Da qualche tempo era affetto da Alzheimer, Jacques Rivette, l’elegante regista esponente della Nouvelle Vague, lodato dalla critica e poco conosciuto al pubblico, che si è spento a ottantasette anni il 29 gennaio scorso a Parigi. Nato a Rouen nel 1928, Rivette, si trasferisce a Parigi per studiare presso la Sorbona ma ben presto sceglie la cinefilia collaborando alla “Gazette du cinéma” e sui celebri “Cahiers du cinéma” (di cui è stato anche direttore nel 1963) e stringendo amicizie registi come Astruc, Godard e Rohmer. L’esordio dietro la cinepresa avviene grazie ad un corto del 1956, Le coup du berger, ma il suo primo film è Paris nous appartient, prodotto da altri due grandi rappresentanti del cinema francese, Truffaut e Chabrol, un must da cineteca, un thriller esistenzialistico che però risulterà essere un fiasco.
Jacques Rivette, un regista raffinato
Il cinema di Jacques Rivette offre il ritratto di un universo caleidoscopico e labirintico, che riflette tra finzione e realtà, un’umanità angosciata, pensiamo alla pellicola Suzanne Simonin, la religieuse, tratto dal romanzo di Denis Diderot, scritto prima per il teatro e poi trasposto sul grande schermo. Si tratta di un’opera di successo ma che è stata molto criticata e censurata.
Con L’amoru fou (1967), Rivette affronta tematiche contemporanee sempre col piglio esistenzialista, “tampinando” una coppia come se si trovasse in uno dei realities odierni, mentre con Out 1: spectre (1970), il regista francese intreccia spunti balzacchiani ai percorsi di una compagnia teatrale. Ma Rivette continua ad essere ignorato dal pubblico. Tuttavia i successivi film Merry-Go-Round, Céline et Julie vont en bateau, L’amore in pezzi, Una recita a quattro, Alto basso fragile e Chi lo sa? risultano più interessanti per la raffinatezza che Rivette conferisce alle immagini, mettendo in rilievo la recitazione di taglio teatrale dei suoi attori. Ma in Jacques Rivette convivono più anime, ricontrabili in due film antitetici tra loro: La bella scontrosa (1991), uno dei più bei film sulla creazione artistica resa attraverso lo scontro sensuale tra la protagonista, la modella interpretata da Emmanuelle Beart e il pittore Michel Piccoli alle prese con un quadro incompiuto e l’inquietante noir Storia di Marie e Julien (2003), che racconta di un amore oscuro scandito dai tic tac degli orologi che arredano la fatiscente casa del protagonista.
L’Eros, i segreti, l’inquietudine, il doppio, la memoria, il tempo: sono queste le tematiche intorno alle quali ha riflettuto Rivette, la cui ultima sortita al cinema risale al 2009 con Questione di punti di vista, stravagante opera sullo spettacolo del circo ambulante, che riflette sui drammi sentimentali.