Oscar 2019

Pensieri da Oscar: anche quest’anno fuori i non inclini al conformismo ideologico, ma con un certo garbo

Peccato che non abbia vinto “Il corriere – The Mule”. Ah, già, il film di Eastwood agli Oscar non era neppure candidato. Dimenticavamo che quando si srotola il red carpet del Dolby Theatre Hollywood non ammette deroghe: anche quest’anno, infatti, una volta fatto fuori il maestro poco incline a conformarsi ai diktat ideologici, le statuette s’accomodano sotto l’ala del politicamente corretto.

Perlomeno, però, con un certo garbo: “Green Book” è un film solido e scaltro, gratificato dal fascino vintage dei film di Capra e impreziosito oltre i suoi meriti da un duetto recitativo d‘alta classe, mentre “Roma”, di gran lunga superiore, permette a Cuaròn di mettere a segno la memorabile accoppiata migliore regia/miglior film straniero. Non solo: il messicano, che non è uno schizzinoso autore all’europea visto che appena cinque anni fa con il kolossal fantascientifico “Gravity” incamerò sette statuette, sdogana definitivamente proprio nel tempio del cinema-cinema Netflix, la piattaforma streaming forte di 125 milioni di abbonati nel mondo peraltro ormai orientata a trattare sulle reciproche convenienze con gli ex arcinemici produttori, distributori ed esercenti.

Siccome c’è sempre uno più puro che ti epura, è significativa anche la notizia che il grande Mortensen di “Green Book” nelle more del trionfo è stato accusato di razzismo (al regista Singer di “Bohemian Rhapsody” è andata peggio: protestato perché denunciato per molestie sessuali). Sempre riguardo ai buoni sentimenti, che non fanno male ma non determinano il quoziente artistico, troppo poco risalto è stato pour cause concesso a “La favorita”, il magnifico apologo in costume in cui la migliore attrice Colman fa a gara in perfidia e morbosità con la Stone e la Weisz sconfitte nella categoria delle non protagoniste dalla King del flebile “Se la strada potesse parlare” (peraltro superiore a “Blackkklansman”, migliore sceneggiatura grazie a uno dei peggiori film di Lee che si ricordino).

Inevitabile, invece, il premio al super-imitatore di Mercury Malek perché piace immensamente al pubblico a cui, però, sui trasgressivi Queen per colmo di mistificazione è stato confezionato un biopic edificante. Come del resto quello a “Shallow”, la canzone strappamutande di Lady Gaga insuperabile per come s’esalta abolendo anziché indossando i trucchi e le mise del proprio personaggio.

 

Pensieri da Oscar

Pubblicato da

Annalina Grasso

Giornalista e blogger campana, 29 anni. Laurea in lettere e filologia, master in arte. Amo il cinema, l'arte, la musica, la letteratura, in particolare quella russa, francese e italiana. Collaboro con una galleria d'arte contemporanea.

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