‘Il falò del Saraceno’: Alessandro Sbrogiò ritorna in libreria con un noir

Il falò del Saraceno, edito da bookabook, è l’ultimo romanzo di libro di Alessandro Sbrogiò.

Catanese, classe 1963, Sbrogiò, fin dalla pubertà ha sposato la musica, che per lunghi anni è stato il suo lavoro. Diplomato in contrabasso al Conservatorio di Venezia, è stato fra i fondatori della Venice Baroque Orchestra, con la quale ha calcato i palcoscenici dei più importanti teatri del mondo e inciso per case discografiche come Deutsche Grammophon e Sony Americana. Più recentemente ha fondato la Magister Espresso Orchestra e per questo ensemble ha composto e prodotto l’album Banda Vaga (Freecom Edizioni).

Mai sazio di nuove esperienze ha scritto musica per il teatro e l’audiovisivo. Ha inoltre collaborato con il regista e rapper congo-americano Selé M’Poko e composto e arrangiato tutte le parti orchestrali dell’ultima psichedelica pop suite Storia di Tich del cantautore Andrea Tich (per altro personaggio del romanzo).

Pur soddisfatto della strada intrapresa, non ha mai dimenticato un altro vecchio amore: la scrittura. Nonostante i sensi di colpa ha continuato a frequentarla segretamente nelle camere d’hotel di mezzo mondo, nelle sale d’attesa degli aeroporti e sorvolando diversi oceani. Fino a quando, nel 2017, la relazione è venuta alla luce a causa del libro Cadenze D’Inganno, classificatosi al primo posto al Premio Lorenzo Da Ponte 2017, indetto dalla Casa Editrice Diastema Studi e Ricerche e presieduto da Antonia Arslan. Diastema ha poi pubblicato il volume che ha ricevuto una menzione speciale al Festival Giallo Garda. Nel 2018 Diastema ha deciso di pubblicare anche Orchestra Tipica Madero – tango noir, secondo romanzo di Sbrogiò, menzionato anche questo al Festival Giallo Garda 2019 e al Concorso Letterario la Quercia del Myr 2019.

Il falò del Saraceno: Sinossi

Il falò del Saraceno

Il falò del Saraceno, è uscito il 13 Febbraio 2022. Il libro è arrivato tra i finalisti del Premio Garfagnana in Giallo Barga Noir 2020 quando era ancora inedito.

Mi pare di vederlo il signor Passanisi, armato di canna da pesca, uscire di buon’ora dalla sua villetta sul mare e arricciare il naso, guardandosi intorno con aria infastidita. Colpa di quello strano olezzo, misto di barbecue e benzina, assai diverso dalla fragranza di mentuccia, timo e salmastro tipica della costa. Di certo avrà guardato verso la battigia, alla ricerca di una macchia di spazzatura maleodorante, magari lasciata in mare da un mercantile di passaggio e portata dalla risacca in prossimità degli scogli. A volte le chiazze di nafta e sporcizia arrivavano fino sotto casa sua, piccole isole di rifiuti, fatte di cassette di legno marcio, cartone, masserizie e tutti gli scarti delle cucine di bordo.

 

Trama

Estate del 1979, East Coast siciliana. Franz, Gerardo e Pirata sono tre amici alle soglie della maggiore età. Vivono in una cittadina che a levante si affaccia sul mar Ionio e a ponente è assediata dal polo industriale: un piccolo universo in continua espansione, fatto di ciminiere, serbatoi e serpentine luminose.  A quelle latitudini il continente è lontano e i tre ragazzi si sentono esiliati, sospesi in un tempo che potrà finire solo con una fuga.

Preoccupati di fare la fine di Montecristo, un farfugliante barbone, icona del fallimento di chi da quell’immobilismo è stato sopraffatto, i protagonisti si consolano con una smodata passione per la cannabis e i suoi derivati, si ubriacano di rock d’importazione e pianificano il futuro. Per puro caso si imbattono in una storia vecchia di trent’anni: il signor Saraceno ritorna al paese dopo dieci anni di assenza, restaura una casetta sul mare e poco dopo si dà fuoco come un bonzo.

I tre giovani, dopo averci ricamato sopra, preferirebbero ignorare l’accaduto, ma entra in scena la coetanea Camilla, solitaria milanese in vacanza, che li convince dell’importanza di approfondire l’argomento, soprattutto in merito ad Amandine, l’amante francese del suicida, di cui è rimasta solo una lettera, dove in poche righe dà il benservito al signor Saraceno e comunica che non si sogna nemmeno di sbarcare in Sicilia, anzi si trasferirà a breve in Australia. Al contrario, c’è chi a Saraceno è indissolubilmente fedele, cioè il professor Lo Bello, docente in pensione, ecologista ante litteram e amico intimo del suicida, che da una parte cercherà di far riflettere i ragazzi sull’inquinamento provocato dalla Las Vegas degli idrocarburi e dall’altra non lesinerà in versioni varie e differenti sulle cause che hanno spinto all’estremo gesto l’amico.

Montecristo continua a entrare e uscire dalla vicenda, sospettato di sapere più di quello che lascia intuire, così come il barbiere della piazza, che però ricorda bene i giorni precedenti lo strano suicidio, quando si aggirava per il paese un motociclista impegnato a chiedere di Saraceno con inconfondibile accento francese. Francese è anche il vecchio quotidiano dalla data sospetta che viene ritrovato dai ragazzi nella casetta sul mare, contenente la ricetta delle madeleine di proustiana memoria, indizio che lascia pensare che forse la misteriosa amante francese, contrariamente a quanto affermato nella lettera, da quelle parti si è fatta vedere. Alla luce di queste scoperte Camilla non potrà più nascondere il vero motivo per cui si trova in Sicilia, scatenando così il precipitare degli eventi e il conseguente insospettabile finale.

Se la musica è stata al centro della sua vita portandolo a calcare i palcoscenici dei più importanti teatri del mondo e a incidere per case discografiche come Deutsche Grammophon e Sony Americana, la scrittura rappresenta l’altro grande, vecchio amore mai dimenticato.

Sbrogiò in queste pagine porta i lettori in un’afosa estate siciliana alla fine degli anni Settanta. Tre amici si imbattono in una notizia del passato: la notte del 28 luglio 1949, il signor Saraceno, tornato al paese natio dopo una lunga assenza, si è dato fuoco sulla scogliera. A trent’anni di distanza, le cause del suo gesto ancora non sono state chiarite. I tre giovani decidono, quindi, di evocare l’uomo e si ritrovano a dover fare i conti con un mistero più grande di loro, che li porta a comprendere che nulla è definitivo, né l’amore, né la vita e, a volte, neppure la morte.

Questo è il mio terzo romanzo, – ha dichiarato l’autore – in realtà la prima versione risale a oltre venticinque anni fa e l’ho riscritto un’infinità di volte, non solo per migliorarlo, ma anche perché dentro ci vivevo benissimo, con il divertimento e l’emozione che spero arriverà al lettore. Mi hanno ispirato una casa sul mare dove davvero è avvenuto un suicidio nel dopoguerra e la voglia di raccontare la East Coast siciliana della fine degli anni Settanta, con le scogliere incontaminate ma anche le raffinerie inquinanti, e soprattutto le chitarre distorte della gioventù ingenua e disobbediente che eravamo. Tutto il resto l’ho inventato”.

Tra realtà e finzione, Alessandro Sbrogiò ci fa conoscere la terra siciliana di quegli anni, tanto da sembrare di sentirne i profumi, vederne i paesaggi e gustarne i sapori, al fianco di una gioventù disorientata e psichedelica, sempre alla ricerca di una verità, una qualunque.

 

https://bookabook.it/libro/falo-del-saraceno/

‘Obliquità. Elogio della slealtà’: il saggio di Silvio Aparo in cui si scandaglia il concetto di obliquità

Obliquità. Elogio della slealtà, edito da Novalogos, è il saggio del  giornalista e scrittore Silvio Aparo.

Nato a Siracusa nel 1971, milanese d’adozione, Aparo, ha cominciato a muovere i primi passi professionali a Milano, presso la redazione del quotidiano La Voce di Indro Montanelli. Dal 2004 al 2011 è stato corrispondente per il quotidiano Giornale di Sicilia. Ha cominciato a erigere minuscoli sistemi filosofici fin dai tempi dall’Università che non ha mai pubblicato per scelta. Dal 2015 si è occupato dello sviluppo di nuovi modelli editoriali. Attualmente insegna.

Obliquità. Elogio della slealtà: Sinossi

Obliquità- Copertina del libro

Obliquità. Elogio della slealtà è uscito il 21 Ottobre per la Collana Varia (Filosofia)

Quando è sopraggiunta l’esigenza di scrivere sul concetto di “Obliquità” non riuscivo
a comprendere esattamente da dove cominciare. Come fare a parlare positivamente di
qualcosa, che perfino il dizionario definisce “scorretto, sleale, non lineare”?
Avevo la chiara sensazione, però, che le esperienze più interessanti trattenute nella
memoria e degne di essere raccontate riguardassero proprio quelle vicende trasversali,
“oblique”, non convenzionali per l’appunto, rispetto alle tante apparentemente coerenti,
prevedibili e facilmente comprensibili.
“Oblique” per me sono state le strade dell’Amore, i sentieri tortuosi del dubbio,
i percorsi contraddittori del ragionamento. “Obliqua”, la posizione del cuore. “Obliquo”
persino l’asse del mondo; un tertium datur in grado di mettere in contatto tra loro i paralleli
dell’esistenza ai meridiani del destino.

Ci sono mete, traguardi, obiettivi o intuizioni che raggiungiamo dopo molti anni nonostante siano sempre stati a portata di mano. E la cosa ancora più sorprendente da scoprire è che a dispetto del tempo impiegato per raggiungerli abbiamo utilizzato comunque e sempre la via più breve.

L’Obliquità è dentro e tutta intorno a noi, tra la rete neurale e gli stati onirici, le parole e i silenzi, tra l’anima e la mente, tra le discipline e il mondo. Non esiste luogo che non abiti, coscienza che non oltrepassi, pensiero che non trascenda.

L’Obliquità è la via verso la ribellione, la slealtà nei confronti di un sistema in disfacimento. Un implacabile desiderio di resistenza morale e intellettuale.

“Il libro nasce per caso dopo essermi imbattuto nella parola OBLIQUITÀ – ha dichiarato lo scrittore. Mi sono chiesto come mai per Obliquità intendiamo qualcosa di ‘scorretto, sleale, non lineare’? Se la posizione del Cuore è obliqua, l’asse della terra è obliquo, le esperienze più intense ed interessanti della vita sono oblique, compiendo giri lunghi ed articolati prima di giungere a compimento, perché ci hanno insegnato che Obliquo è sinonimo di scorretto? Un grande inganno che parte fin dai banchi di scuola, dai precetti di maestri e genitori, e si conclude, se si conclude, con la fine della nostra esperienza terrena”.

Ci sono voluti due anni per portare a termine il lavoro che, nonostante sia un breve saggio, una plaquette, è denso di significati e spunti di riflessione. Una bibliografia importante, a corredo, completa un’indagine scrupolosa, curiosa, interessante e divertente da leggere.

 

http://www.novalogos.it/prod.php?id=127

 

 

 

 

‘Brama’ di Ilaria Palomba, una radiografia della psiche

Possedere l’altro, primeggiare, schivare le attenzioni di una madre morbosa, meritare il riconoscimento di un padre inarrivabile sono i desideri che animano Bianca, fragile trentenne, ricoverata più volte in psichiatria per i suoi vani tentativi di suicidio e protagonista del romanzo di Ilaria Palomba dal titolo Brama, edita da Giulio Perrone.

L’incontro con il filosofo Carlo Brama, ambivalente oggetto di desiderio, rende maggiormente precario lo stare al mondo della vulnerabile Bianca, e le apre un viaggio a ritroso nell’infanzia e nell’adolescenza pugliese, frugando tra i segreti di una famiglia borghese piena di scheletri nell’armadio.

L’amore non è una fiaba a lieto fine ma una radiografia della psiche, un legame tanto carnale quanto spirituale che, come in un rito, nel suo compiersi conduce al trascendimento della ragione. Tra Carlo e Bianca c’è un gioco crudele che diventa una condanna, una tessitura di destini, sacra e terribile, cui cercano entrambi di sfuggire.

Ilaria Palomba cita subito in esergo due concezioni della brama, secondo Alberto Savinio e Jung;  la protagonista desidera “come la terra brama il cielo”, ma poi citando “Il diario del seduttore” di Kierkegaard scrive che è “la paura il desiderio più grande,  la natura dell’anima umana” e nel capitolo 30 i termini desiderio e brama sono intercambiabili: questo non significa assolutamente confusione o inesattezza, ma difficoltà a stabilire differenze ontologiche tra brama e desiderio per chiunque.

La protagonista di Brama si alterna tra relazioni tormentate, autodistruzione, tentativi di suicidio sotto forma di “abbuffata di farmaci”, cure psichiatriche conseguenti e rischio reale di essere “lobotomizzata da farmaci”, che stabilizzano l’umore, annullano deliri e psicosi, ma allo stesso tempo appiattiscono la vita psichica.

La Giulio Perrone conferma ulteriormente con questo romanzo di pubblicare libri di elevata qualità. Quest’opera è senza ombra di dubbio frutto di grande talento e coraggio. È un’analisi psicologica incessante, arricchita da citazioni letterarie, psicologiche, filosofiche. Le rare volte in cui si descrive atti sessuali non c’è mai volgarità ma modernità. Il sesso poi non è mai estremo. Il sadomasochismo è soprattutto psicologico/esistenziale: come scrive magistralmente la Palomba è una “sfida a fottersi entrambi” da parte dei due amanti.

Vengono anche descritte le dinamiche patologiche familiari. Bianca infatti si sente una pazza depressa e una figlia ingrata, ma interiormente prova un forte disagio, tant’è che si definisce la “somma di pezzi non assemblati”. Carlo, il suo amante, non vuole solo il sesso o l’amore, ma soprattutto la mente; tuttavia anche la protagonista è considerata da chi la conosce bene una manipolatrice mentale.

In ambito sentimentale la stragrande maggioranza delle persone ha un archetipo definito, dei gusti definiti che portano a scegliere spesso la stessa tipologia di partner. Si usa dire che chi si somiglia si piglia. Ma non c’è una regola certa. A volte si possono scegliere persone complementari, mentre a volte si attraggono le persone totalmente opposte, completamente agli antipodi.  Sapere poi perché siamo esseri così abitudinari è difficile a dirlo.

Perché i nostri comportamenti sono incasellati sempre in pochi pattern, in poche categorie? Perché fanno parte della nostra identità e della nostra personalità di base che è sempre così stabilita e predeterminata? Siamo davvero degli esseri così prevedibili? È ciò che un lettore si domanda dopo aver letto Brama. In fondo siamo ciò che pensiamo e siamo ciò che facciamo e inoltre facciamo sempre ciò che pensiamo? I nostri desideri agiscono per noi? Siamo agiti dalle nostre sub-personalità?

Siamo come automi già programmati con schemi sia innati che appresi? Gli studiosi della mente cercano di dare risposte, ma c’è poco di certo. Tutti concordano nel dire che il cervello umano è “schematico” per adattarsi meglio all’ambiente,  per essere coerenti con noi stessi (dato che siamo ricercatori di coerenza e stabilità), per mettere ordine al disordine, per interpretare più efficacemente il mondo. Tutti siamo soggetti a schemi cognitivi, costituiti da modelli e rappresentazioni mentali, da convinzioni radicate nell’animo. Il problema è che alcuni hanno degli schemi “disfunzionali” e finiscono per imbattersi sempre nelle solite situazioni, nei soliti episodi.

Bianca è in un certo qual modo disfunzionale in amore. È anche vero che quando ci imbattiamo in una situazione viene attivata la memoria e in essa vengono cercate delle reazioni e dei comportamenti a situazioni simili che abbiamo già vissuto. È molto difficile cambiare, comportarsi in modo completamente nuovo ed originale.

Alcune domande sorgono spontanee. In che modo viene generato un modello di comportamento? Fino a che età si può cambiare schemi di comportamento? Una persona poi può cambiare i suoi schemi di comportamento senza snaturarsi totalmente? Una cosa è certa: molte persone sono molto conservatrici, hanno così paura del nuovo, dell’ignoto, del cambiamento, che preferiscono stare malissimo pur di rimanere tali e quali.

Il problema principale, croce e delizia al tempo stesso, è che la nostra esperienza è sempre troppo limitata per fare delle inferenze efficaci per il futuro. L’autrice infine ci fa domandare come potremmo Imparare a non farsi del male, a volersi bene. Sartre a tal proposito sosteneva: “È vero che non sei responsabile di quello che sei, ma sei responsabile di quello che fai di ciò che sei.”

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

‘Il Sorriso degli Elefanti’ di Valerio Vecchi: un elogio alla forza delle donne

Il Sorriso degli Elefanti, edito da Le mille e una pagina editore, è il secondo romanzo di Valerio Vecchi

Medese, classe 1994, Vecchi fin da piccolo si diletta in spettacoli teatrali. Ed è proprio la parrocchia, il terreno fertile in cui si accresce la sua vena artistica. A partire dall’età di sei anni, recita in diversi spettacoli d’iniziativa religiosa. A dodici anni prende parte al primo musical, Summer Student, riadattamento del celebre High school Musical, interpretando un ruolo principale: Ryan.

Nel 2011 a diciassette anni debutta con uno spettacolo dialettale coordinato da me in un riadattamento di una rivista de “I Legnanesi”.  La nuova compagnia, che coordina, prende pian piano forma ma insoddisfatto di portare in scena riadattamenti e voglioso di dare un’impronta giovanile, sceglie al suo fianco coetanei e si dedica alla stesura di un secondo copione, ne seguiranno altri cinque. Il successo è sempre crescente di anno in anno tanto che la compagnia viene contattata da diversi teatri della provincia di Pavia per portare in scena i loro spettacoli.

Tra alti e bassi questa attività arriva a un punto di svolta nel 2016 dove, grazie alla collaborazione con TelePavia, riesce, unitamente agli altri componenti a superare un colloquio ed avere una trasmissione tutta sua della quale è attore ma soprattutto autore. Nasce così L’almanacco .  Il programma va in onda per tre mesi, con cadenza giornaliera dal lunedì al venerdì e riscuote ampi consensi grazie alla semplicità nella redazione e al binomio giovani-dialetto.

Dal marzo 2016 a gennaio 2020 Vecchi viene nominato presidente della commissione della Biblioteca Comunale di Scaldasole dove è curatore di numerosi eventi culturali.

Nel 2017 raggiunge un altro importante traguardo: si classifica quinto all’Ariston Comic Selfie, concorso indetto dal prestigioso teatro Ariston di Sanremo.

È del 2018 la sua opera prima, il libro autobiografico: La Spettacolare Storia di Ebenizer. Sempre in quell’anno sviluppo un format musicale che porto in scena nel teatro del mio paese ma che si estende a tutta la provincia e non solo: Lomellina in…canta.

Per la stagione televisiva 2018-2019instaura una collaborazione con l’emittente Telepatia- Milano Pavia Tv dove è conduttore della trasmissione con cadenza giornaliera, in diretta, La radio a colori.

Autore e conduttore delle serate musicali, quest’ultime sono diventate una vera e propria attrattiva per una vasta platea di pubblico, raccogliendo ampi consensi.

Ad aprile 2020registra una pubblicità per bambini, in onda sulle reti Mediaset.

Nell’agosto 2020 Vecchi organizza, in un’ottica di rilancio della musica, fermata dall’emergenza epidemiologica del COVID-19, un evento al quale partecipano esponenti musicali di spicco come il maestro Franco Bagutti e che vedono importanti ospiti come Elisabetta Viviani, storica cantante della sigla Heidi con la quale ha avuto il piacere di condurre la prima edizione del Concerto sotto le stelle. Con queste importanti personalità unitamente al consenso derivato da loro per la sua attività mi porta alla ricerca di traguardi più ambiziosi.

Nell’autunno 2021 assume la presidenza di un’associazione di promozione sociale legata alle attività oratoriali.

 

Il Sorriso degli Elefanti: Sinossi

Il Sorriso degli Elefanti esce nel novembre 2021.

Vivere da donna, non credo sia proprio facile. Mi alzo, una stiracchiata veloce, una controllata al cellulare e via, ha inizio la routine. Caffè al volo, mi trucco mentre con un piede chiudo lo sportello della lavatrice e imposto l’avvio ritardato e di corsa al lavoro. Ogni mattina è così, ma non quella mattina. Dopo aver terminato di portare via tutte le cose dalla casa
di Ebenizer, sembrava che qualcosa mancasse, un tassello a completare quell’immenso puzzle. Ero così scorbutica, certo
e come fare a dire il contrario? Ma non avevo capito il perché. Qualcosa mi mancava e proprio quando ero già in ritardo per
andare al lavoro, suona il postino. «Signora Helena?» disse con rapidità mentre io percorrevo il vialetto. Mi seguiva sventolando una busta con su scritto “piego di libri”.

Non è facile essere donna, se perdi ogni speranza. Dove dal successo ti ritrovi nel più profondo e perfido oblio, dove la vita sembra strapparti ogni cosa. Ogni sforzo sembra vanificato e ogni porta chiusa. L’unica strada è quella di “chiudere il sipario” una volta per tutte. Ma se a chiuderlo fossero gli altri? E se invece a fosse il più grande spettacolo mai visto?
Una cosa è certa: a sorridere sono gli elefanti.

“Con una maggiore consapevolezza – ha dichiarato il giovane scrittore – ho steso questa nuova opera. Ho preso più tempo rispetto alla prima che era stata scritta di getto, nata dall’esigenza di fare arrivare un messaggio. Questo nuovo libro, invece, vuole ripercorrere più approfonditamente gli argomenti trattati nel precedente, facendo continuare però la storia e aggiungendo al racconto nuovi personaggi”.

Con il Sorriso degli Elefanti, ritorna la formula del “diario” di stralci di fogli lasciati per casa, una scelta non casuale né ripetitiva, e compaiono più dediche, una rivolta “alla forza delle donne”, le altre a donne care e vicine all’autore.

Si parla, del resto, di donne che resistono, che reagiscono e che si reinventano. Di donne che sono portate allo stremo perché schiacciate dai pesi della vita e che trovano la forza di rialzarsi. Non a caso, la figura dell’elefante rappresenta proprio la metafora di un grosso peso.

La trama affronta solidi valori con “schiaffi morali” contro una società che sembra essersi dimenticata della meritocrazia e che, disorientata, si chiede quale possa essere il futuro, ma desidera essere comunque estremamente semplice, accompagnata da un testo scorrevole e intuitivo senza troppi approfondimenti, per lasciare volutamente al lettore quel senso di “incompiuto”.

Quando leggiamo, Il Sorriso degli Elefanti – conclude Vecchi – dobbiamo anche porci delle domande ma non sempre troviamo le risposte e, quindi, ho fortemente voluto stuzzicare l’immaginazione. Un libro come il primo da ‘mille e una notte’: fermiamoci, sogniamo e facciamolo in grande, alla fine, ci ritroveremo a ‘sorridere’”.

 

https://www.valeriovecchi.it/i-miei-romanzi/

 

 

 

 

 

“Scappa e vinci”, il thriller di Antonello Marchitelli

Antonello Marchitelli è un avvocato civilista, che coltiva la sua passione per la scrittura fin dai tempi dell’università. Ha vinto numerosi concorsi letterari, tra i quali “Città di Pontremoli”, e “Bari Città Aperta“. Il suo ultimo lavoro è stato pubblicato da Les Flauners Edizioni nel 2019, dal titolo Progetto R.

“Scappa e vinci” è una storia di passione, che ingarbuglia la vita di ognuno dei personaggi della vicenda.

Ambientato in un’Italia in piena crisi lavorativa, si lega irrimediabilmente alla realtà ed espone il dramma di una verità la quale si cela nelle difficoltà di persone che cercano di sopravvivere all’interno di una società che non le aiuta in alcun modo; il tutto riportato in maniera cruda, e mostrato attraverso i dialoghi scorrevoli, e narrati con uno stile che si rifà al genere poliziesco.

Eusebio è un uomo di mezza età, che rimpiange di non aver avuto il coraggio, quando ancora era giovane, di fare carriera, e di essersi accontentato; come tende a ricordargli, ogni volta che litigano, sua moglie. Raffaele, invece, è un giovane ragazzo cresciuto con i manga, nella perpetua convinzione che l’unico modo di essere libero, sia quello di non impegnarti in nulla.

Vincenzo ha rovinato la sua vita in seguito a una scappatella, una scelta sbagliata che, inesorabilmente, lo spinge a compierne altre, una dopo l’altra. Gino è un uomo di mezza età che ha perso la moglie in seguito a un tragico incidente, e da quel giorno “tira avanti” pensando che la sua vita sia finita. Marta è un’anziana signora che trascorre le sue giornate in compagnìa della foto dell’uomo che lei ha amato, parlando con lui, in modo da consolarsi di quella mancanza che sente nei confronti del defunto ogni giorno, attendendo il momento in cui si potrà ricongiungere a lui.

Una storia drammatica che si addentra nella psicologia dei personaggi, la quale mostra la realtà di vite comuni protratte dai protagonisti, con la speranza di trovare, prima o poi, la felicità e un futuro dignitoso, per sé e i propri cari.

 

Casa Editrice: Les Flauners Edizioni

Genere: Narrativa – Thriller

Pagine: 200

Prezzo: 15,00 €

 

 

Contatti

 

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Link di vendita online

 

https://www.lesflaneursedizioni.it/product/scappa-e-vinci/

 

‘Il prezzo del tempo’. La percezione del fattore temporale secondo Ilaria Marchioni

Ne “Il prezzo del tempo, così come si evince dal titolo, Ilaria Marchioni propone un’attenta riflessione su quella che è la percezione del fattore temporale da parte dell’uomo di oggi, figlio della tecnologia e della modernità caotica, soffermandosi su tutti quei meccanismi inconsci che ci inducono ad allontanarci dalle cose realmente importanti e dagli obiettivi che razionalmente vorremmo raggiungere.

Ponendo l’attenzione sull’importanza del momento presente, sul valore di ogni singolo istante, sulla capacità dell’essere umano di auto-osservarsi e sulla consapevolezza di sé che ognuno dovrebbe acquisire, l’autrice suddivide l’opera in tre capitoli inerenti ai tre pilastri sui quali si basa la nostra esistenza vale a dire: i pensieri, le emozioni e il corpo, una triade che non solo costituisce il nostro essere ma che ci pone in collegamento con l’altro.

Ogni capitolo è a sua volta strutturato in paragrafi in cui vengono elencate, in termini di prezzo da pagare, le cause e le credenze inconsce responsabili della perdita di tempo. Riflessioni supportate, a fine paragrafo, da tre sezioni relative a domande di autoconsapevolezza, a strumenti pratici o spirituali per una trasformazione da attuare in autonomia, e ad apprendimenti, decisioni e nuove azioni da appuntare e consultare quando se ne avverte la necessità.

Nel capitolo dedicato ai pensieri si evidenziano, in particolar modo, quei condizionamenti familiari, educativi e religiosi, oltre a quelli legati alla percezione del passato, del futuro e del denaro, che ci impediscono di utilizzare il tempo in modo produttivo.

Analogamente in quello dedicato alle emozioni, si pone l’accento su quegli atteggiamenti e stati emotivi controproducenti, come ad esempio il rancore, l’orgoglio, la paura, la rabbia e le illusioni che, se non gestiti in modo consono, possono vanificare tutti i buoni propositi per una trasformazione interiore. Nella parte relativa al corpo, invece, vengono menzionate le più comuni cattive abitudini tipiche del nostro tempo quali, ad esempio, la fretta, la pigrizia e le dipendenze da cibo spazzatura e farmaci di sintesi che, se prese alla leggera e reiterate nel tempo, possono recare seri danni sia a livello fisico che interiore.

Avvalendosi dunque di una importante esperienza personale e professionale, nonché di concetti appartenenti a discipline come la fisica quantistica, la psicologia, le neuroscienze, le tecniche di rilassamento e meditazione, unitamente ad uno stile di scrittura chiaro e scorrevole, Ilaria Marchioni propone una panoramica dell’argomento molto ben articolata ed esaustiva, in grado di offrire al lettore esempi concreti, ottimi spunti di riflessione e suggerimenti che, se applicati in modo costante e consapevole, possono davvero instradare verso la realtà desiderata: “Il tempo è il nostro migliore alleato per vivere la vita che davvero vogliamo. Allora va difeso, protetto, costruito, indirizzato”.

 

 

Titolo: Il prezzo del tempo

Autore: Ilaria Marchioni

Genere: Saggistica

Pagine: 264

Prezzo: 14,90 €

 

 

Contatti

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Link di vendita online

https://www.gruppoalbatros.com/prodotti/il-prezzo-del-tempo-ilaria-marchioni/

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Foibe, giornata della memoria. “El Spin” e la satira contro Tito, gli slavi, i grandi della terra di Andrea Giannasi

Foibe, per non dimenticare. Contro la cancel culture. Esce in occasione del Giorno del Ricordo, oggi 10 febbraio, il saggio di Andrea GiannasiEl spin. La satira contro Tito. L’esperienza dell’inserto della Gazzetta di Pola contro l’egemonia jugoslava 1945-1947″ (Tralerighe libri editore).

Sabato 20 ottobre 1945 i polesi trovarono in edicola insieme a “La Gazzetta di Pola”, un inserto satirico di quattro pagine, al prezzo di sette lire, dal titolo in istro-veneto “El Spin”, la spina, con vignette di Gigi Vidris.

Il giornale intendeva mostrare «gli imbonitori ben pagati che urlano e offrono in cambio della rinuncia alla Patria, l’onore d’una cittadinanza titina che desta invidia al mondo; o chi crede o fa credere agli altri che la storia dell’Istria comincia dal regno dei Karageorgevic e finisce con la calata della IV Armata slobodnja. E nel trambusto, rimettono fuori le corna gli sparuti superstiti della sgominata legione neo-fascista, vantandosi novelli salvatori della Patria in pericolo, dopo averla stuprata e rovinata. È uno spettacolo che merita d’essere registrato».

Lo storico Andrea Giannasi è riuscito a ritrovare una collezione completa dei giornali originali di “El spin” analizzandone i contenuti.

Attraverso la lettura degli articoli, delle vignette, delle spigolature, delle lettere in redazione, è possibile ricostruire la tragica vicenda della comunità italiana tra l’incombente esodo, gli arresti, le vigliaccherie, i numerosi gesti antitaliani, la Strage di Vergarolla nella quale morirono 65 polesi. Di fronte alla stanchezza, la paura, l’orrore, i titini, gli “s’ciavi”, i drusi, i nuovi “gerarchi” e il consesso internazionale sempre più distante dalle questioni istriane.

Al centro delle “punzecchiature” Tito e gli slavi, insieme alla minoranza italiana filo-titina di Pola, ma anche i Quattro Grandi che a Parigi aveva segnato le sorti della Venezia Giulia dimenticando gli ideali di giustizia e di autodeterminazione dei popoli contenuti nella Carta Atlantica.

Il lungo lavoro di ricerca è introdotto da un saggio storico che affronta la complessa vicenda del confine orientale italiano, dalla caduta della Repubblica di Venezia; la dominazione dell’Impero Austro-Ungarico; i processi di germanizzazione; la nascita delle idee nazionali; la netta separazione tra italiani nelle città costiere e gli slavi nel contado; la Prima guerra mondiale; il fascismo di frontiera e la “bonifica etnica”; il Tribunale Speciale del fascismo; la Seconda guerra mondiale.

Andrea Giannasi, laureato in Storia contemporanea (tecnica militare) presso l’Università di Pisa è autore di numerosi studi sulla formazione di contingenti militari impiegati in scenari di guerra. Tra questi Il Brasile in guerra, La Força Expediçionaria Brasileria 1944-1945, Carocci, Roma, 2014; I Nisei in guerra. I soldati nippoamericani in Italia 1944-1945, Tralerighe, Lucca, 2016.

Ha pubblicato anche La guerra a Lucca. 8 settembre 1943-5 settembre 1944, Tralerighe, Lucca, 2014; e I militari italiani nei campi di prigionia francesi, Nord Africa 1943-1946, Tralerighe, Lucca, 2019. Ha ricostruito la storia del massacro del Generale Enrico Tellini e della sua delegazione, avvenuto nel 1923 sul confine greco-albanese.

Il saggio è stata tradotto e pubblicato da LBN editor di Tirana con il tirolo Vrasja Tellini: Nga Janina deri né pushtimin e Korfuzit (Tirana, Albania, 2007). Il 6 marzo 2010 è stato relatore al convegno sul Generale Enrico Tellini a Borgo a Buggiano (l’intervento è stato pubblicato sugli Atti del convegno).

Per i suoi studi in ambito militare ha vinto nel 2017 il Premio “Cerruglio”. Ha ricoperto il ruolo di direttore scientifico del Museo della Liberazione di Lucca e tenuto conferenze presso il Ce.Si.Va. Esercito Italiano già Scuola di Guerra di Civitavecchia.

In ambito giornalistico è collaboratore del “Premio Arrigo Benedetti” dedicato allo storico fondatore dell’Espresso e dell’Europeo. Tra i vincitori del premio Ferruccio De Bortoli, Milena Gabanelli, Toni Capuzzo, Federica Angeli, Paolo Borrometi.

 

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“Volevo dire”. L’anima si racconta tra i versi di Angiola Guerriero

Dare voce ai pensieri dell’anima, a volte repressi. Si tratta dell’opera Volevo dire” di Angiola Guerriero – residente ad Apricena, comune ai piedi del Gargano in provincia di Foggia – ad imprimere sui fogli emozioni e sentimenti. Il dolore, la speranza, la bellezza. Ma anche la natura. E la parola. Che a volte non esce, rimane intrappolata nell’anima, per poi metterla nero su bianco. «Il titolo – racconta l’autrice – conferma il bisogno di esprimere le mie emozioni ma anche le mie convinzioni».

La raccolta, con prefazione del poeta, editore e formatore Giuseppe Aletti, appartiene alla collana “I Diamanti della Poesia” di Aletti.

«Con ritmo melodico, che a volte diventa incalzante, a volte si avvicina alla forma canzone, altre alla filastrocca, Angiola Guerriero ci porge, nella raccolta di poesie “Volevo dire”, rime che insistono sulla centralità della parola poetica anche e soprattutto ai nostri giorni. Tesa verso un vivere consapevole – scrive Aletti – imboccando la strada illuminata dal faro della poesia, Angiola ci mostra gli stupori e le bellezze che nascono da questa meravigliosa arte, che è invenzione umana ma pervasa dall’anelito all’infinito».

 

La vita dell’autrice, docente di Educazione all’Immagine, è caratterizzata da arte e poesia. «Questa disciplina – afferma la Guerriero – esige un rapporto, tra immagine, suoni e parole, quindi è inevitabile il collegamento tra le arti. La poesia – aggiunge – nella mia vita riveste un ruolo importante, in quanto esprime il desiderio della mia anima di trasmettere il mondo interiore».

Gli argomenti che ispirano i suoi versi sono da ricercare nelle emozioni che ritraggono il mondo naturale, nel rapporto tra l’uomo e Dio, e tra l’uomo e i suoi simili. «Ho iniziato a scrivere poesie – conclude l’autrice – per dare voce ai pensieri repressi della mia anima e per poter esprimere tutta me stessa».

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