Francesco Ferone è nato a Napoli nel 1993 e vive ad Ercolano; inizia ad appassionarsi al disegno come prima forma espressiva e ha sempre ritenuto alcune parole superflue. Il suo primo incontro con la fotografia è stato solitario e meditativo; dopo aver cambiato varie scuole, Francesco Ferone si diploma in grafica pubblicitaria, apprende le tecniche fotografiche e parallelamente inizia a tirar su anche qualche soldo con la sua prima reflex regalatagli da suo padre, per la quale prova una gelosia morbosa. Dopo il diploma insegue i suoi sogni cercando di potenziare il proprio bagaglio culturale iscrivendosi all’Accademia di Belle Arti di Napoli, iniziando anche con l’altra sua grande passione: il cinema. Ama la fotografia di Bresson, Mulas, Haas e Jodice e predilige i soggetti in movimento. Attualmente Francesco Ferone è impegnato in diversi progetti, tra cui quello riguardante il mercato di Pugliano, le stazioni d’arte di Napoli e la direzione di un cortometraggio e un documentario. Il suo talento, la sua umiltà e la sua tenacia lo conduranno molto lontano.
1. Perché ti sei appassionato alla fotografia?
Il primo approccio con la fotografia avvenne quando avevo 12 anni. Durante una gira scolastica, facendo delle foto alla mia classe, il mio eccentrico professore di musica vedendomi fotografare, sostenne la mia “dote” per il senso dell’inquadratura. Quelle parole mi incoraggiarono ad incentivare questa propensione, che già avevo, verso l’arte e in particolare il disegno, che mi ha sempre accompagnato. Ma sì, quello fu il primo vero incontro con la fotografia in senso stretto. Ho deciso di inseguire questo “daimon” e devo dire che aveva ragione. La fotografia è per me un amore, che va quindi coltivato e quando lo fai nel modo giusto ti aiuta a vivere meglio.
2. Cose cerchi in particolare nelle persone che fotografi? Cosa provi a cogliere?
Il loro essere. Infatti non amo ritrarle nei loro modi “spontanei”. A mio giudizio credo che sia un falso “mito” quello di credere che chi viene ritratto in maniera spontanea mostri il suo lato più vero. Piuttosto, sapendo di essere fotografate, le persone, mostrano un lato di loro stesse che probabilmente non verrebbe fuori nella loro spontaneità. Ovviamente questo è il mio punto di vista. Alla base di questo però c’è sempre la conoscenza del soggetto, la consapevolezza di quello che si fa in ogni lavoro è la base.
3. Sei nato in provincia di Napoli, cosa significa per te essere nato in una città come Napoli? Costituisce per te come una fonte di maggiore ispirazione?
Ecco, ripeto spesso,sopratutto in questo periodo di forte globalizzazione che Napoli, insieme a poche altre città, conserva ancora i tratti, e non mi riferisco alle architetture ma alla gente, di fasti passati, di vite che sembrano continuare imperterriti da millenni, come diceva Pasolini “Napoli è una tribù che ha deciso di estinguersi”. Secondo me (vado controcorrente) chi nasce a Napoli ha la strada spianata per andare ovunque voglia, porto il famoso esempio che si dice spesso a Napoli quando ci si patenta, se impari a guidare a Napoli, puoi guidare in tutto il mondo. Ecco Napoli è un po’ una patente.
4. Cosa ami del cinema?
Il Cinema è la forma d’arte più completa. La sua capacità di reinventarsi e di non morire mai lo testimonia. E’ un tempio, un luogo di culto, dove mi sento a casa. Li sono libero di dare sfogo alle emozioni che nella quotidianità tengo un po’ a freno. Il Cinema è un po’ un confessionale per me.
5. A quali fotografi ti ispiri e perché?
Mi sono formato vedendo le fotografie di Cartier Bresson, è stato per me un po’ il primo amore. Di lui, mi hanno affascinato le sue capacità d’attesa e lo studio teorico che sta alla base della sua fotografia. La sua celebre frase “fotografare è porre sulla stessa linea di mira la mente, gli occhi e il cuore”, è diventato per me il mio modus operandi per eccellenza. Con il tempo, ho avuto poi modo di scoprire i grandi fotoreporter quali, Doisneau e Ernst Haas, quest’ultimo un vero e proprio mito per me. L’utilizzo che fece della fotografia con soggetti in movimento è divenuto una tra la mie maggiori fonti di ispirazione. In ultimo i grandifFotografi italiani come Ugo Mulas e il grande Mimmo Jodice, per il loro modo di lavorare con gli artisti e le opere d’arte.
6. Cattura di più la tua attenzione soggetti statici o in movimento?
Generalmente i soggetti in movimento. Per il discorso sul mosso, che per me simboleggia qualcosa di spirituale ,che libera la forma dal suo significato prettamente oggettivo e riconoscibile che lo rende in qualche modo ‘onirico’,astratto. Il movimento nelle Fotografie, sopratutto dell’ultimo periodo è una costante.
7.<<Ciò che la fotografia riproduce all’infinito ha avuto luogo una sola volta: essa ripete meccanicamente ciò che non potrà mai più ripetersi esistenzialmente>>. Sei d’accordo con questa frase di Roland Barthes?
Il potere della Fotografia è sempre stato questo. Il fotografo è uno che cattura, come sostiene a grandi linee Barthes, la morte. La Fotografia è ‘quello che è stato’, non ha presente, però in qualche modo essa rimane diventando qualcosa di eterno.
8. Vuoi mostrare la realtà o la tua idea di realtà, attraverso la fotografia?
Credo che l’oggettività in Fotografia (e qua si apre un dibattito) non esista, già nel momento in cui si decide l’inquadratura quella è una scelta. Quindi soggettiva, punto di vista dell’artista.
9. Parlaci del progetto riguardante il mercato di Pugliano a Ercolano.
Il progetto sul mercato si distacca molto dal mio genere di fotografie, infatti sono quasi tutte statiche, l’idea era quella di mostrare questo luogo commerciale, nato nel dopoguerra,attraverso gli occhi di chi lo tiene ancora in vita, da generazioni. L’uso del bianco e nero e la prevalenza di persone d’età avanzata al suo interno è voluta per donare quel tocco di ‘atemporalità’; come il ricordo che mi porterò dietro per tutta la vita di questo fantastico posto.
10. Il tuo più grande sogno?
Questa mi mette un po’ in difficoltà. Nella sua semplicità trovo comunque complicato dare una risposta secca e decisa. È difficile mettere nero su bianco quali siano i miei sogni o il mio sogno più grande. Ne ho infiniti. Probabilmente sarebbe più appropriato parlare di ambizioni. Penso che la mia ambizione più grande sia quella di vivere facendo ciò che mi fa stare bene, lontano da quelle che sono le logiche di mercato. Fare arte, ecco. Coltivando quella che per me nasce come una passione, la fotografia, facendola diventare ciò per cui vivrò in futuro. Amo scrivere così come amo il cinema e sogno, un giorno, di potervi lavorare. Sogno di conoscere grandi maestri e di essere considerato da questi come un loro pari. Probabilmente è solo un sogno. Ma che male c’è a sognare?
11. Altri progetti in corso o futuri?
Fortunatamente molti. In ambito fotografico sto concludendo un lavoro molto impegnativo sulle stazioni d’arte di Napoli e sto girando un cortometraggio e un documentario. Per il futuro ne ho già tanti, ho molti scritti che non ho ancora finito e vorrei completare e, appena concluderò gli altri lavori, ho già in cantiere un altro cortometraggio e un altro progetto fotografico.