“Sono nata a Milano il 21 marzo 1931, a casa mia, in via Mangone, a Porta Genova…” Queste le parole della poetessa e scrittrice Alda Merini tratte dal suo testo autobiografico, raccontandosi alla giornalista Cristiana Ceci nell’autunno del 2004.
E’ proprio attraverso le brevi note autobiografiche che siamo a conoscenza della sua infanzia; ragazza sensibile e di carattere malinconico, isolata e poco compresa dai suoi genitori, ma molto brava ai corsi elementari … “lo studio fu sempre una mia parte vitale”. Frequenta i tre anni di avviamento al lavoro presso l’Istituto “Laura Solera Mantegazza” a Milano e cerca di essere ammessa al Liceo Manzoni, ma non riesce perché non supera la prova di italiano. Nello stesso periodo si dedica allo studio del pianoforte, strumento da lei particolarmente amato. A soli quindici anni scopre il suo talento artistico e sotto la guida di Giacinto Spagnoletti esordisce come autrice giovanissima.
A 18 anni sposa Ettore Carniti, proprietario di alcune panetterie di Milano, avendo da lui quattro figlie: Emanuela, Barbara, Flavia e Simona. Un uomo geloso, grande lavoratore, ma che lei ha amato molto, nonostante il suo essere poco incline a capire e condividere la sua passione per la poesia. La loro situazione economica non è delle più rosee, eppure la Merini continua a perseguire il suo sogno, il suo talento era innato.
Nel 1947 l’autrice incontra “le prime ombre della sua mente” e viene internata per un mese nella clinica Villa Turro a Milano. Quando ne esce alcuni amici le sono vicini, indirizzandola in esame presso alcuni psicoanalisti. Ovviamente a questo seguiranno altri internamenti, costringendo così le figlie ad essere mandate in Istituto e successivamente ad essere addirittura affidate ad altre famiglie. Solo col tempo sono poi venute a conoscenza dei reali motivi del loro affido, così come loro stesse raccontano: “una notte nostro padre era rientrato a casa dopo essere andato in giro con gli amici e aver speso tutti i soldi e fu proprio in quella notte che nostra madre gli scaraventò contro una sedia facendolo finire in ospedale. Soffriva molto lei, non di gelosia, soffriva perché veniva picchiata quando lui era ubriaco, ma lei lo amava e si crogiolava nell’illusione che lui cambiasse. Questa grande sofferenza non l’abbandonerà più e sarà la stessa sofferenza che segnerà e condizionerà anche il futuro di noi figlie…”.
Riportiamo la bellissima poesia “Luce” 1949 , dedicata a Giacinto Spagnoletti:
Chi ti descriverà, luce divina
che procedi immutata ed immutabile
dal mio sguardo redento?
Io no: perchè l’essenza del possesso
di te è “segreto” eterno e inafferabile;
io no perchè col solo nominarti
ti nego e ti smarrisco;
tu, strana verità che mi richiami
il vagheggiato tono del mio essere.
Beata somiglianza,
beatissimo insistere sul giuoco
semplice e affascinante e misterioso
d’essere in due e diverse eppure tanto
somiglianti; ma in questo
è la chiave incredibile e fatale
del nostro “poter essere” e la mente
che ti raggiunge ove si domandasse
perchè non ti rapisce all’Universo
per innalzare meglio il proprio corpo,
immantinente ti dissolverebbe.
Si ripete per me l’antica fiaba
d’Amore e Psiche in questo possederci
in modo tanto tenebrosamente
luminoso, ma, Dea,
non sia mai che io levi nella notte
della mia vita la lanterna vile
per misurarti coi presentimenti
emanati dai fiori e da ogni grazia.
E la suadente “Superba è la notte”:
La cosa più superba è la notte
quando cadono gli ultimi spaventi
e l’anima si getta all’avventura.
Lui tace nel tuo grembo
come riassorbito dal sangue
che finalmente si colora di Dio
e tu preghi che taccia per sempre
per non sentirlo come rigoglio fisso
fin dentro le pareti.
Nel 1979 Alda Merini riprende la sua attività di scrittrice, dando il via ai suoi testi più intensi sulla drammatica e sconvolgente esperienza del manicomio, testi contenuti in quello che può essere inteso, come scrive Maria Corti il suo capolavoro: “La Terra Santa” con la quale vincerà nel 1993 il Premio Librex Montale.
Nel 1983 muore il marito e, rimasta sola ed ignorata dal mondo letterario,la poetessa cerca inutilmente di diffondere i propri versi. In quel periodo dà in affitto una camera della propria abitazione ad un pittore di nome Charles e inizia una relazione telefonica con l’anziano poeta Michele Pierri che sposa successivamente. Nonostante la protezione e le cure del marito (primario di cardiologia), Alda Merini sperimenta gli orrori dell’ospedale psichiatrico di Taranto, facendo poi successivamente ritorno a Milano. In quello stesso anno riprende a scrivere e incontra vecchi amici; sono proprio questi gli anni fecondi sia dal punto di vista letterario, che di raggiungimento di una serenità. Nell’inverno del 1989 la poetessa frequenta il caffè-libreria “Chimera”, situato poco lontano dalla sua abitazione sui Navigli e offre agli amici del caffè i suoi dattiloscritti. Sarà in questo periodo che nasceranno libri come “Delirio amoroso” (1989) e “Il tormento delle figure” (1990).
Nel 1997 viene pubblicata la raccolta di poesie “La volpe e il sipario”; nel 1999 “Aforismi e magie”, dove viene raccolto il meglio di quel genere. Nel 2002 viene stampato dall’editore Salani un volumetto dal titolo “Folle, folle, folle d’amore per te”, con un pensiero di Roberto Vecchioni (che nel 1999 aveva scritto “Canzone” per Alda Merini) e nel 2003 la “Einaudi Stile Libero” pubblica un cofanetto con videocassetta e testo dal titolo “Più bella della poesia è stata la mia vita”. Nel 2009 esce il documentario Alda Merini, una donna sul palcoscenico, del regista Cosimo Damiano Damato, presentato alle Giornate degli Autori della 66ᵃ Mostra Internazionale d’arte cinematografica di Venezia. Il film, prodotto da Angelo Tumminelli per la Star Dust International srl di Roma, vede la partecipazione di Mariangela Melato e le fotografiedi Giuliano Grittini. Dall’incontro del regista con la poetessa nasce una grande amicizia e tante poesie inedite inserite nel documentario. A tutt’oggi il film non è mai stato distribuito e commercializzato.
Alda Merini muore il 1°novembre 2009 a causa di un’infezione tumorale. Nel 2010 esce postumo l’album “Una piccola ape furibonda – Giovanni Nuti canta Alda Merini”, contenente undici brani (otto poesie inedite) e una ghost-track con Alda Merini che canta con Giovanni Nuti “Prima di venire” e nel 2013 è omaggiata da Norman Zoia (con lei a Milano nel 1990 alla sesta rassegna internazionale di poesia) a pagina 19 di “passi perversi”: Nobile grazia di Venere e coraggio di Madre / dolcezza dell’umano genere / di angelo di stile.
Spiritualismo, misticismo (soprattutto nell’ultimo periodo della sua produzione), celebrazione della vita, dell’amore, della passione e della natura che diviene un tutt’uno con la poetessa sono gli elementi principali della poesia della Merini, dalla quale emerge una profonda cattolicità in tutta la sua ambivalenza.Alda Merini a saputo trasformare la sua “diversità” in energia poetica, la sua malattia in un’occasione nuova per i suoi pensieri da trasformare in parole bellissime. La malattia, la follia fungono per la Merini da tramite per il raggiungimento della profondità spirituale.