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Il bello saggio Giordi-Cresti

Roberto Michelangelo Giordi, autore de Il bello, la musica, e il potere: “Nessun atto creativo può venire dal potere”

Il concetto di bello, il politicamente corretto, la funzione dei media sono i temi principali contenuti nell’incandescente saggio di Antonello Cresti e Roberto Michelangelo Giordi, “Il bello, la musica, e il potere”, pubblicato quest’ anno da Mariù edizioni.

I due autori indagano dialogando tra loro, senza lesina provocazioni e sarcasmo, sul rapporto tra arte e potere in Occidente. Il mondo globalizzato ha davvero perduto la percezione del bello? Qual è il rapporto tra la bellezza e il potere e in che modo l’Occidente vive oggi il suo rapporto con le Arti e con la Musica in primo luogo? La riflessione portata avanti da Cresti e Giordi, si snoda attraverso l’analisi storica dell’esperienza estetica occidentale per arrivare a toccare le problematiche della realtà in cui viviamo. Il disinteresse verso la bellezza è infatti allo stesso tempo causa ed effetto della crisi di valori della nostra società, e solo recuperando e valorizzando le nostre vituperate identità profonde potremo traghettarci fuori dal non senso, verso la luce di una nuova, antica, umanità.

Il saggio si snoda come un dialogo appassionato che si legge tutto di un fiato e che induce a pensare “altrimenti”. La bellezza è il potere che ha costruito regni e personaggi, è l’ispirazione dell’artista, la fede del credente, la virtù morale dell’uomo greco, è il sentimento di piacevole orrore che suscita il sublime: che attrae e spaventa al contempo. La bellezza è arte, natura, uomo. Vale ancora questo concetto? si chiedono gli autori? L’auspicio è certamente quello di tornare a parlare di bellezza attraverso una strutturale riforma del potere o un ribaltamento dello stesso.

 

 

1 Come è nata l’idea di scrivere un saggio a quattro mani? Chi ha preso l’iniziativa?

L’idea è partita da Antonello il quale mi ha proposto di dialogare sul declino della musica in Occidente. Io ho rilanciato la mia volontà con l’intento di sottolineare la relazione tra bellezza e potere. 

2 Avete avuto difficoltà a pubblicare il saggio? Cosa non funziona nell’editoria italiana?

Per questo libro nessuna difficoltà. La casa editrice “Edizioni Mariù” è molto legata alla critica sociale e al recupero di una dimensione estetica. Credo che il maggiore problema dell’editoria contemporanea sia quello di non avere il coraggio di raccontare storie originali e persuasive.

3 Nel saggio, alla domanda di Cresti, se è il potere a generare l’arte, lei ha risposto in modo affermativo, e ha chiesto a sua volta quale bellezza potrebbe mai donare il potere del capitale. Non crede che perlomeno il capitalismo possa donare la libertà di scelta a differenza della dittatura?

Più che altro il potere dà un senso all’arte, la legittima, ma non la genera. Nessun atto creativo può venire dal potere poiché la creazione è un atto spontaneo ed anarchico. Noi ci siamo chiesti “quale potere ci domina oggigiorno?”. Entrambi conveniamo che a governarci sia esclusivamente la legge del capitale, la quale, a differenza di quella divina e di quella del Re, di un’oligarchia o di una democrazia, è una legge senza pensiero. Forse è l’uscita dall’umano e dal divino, quella che oggi vive la nostra società, alla base della diffusione del brutto. Quando il capitale domina su tutto l’individuo smarrisce la sua doppia natura, divina e umana. Il capitalismo riduce tutto a merce e concedendoci soltanto un’illusione di libertà. 

 4 Si può bilanciare la crescita della tecnica e del mercato promuovendo la cultura e la tradizione, il valore della bellezza, la priorità dell’essere sull’avere, l’amor fati come accettazione della vita, proponendo la funzione sociale del capitalismo?

Per bilanciare il potere del capitale occorrerebbe ridonare centralità alla dimensione collettiva: basterebbe soltanto riportare in auge le teorie di Keynes, tanto demonizzate oggigiorno e stimolare la reale funzione pedagogica della scuola e dei mezzi di comunicazione.

 5 La modernità ormai vuol dire considerare la realtà come il riflesso di un’ideologia. Perché questo è pericoloso secondo lei?

Credo che la storia del mondo sia sempre stata contraddistinta dal dispiegamento di ideologie. Personalmente mi sono sempre tenuto lontano dalla passiva accettazione dell’ideologia che impone il potere. Non mi illudo certo di sottrarmi ad esse: sottrarsi significa stare fuori dal mondo come individui, ma criticarle fortemente, finché questo è possibile, lo farò sempre. Ecco, per fortuna posso dire ancora liberamente di sentirmi molto distante dall’ideologia del neoliberismo che nega la sua stessa natura ideologica e di dominio.

6 Parliamo di dibattito: di fatto un solo argomento monopolizza l’informazione, per un tempo determinato, rendendola mono-tematica e risolvendola in un’onnipresente narrazione emergenziale. Perché l’informazione è così opaca e induce l’utente al meccanismo del cherry Picking?

Credo che la monopolizzazione sia legata alle logiche di intrattenimento: più l’audience cresce più aumenta lo spazio per le pubblicità e di conseguenza il capitale.

 7 Le masse secondo lei sono felici o infelici? O la pensa come Leopardi secondo il quale una massa felice è composta di individui non felici?

Un popolo dominato non è attivo e quindi non può essere veramente felice. In pratica è il potere a rendere infelici le masse, quale più quale meno. L’arte, un po’ come la religione, viene in soccorso ai popoli per riscattarli dalla loro miserevole condizione esistenziale.

 8 A proposito della narrativa: nel libro manifesta il desiderio di leggere un romanzo attuale scritto in terza persona. Troppa autoreferenzialità e incapacità da parte degli autori di celarsi dietro i loro personaggi e commercializzare magari il loro privato, magari spinti anche dalle stesse case editrici?

In effetti tendo a sopportare sempre meno le storie troppo autoreferenziali, soprattutto se a scriverle sono autori ossessionati dal buonismo e dal desiderio di insegnare qualcosa. Mi manca molto la struttura del romanzo ottocentesco nel quale l’autore ricreava universi e caratteri utilizzando un linguaggio peraltro magnifico.  

9 Il ‘sistema dell’arte’, è stato prima ideologizzato, ora schiavo del metro di misura del mercato. Qual è il nocciolo della questione, oltre i facili moralismi?

L’arte non può assolutamente finire tra le grinfie del mercato poiché questo la priva del suo anelito trascendentale.

 10 L’opera d’arte, (una canzone, un libro, un film) è per lei anche un atto di responsabilità, che divide il tempo del prima dal tempo del poi, una testimonianza che l’artista lascia di sé allo scorrere del tempo?

Senz’altro è così. Ogni opera ispirata dai segni del passato e con attitudini profetiche sul futuro è sempre testimonianza del proprio tempo.

11 Una tipica frase politicamente corretta che serve a squalificare chi la pensa diversamente, che reputa insopportabile?

“Non ce lo dicono”. Che molti hanno simpaticamente parafrasato “Non cielodicono”.

 12 L’arte dovrebbe essere rivale o alleata della religione?

Alleata sempre al trascendente e amica, o anche nemica, della religione.

13 Cosa vi aspettate da questo vostro saggio?

Che possa suscitare interesse sulla necessità di tornare a parlare di bellezza attraverso una strutturale riforma del potere o un ribaltamento dello stesso.

 

Il saggio “Il bello, la musica e il potere” (lidentita.it)

About Annalina Grasso

Giornalista, social media manager e blogger campana. Laureata in lettere e filologia, master in arte. Amo il cinema, l'arte, la musica, la letteratura, in particolare quella russa, francese e italiana. Collaboro con L'Identità, exlibris e Sharing TV

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