All’indomani della sua travolgente performance al festival di Woodstock, nell’agosto del 69, Joe Cocker, la voce graffiante del rock, scomparso il 21 dicembre 2014, si ritrova ad essere uno dei performer più acclamati del pianeta. La sua drammatica versione di With A Little Help From My Friends scala le classifiche ed entra nella leggenda. Sull’onda di questo enorme successo, il soulman di Sheffield, parte per un mastodontico tour attraverso gli Stati Uniti da cui scaturirà il suo primo album dal vivo intitolato significativamente Mad Dogs & The Englishman. Mad Dogs è la “gabbia di matti” rappresentata dagli oltre trenta musicisti sul palco capitanati da quello strano condottiero di nome Leon Russell apprezzato pianista e chitarrista. Gente come le cantanti Rita Coolidge e Claudia Lennear, il bassista Carl Radle, il tastierista Chris Stainton, il batterista Jim Gordon ed il sassofonista Bobby Keys fanno veramente faville dando vita ad uno spettacolo impressionante per qualità ed intensità. L’intesa dei musicisti è pressoché perfetta, a dispetto delle pochissime prove fatte e dei ritmi frenetici del tour. Poi c’è The Englishman, l’inglese, la punta di diamante che con la sua voce unica e possente, la sua fisicità straripante, fornisce il tocco magico ad ogni singola esibizione. Joe Cocker è in splendida forma ed interpreta magistralmente brani degli artisti più disparati, spaziando con naturalezza, dal rock al blues, dal soul al country, al pop.
“Venite con noi cari amici, vi condurremo in un viaggio lungo la storia del rock’n’roll” (Leon Russell in apertura di album)
Russell ha ragione. Assistere ad uno di questi concerti equivaleva ad avventurarsi in un viaggio lungo, entusiasmante ed onirico nei meandri del rock. Il disco restituisce solo parzialmente l’aria che si respirava sotto il tendone dei Mad Dogs, in quanto non riesce a trasmettere la fisicità, l’atmosfera circense, l’elettricità sprigionata durante una di queste memorabili date.
Si parte con una torrida versione di Honky Tonk Woman, classico degli Stones, che Joe Cocker lacera con la sua inimitabile voce. Il viaggio continua con Sticks And Stones di Titus Turner e si snoda attraverso Bird On The Wire di Leonard Cohen, Feelin’ Alright dei Traffic, I’ve Been Lovin’ You Too Long di Otis Redding, Girl From Nothern Country di Bob Dylan. Ma il meglio deve ancora venire. E’ quando il gruppo intona She Came In Through The Bathroom Window che si raggiunge lo zenith. Appare subito evidente che Cocker ha un feeling particolare con i Beatles dal momento che anche questa versione possiede un fascino ed un sound assolutamente irresistibile e trascinante. The Weight, del gruppo canadese The Band, subisce lo stesso trattamento a base di soul e pathos mentre Delta Lady, grazie al suo ritmo vorticoso, assurge a pezzo-simbolo dell’intero disco. Per l’ovazione finale ci si affida, ovviamente, a With A Little Help From My Friends che il gruppo ripropone lasciandone inalterata tutta la forza e la bellezza sprigionata a Woodstock.
L’enorme carrozzone dei Mad Dogs diventa leggendario e l’album che ne viene tratto diventa uno dei migliori live di tutti i tempi. Leon Russell, monta, smonta, assembla e riarrangia brani già famosissimi nelle loro versioni originali dimostrando una competenza ed un istinto musicale fuori dal comune. Joe Cocker, dal canto suo, è il padrone incontrastato della scena. Suda, si contorce, urla, sussurra, suona la sua chitarra immaginaria ipnotizzando pubblico e ascoltatori che pendono letteralmente dalle sue labbra. Grazie al suo “sentire” le canzoni, alle sue tarantolate performance, al suo istinto mostruoso, questi happening diventano vere e proprie maratone musicali in grado di spossare chiunque sia dal punto di vista fisico che emozionale. Il Leone di Sheffield mette in gioco tutto quello che ha e le conseguenze saranno devastanti sia dal punto di vista professionale che umano. Col tempo il buon vecchio Joe, diluirà il suo rock primordiale trasformandosi in un grandissimo interprete dalla voce potente ed evocativa. Con gli anni arriveranno l’Oscar, le top ten ed i dischi d’oro ma il ruggito roco e selvaggio presente in quest’album è diventato il simbolo di un’intera generazione.