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Dio e mistero nell’universo di Gilbert Chesterton

Gilbert Keith Chesterton, autore caratterizzato dalla particolare sensibilità per le tematiche religiose e di fede, con L’uomo che fu Giovedi, pubblicato nel 1908, sembra voler cacciar fuori tutte le angosce e paure legate alla figura di Dio. Di un Dio o di Dio? È questa la domanda che forse emerge in questo particolarissimo romanzo, forse mai tanto considerato dalla critica.

L’uomo che fu Giovedì è a metà tra un thriller, un giallo, una descrizione onirica.
“C’era un lampione danzante, un melo danzante, una nave danzante: si sarebbe detto che il ritmo irresistibile di un musicista pazzo avesse trascinato tutti gli oggetti più comuni del campo e della strada a danzare una giga delirante”: è facile rimanere colpiti da questi squarci di stile sognante nel racconto.
L’intreccio tra metafisica, religione e sogno è la vera intelaiatura del racconto, ricoperta da questi squarci di particolare stile descrittivo. Il protagonista, Gabriel Syme, quando entrerà a far parte del segreto Consiglio Centrale Anarchico, si renderà pian piano conto di come un fitto mistero avvolge anche il loro capo supremo, che ha il simbolico nome di Domenica. Perché tutti i sei saggi che compongono questa setta segreta (oltre appunto al loro capo) hanno un nome come quello della settimana: a Syme, toccherà “Giovedi”.

Suggestivo è il rapporto tra l’essere poliziotto e l’interesse per l’anarchia:“Gabriel Syme non era solo un agente di polizia con pretese di poeta: era in realtà un poeta diventato agente di polizia”. La lotta senza quartiere che si instaurerà, a un certo punto, anche tra i sei saggi, l’intreccio di sospetti e di situazioni che si verranno a creare, decreterà un turbine di angoscia e ansietà, che le atmosfere oniriche del racconto contribuiranno a rendere, in alcuni punti, asfissiante. L’anarchia che, appunto, si leggerà in filigrana tra le pagine del romanzo, non riguarderà più la lotta dei saggi verso le genti del mondo, ma anche e soprattutto i loro intimi pensieri e ambizioni.

La lotta tra Lucian Gregory, anarchico anche nella “vita reale”, anche lui candidato a occupare un posto tra i sei saggi, e Syme, a lungo andare si fa complicata, coinvolge anche gli altri elementi del consiglio, e finisce per generare un vero inestricabile caos. In tutto ciò i saggi sono afflitti dal dover trovare un senso ai propri intenti, capire cosa cercano in realtà, quale è il senso della loro anarchica lotta nel mondo. Ecco cosa pronuncia loro Domenica: “Volete sapere che cosa sono io? Bull (Sabato), tu sei uno scienziato, fruga intorno alle radici di questo albero; Syme (Giovedì), tu sei un poeta: fruga in quelle nuvole mattutine. Ma io vi dico che avrete scoperto la verità fin sull’ultimo albero e fin sulla nube più alta, prima di scoprire la verità su di me. Voi capirete il mare, e io sarò ancora un enigma; saprete che cosa sono le stelle, e non saprete che cosa sono io”. Ma chi è Domenica? Sarà forse Dio? Il Dio che Syme-Giovedi teme incredibilmente e contro il quale cerca di combattere? E’ forse questo il vero senso della “ricerca anarchica”, vera protagonista del romanzo? L’ineffabilità di Domenica, il supremo che li comanda, serpeggia tra le pieghe di tutto il romanzo e rende incomprensibile il senso delle azioni dei personaggi (almeno fino a che non si arriva alla fine del racconto). L’atmosfera onirica induce a pensare che Syme sta sognando, forse un incubo, ma ciò non viene mai disvelato al lettore. 

Solo alla fine si legge: “L’esperienza di Syme era stata assai più strana, dal punto di vista psicologico, se pure ci fu davvero qualcosa di irreale, in senso terreno, nelle avventure per cui era passato: mentre, infatti, poté sempre ricordare, in seguito, di essere svenuto davanti al viso di Domenica, non riuscì mai a ricordare di essere tornato in sé”.

Cosa ci vuole comunicare Chesterton? È stato un sogno? La lotta di cui sono stati protagonisti, le battaglie e gli intrecci durante tutto il romanzo, cosa sono stati in realtà?

È il cercare di definire l’identità di Syme la questione che più stimola chi legge: Syme, ribellandosi al misterioso Domenica , fa forse da esempio a non arrendersi mai nelle lotte, ad aver coraggio, a non farsi soccombere da paure e privazioni. I richiami alla religione ci sono e sono forti, molte le allegorie: ma questo sembra intrecciarsi con la ricerca, con la volontà di capire se esiste e chi è Dio, se ha senso combatterlo o abbracciarlo. Senza dubbio l’esperienza personale dell’autore rientra molto tra le pagine di questo libro: Chesterton aveva trascorso un periodo di profonda crisi personale, da cui si era risollevato abbracciando teorie spiritische. Anche la sua storia con la religione è molto particolare: solo tardi nella sua vita, in età più che matura, deciderà di riabbracciare la fede cattolica, grazie alla figura di padre O’Connor, sul quale modellerà il padre Brown della sua omonima saga.

Tanto mistero, tanti interrogativi, nessuna risposta: questo sembra voler comunicare questo strano ma coinvolgente racconto che non si riesce a comprendere mai fino in fondo: ma forse è questo quello che vuole l’autore. D’ altronde, come potrebbe mai essere un romanzo in cui si cerca di capire il mistero per eccellenza?

 

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