla depressione

Gli ansiosi si addormentano contando le apocalissi zombie, edito da Rogas Edizioni è il romanzo d’esordio dell’autore italiano nato di origini bulgare, Alec Bogdanovic. Bogdanovic, nato a Sofia nel 1992, all’età di 6 anni si trasferisce a Roma con i suoi genitori adottivi. Dopo aver lavorato nell’editoria come traduttore ed editor, debutta nel 2020 come scrittore.

Con queste parole si apre la prefazione a cura della pagina facebook Persone che pubblicano canzoni impegnate e non ne capiscono il significato:

“Un giorno mi arriva un messaggio indirizzato alla casella di posta elettronica di una mia pagina Facebook: era l’autore del libro che mi inviava un estratto poiché aveva tratto ispirazione da un mio post. È incredibile come un pensiero scritto di getto e «sotto sforzo» possa ispirare l’ingegno altrui, ci ragiono spesso su questa cosa e sorrido, penso alle nostre azioni, positive e negative, penso ai loro effetti, inutili, risibili per noi che le compiamo ma che – magari – lasciano un segno inconsapevole nell’animo degli altri. Posso dirvi che nel libro non troverete le storie di un borghese annoiato alle prese con la crisi di mezza età, non troverete il borghese intento a urlarsi contro ‒ faccia a faccia – a tre centimetri dal volto della propria ex come in un film di Muccino e, questione di estremo rilievo, non vi imbatterete in quei «micro periodi» e punti perentori che tanto successo riscuotono nei social”

 

Gli ansiosi si addormentano contando le apocalissi zombie: Sinossi

 

“Gli ansiosi si addormentano contando le apocalissi zombie non ha nulla a che fare con la mia pagina Facebook– si legge ancora nella prefazione- «quel» post era solamente un trampolino di lancio .Questa è un’altra storia, forse la fine di un percorso intrapreso dall’autore e che ora volge al termine per intraprendere un nuovo inizio. Tutti voi, cari lettori, anche se non direttamente, potreste sentirvi coinvolti, toccati, potreste emozionarvi”:

Ho cominciato a soffrire d’insonnia all’età di sedici anni. Ricordo che tornavo a casa troppo stanco per studiare, così passavo la giornata a rimandare: dopo pranzo, dopo i Simpson, me lo studio la sera così si fissa meglio in testa. Però c’è un bel film, vabbè facciamo dopo il film. Dopo aver passato tutta la giornata così, arrivavo alla notte con gli occhi che non ce la facevano a star su, allora decidevo di mettermi la sveglia mezz’ora prima in modo da anestetizzare l’ansia e riuscire ad addormentarmi tranquillo col proposito che avrei studiato una volta sveglio. Quando mi svegliavo però la roba da studiare era troppa per mezz’ora, e alla fine mi limitavo a leggere solo i titoli dei capitoli, pensando che in caso di interrogazione avrei improvvisato. Pian piano però la mia amigdala cominciò a capire il trucco e decise che mezz’ora non era più sufficiente, diventò quindi un’ora, poi un’ora e mezza, poi due ore. Alla fine ero arrivato al paradosso di far suonare la sveglia ancor prima che riuscissi a prendere sonno. Fu allora che chiesi a mio padre di cambiare scuola, ma lui mi consigliò di ripetere il mantra «posso farcela, ce la farò». Inoltre, per darmi la carica, mi spiegò che gli ostacoli non si evitano ma si superano, e si produsse in qualcun altro di questi motivational che si trovano appesi alle pareti d’ufficio degli imbecilli o condivisi sulle bacheche Facebook di altrettanti imbecilli.

Cosa hanno in comune un primitivo fuoricorso, un personaggio di The Sims, un cinese troppo basso, Papa Francesco e Nadia Venticentesimi?
Contribuiscono tutti alla spirale discendente del protagonista, condannato alla continua ricerca di una dose di ossitocina. Dall’adolescenza all’età adulta Alec cerca con metodo e disciplina di liberarsi dalla depressione, toccando il fondo della miseria umana e diventando sfortunata cavia di se stesso.

La depressione è il male della nostra epoca. È la malattia più diffusa al mondo ed è la più temuta dopo il cancro, di però non si conosce ancora tutto. Il nostro anti-eroe ci si imbatte nell’adolescenza e cerca di liberarsene con la disciplina e il metodo di un ricercatore, peccato che la cavia da laboratorio sia lui stesso. Finirà così per autocondannarsi a un’interminabile escalation di sfortune e miserie umane: queste daranno corpo a un romanzo di formazione in cui tragedia e commedia si intersecano e fondono fino a diventare del tutto indistinguibili.

Gli ansiosi si addormentano contando le apocalissi zombie alterna sagace ironia a momenti di spietata verità, che non lascia indifferente il lettore quando si spoglia dell’assurdo e racconta il male della nostra epoca.

“Leggendo il libro di Alec ho incontrato uno spirito puro, la volontà di sfogarsi, di giungere a una catarsi col lettore che non porti, però, a giudizi di merito ma «solo» a una nuova consapevolezza dell’autore del proprio «io» di oggi e di ieri, senza velleità ma con amara lucidità Questo mi basta per esortarvi a leggere, a cogliere l’essenza di un «piccolo» e prezioso manifesto generazionale, politicamente scorretto,  che potrebbe restarvi nel cuore facendovi sorridere un po’” conclude l’autore della prefazione.

Un romanzo da leggere, che ci induce a riflettere su cosa è catalogabile come malattia e cosa invece rappresenta semplicemente ma anche drammaticamente una parte di noi in quanto essere umani e che, inevitabilmente, ci riporta alla mente Italo Svevo e la sua concezione di malattia. 

 

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‘Avrei voluto portarti sulla luna, ma ho trovato posto solo al lago’ di Anita: una storia d’amore e di forza

Avrei voluto portarti sulla luna, ma ho trovato posto solo al lago, edito dal  Gruppo Albatros Il Filo, è l’esordio letterario dell’autrice genovese Anita.

Anita è nata nel 1988 e vive a Genova. Grazie alla scrittura è riuscita ad affrontare paure e fragilità. Proprio per questo motivo nasce Anita, nome di fantasia che le ha permesso di liberarsi dalla convinzione di essere sbagliata, riconquistando se stessa.

 

Avrei voluto portarti sulla luna, ma ho trovato posto solo al lago: sinossi

Avrei voluto portarti sulla luna, ma ho trovato posto solo al lago è uscito nel 2020. Il romanzo, corredato dalla prefazione di Barbara Alberti, racconta di un amore drammaticamente meraviglioso.

Continuo a pensare incessantemente a quella mattina, a quando mi sono svegliata e la persona che più ho amato nella mia vita non era più accanto a me. Era andato via per sempre. La sera prima ho parlato con lui, gli ho detto quanto lo amavo, l’ho baciato, mi sono addormentata stringendo la sua mano e qualche ora dopo non ho più sentito il suo cuore. La notte passò velocemente. Troppo velocemente. Il suo battito era sempre più debole fino a quando si fermò di colpo. La mattina seguente ero abbracciata al suo corpo disteso, immobile, freddo. Ancora il suo profumo nell’aria ma lui non era più con me. Continuavo a guardare quella pelle sempre più bianca. Sono rientrata a casa dopo due giorni e le lenzuola conservavano ancora la sua sagoma, il suo corpo sembrava ancora sdraiato nel nostro letto. Lo sento ancora vicino, ma non c’è, mi manca l’aria e lui non è qui con me. Non mi basta percepire la sua presenza, io voglio il suo corpo, voglio vederlo. Mi ero illusa stupidamente di potermi abituare all’idea. Speravo con tutta me stessa che questo dolore atroce e terribile fosse meno soffocante, invece mi sento strappare il cuore, come se qualcuno mi prendesse a calci e non riuscissi a difendermi. Ho la terribile sensazione di avere la testa immersa in una vasca d’acqua ghiacciata senza poter tornare su e riprendere fiato. Mi sento soffocare, non riesco a respirare e lentamente sento il buio intorno a me. Un silenzio assordante, un ossimoro che spezza la mia anima, mi toglie la serenità, probabilmente anche la vita, due parole così diverse ma tanto esplicite da farmi tremare anima, mi toglie la serenità, probabilmente anche la vita, due parole così diverse ma tanto esplicite da farmi tremare.

Una donna che racconta un passato e un presente travagliati con una tenerezza e una fragilità in cui potersi rivedere e confrontare, un viaggio in un amore drammaticamente meraviglioso.

Anita e Agostino uniti da un destino che li dividerà, forse invidioso di un sentimento così travolgente e peccaminoso da scatenare contro di loro la morte: una tragedia che però non li fermerà, continuando a sopravvivere a emozioni come rabbia, odio e paura.

Agostino si è innamorato dello sguardo di Anita, Anita è stata conquistata dalla semplicità genuina di Agostino, ma dopo pochi mesi dall’inizio del loro sentimento vengono travolti dal dramma della malattia, un tumore cardiaco colpisce il giovane. La sentenza dei medici è drammatica: solo un trapianto lo potrà salvare.

Finalmente la chiamata tanto attesa arriva, ma la cattiva sorte non li abbandona: qualche giorno prima ad Anita, dopo aver accusato violenti episodi di difficoltà respiratoria, viene diagnosticato un tumore avanzato ai polmoni e consigliato di iniziare immediatamente le cure, ma lei si rifiuta di intraprendere le terapie per stare vicino ad Agostino, nella speranza di iniziare un percorso di guarigione a fianco del suo grande amore.

Durante gli screening di routine effettuati prima del trapianto i due innamorati si salutano, dandosi un addio silenzioso nella paura che durante l’intervento qualcosa possa andare storto, ma neanche un’ora dopo il cardiologo che avrebbe dovuto operare Agostino spiega ad Anita che, per colpa di un’incomprensione, la famiglia che aveva dato disponibilità per l’espianto degli organi ora non firmerà più il consenso, condannando così il giovane alla morte.

La coppia decide di passare le ultime ore di vita insieme, abbracciata in un letto d’ospedale per darsi un addio straziante agli occhi di tutti, anche del personale medico che nei mesi prima aveva conosciuto quell’amore viscerale e inspiegabile.

Anita ci porterà quindi nella descrizione angosciante di cosa vuol dire affrontare la morte di chi si ama facendone un racconto dettagliato e, circa un anno più tardi, straziata e sfinita dalla perdita dell’amato e dalla malattia che l’ha colpita, deciderà di anticipare la morte ricordando fino all’ultimo quell’uomo che l’ha salvata dalla paura e dalla solitudine, eternamente grata di aver vissuto un amore così totalitario e carnale.

Spaventata da ciò che non sa, si convince che dopo la morte inizierà una nuova vita, alla ricerca inconsapevole di un amore che saprà riconoscere, ritrovando così Agostino e quell’amore diviso da due corpi ma unito da due anime che si cercheranno per sempre.

Dalla penna di Anita ha preso vita una storia dalla grande carica emotiva. Un romanzo scevro dai toni sdolcinati tipici dei romanzi rosa.  Un amore intenso e struggente che vive nel tempo, oltre la vita, oltre la morte ma anche una storia dove malattia e amore si fondono irrimediabilmente. Questi temi non sono di certo nuovi: Romeo e Giulietta ed Anna Karenina sono gli archetipi dell’amore eterno. Bianca come il latte e rossa come il sangue, Ad un metro da te e Colpa delle stelle invece quelli del connubio malattia-amore. Eppure il romanzo emana un’aura innovativa: Avrei voluto portarti sulla luna, ma ho trovato posto solo al lago rappresenta una doppia nascita: da una parte quella dell’opera stessa pagina dopo pagina e, dall’altra, quella di Anita, nome di fantasia che ha permesso all’autrice di liberarsi dalla convinzione di essere sbagliata, riconquistando se stessa.

“Questo libro – spiega la scrittrice – nasce quasi all’improvviso, mentre guardavo fuori dalla finestra ho sentito la necessità di mettere nero su bianco e descrivere i miei pensieri, le mie fantasie e, forse, anche le mie paure. La spinta è arrivata dalla voglia irrefrenabile di dare voce alle emozioni provate, regalando così un volto a tutto questo”.

Un viaggio che il lettore intraprende al fianco della protagonista. Un’opera profonda, ricca di pathos per chi la leggerà e colma di riscatto e catarsi per l’autrice, perché è proprio grazie alla scrittura se Anita è riuscita ad affrontare, appunto, paure e fragilità. E si auspica lo abbia fatto in modo non melenso e retorico, incentrando l’attenzione sul rapporto malattia-relazione d’amore.

 

 

https://www.gruppoalbatros.com/prodotti/avrei-voluto-portarti-sulla-luna-ma-ho-trovato-posto-solo-al-lago-anita/

 

 

‘Cronache quotidiane’ di Giuseppe di Matteo: un caleidoscopio dalle mille sfaccettature

Cronache quotidiane, edita da Les Flâneurs Edizioni, è l’ultima silloge poetica del giornalista barese Giuseppe di Matteo. A breve distanza da Frammenti di un precario, uscito nel 2019, di Matteo regala un nuovo scritto uscito il 18 maggio, quando ancora tutti erano rintanati a  casa a causa della pandemia.

 

Cronache quotidiane: Sinossi

Cronache quotidiane consta di 147 componimenti, in forma di frammenti.

L’emergenza Coronavirus ci ha costretti a restare a casa e a cambiare radicalmente le nostre abitudini. In tanti, com’era prevedibile, hanno cominciato a rimpiangere la loro vita (e il mondo) di prima. Ma si stava davvero meglio? E in che modo la quarantena forzata ci ha cambiati? Giuseppe Di Matteo prova a entrare nelle viscere del Belpaese e a raccontare ciò che vede lasciandosi guidare dalla scia dei suoi frammenti, strumento di cui da tempo non riesce più a fare a meno. E già prima della fine del viaggio si materializza un inquietante interrogativo: ne usciremo davvero migliori?

La pandemia, il dramma che ne è scaturito, l’isolamento, sono solo le premesse dalle quali il giornalista parte per costruire la sua antologia poetica. Il filo su cui viene intessuto l’intera raccolta è quello ermetico: frammenti brevi, a volte crudi e severi, ma intrisi di significati. “La sua poesia rappresenta un ermetismo 2.0 dallo stile elegante, garantendo la continuità con la tradizione degli Ungaretti e dei Quasimodo scrive Annibale Gagliani nella prefazione al libro.

 

Era l’Italiain cui non si usciva più.

Ogni tanto incontravo

un uomo in fuga

con la spesa della sua prigione.

 

Tutto andrà bene

come una preghiera

la mattina presto

e un bacio di caffè

sulla guancia del giornale.

alla poetessa autrice del primo post it “Tutto andrà bene”

 

Attaccata al tuo camice in trincea

è la vita di un pianto

e di un gioco da bambini

di tutti noi.

all’infermiera di Cremona, stremata dal sonno dei giusti, con riconoscenza

 

I versi sullo scrittore non sono circoscritti solo intorno a questo periodo storico. Leggendo la raccolta si ha l’impressione di guardare all’interno di un caleidoscopio. Come lo strumento ottico, anche Cronache quotidiane è un avvicendamento di luci, colori ed immagini diverse.

Tra le pagine ci si imbatte in riflessioni sul razzismo, morti sul lavoro, sfruttamento dei lavoratori, violenza, caporalato, migranti, ipocrisia di guarda ma non agisce e menefreghismo di chi governa. Virus altrettanto fatali per il nostro animo e nocivi per la nostra terra che ormai ospita creature inumane.

“Non cerca scorciatoie, Di Matteo: va dritto al centro del dolore, delle storie, dando voce agli invisibili, ai dimenticati, agli emarginati. La sua è una poesia civile. Dura, coraggiosa, necessaria. Giuseppe di Matteo non smette di essere cronista nelle sue vesti di poeta. Si immerge nell’attualità e ci offre il suo sguardo, attento, severo, dolce, spietato, sulle vicende di ogni giorno. Su questo tempo presente, in cui ci sentiamo tutti coinvolti e smarriti” scrive Darwin Pastorin nella postfazione

E quando si ha l’impressione di essere entrati in un vortice di pessimismo, degli spiragli di speranza si aprono al lettore, come la cura più efficace: la poesia:

 

Parlare con la carta

il mio rito più sano.

E poi fuggire

da un mondo che uccide

con parole di pietra

che hanno smarrito il confine.

Entrate in libreria

uno alla volta

e saccheggiatela

con quegli occhi di fame

che avete dimenticato.

 

la cultura;

Entrate in libreria

uno alla volta

e saccheggiatela

con quegli occhi di fame

che avete dimenticato.

 

e l’Amore:

Niente baci

abbracci, strette di mano

incontri nei luoghi affollati.

Su un lembo di terra

intanto si spara: l’Europa

si è ammalata. E non esiste

vaccino, se non l’Amore.

 

E come se lo scrittore nel mettere nero su bianco le sue riflessioni avesse soffiato sulla pagina regalando cristalli: pietre che ogni lettore raccoglierà e dove specchiandosi ritroverà un po’ di sé: “Non vi stancherete mai. Perché ci siete voi, ci siamo tutti noi in questi limpidi e taglienti versi. È questo il compito della poesia: raccontarci la vita in ogni suo spigolo, in ogni sua sfumatura, deve confortarci, essere arte maga, ma anche farci del male, colpirci alla bocca dello stomaco, nel cuore, deve lasciarci cicatrici per farci comprendere e rinascere” aggiunge Pastorin.

 

https://www.lesflaneursedizioni.it/product/cronache-quotidiane/

‘Di qua al monte’, il romanzo introspettivo di Ugo Cirilli

Di qua dal monte è un romanzo di Ugo Cirilli, scrittore toscano classe ’85, che vive in Versilia. Laureato in Psicologia Cognitiva
Applicata presso l’Università di Bologna, Cirilli si occupa di content writing per siti web e testate. Attualmente collabora con un’azienda della grande distribuzione organizzata e con il giornale web Toscana Today. Nel tempo libero si dedica alle sue passioni, in particolare alla lettura e alla scrittura. È autore di diversi romanzi, due dei quali editi: “Di qua dal monte”, disponibile gratuitamente sul sito web ugocirilli.it
e “Un accordo maggiore in sottofondo”, pubblicato dalle edizioni “Luci della notte” in formato cartaceo.

Ivan, giovane psicologo, viene contattato da Luca, un ragazzo tormentato dai dubbi legati a una scelta di lavoro. Ben presto la situazione si rivelerà molto più complicata: ad affliggere il paziente è un intreccio oscuro di problematiche, le cui radici affondano nell’ombra dell’interiorità più segreta.

Per Ivan, aiutare Luca significherà anche confrontarsi con una questione che ha sempre relegato in un angolo della mente: la fede religiosa. Fortunatamente, lo psicologo riceverà un aiuto insperato da parte di un singolare personaggio. Ambientato in una Versilia soleggiata all’avvicinarsi dell’estate, “Di qua dal monte” è quasi un giallo dell’anima, in cui le atmosfere primaverili e il mistero della psiche
creano un continuo gioco di chiaroscuri. La soluzione del caso sarà la ricerca di un nuovo equilibrio, da raggiungere collegando pochi indizi sfuggenti.

Il romanzo affronta il tema della fede religiosa in relazione alla psicologia che è una pseudoscienza e lo stesso titolo rimanda al celebre di discorso della montagna di Gesù, nonché al significato stesso di questa parola assunta come metafora della vita. Un monte da scalare, dalla cui sommità si possono capire le cose veramente importanti facendoci apparire problemi che prima sembravano indistricabili, lontani.

Un romanzo di formazione interiore dunque che si presenta come un giallo in quanto indaga sui “delitti” che avvengono nella nostra psiche.

 

Sì, si disse, siamo tutti di qua dal monte, senza poter vedere di là. Ma è questo che ci avvicina.

Anemone Ledger torna in libreria con ‘Il sorpasso dell’irrealtà’ ovvero cos’è davvero l’horror?

Ritorna in libreria, dopo tre anni di assenza, Anemone Ledger, autrice conosciuta soprattutto dal popolo del web appassionato del genere, con la rinnovata raccolta di racconti noir e horror dal titolo Il Sorpasso dell’ Irrealtà, edito dalla casa editrice napoletana Homo Scrivens. Anemone Ledger, giovanissima scrittrice campana, vive tra Roma e Caserta.

Già autrice del romanzo horror fiction “L’insana improvvisazione di Elia Vettorel”, pubblicato nel 2017, Anemone ha partecipato negli anni a diverse manifestazioni ed eventi regionali e nazionali, riscuotendo ampie approvazioni soprattutto tra i giovanissimi. Se pur ventunenne, annovera presenze al “TOHorror Film Fest’ di Torino nel 2016, di Ruggero Deodato e Davide Toffolo e fa parte dello staff della fiera partenopea “Ricomincio dai libri.

Nel 2019 Anemone ha presentato numerosi artisti al “Napoli Horror Festival”, come Sergio Stivaletti. L’autrice si appassiona al genere Horror e Noir in giovanissima età , a soli 8 anni, collezionando classici di Edgar Allan Poe, Lovecraft e Stephen King. Attratta dalle immagini forti e ambientazioni cupe, utilizza la scrittura come mezzo per esorcizzare le sue paure più profonde. I sogni più inquieti e le emozioni più terrificanti sono il principale materiale per i suoi racconti. Ama definire la sua scrittura “Horror essenziale perché capace di produrre una catarsi in chi legge piuttosto che spaventare. Per quanto abbia fatto tentativi nel cimentarmi in altri generi, cercando di distanziarmi da questo, con i mie scritti, inevitabilmente e inconsciamente ci ritorno.”

Il nuovo lavoro Il Sorpasso dell’Irrealtà è essenzialmente il rifacimento di una primissima raccolta già pubblicata nel 2016. E’ il frutto, per l’autrice, di un percorso letterario evolutivo durato ben cinque anni, nei quali è riuscita a raggiungere una miglior consapevolezza stilistica e letteraria.

Sinossi

“Cos’è davvero la realtà? E quanto ci nasconde? L’Horror è la terra di una realtà altra, in cui la paura dei personaggi è affrontata attraverso pensieri mistici e eventi stranianti. In nove stralci di irrealtà – così l’autrice definisce i propri racconti – Anemone Ledger mette in crisi la psiche umana e ci mostra, con corredo di illustrazioni horror e contaminazioni noir come l’irrealtà possa alterare la vita quotidiana e realizzare un sorpasso sulla realtà effettiva delle cose, provocando lo stravolgimento completo di qualsiasi situazione stabile.”

La pubblicazione del romanzo è avvenuta il 2 Luglio 2020 e la presentazione ufficiale è stata fatta il 10 dello stesso mese, al cospetto dell’ editore napoletano nonché mentore dell’autrice, Aldo Putignano. Anemone è riuscita ad elaborare e modificare “stralci” già presenti, conferendo agli scritti maggiore maturità. Ad avvalorare i nove racconti, le 13 immagini prodotte da ben 12 illustratori ed artisti, si alternano all’interno del libro. Accattivante è sicuramente il disegno riportato sulla copertina , frutto dell’artista Francesca Terrieri, la quale è riuscita a rappresentare in un’immagine, le paure che Anemone Ledger utilizza e descrive nei suoi racconti.

La raccolta , dunque, rappresenta il primo traguardo importante nella carriera della giovane scrittrice, che si dice intenzionata a continuare e migliorare il suo personale percorso esplorativo nel mondo editoriale, prefiggendosi come obiettivo di entrare in contatto con i più grandi esponenti contemporanei di noir e horror. L’artificio narrativo – che gode di illustri precedenti letterari e cinematografici, primo tra tutti quello della Divina Commedia – di descrivere la follia anche nei bambini, comunemente considerati i “puri” e “buoni” incide positivamente sull’originalità della raccolta.

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