Donna con due ombre, edito da Homoscrivens è l’ultimo romanzo di Rita Guardascione.
Classe 1964, la scrittrice nasce a Monte di Procida, in provincia di Napoli. Diplomata, insegna prima nella scuola elementare, poi si dedica al commercio.
Amante del teatro e delle fiabe, rappresenta la pièceUna condizione assolutamente privata (teatro Leopardi 1994)(Castello aragonese di Baia1996)(Benevento città spettacolo rassegna 1997). Nel 2003 pubblica Il lago rapito con Homoscrivens; nel 2005 la filastrocca La particella Universale. Nel 2006 vince il concorso internazionale “Una poesia per l’Alzheimer” con il racconto L’assenza.
Del 2017 è il romanzo Donna con due ombre.
Donna con due ombre: Sinossi
Donne con due ombre è una spy-story dal sapore thriller.
Micol conduce una vita apparentemente normale. Ha trentacinque anni e si muove in una Napoli affascinante e contraddittoria, che fa da sfondo alle sue vicende e a quelle degli altri personaggi.
Pur essendo un’affermata psicoanalista conduce una doppia vita, celando a tutti il suo impenetrabile ruolo di killer. Un’arma di morte mirata e precisa che lavora alle dipendenze di un uomo potente e spietato, Mario Alain.
Mario Alain vanta un legame di parentela con la protagonista, conosce il suo passato e tiene sotto minaccia suo padre, obbligando la donna, indirettamente, a uccidere per lui. Ma dopo diciassette anni, le due vite di Micol cominciano a scontrarsi, a incrinare il delicato equilibrio che le teneva insieme. Mentre la Micol-psicoanalista si imbatte in Jessica, quattordici anni e cinque tentativi di suicidio, e nel suo mondo di degrado e miseria, la Micol-killer è costretta a sparare ancora per saldare il debito con lo zio, il quale le impedisce di estinguere il suo obbligo.
Una fitta rete di personaggi si intersecano in questa doppia esistenza, palesandosi a poco a poco per quello che realmente sono: pedine di un gioco lucido e crudele, architettato dal boss per consolidare il suo potere.
Intanto l’odio cresce dentro Micol: l’odio per quell’uomo che ha deciso di avvelenare la propria terra e uccidere la propria figlia; quell’uomo senza sentimenti e senza scrupoli, ennesimo esempio di “etica camorristica” in un paese stuprato incessantemente.
In uno scontro finale Micol riesce a uccidere Mario Alain, mettendo fine al suo regno di terrore. Oramai libera dal giogo del ricatto, Micol finalmente può iniziare a rimettere insieme i pezzi della propria esistenza.
Era il cinque settembre di un anno fa, il vento che soffiava dal mare era caldo, troppo caldo, eppure tremavo, il cuore aveva ac- celerato i suoi battiti improvvisamente. Mi guardai le mani, erano instabili. Inspirai ed espirai tre boccate d’aria, una dietro l’altra, rilassai le spalle, presi la Glock 19c e l’appoggiai sul muretto, tra le gambe per proteggerla dagli sguardi. Di colpo il tremore si arrestò. Una forza sconosciuta mi salì dalle viscere, per la prima volta pro- vai una sensazione di sollievo, senza il peso e la freddezza di quel ferro appoggiato alla mia pelle. Sarebbe stato bello poter scegliere di liberarmene, abbandonarla lì come una disgrazia da fuggire, se solo avessi avuto un’alterna- tiva. Purtroppo non era quello il tempo. La infilai di nuovo nella tasca del K-way, proprio in mezzo al seno, e contemplai la sua for- ma sul cuore mentre seduta rivolta verso il mare guardavo oltre gli occhiali da sole sperando di non trovarmi mai troppo lontana da lì, da quella terra che chiamano flegrea. L’unico luogo dove mi sono sempre sentita a mio agio.
“A differenza dei personaggi principali, – ha dichiarato la scrittrice Rita Guardascione – i luoghi che descrivo sono tutti reali. C’è Napoli e ci sono i Campi Flegrei dove io sono nata e con la quale la protagonista ha un legame inconsapevole e indissolubile.
E ha aggiunto: Quando ho iniziato a scrivere questo romanzo oltre alla voglia di creare e dare corpo al mio personaggio, c’era la volontà di evidenziare un disagio intimo che molti come me vivono ogni giorno perché spettatori di realtà contrastanti, convivenze di bellezza e disarmonia. L’obiettivo era quello di dirigere spot su vari luoghi evidenziando la propria fisicità attraverso un personaggio, inoltre, sottolineare come, certi soggetti, concorrono alla invivibilità di questi posti a discapito di molte persone che vivono lì e giorno dopo giorno diventano invisibili.
Contemporaneamente desideravo esaltare la bellezza della terra flegrea e di Bacoli che, la protagonista, sente come la sua seconda casa. Micol, infatti, pur ignorando le sue origini attribuisce alla bellezza di questi posti il suo attaccamento e li ama, come li amo io, dimenati tra l’armonia della natura, della storia che si respira ovunque e l’incuria, figlia di un immobilismo ancestrale del quale siamo vittime e artefici. Per anni siamo rimasti a guardare fingendo di non vedere chi la stava stuprando. Purtroppo è accaduto e le ferite sono evidenti. Anche se la bellezza le occulta, noi sappiamo che ci sono. Nel romanzo ho dato a Micol il potere di difenderli prima che fosse troppo tardi. Nella realtà speriamo nel potere della politica giovane e consapevole”.
L’ombra del Passato, edito da Mimesis è l’ultimo romanzo di Stefano Sciacca.
Lo scrittore nasce a Torino nel 1982. Si laurea in giurisprudenza e specializza nelle professioni legali presso l’Università degli Studi di Torino, ha studiato all’Università di Oxford e collaborato con l’Organizzazione Mondiale della Proprietà Intellettuale.
Il 2014 è l’anno della sua opera prima Il Diavolo ha scelto Torino di Robin edizioni. Dello stesso anno La Vendetta di McKoy, Europa edizioni 2014. Gli anni a seguire, dal 2015 al 2018, sono un tripudio di saggi, pubblicazioni e articoli: Fritz Lang, Alfred Hitchcock: vite parallele, Falsopiano 2015; Prima e dopo il Noir, Falsopiano 2016; Tracce di Realismo a Noli: dall’impressionismo di Emilio Praga all’espressionismo di Maria Vincenti, Fondazione culturale Noli 2016; Seneca e Dante, insegnanti sulla via per le stelle; Sir William Shakespeare, buffone e profeta, Mimesis 2018. Numerosi sono gli approfondimenti, videoconversazioni e appendici dedicati al tema del cinema, della storia dell’arte e della letteratura: Edward Hopper, Nighthawks e il cinema noir & Mario Sironi, un’esistenza noir; Cinema e Psiche: Il manipolatore, Valiant 2018; Pillole di GUM, Valiant 2018. Tutti i contributi sono caricati sulla piattaforma Youtube. Al 2018 risale anche la sceneggiatura, scritta con Claudio Artusio, Suicidio allo specchio, selezionata tra i finalisti del TOHorror Film Fest 2018. Proprio oggi, 4 giugno, sarà presentata il suo lavoro L’ombra del passato.
L’Ombra del passato: Sinossi
Torino. La seconda guerra mondiale è finita da poco, restituendo un mondo tutt’altro che normale, un mondo senz’anima. E chi invece, un’anima, ancora la possiede, non può fare a meno di sentirsi a pezzi. Proprio come la città, alla quale si ritrova suo malgrado incatenato.
Michele Artusio è un investigatore privato squattrinato, avido, cinico e miscredente. Eppure conserva, da qualche parte, quanto resta della sua etica professionale. E certe notti questo può rappresentare un bel problema!
Il buio mi avvolgeva come un mare infinito, che ti inghiotte per non restituirti più alla vita.
Era solo un’impressione; lo so. Ma mi sentivo assediato. Troppi pensieri appesantivano il mio passo solitamente di felino predatore. Non ora. Ora sapevo d’essere io la preda. Ogni tanto sfilavo sotto una doccia luminosa; tagliava la notte come una gelida lama di coltello. Conficcata tra le
scapole di un uomo. Lampione dopo lampione; mi dirigevo al Jazz Club. Se solo mai fossi riuscito ad arrivarci sulle mie gambe. A distanza di un braccio dal cono di luce, era nuovamente l’oscurità; e si intravedevano a malapena le cicatrici della guerra. Ormai sul punto di rimarginarsi del tutto. Una
tragedia lontana; il passato è passato. È questo che vorrebbero farci credere. Che madornale fesseria! Il passato non smette mai di seguirti. È un’ombra che ti ossessiona; ti perseguita; esige il prezzo delle tue colpe. E non c’è uomo che non ne abbia. Già, un’ombra. Anche io ne avvertivo una addosso. Ostinata come una zecca, che si aggrappa al pelo di un cane morente. Solo che personalmente non avevo alcuna intenzione di morire. Almeno non per quella notte. Perché quella notte qualcosa ancora non tornava. E lo confermava proprio la sinistra presenza che sentivo sul collo. Troppo imprudente perché non me ne accorgessi. Mentre risuonava nella mia
mente. Inopportuna quanto una banda di ottoni che, senza tanti riguardi, si fosse accodata al seguito d’un feretro.
Artusio si trova nel giro di pochi giorni a lavorare su due casi paralleli.
Franco Cairo è un reduce di guerra sentimentale: non ha più notizie della moglie Teresa e perciò lo incarica di ripescarla, anche se a giudicare dalla fotografia della donna non sembrerebbe proprio valerne la pena. A proposito di donne! Eva Valente è la cliente con le gambe più lunghe che Artusio abbia mai avuto: la poveretta ha perso il sonno a furia di rimpiangere il prezioso diadema appartenuto alla nonna e da questa impegnato pur di far fronte a un debito. Sarebbe quindi il caso di recuperarlo. Artusio è avido: entrambi lo pagano profumatamente e lui, gli occhi che brillano, accetta senza troppe domande. Ben presto, però, intuisce che qualcosa non quadra. Lo pagano ancora. Questa volta per starne fuori. Ma Artusio è anche molto testardo e maledettamente orgoglioso. Ora vuole saperne di più: e, così, eccolo invischiato in un’accusa di duplice omicidio. Il commissario Lombardi gli sta addosso, tra i due non corre buon sangue. Artusio non rispetta le regole – talvolta, forse, neppure la legge – sfotte la polizia e si atteggia a duro. Questa è un’occasione come un’altra per dargli la regolata che merita. Si crede un dritto il nostro Artusio, mentre affronta con disinvoltura menzogne e raggiri, agguati e sparatorie. E intanto quei due casi finiscono per intrecciarsi. Eppure questo non lo turba troppo. Magari, l’aveva persino previsto. Del resto, conosce bene l’animo umano il nostro Artusio e ormai non vi ripone più alcuna fiducia. Adesso, però, è destinato a scoprire quanto ancora il male possa sorprenderlo e l’essere umano deluderlo.
L’Ombra del passato: la poetica del dissenso e della disillusione tipica del cinema noir hollywoodiano
L’ombra del passato è un racconto investigativo ispirato al cinema noir hollywoodiano. Dunque il Noir è un cinema realista, incentrato sulla modernità. L’epoca moderna è l’epoca della promiscuità e dell’uguaglianza formale. La caduta dell’antico regime è stata seguita dalla definitiva affermazione delle istituzioni, pubbliche e private, della borghesia. Nella società moderna non esistono più padroni e servi e gli antichi privilegi d’origine feudale sono stati cancellati. Ma nessuna trasformazione giuridica può stravolgere la natura umana.
Il cinema noir, oltre a essere sociale è anche psicologico: esso indaga l’animo umano, con le debolezze, i molti vizi, le poche virtù. Il cinema noir porta sullo schermo il concetto homo homini lupus e si risolve spesso in un racconto sulla sopraffazione dei più deboli ad opera dei più forti. Esso non risparmia le accuse alle istituzioni del potere, incapaci, indifferenti, corrotte. Allo stesso tempo il noir è spesso il racconto dell’insofferenza dell’individuo nei confronti della società in cui è costretto a vivere e del tentativo, vano e autodistruttivo, di evaderne, riscattandosi da un’esistenza carica di frustrazione, risentimento, dolore. In questa denuncia, ancora fortemente attuale, risiede il maggior fascino della poetica del dissenso che, infatti, è sopravvissuta anche dopo la conclusione del periodo d’oro del cinema noir propriamente detto.
Ma il noir è anche disillusione: non esiste lieto fine e, quando per qualche motivo, non si verifica la morte fisica del protagonista, costui subisce sempre un trauma interiore: a morire è una parte di lui, a morire sono speranze e illusioni riposte nella società e nel prossimo. Quante analogie si potrebbero trovare con il clima di paura e sconcerto che stiamo vivendo mentre fronteggiamo il covid-19 e ci scopriamo inermi, vulnerabili, fragili, come mai avremmo neppure immaginato di essere, circondati d’ogni confort e ritrovato tecnologico di ultima generazione. Eppure attraversiamo l’ennesima crisi della modernità – epoca di promiscuità per eccellenza – che, ancora una volta, esaspera disuguaglianze sociali, alimenta l’odio di classe, fomenta il dissenso e accresce la disillusione. Esiste però una speranza: se la giustizia umana è fredda e distaccata, tutta numeri e logica, talvolta il caso – solo un altro modo di scrivere la parola caos – può però correggerne gli errori, manifestandosi sotto forma di quella che gli anglosassoni definiscono poetic justice. E, sì, operando anche per mano di individui come il nostro Artusio: ribelli e sfrontati, eppure dotati di un codice morale che li costringe a solidarizzare con la sofferenza dei vinti e a smascherare l’ipocrisia benpensante dei vincitori. È il tipo irresistibile e tenebroso del romantico avventuriero e, in fondo, non cambia granché la circostanza che egli si aggiri nella buia jungla d’asfalto, anziché nell’assolato deserto del far west!
La città e l’ispirazione figurativa
“Mentre scrivevo L’ombra del passato, la mia immaginazione si nutriva di riferimenti cinematografici, pittorici e letterari” dice Stefano Sciacca
Quelli cinematografici sono evidenti sin dal titolo del libro: L’ombra del passato, infatti, è anche il titolo italiano di Murder, my Sweet (1944), piccola perla nera hollywoodiana, diretta da Edward Dmytryk, interpretata da Dick Powell e tratta dal romanzo di Raymond Chandler Farewell, my lovely (1940).
Le fonti di ispirazione pittoriche vanno da Edward Hoppere Giorgio de Chirico da una parte; George Grosz ed Ernst Ludwig Kirchner dall’altra. In Particolare di Hopper: i “solitari falchi della notte”, sono un omaggio al capolavoro Nighthawks. L’ufficio di Artusio, la sua “tana” riecheggiano l’atmosfera del quadro Office at night; Ancora di Edward Hopper, Night windows se si pensa al male che, dalla strada, risale e, attraverso una finestra socchiusa, penetra nelle case, persino nel sonno sotto forma di incubo espressionista .
In altri passaggi del romanzo la città de L’ombra del passato risulta frenetica, abbagliante, conturbante. La frenesia urbana che trascina e travolge l’individuo è certamente apparentata con l’atmosfera che seduce e corrompe il provinciale Lucien, nella Parigi moderna delle Illusioni perdute (1837-1843) di Balzac, o con il clima viziato e soffocante che costringe al delitto i protagonisti di Dostoevskij e di Döblin, rispettivamente in Delitto e Castigo (1866) e Berlin Alexanderplatz (1929). Ci sono lo spleen e l’alienazione individuate da Baudelaire quale cifra della moderna esistenza metropolitana e l’indifferenza, la disumanizzazione, la meccanizzazione denunciate da Pirandello nei Quaderni di Serafino Gubbio, operatore (1916).
E, così, eccoci anche al rapporto, spesso coatto e controverso, intrattenuto dai b-movies neri americani e New York, che ormai si era sostituita a Parigi quale instancabile e inarrestabile epicentro della modernità. Costretti a scendere in mezzo al traffico stradale, a farsi largo attraverso i marciapiedi affollati, i cineasti noir hanno imposto all’immaginario collettivo la figura della jungla d’asfalto, della città-pandemonio. Ma, in realtà, l’Europa aveva già manifestato la propria versione dell’inferno urbano, non solo per opera del cinema espressionista tedesco, ma anche attraverso l’arte figurativa di Kirchner (una delle cui numerose vedute urbane è riprodotta sulla copertina del romanzo) e di Grosz, il cui celebre dipinto, Metropolis (1917), rappresenta sì il modello americano, ma ne attesta, al contempo, le inquietanti similitudini con la realtà tedesca, perfettamente documentata nel celebre capolavoro di Walter Ruttmann, Berlin – Die Sinfonie der Großstadt (1927).
L’ombra del passato: il jazz e il linguaggio dell’interiorità
L’ombra del passato possiede una sua spiccata musicalità. Innanzi tutto, in omaggio alla tradizione che lega tra loro letteratura hard-boiled, cinema noir e musica jazz, sono inseriti numerosi richiami a questo genere musicale, da Louis Armstrong a George Gershwin, sino al nostro Buscaglione. Ma c’è di più. Perché, mediante un esperimento linguistico certamente spericolato e, probabilmente, non esente da potenziali censure, ho adottato una sintassi volutamente franta che richiama il ritmo della musica jazz, fatta di improvvisazioni, esitazioni, svolte impreviste, scoppi.
“In particolare, ho fatto un ricorso estremo al “punto e virgola” allo scopo di spezzare lo sviluppo del pensiero del protagonista che narra la vicenda in prima persona, finendo così per suggerire un’associazione tra il modo di operare della mente umana e l’andamento tutt’altro che lineare e armonico, ma travolgente, della musica jazz” racconta l’autore. “Si tratta dell’esito del processo di maturazione letteraria che ho attraversato durante il lavoro su Sir William Shakespeare, buffone e profeta: studiando il linguaggio dell’interiorità elaborato da Seneca e Shakespeare, da Dostoevskij e Pirandello, ho provato a dare la mia interpretazione della forma espressiva che si può attribuire allo sviluppo logico del pensiero e del discorso, giungendo a una conclusione, per così dire, opposta a quella di Joyce”
L’approfondimento psicologico dei caratteri, l’accurata descrizione dell’ambiente sociale e urbano, la riflessione sul senso dell’esistenza umana e sul funzionamento del destino assicurano a L’ombra del passato una forte personalità, che non potrà lasciare indifferente neppure il lettore meno esperto del genere.
Se questo è amore, edito da Mondadori, è l’ultimo romanzo di Eddy Lovaglio.
Eddy Lovaglio è una giornalista e scrittrice. Al 2002 risale la sua prima biografia italiana sul tenore italo-americano Mario Lanza, Mario Lanza, una voce un artista (edito da Azzali Editori), per la quale è stata ospite in diversi programmi Rai, oltre a Sky canale 906, BBC e Cultural Channel della TV Nazionale Russa.
Il 28 ottobre 2006, a Roma, riceve il Premio Athanòr per la Saggistica. Nel 2007 esce la biografia sul tenore Rinaldo Pelizzoni (edito da Azzali editori) e nel febbraio 2008 il libro su Renata Tebaldi (edito da Azzali Editori). Nel 2009 pubblica per il Comune di Parma il libro Valerio Zurlini, protagonista discreto, dedicato al noto regista scomparso.
Diversi sono i suoi scritti inclusi in libri di altri autori, sia di saggistica e sia di poesia. Dal 2009 ed ancora tuttora è co-direttore di due testate editoriali e si dedicata a saggi sulla voce lirica.
Se questo è amore: Sinossi
Se questo è amore è uscito nelle librerie il 14 Maggio. Il libro è attualmente disponibile in formato ebook ma, nei prossimi giorni, sarà reperibile anche in quello cartaceo.
All’ epoca Sara non poteva sapere che quella telefonata avrebbe cambiato il corso della sua esistenza.
Erano le prime ore del pomeriggio quando una voce dalla timbrica baritonale, austera e autoritaria ma, al tempo stesso, estremamente cortese e rassicurante, dall’altro capo del filo chiese di lei. A rispondere fu proprio Sara ed ebbe l’impressione che non si trattasse di uno dei soliti spasimanti, o millantatori, che cercavano di strapparle un appuntamento, come spesso avveniva. La telefonata fu piuttosto telegrafica. Anzi, forse fu proprio la sua brevità a non permettere a Sara di riflettere e fu così che senza rendersene conto accettò di incontrare uno sconosciuto. Era la prima volta.
Si tratta di un appuntamento di lavoro, pensò. Sembrava un approccio come tanti altri, poteva essere vero, poteva essere falso. Ma aveva la strana sensazione che qualcosa di inspiegabile faceva la differenza.
Il tono della voce dall’altra parte del filo era asettico e professionale, quasi disinteressato. Un avventuriero, un regista, un produttore, un talent scout, un semplice millantatore?
Ogni sorta di ipotesi affollava la mente di Sara durante le ore che la separavano da quell’incontro, si rese conto che aveva accettato l’appuntamento per il giorno seguente ancor prima di aver capito bene il nome dello sconosciuto.
Erano le due del pomeriggio di un giorno qualunque di ottobre e Sara aveva appena compiuto ventuno anni. All’angolo di una chiesa situata nei pressi della piazza principale della città, Sara, sempre puntuale agli appuntamenti, attendeva.
L’aria era fredda e umida, indossava un giaccone bianco di pelle foderato di pelliccia all’interno, una gonna bianca e blu ed un basco blu che lasciava scoperti due occhi smarriti che tradivano l’insicurezza di trovarsi lì. Prima ancora di riuscire a mettere ordine tra l’altalena dei suoi pensieri, un’auto si fermò proprio di fianco a lei. Il conducente, senza nemmeno scendere dall’auto, le fece cenno di salire.
Questo signore non brilla certo in galanteria, ma Sara salì ugualmente.
Seduta di fianco a lui, d’un tratto le prese il panico. Era abituata alle passerelle di Pitti e di Milano, abituata a professionisti e spasimanti d’ogni sorta, ma ora si sentiva come un canarino caduto nelle grinfie di un gatto affamato.
Di fianco a lei c’era un essere impenetrabile, che non riusciva bene a decifrare, trincerato dietro barriere più tortuose delle sue, un orso in trasferta, pensò.
Qual è il segreto della felicità? Non vorreste scoprire anche voi come fare della vostra vita un’opera d’arte?, “Quel desiderio – come scrisse Calvino – che spinge una rosa ad essere una rosa”. Sara, la protagonista di questo romanzo, ha un incontro fortuito col destino: si chiama Marcello. La sua vita improvvisamente subisce un radicale cambiamento, Sara distruggerà e ricostruirà la sua vita e la sua personalità. La tensione corre sul filo in un gioco di specchi tra intelletto e sentimenti. La lettura è intesa in chiave metaforica.
Se questo è amore è un romanzo psicologico che punta sull’interiorità dei due personaggi, attratti entrambi dalla mente umana e dai suoi straordinari meccanismi. Narra di una storia d’amore che potrebbe sembrare tossica e ossessiva, poiché la protagonista non riesce ad elaborare un pensiero critico e distaccato da quello che le sta accadendo e vive in bilico tra il razionale e l’irrazionale, tra l’introspezione e la ricerca del se.
Ma poi qualcosa accade. Sara vive una vita al di fuori di schemi preordinati e ciò le consente di comprendere l’ordine mondiale degli eventi e di capire il senso della vita stessa. Ambientato nel Nord Italia, il romanzo narra delle vicissitudini singolari di una vita trascorsa tra l’affascinante mondo delle top model e del cinema, dagli anni Ottanta ai giorni nostri, fino al tempo del Coronavirus
L’autrice, Eddy Lovaglio, ha pubblicato soprattutto biografie perché ama l’altrui vissuto dal quale si può imparare molto. Pertanto anche i suoi romanzi rispecchiano questa caratteristica e cioè la narrazione di una vita.
Sara, la protagonista di Se questo è amore, vive una vita al di fuori di schemi preordinati e ciò le consente di comprendere l’ordine mondiale degli eventi e di capire il senso della vita stessa, soprattutto in un momento storico come questo dove siamo più distanzi fisicamente ma possiamo essere più uniti idealmente e spiritualmente.
Edizioni Le Assassine, diretta da Tiziana Elsa Prina, è un piccolo gruppo di appassionate/i di crimeche da anni lavora nel mondo editoriale, occupandosi di scelta dei libri, traduzioni, editing e comunicazione. La casa editrice propone la letteratura gialla, declinandola nelle sue svariate sfaccettature – giallo a suspence, deduttivo, hard boiled, psicologico, noir –, negli stili più diversi – fantasiosi, essenziali, sofisticati, semplici, d’antan – e nei contesti geografici più vari – Marocco, Malesia, Canada, ma anche Germania, Francia, solo un piccolo esempio dei Paesi da cui vengono le scrittrici.
Il logo di Edizioni Le Assassine è un volto enigmatico, che rievoca donne un po’ misteriose, immerse in un’atmosfera inquietante.
Pur spaziando dall’enigma della camera chiusa al thriller psicologico, al noir, Edizioni Le Assassine ha “un centro di gravità permanente”: protagoniste della narrazione, oltre che le scrittrici, ci sono nel bene e nel male le donne, talvolta vittime e talaltra vessatrici.
Si è voluto avere, inoltre, uno sguardo più ampio sul mondo e così è stato pensato, di dedicarsi ai romanzi stranieri, mettendosi sulle tracce di penne che abitano i quattro angoli del globo e delle storie che più entusiasmano.
La ricerca non si ferma al presente, la passione per il crime, come una macchina del tempo, ha portato alla scoperta di scrittrici del passato, coraggiose pioniere di questo genere, A volte potranno sembrare distanti perché soggette a certe convenzioni letterarie e sociali, ma non per questo sono meno capaci di creare atmosfere intriganti.
La scelta di trattare la letteratura gialla non solo al femminile ma anche di scrittrici straniere sia viventi, per la collana Oltreconfine, che non per quella Vintage ha catalizzato l’attenzione di molte testate nazionali, trasformando Edizioni Le Assassine in un caso editoriale.
L’urlo dell’innocente per la collana Oltreconfine delle Edizioni Le Assassine
L’ultima uscita sul mercato editoriale de Le Edizioni Assassine è L’urlo dell’innocente di Unity Dow.
Unity Dow, giudice, attivista per i diritti umani, scrittrice e ministro del governo del Botswana è nata in un’area rurale dove i valori tradizionali erano dominanti; ha frequentato Giurisprudenza all’Università del Botwsana e dello Swaziland e poi a Edinburgh in Scozia, suscitando con la sua educazione occidentale un misto di stima, ma anche di sospetto. Impegnata nella difesa dei diritti delle donne, è stata tra le fondatrici di EmagnBasadi, la prima organizzazione femminile del Paese. Si è occupata dei diritti dei gay e ha partecipato anche alla creazione di Aids Action Trust. Prima donna giudice dell’Alta Corte del Botswana, si è impegnata molto per la democratizzazione delle leggi del Paese, per esempio nell’ambito del diritto di famiglia.
Personaggio poliedrico, ha dimostrato il suo valore anche come scrittrice; nei suoi libri spesso emergono i conflitti tra i valori occidentali e quelli tradizionali, ma anche i problemi riguardanti i rapporti tra uomo e donna in un continente afflitto dalla povertà come quello africano. Dow ha contribuito al libro Schicksal Afrika (Destino Africa) dell’ex presidente tedesco Horst Koehler (2009), e ha spesso fatto parte di missioni dell’Onu in Sierra Leone e Ruanda. Oltre al conferimento della Legion d’onore francese, Unity Dow è stata menzionata al Women of the World Summit nel marzo 2011 come una delle 150 donne che “scuotono il mondo”. Dal 2013 è entrata in politica e da allora ha più volte rivestito il ruolo di ministro.
Sinossi
Una ragazzina di dodici anni sparisce nei pressi del suo villaggio, nel Botswana. La polizia locale dice alla madre che è stata presa e uccisa dalle bestie feroci. Cinque anni dopo, la giovane Amantle Bokaa viene inviata in quel villaggio sperduto dell’Africa per assolvere un tirocinio nell’ospedale, e lì accidentalmente trova una scatola dalla misteriosa etichetta. La scatola contiene qualcosa che riporta al caso ormai archiviato e dà luogo alla ricerca della verità, verità che risulterà ben più terribile di quanto Amantle possa immaginare.
La guardava senza malizia: semplicemente la voleva, ne sentiva il bisogno. Certo, nel volerla e nel sentirne il bisogno c’era una qualche forma di affetto, anche se era difficile definirlo tale. E lei era, a conti fatti, disponibile. La guardava ridere con gli amici, gettando la testa all’indietro, mentre forse imitava con le braccia il volo di un uccello. Era intenta a raccontare una storia divertente ai compagni e tutti l’ascoltavano. Probabilmente stava facendo la sciocchina, come talvolta succede ai ragazzini. Qualsiasi cosa stesse facendo, non si era accorta che lui la osservava. Era la seconda volta che con l’auto passava accanto a quel gruppetto di bambini. Non aveva avuto difficoltà a riconoscerla, l’aveva già puntata in precedenza. No, la guardava senza malizia, senza volerle fare del male o causare dolore ai suoi famigliari. Semplicemente la voleva, ne sentiva il bisogno: dopo, il dolore sarebbe stato inevitabile. Sotto ogni aspetto lo si poteva considerare una brava persona
“Questo romanzo pubblicato da una piccola casa editrice australiana che ho trovato alla Fiera di Francoforte non è solo un thriller nato dalla fertile fantasia di uno scrittore, ma una storia che si basa su un caso vero o, forse, sarebbe meglio dire su casi veri di omicidi rituali. L’autrice, che tra l’altro è una donna nota nel continente africano per le sue battaglie per i diritti civili, ci porta infatti in un mondo sconosciuto a molti occidentali e attraverso la narrazione riesce non solo a creare quella suspense che si cerca in questo genere di romanzi, ma a farci capire aspetti di una società così lontana dalla nostra. Un libro, insomma, che incuriosisce, ma che strappa anche il cuore per quel che ci mostra” – ha dichiarato l’editrice Tiziana Elsa Prina
Edizioni Le Assassine: Il mistero della vetreria per la collana vintage
Edizioni Le Assassine arricchisce la sua collana vintage con Il mistero della vetreria di Margaret Armstrong, scritto nel 1939 con il titolo Murder in Stained Glass.
Margaret Armstrong nasce nel 1867 a New York da una famiglia socialmente molto in vista. Per gran parte della sua vita è illustratrice molto apprezzata di copertine in stile Art Nouveau e solo in età avanzata si dedica alla scrittura, diventando un’esponente tardiva della Golden Age. Come il padre, grande conoscitore dell’arte vetraria, e una sorella, Margaret si distingue per le sue doti artistiche e in tarda età abbandona l’attività di illustratrice per dedicarsi alla scrittura, pubblicando due biografie e tre romanzi gialli molto apprezzati dalla critica; tra i suoi lettori si annovera anche Agatha Christie.
Sinossi
La signorina Trumbull, agiata e frizzante newyorkese di mezza età, decide di lasciare la sua comoda dimora per andare a trovare la vecchia amica Charlotte. Non può sottrarsi all’invito, che prevede però già noioso, sia perché preferisce la vita effervescente di New York alla tranquillità della campagna, sia perché considera la donna un po’ triste e cupa. Tuttavia le sue previsioni saranno del tutto scombinate quando nella fornace della vetreria di Frederick Ullathorne, noto creatore di vetrate artistiche, verranno ritrovati resti umani. Grazie alla sua spiccata curiosità e a un’innata capacità investigativa, la signorina Trumbull si troverà così coinvolta nell’indagine ̶ che si rivela alquanto complicata ̶ per scoprire chi era la vittima e chi l’assassino; la guida la certezza di essere più abile del detective incaricato del caso, e di riuscire a “vedere ciò che altri non hanno visto”. Non sa che la sua intraprendenza potrebbe costarle cara.
Immagino che il tempo, bello o brutto che sia, abbia spesso fatto la differenza nella vita delle persone. È un’ovvietà, senza dubbio: tuttavia quando ripenso alla parte che ho avuto nel caso Ullathorne, mi rendo conto che se il sole non fosse stato così splendente in quel particolare lunedì mattina dello scorso marzo, niente di quello che è avvenuto a Bassett’s Bridge sarebbe accaduto esattamente nello stesso modo, e anzi una parte non sarebbe successa affatto. Perché io non sarei stata là. Era un po’ come quella filastrocca che diceva: “E venne il gatto che si mangiò il topo, che al mercato eccetera eccetera”. il tempo non si fosse messo al bello, non sarei andata a far visita a Charlotte Blair
Haycraft, uno dei maggiori studiosi del genere giallo, considerò Margaret Armstrong tra le migliori scrittrici che ricorsero nei loro romanzi alla tecnica dell’HIBK (Had I But Know ovvero “se lo avessi saputo”), di cui un’altra autrice americana, Mary Roberts Rinehat, fu l’iniziatrice
Ella utilizza questa tecnica, soprattutto nella parte iniziale e in quella finale. L’elemento caratterizzante era costituito dal narratore, di solito una donna, non più giovane e benestante, che si lamentava per le cose che avrebbe potuto fare per prevenire i terribili crimini esposti nella storia, se solo avesse avuto l’acutezza di prevederli.
Mentre per alcune detective amatoriali HIBK l’accusa è quella di mancare di razionalità e dunque di presentare un’investigatrice che resta incapace di risolvere il caso e che deve alla fine rivolgersi a un uomo per risolverlo, la nostra signorina Trumbull sa investigare con vigore e intelligenza e giunge alla soluzione più logica, se solo l’autrice non intervenisse con un paio di mosse che portano a un esito inatteso della vicenda.
Insomma, ci viene presentata una figura di donna agiata, determinata e single e che a tratti ci meraviglia per la sua libertà di pensiero e di azione: in nuce ha tutte le caratteristiche della donna emancipata che sa bastare a se stessa, pur non rinunciando a un certo lato romantico soprattutto nei confronti di due giovani personaggi della storia che faticano a coronare il loro sogno d’amore: in quel caso si presenterà non più come una novella Sherlock Holmes ma come la Fata Turchina.
Un altro elemento interessante del libro e della tecnica narrativa a cui si faceva riferimento è la narrazione in prima persona, che nel giallo della Armstrong riesce a dare un tono leggero e anche divertente all’intera vicenda, cosa non facile visti i tranelli e le difficoltà che pone l’utilizzo della prima persona al posto della terza. Immaginiamo infatti un personaggio come Miss Marple che narra in prima persona invece che in terza come perderebbe molto della sua attrattiva, anche se in fondo entrambe le investigatrici hanno almeno una somiglianza: la capacità di trarre informazioni dalle chiacchiere degli altri.
Abbastanza curioso, poi, il fatto che uno dei personaggi più immorali e spiacevoli del romanzo abbia la stessa professione del padre della Armstrong. Che in qualche modo rispecchiasse una relazione difficile padre-figlia?
Anche Charlotte, l’amica dell’investigatrice improvvisata, ricorda vagamente la scrittrice: le accomuna la passione per la natura, che portò l’autrice a viaggiare per il West, raccogliendo nozioni sui fiori selvatici che poi mise in un libro.
Domina comunque sull’intera storia il personaggio della signorina Trumbull, che inizialmente indaga per curiosità, ma poi viene spinta dalla volontà di anticipare le mosse della polizia per soddisfare un suo personale bisogno, quello di arrivare a un finale del caso che sia positivo per le persone che le sono care, più che per un senso di giustizia. Non manca infatti un lato romantico della donna che influenza talvolta le sue teorie, rendendole un po’ fantasiose, anche se poi lei sa prendere in mano le situazioni con molto senso pratico.
Pur trovandoci di fronte a un delitto, non proviamo angoscia, ma curiosità per il dipanarsi della vicenda, e il modo leggero in cui la donna tratteggia personaggi e situazioni spesso ci strappa un sorriso.
Diversamente liberi, edita da Pasquale Gnasso Editore è l’opera prima di Luisa Pitocchelli.
Luisa Pitocchelli, classe 1996, è nata il 10 Aprile ad Aversa. La giovane penna affida la sua opera a Pasquale Gnasso Editore. La casa editrice, nata nel 2017 porta il nome del suo fondatore e si fa largo nel mondo editoriale, portando sugli scaffali un’editoria basata su tematiche di tipo sociale.
Diversamente liberi: Sinossi
In Diversamente liberi la scrittrice mette nero su bianco la sua esperienza come volontaria presso la casa circondariale Francesco Uccella di Santa Maria Capua Vetere dove ha svolto attività teatrali a scopo rieducativo. Nel libro sono ben delineati gli effetti che tali attività hanno avuto sui detenuti, insieme ad una descrizione fedele della vita all’interno del carcere, dei pregiudizi che ruotano attorno a questa realtà e dell’importanza del recupero nei contesti detentivi
“Come ti è venuto in mente?” – il tono preoccupato di mia
madre, accompagnato dallo sguardo interrogativo di mia so-
rella e dalla fronte corrucciata di mio padre, formano l’imma-
gine che ho di fronte al mio esternare il proposito che ho per
il futuro: andare ad insegnare ai detenuti in carcere come si re-
cita. Qui a parlare è una ventiduenne che ha passato gli ultimi
otto anni della sua vita salendo e scendendo da tavole di teatri
di provincia, abituata quindi a posare gli occhi su realtà cari-
che di arte e bellezza in tutta la loro semplicità, penso che sia
questo il motivo per cui risulta assurdo per gli altri il mio voler
addentrarmi in un luogo dove di arte e cose belle non sembra
essercene l’ombra, ma nonostante ciò non mi lascio scalfire –
“Non ho pregiudizi, voglio solo aiutare le persone ad uscire
dalle loro prigioni mentali”, risposta secca la mia, che dà vita
ad un susseguirsi di scuotimenti di testa da parte di tutti e tre
i componenti della mia famiglia.
Tutto è nato grazie ai Sud Atella, la compagnia teatrale di cui anche la scrittrice fa parte.
L’idea iniziale era quella di portare il teatro all’interno del carcere come progetto rieducativo per i detenuti . Ben presto tutto si è trasformata in qualcosa di più profondo.
Luisa, con la sua compagnia teatrale ha varcato la casa circondiate, portando con sé come unico strumento il teatro, come modo di conoscere e conoscersi. Attori e detenuti si sono ritrovati uno di fronte all’altro, tutti uguali, immedesimandosi gli uni negli altri e scoprendosi vicendevolmente.
Da questa esperienza condivisa è nato Diversamente liberi. Un viaggio nel mondo del carcere ma soprattutto nelle vite delle persone. Perché dentro ad una cella c’è sì un detenuto condannato per pene gravi o meno gravi, ma ci sono soprattutto uomini con una propria identità e storia.
A queste si aggiunge un resoconto dei miglioramenti dei partecipanti al progetto che la scrittrice si appuntava in corso d’opera. La trama si arricchisce di impressioni, emozioni e pensieri di ognuno: oltre quello dei detenuti, lo sguardo interno della scrittrice che è stata faccia a faccia con uomini privati della libertà ma anche quello esterno, di chi quella libertà ne gode apertamente.
Un’opera, scevra da pietismi. “Un libro che ha l’intento di sfatare i pregiudizi che avvolgono coloro che vivono il carcere. Ognuno di noi potrebbe essere un futuro recluso. Far arrivare dunque il messaggio che anche chi ha sbagliato ha diritto ad essere rieducato e ha soprattutto l’opportunità di redimersi, è l’intenzione principale” come ha dichiarato Susy Ronca, la presidente della compagnia teatrale.
“ Siamo partiti con la volontà di avvicinare i reclusi al mondo della messa in scena ,mostrando loro un’altra opportunità per essere liberi. “L’idea deI Carcere come luogo solo di privazione della libertà è sbagliata. Le persone che abbiamoconosciuto vogliono migliorare perché una volta usciti, non vogliono ricommettere lo stesso errore. Il Teatro da anche questo tipo di opportunità. Con questo libro abbiamo dato voce alle sensazioni scaturite da questa esperienza e il titolo Diversamente Liberi non poteva essere più adatto” sottolinea la scrittrice.
Un racconto per regalare un sorriso ai lettori e raccogliere fondi destinati alle strutture sanitarie del Sannio, impegnate a gestire la lotta al Covid-19. Questo il progetto che sta portando avanti Salvatore Puzella, scrittore sannita, con Gelsomina in quarantena: una bambina di dieci anni che si ritrova, suo malgrado, a vivere una lunga convalescenza. L’esperienza, affrontata inizialmente con atteggiamento passivo, si rivelerà un episodio non privo di risvolti positivi. Sarà per Gelsomina un momento di crescita personale, un’occasione per scoprire nuove passioni e ritrovare l’affetto dei suoi cari.
Il racconto è ambientato nel Sannio, terra di cui è originario l’autore, otto anni dopo la pandemia da coronavirus che ha messo in ginocchio il mondo nel 2020. La scrittura è diretta, scanzonata e con incursioni dialettali che colorano il testo. Poco più di venti pagine che regalano un sorriso e un messaggio di speranza. Oltre ad aiutare chi ci aiuta.
Gelsomina è una bambina di 10 anni che si ritrova, suo malgrado, a vivere una quarantena forzata a causa di uno sfortunato incidente, che la costringe a letto per un mese intero. In questo periodo, le sue giornate sono occupate dalla noia e dal tentativo di combatterla attraverso il cellulare e i social network.
È sua sorella Angela, diciannovenne intelligente e carismatica, a fornirle un efficace antidoto e a raccontarle una storia che Gelsomina, per la sua tenera età, non può proprio ricordare: quella di un’altra quarantena che, qualche anno prima, ha costretto a casa ben più di una bambina e ha avuto conseguenza nefaste per la popolazione mondiale. È in quel momento così complicato che Angela, rinchiusa tra quattro mura per via dell’emergenza Covid-19, ha letto il suo primo libro e si è innamorata della letteratura. Come a voler continuare una tradizione familiare, consiglia a Gelsomina di leggere quello stesso romanzo. La protagonista intraprende, così, un’esperienza totalmente sconosciuta sino a quel momento, ma che si rivela, ben presto, un punto di svolta per la sua crescita personale.
Uno sguardo innocente, dunque, sull’emergenza che stiamo vivendo, e che mai avevamo conosciuto prima che potrebbe essere anche il nostro in modo tale da farci scoprire nuovo orizzonti e riassaporare cose che pensavamo di aver dimenticato durante questa quarantena.
Al termine della lettura, Gelsomina fa proprio il messaggio della storia e lo rielabora, con il candore e la vivacità che la contraddistinguono, riuscendo, così, ad aiutare e a consigliare Angela, e dimostrando, ancora una volta, quanto sia trasversale e fluido il potere della letteratura.
Gelsominain quarantena è pubblicato da Amazon sulla piattaforma Kindle Store ed è disponibile al prezzo di € 2,99, in versione eBook, e € 5,19, in versione cartacea (qui il link). Le royalty dell’autore saranno devolute agli ospedali che stanno contrastando il coronavirus nel Sannio.
Fiori di loto, edito da Buendia books e Tesoro d’Irlanda, edito da More Stories sono gli ultimi due romanzi di Manuela Chiarottino.
Manuela Chiarottino è nata e vive in provincia di Torino. Vincitrice del concorso Verbania for Women 2019 e del Premio nazionale di letteratura per l’infanzia Fondazione Marazza 2019, ha abbandonato una carriera da informatica per dedicarsi a tempo pieno alla scrittura, passione innata che coltiva in modo prolifico, approfondendo in particolare le tematiche dei sentimenti e delle relazioni in diverse sfumature.
Tra le sue pubblicazioni: La bambina che annusava i libri (More Stories, 2019), Incompatibili (Le Mezzelane, 2019) La custode della seta (Buendia Books, 2019), Tutti i colori di Byron (Buendia Books, 2018), vincitore del concorso Barbera da… Leggere 2018, Il gioco dei desideri (Amarganta, 2018), Maga per caso (Le Mezzelane, 2018), Un amore a cinque stelle (Triskell, 2016), Cuori al galoppo (Rizzoli 2016), Due passi avanti un passo indietro (Amarganta, 2016), Il mio perfetto vestito portafortuna (La Corte, 2016), Ancora prima di incontrarti (Rizzoli, 2015) e molti altri.
Fiori di loto
Fiori di loto è uscito il 14 Febbraio 2020 e distribuito sul mercato nazionale da Directbook – Interscienze Srl.
Il romanzo è il frutto di un lavoro condiviso tra donne : ad arricchire l’opera, oltre la penna della Chiarottino e il lavoro dell’editrice, c’è la prefazione a cura di Mariangela Camocardi,scrittrice e presidente di giuria del Premio Letterario Verbania for Women, il commento finale di Arianna Garrone, Direttrice dell’Istituto Artemisia Formazione in Counseling Relazionale e Coaching e l’appendice della Dott.ssa Etta Finocchiaro, Medico Chirurgo Specialista in Dietologia e Scienza dell’Alimentazione presso Ospedale Molinette di Torino. L’opera ha ricevuto il Patrocinio e la postfazione della Fondazione Ricerca Molinette. Parte del ricavato delle vendite del libro, sarà a loro devoluto, a sostegno del progetto Donne per le Donne per la prevenzione e la cura dei tumori al seno
I boccioli ovali si schiudevano lenti, fino a comporre il fio- re nei suoi grandi petali rosa violacei, allargati su un intricato letto di foglie fluttuanti. Una stella che adesso sembrava splendere nella melma. Il seme non aveva conosciuto la terra, non ne aveva bisogno, restava immerso nell’acqua paludosa e nel fango per settimane, in certi casi sigillato per anni.
Perdere o vedere irrimediabilmente cambiata una parte di sé, a causa di un male crudele o di un destino scritto da qualcun altro, è del resto un’esperienza traumatica che segna nell’intimo. Segni e cicatrici tatuano la pelle e non solo, scavano nell’animo e minacciano di chiudere il cuore, facendoci dubitare dell’immagine di chi eravamo, chi siamo e saremo. Da una ferita, però, può sbocciare una vita nuova, con radici ancora più profonde e variopinte, così forte da ergersi oltre il fango dei ricordi e le paure, schiudendo i petali su un mondo tutto da esplorare.
Laura ha subito la mastectomia e sta reinventando una seconda esistenza circondata dai volumi della sua libreria, ma qualcosa le impedisce di aprirsi davvero alle possibilità che ha di fronte e forse all’amore.
Dall’altra Ah-lai, conserva sul viso le tracce di una storia lontana, e nei piedi le conseguenze della fasciatura; fluttua come un giunco nel vento, eppure il suo spirito non si è mai spezzato, nemmeno dopo aver provato la fugace gioia di un sentimento vero e travolgente.
Un incontro nato quasi per caso, nutrito dalla condivisione, dai racconti e una nuova consapevolezza del proprio Io: un’amicizia delicata come il loto e altrettanto preziosa, tenace e indimenticabile.
“Con questa storia – dichiarato Chiarottino – ho voluto parlare di come la donna venga troppo spesso giudicata per il suo aspetto e, soprattutto, di come lei stessa finisca per sentirsi realizzata solo se risponde a uno stereotipo di bellezza femminile, dettami di bellezza e sessualità, decretati, chissà perché, dagli uomini e dalla società, che spesso dagli uomini è gestita. Criteri che possono cambiare nel tempo e nei luoghi ma che finiscono sempre per condizionarci. Ho cercato di farlo attraverso la storia di Ah-lai e Laura, due donne all’apparenza diverse tra loro ma unite dal dolore e dal coraggio.
Ma non è una storia solo al femminile, sono convinta possa essere una storia per tutti, perché di tutti può essere una nuova consapevolezza. E soprattutto, e questo è l’unico messaggio che vorrei trasmettere, di come ogni donna sia un fiore di loto, all’apparenza fragile nella sua bellezza, ma forte e tenace, pronto a emergere dal fango e ritrovare l’amore per la vita e per se stessa.
Tesoro D’Irlanda
A neppure un mese di distanza dal toccante romanzo Fiori di loto Manuela Chiarottino esce sul mercato editoriale con Tesoro d’Irlanda, una nuova storia dalla forza di un amore incontenibile edita da More Stories.
Annebbiato, stanco, confuso. Le onde lambivano la sponda di sabbia, spingendosi fino a sfiorargli le scarpe, ma Fosco rimaneva lì, a fissare con sguardo assente quel continuo fluire e tornare. I suoi occhi erano dello stesso colore del mare in tempesta, la bocca sapeva ancora di quel liquido dorato e forte che aveva tracannato poco prima per anestetizzare i pensieri. Raccolse una pietra: quella sensazione di liscezza gli dava uno strano sollievo. Continuava a girarla tra le dita, cercando di capire che cosa riportava alla mente: la pelle di una donna bianca come la luna, le guance vellutate di quando stendeva con la mano un velo di dopobarba sulla pelle rasata, il viso innocente di un bambino. A quell’immagine, un lieve tremore lo percorse. Scagliò il sasso con tutta la sua forza e lo seguì con lo sguardo mentre veniva inghiottito da un’onda scura.
Non sempre il cuore ha radici nel luogo in cui vive, ed Eillen lo sa bene.
Cresciuta con suo padre fin dalla tenera età, subendo l’abbandono della madre, la giovane frontwoman di un gruppo celtico è ormai una donna adulta con grandi ambizioni ma che non ha ancora incontrato l’amore.
La terra verde della sua infanzia sembra di nuovo chiamarla a sé, giorno dopo giorno.
Ogni particolare conduce i suoi passi sulle tracce dell’isola, e l’incontro con Fosco, un uomo taciturno e affascinante, la turba fino a costringerla a mettere tutto in discussione, dal cuore alla ragione.
E se avesse avuto sempre ragione sua madre, mentre narrava di fate dei boschi e magie d’altri tempi?E se l’amore prescindesse la realtà, scegliendo vie a volte surreali, ma altrettanto vivide?
“Tesoro d’Irlanda – dichiara l’autrice – è una storia d’amore, ma non solo, è anche un viaggio. Quello di una giovane donna alla ricerca delle proprie origini, un viaggio che la porterà in una terra incantata, dove tra scogliere e onde impetuose, boschi che sussurrano misteri e prati in fiore, troverà più di quanto si sarebbe aspettata. Un viaggio interiore, per ritrovare quella parte di sé bambina a lungo dimenticata e accogliere la magia che pervade ogni cosa. Non importa se sia reale o meno, basterà conservare la meraviglia nello sguardo, la voglia di sognare e affidarsi all’amore”.
Manuela Chiarottino in questo 2020 regala due romanzi e confeziona, con garbo e sensibilità, due storie, due tonalità diverse dello stesso colore: il rosa e il meraviglioso mondo delle donne, la loro forza, la loro resilienza e la capacità di rinascere dalle proprie ceneri come delle mitologiche fenici, alla ricerca di se stesse e di una propria dimensione nel mondo.
E ascoltai solo me stesso, pubblicato in seconda edizione dalla casa editrice Kimerik, è la terza opera di Giovanni Margarone. Nato il 17 ottobre 1965, lo scrittore è originario di Alessandria ma friulano di adozione. Sin da ragazzo le sue due vocazioni naturali sono la scrittura e la musica.
All’età di dodici anni, mentre si accinge ad intraprendere lezioni di pianoforte, Margarone scrive i suoi primi due romanzi mai pubblicati. Assiduo lettore, cultore della musica e della filosofia , continua a scrivere, producendo pensieri e racconti brevi, anch’essi mai divulgati. Nel 2011 crea un blog che negli anni successivi ispirerà il saggio di scienze sociali Oltre l’orizzonte, pubblicato nel 2013. Il 2018 consacra Giovanni Margarone al mondo del mercato editoriale, scrive e pubblica per la casa editrice Kimerik tre romanzi: Note fragili (seconda edizione), Le ombre delle verità svelate (seconda edizione), Quella notte senza luna . Nel 2019 esce E ascoltai solo me stesso. Nello stesso anno, un suo racconto Il segreto del casone è inserito nell’antologia “Friulani per sempre” – con postfazione di Bruno Pizzul – edito da Edizioni della sera.
Tutte le sue opere sono state insignite da numerosi riconoscimenti a livello nazionale, posizionandosi spesso ai primi posti di diversi concorsi letterari. In particolare il suo ultimo romanzo si è aggiudicato il secondo posto al Premio letterario internazionale Lilly Brogi La Pergola Arte 2019 XI Ed. di Firenze. In più è finalista al Premio Letterario Internazionale di Poesia e Narrativa Virgilio in Antica Atella II edizione 2019 di Frattaminore.
I romanzi di Margarone rientrano maggiormente in quelli di formazione, per via dell’evoluzione che fanno compiere ai protagonisti. Forte è la componente introspettiva e psicologica, nonché l’evocazione al neorealismo del ‘900 italiano, per cui il personaggio resta sempre e comunque l’elemento centrale delle narrazioni, che potrebbero essere quindi ambientate in qualunque luogo. Per questo, le descrizioni dei luoghi in cui i personaggi si muovono fungono essenzialmente da supporto, senza peraltro appesantire, ma concedendo la giusta enfasi.
Si nota nell’autore una spiccata attenzione verso la letteratura ottocentesca russa, francese e tedesca (in particolare, Dostoevskij, Proust, Goethe, Tolstoj, Prevost, Balzac per citarne alcuni); senza dimenticare i riferimenti al Novecento italiano, nelle figure, fra gli altri, di Svevo, Cassola, Calvino e Cesare Pavese.
E ascoltai solo me stesso
Michel Dubois viveva in una piccola casa sulle rive del PetitRhône, in Camargue, non lontano da Saintes-Maries-de-la-Mer. Era un uomo rude, di poche parole e trascorreva le giornate a lavorare nei suoi campi e a curare i suoi cavalli bianchi. Era molto geloso dei suoi cavalli, li chiamava per nome, ne aveva tre. Erano bellissimi. Non avrebbe scambiato l’amore per nessuna donna al posto dei suoi cavalli. Dubois odiava le donne e, in generale in apparenza, l’intero genere umano, almeno così dicevano in paese. Sosteneva che gli animali erano i veri abitanti della Terra perché, se si ammazzavano, lo facevano solo per istinto di sopravvivenza. Per questo raramente andava a Saintes-Maries-de-la-Mere e quando ci andava, ci stava lo stretto necessario per approvvigionarsi di ciò che gli necessitava, schivando coloro che pure lo conoscevano. Li schivava perché sapeva che parlavano male di lui. Ci andava con la sua vecchia e sgangherata Renault 4. La riempiva di roba e poi, mentre la sua auto ansimava dallo sforzo, tornava lentamente a casa. Il Dubois chi fosse lo sapevano tutti, ma nessuno lo conosceva veramente. Molti lo canzonavano per quella vita da semi eremita che conduceva, pur essendo a un passo dal paese e dal mare. Era come se lui vivesse sul costone ripido di una montagna, in compagnia della sua solitudine e dell’echeggiare del vento. Lassù, dove solo le aquile riescono ad arrivare vincendo le correnti delle altitudini. Poco si sapeva di lui, qualcuno pensava che non fosse neanche francese. Tuttavia, tutti lo consideravano un uomo pazzo e malvagio, fosco e gretto.
In E ascoltai solo me stesso, l’autore racconta di Jacques, un giovane della provincia francese, che durante il proprio percorso tardo adolescenziale conosce Michel Dubois, un anziano agricoltore di origine spagnola dal misterioso passato che vive un’esistenza solitaria nel sud della Francia, nei cui confronti la popolazione del paese nutre profondi preconcetti. In questa fase la vicenda umana di Jacques si arricchisce anche del rapporto sentimentale con la coetanea Josephine. Tali incontri, in un crescendo di subitanei colpi di scena, rappresenteranno per il protagonista dei naturali concetti paradigmatici della maturazione esistenziale, nonché una sorta di palingenesi, vista come rinascita spirituale e sociale non solo personale ma collettiva. E nel suo percorso, Jacques ascolterà solo e soltanto se stesso, sordo dei preconcetti che aleggiano nel suo paese, Saintes-Maries-de-la-Mer.
Di E ascoltai solo me stesso il celebre artista e poeta Enrico Marras ha scritto: “In questo nuovo romanzo di Giovanni Margarone, ambientato nella Francia del sud, il protagonista principale narra il suo profondo percorso introspettivo, denso delle problematicità adolescenziali e della sua precipua intenzione di seguire solo ciò che sente dentro se stesso, con l’intento di sfuggire a qualsiasi tipo di preconcetto.
Questo incontro rappresenta per l’autore Giovanni Margarone la palingenesi, vista come rinascita spirituale e sociale non solo personale ma collettiva, quasi un percorso catartico di redenzione magistralmente articolato dall’autore. Meritano un’analisi di estremo interesse storico i capitoli della narrazione autobiografica del secondo protagonista, in una sorta di condivisione simbiotica col principale, sugli atroci eventi che hanno contraddistinto la guerra civile spagnola (con la menzione alla città di Guernica e ai suoi avvenimenti tragici, proiettati in modo indelebile nella storia attraverso il capolavoro di Picasso) e il conseguente dramma dei profughi spagnoli antifranchisti, dei quali Michel faceva parte, in terra francese
Giovanni Margarone, alla sua quarta fatica letteraria, si rivela sempre più padrone delle sue storie muovendosi in uno stile attento a coniugare il contemporaneo con la lezione dei classici da lui amati, inquadrabili in particolare fra la seconda metà dell’Ottocento e il primo Novecento, dalla descrizione dei processi interiori individuabili in un’attenta analisi della cifra proustiana (“Recherche”) o all’evidente insondabilità umana di pirandelliana memoria. Margarone, in un susseguirsi d’intrecci narrativi, insegue i suoi personaggi sviluppandone l’essenza da diversi angoli di visuale, costringendoci ad affrontare la natura umana nei suoi aspetti più impenetrabili e controversi che, una volta scandagliati, raggiungono la salvifica consapevolezza del dubbio.