Mentre il tempo passa, e il giorno sta per chiudersi ed io lo vorrei di già morto, ci sono uomini che in esso hanno riposto ogni speranza, ogni amore, le forze estreme. Ci sono uomini agonizzanti, altri che temono una scadenza e vorrebbero che domani non arrivasse mai; altri ancora per i quali domani spunterà come un rimorso. Certi sono sfiniti e questa notte non sarà mai abbastanza lunga per dargli tutto il riposo che occorre. Ed io, che ho buttato la mia giornata, con che diritto oso invocare il domani?
Conosciuto come “romanzo della conoscenza e del “sogno”, Il grande amico Meaulnes viene pubblicato nel 1913 da Alain Fournier ed è l’unico suo romanzo, perché muore a soli ventisette anni, durante la Grande Guerra a causa di una pallottola tedesca. L’epiteto “Gran” ha diversi significati ed indica, innanzitutto, l’oggettivo carisma e l’estrema disinvoltura di Meaulnes, ragazzo-uomo di poche parole ma abile trascinatore. Ma chi è quest’uomo? Augustin Meaulnes è un diciassettenne arrivato a Saint-Agathe, un villaggio della campagna francese, che va a vivere presso l’abitazione del figlio del maestro della sua scuola che frequenta, François Seurel. Circondato dall’affetto e dalla curiosità dei suoi compagni di classe, l’intraprendente Meaulnes fa di tutto per farsi notare.
Un giorno, arrivano in paese i nonni di François e Meaulnes si propone per andarli a prendere in stazione. Parte e ritorna dopo tre giorni, lasciando intanto tutti nella preoccupazione. Al ritorno, racconta di una festa fantastica in cui si è trovato e dove ha conosciuto una bellissima ragazza, Yvonne. In seguito ai suoi avvincenti racconti, Maeulnes e François s’impegnano per raggiungere questo luogo misterioso, “il paese senza nome”, e ci riescono grazie ad una mappa, elemento importantissimo all’interno del romanzo. Meaulnes, una volta raggiunto il castello in cui era stato, incontra la famosa ragazza ma poi sparisce. Ritorna e fugge ancora. François non smette di aspettare Meaulnes.
Yvonne, infine, muore e partorisce una bimba, della quale, nel frattempo, si occupa François . Ed è adesso che Meaulnes ricompare, dopo un periodo trascorso a Parigi per terminare gli studi e decide di farsi carico di sua figlia. Nelle fughe del grande amico, c’è Valentine e ci sono pensieri non rivelati, scoperti solo in seguito da François, sfogliando il diario degli esercizi in classe.
Esistono le fughe, i continui viaggi, gli inseguimenti, perché Il grande amico Meaulnes è un romanzo d’avventura, costruito su coordinate spazio-temporali tracciabili, anche dietro una scrittura non sempre di facile comprensione e spesso capziosa. I nomi di luogo sono tanto abbondanti da poter essere considerato anche un romanzo di movimento, che potremmo definire di grande mobilità. Romanzo d’avventura e romanzo di movimento, quindi, seppur miniaturizzato, il romanzo di Fournier, avendo probabilmente come riferimento letterario l’Isola del Tesoro di Stevenson, è ricco di metafore nautiche e che guardano al mare aperto ed attingono al tema della navigazione.
La cartografia è l’altro campo in cui si muove lo scrittore francese ed è emblematico che egli si isoli dal resto della classe per studiare gli atlanti regionali. Molto spazio viene dato anche alla metereologia, con i suoi tempi e le sue stagioni; l’ inverno sembra essere una condizione permanente, che simboleggia il continuo impedimento. Così, anche i giorni hanno una loro precisa simbologia: il giovedì, che è vacanza scolastica, diventa giorno di libertà e rifugio dall’imperialismo scolastico. Di giovedì si trasgredisce, ci si sottrae alle regole del quotidiano. Febbraio, con le sue burrasche, è il mese in cui Meaulnes non è più il leader della sua classe, resta senza amici e torna ad essere il ragazzo misterioso e solitario, come quando era appena arrivato a scuola.
Tra onomastica e paesi e la stretta circoscrizione dello spazio in cui agisce il grande amico, riconosciamo un romanzo straordinariamente francese, sia per la sonorità dei nomi geografici, sia perché si tratta di un romanzo provinciale, tanto che la città di Parigi è descritta solo brevemente ed in poche pagine. Essendo un romanzo provinciale, non può che parlare, come di norma, della giovinezza di un eroe che segue la rituale andata a Parigi, segnando in questo modo la sua età adulta. Questo romanzo di formazione è sempre scandito da un doppio ritmo: da un lato c’è l’ infanzia fatta di sogni, di amicizie fortissime, patti di sangue, amori puri e sempre ricordati, dall’altro il senso d’abbandono, anche esso tipico del periodo adolescenziale e di quella che sarà, di lì a breve, l’età adulta.
Ci troviamo nella seconda parte del romanzo, quando Meaulnes smette di giocare come un tempo ed il suo gioco diventa militare, i giochi dei ragazzi sono mimiche di guerra. Il gioco si fa serio ed i sentimenti si delineano in maniera chiara. Ne Il grande amico Meaulnes si possono leggere dei velati riferimenti all’omosessualità, ma che non ha nulla a che vedere con le inclinazioni perché, verso la fine del romanzo, i protagonisti stringono un patto fortissimo che prevale su ogni altro rapporto ed ogni altra eterosessualità, patto che si potrebbe intendere come giuramento d’aiuto omosessuale contro ogni pratica eterosessuale. Potremmo azzardare la seguente conclusione: ogni capitolo, di cui Fournier sceglie con attenzione i titoli che segnalano funzionalmente il contenuto, dà origine a discussioni tematiche, incitando anche il lettore all’ennesima fuga come dimostrano anche l’ultima frase: “E già me lo figuravo, nella notte, ravvolgere la figlia in un mantello e partirsene con lei verso nuove avventure”.
Definito un “romanzo problematico” dato che riguarda il destino dell’uomo, lo scrittore colloca i suoi protagonisti in un’età di mezzo che è formativa. Partendo dal presupposto di Fournier, secondo il quale l’adolescenza è raccontabile ed intellegibile solo se conclusa, definita, poiché non è un’età cronologica, ma un confronto fatale che coincide con la liberazione, noi tutti ambiamo alla libertà ed è nell’attesa di essa che si consuma la nostra adolescenza, nella rivelazione che vorremmo tanto avere sul nostro destino.
Il film, del 2006 di Jean-Daniel-Verhaeghe, ci proietta in quell’atmosfera fiabesca e di sogno, restando abbastanza fedele al romanzo con l’omonima trasposizione cinematografica.