Giovanni Pascoli, è più noto alla maggior parte del pubblico per la sua poesia piuttosto che per la sua conservazione della lignée esoterica e gnostica che riformulò in corposi testi che rischiano di essere dimenticati, se non conosciuti affatto.
Certamente è sotto gli occhi di tutti quelli che hanno studiato anche solo un minimo Giovanni Pascoli, il suo costante rapporto con la morte e il mistero, l’gnoto verso cui si protende l’animo, cercando di carpire i segreti e gli enigmi che provengono dal mondo. Bisogna a tal proposito tenere sempre presente che complice di questo particolare rapporto con la morte da parte del poeta, è la prova del dolore e della sofferenza cui fu sottoposto Pascoli nella prima gioventù, a causa dell’omicidio del padre. Infine l’amore di Pascoli, per il passato classico, in particolare per quel mondo greco-latino che è stato una costante della sua produzione poetica e delle sue traduzioni.
Giovanni Pascoli: l’iniziazione alla Massoneria
Londra, 1717. Alla luce delle candele, ed al tepore amichevole della locanda “All’oca e alla graticola”, nasce ufficialmente quella che sarà destinata a diventare, nei secoli, sino ai giorni nostri, la più diffusa ed enigmatica società segreta al mondo: la Massoneria.
Formazione intellettuale di gentiluomini – evoluzione di quelle affascinanti corporazioni medievali di scalpellini, usi tramandarsi allegoricamente i segreti del mestiere – , l’istituzione massonica coltivò, fin dal principio, il fine ultimo dell’elevazione etica, spirituale e culturale dei suoi affiliati, offrendo loro un insegnamento umano, filantropico ma anche deistico. Valore imprescindibile, per attraversare le Colonne del Tempio, era, infatti, la fede nell’esistenza di un qualsiasi Essere superiore, un Dio creatore, sì, dell’Universo, ma che, pur rimanendovi immanente, non sarebbe dovuto intervenire nelle questioni dell’Uomo.
Avvolta dal mistero, protetta da uno spesso velo di riservatezza, senza mai tralasciare i suoi antichi rituali, la Massoneria si è affermata – nello scorrere degli eoni – in ogni ambito della società, senza sdegnare, anzi, quasi prediligendolo, il mondo della cultura. Nel tempo, il suo insegnamento esoterico (dal greco esoterikòs, che vale “interno”; “riservato”, appunto) e gnostico (dal greco gnósis, “conoscenza”) ha sempre affascinato menti brillanti e curiose.
Ma qual è la portata del sostrato esoterico, gnostico e iniziatico dell’insegnamento massonico, sulla letteratura italiana? Un documento, un triangolo di carta ricavato da un foglio a righe, acquistato nel giugno del 2007 dal Grande Oriente d’Italia nell’asta romana della Casa Bloomsbury, con le risposte autografe di Pascoli, scandisce l’accesso alla Massoneria del celebre scrittore italiano attraverso tre domande rituali. “Che cosa deve l’uomo alla Patria?”, cui Pascoli rispose “La vita”. “Quali sono i doveri dell’Uomo verso l’Umanita’?”, cui scrittore rispose “D’amarla”. E infine: “Quali sono i doveri dell’Uomo verso se stesso?”, cui rispose “Di rispettarsi”.
Giovanni Pascoli (1855-1912), dunque è un autore, un maestro di letteratura da riscoprire, ascoltare la voce di un autentico maestro di letteratura, il cui pensiero fa ancora strada.
Figura illuminante nella prospettiva della ricerca iniziatica in letteratura, Giovanni Pascoli, dunque, fu l’uomo, il poeta, il letterato, il docente e – ultimo, ma con un’eco molto più ampia, rispetto a quanto si potrebbe pensare – l’iniziato all’istituzione massonica.
Egli ricevette l’iniziazione il 22 Aprile del 1882, nella Loggia “Rizzoli” di Bologna. Sia chiarito immediatamente che, appena tre anni dopo, la Loggia terminò definitivamente i lavori, ed il poeta non rinnovò l’iscrizione altrove. Inoltre, la maturità e la vecchiaia segnarono, per il poeta, un ritorno alla fede cattolica:
«Voglio dietro alla mia bara un fraticello francescano, oppure un bambino colla Croce, simboli della vera fede». (G. Pascoli, in vecchiaia, alludendo al suo funerale, come ricorda P. Mariani in La penna e il compasso).
L’iniziazione, però, segnò per Giovanni Pascoli un punto di non ritorno. Se la sua poesia, infatti, è pregna anche di elementi esoterici, la sua prosa mostra una visione dell’Uomo e della storia che possono essere accostate, non a torto, alla Tradizione massonica. Su quel piano poetico derivato dal Fanciullino, Pascoli rappresenta la poesia come unità contro il male (che è divisione), e come unico fattore in grado di restituire all’Uomo una piena coscienza di sé. La sua fu una romantica ricerca classica dei miti (ricerca totalmente antitetica al cristianesimo) che lo proiettò verso un anacronistico ritorno al primitivo, come si evince, exempli gratia, dall’ode Ad Antonio Fratti: “Ciò fu ai tempi che ai monti / stridevano ancor le Chimere“. Ed ancora, sempre nell’ode al garibaldino, avvertendo la nostalgia di quei tempi che, da Sparta, erano giunti ad un presente di rimpianti, difronte allo scetticismo moderno:
“Altri tempi, altri tempi che prischi
Chiama lo stanco sorriso
Nostro!”.
Potente, dunque, la tensione alla straordinarietà del principio, del primitivo, di quel passato di pace seguito da dissapori e guerre; fattori lontani anche da quegli ideali, certamente anche massonici, di Unione e Fratellanza.