Domani giovedì 29 luglio, alle ore 18,00, presso la sede provvisoria dell’Istituto di Cultura “Torquato Tasso” il prof. Guido D’agostino terrà una conferenza sul «Filo rosso della storia di Napoli», moderato da Aniello Clemente.
Come si coniugano Storia e Teologia? «La resistenza non è solo dei civili ma anche dei militari. Ricordare più che un dovere è un diritto. Non bisogna dimenticare», queste parole sono dell’illustre ospite.
La lunga storia del Mezzogiorno e di Napoli il prof. Guido D’Agostino l’ha studiata avendone una visione storiografia che privilegia l’impostazione rivoluzionaria. Cioè esiste una ricostruzione legata dal filo rosso delle manifestazioni dettate dalla voglia di contare, di non subire passivamente, del dire un «no!» fermo a quello che non è sopportabile.
Ecco dove s’innesta l’unione Storia e Teologia. La realtà dell’uomo è stata da sempre al centro della riflessione teologica. Il suo destino, la grandezza dei suoi orizzonti e le pur immancabili cadute, la sua complessa e problematica compagine strutturale hanno da sempre interrogato la coscienza dei credenti e degli atei: «Che cosa è l’uomo perché te ne ricordi, e il figlio dell’uomo perché te ne curi?» si chiedeva già il salmista alcuni millenni or sono meditando sulla finitezza dell’essere umano dinanzi ad un immenso cielo stellato (cf. Sal 8,4-5).
Uomo che quando prende coscienza di sé, deve anelare alla libertà. Nel 1507 la monarchia intende impiantare nel Regno l’Inquisizione “alla maniera di Spagna”, ma il popolo insorge e il re è costretto a ritirare il proclama. Quarant’anni dopo don Pedro de Toledo, detto “il viceré di ferro” (il re era Carlo V), decide di chiudere le Accademie ma il popolo e i nobili si ribellano e proprio questo fa in modo che l’iniziativa fallisca.
Nel 1585 l’assessore all’Annona (vettovaglie) aumenta il prezzo del pane senza immaginare minimamente le conseguenze di tale folle proposta. Nel luglio del 1607 sorge un capopopolo: Tommaso Aniello detto Masaniello. Di contro, caso più unico che raro è la rivolta del 1701 detta la congiura di Macchia, che prende il nome da Gaetano Gambacorta, principe di Macchia, con cui la nobiltà napoletana tentò senza successo di rovesciare il governo vicereale spagnolo, durante la crisi successoria che si verificò in seguito alla morte di Carlo II di Spagna con l’estinzione del ramo spagnolo degli Asburgo.
E giungiamo alla rivoluzione del 1799 che rappresenta nella storia di Napoli e del Mezzogiorno il salto nella Modernità culturale e politica, come se si scoprisse anche da noi il 1789 come fu per la Francia, e a proposito dice un grande storico francese che per capire meglio il 1789 bisognerebbe andare a vedere quei dieci anni dopo nella realtà napoletana.
Il Colloquio è in concomitanza con le celebrazioni del 20 agosto che ricorderanno i martiri napoletani. Scopo della conferenza è ricordare che è vero, che spesso le nostre battaglie finiscono come quelle di Cefalonia, nell’isola greca, infatti, ci fu un episodio di resistenza, che finì male: i tedeschi fecero una strage, furono migliaia i soldati uccisi.
Ma dobbiamo ricordare che la nostra guerra sarà vinta se ricordiamo che contemporaneamente, a Napoli, invece, l’impresa riuscì: i tedeschi furono vinti, cacciati, mentre Partenope danzava abbracciata ad Odisseo.
La Storia è sventrata dall’universalità delle concause: se il battito di ali della farfalla provoca un uragano, a cosa ricondurre la scintilla di una guerra o di una rivoluzione? «Quando ogni cosa è collegata a tutto il resto, dove inizia il processo?»; come ricordava Galileo Galilei: «Le cose sono unite da legami invisibili. Non puoi cogliere un fiore senza turbare una stella».
Guido D’Agostino-Aniello Clemente: «Ricordare più che un dovere è un diritto!»