Eroticamore poesie

‘Eroticamore’, il lirismo virile di Alda Merini

Alda Merini poetessa “folle” e innamorata della vita; la si può vedere così, un gabbiano imperioso che si annuncia nelle nebbie costiere, come il fumo di cui la donna si circondava. Aspra e insieme avvolgente, diretta, soggetta agli influssi lunari, scomoda, e incline ad una perenne follia, a metà tra la terra ed il cielo. Il volume Eroticamore è pubblicato nel 2009 dalla casa editrice Lieto Colle e costituisce la punta di peperoncino, la fiamma della vita passionale, carnale della poetessa. Un libro minuto, setoso, che raccoglie pensieri, qualche poesia e un racconto erotico che Michelangelo Camelliti, editore e amico della donna, delinea come “reazione immaginifica ad uno stato di prostrazione in cui versava la poetessa”. Un manoscritto serbato per 14 anni dall’editore su richiesta della Merini, ne accresce il mistico splendore.

Il volume si basa sulla fondamentale concetto che “sconcia” non sia alcun pratica sessuale che, prima dell’essere in auge, venga condivisa e deliberata dagli amanti. L’opera è introdotta dalla Rivelazione Della poesia: incontro con Alda Merini di Gabriella Fantato, e si propone di presentare ai lettori una Alda Merini diversa, intima, profonda, “escavatrice”, una donna innanzitutto che un’artista abbandonatasi all’amore distruttivo per un uomo, non ben identificato, che conduce la protagonista ad esplorare la parte più esecranda, infima di sé: un eros spinto e disinibito, lascivo e “moralmente” corrotto. Tra alti e bassi, una relazione che si dibatte tra il rinnovarsi e il perdersi, e la malattia dell’amante che obbliga la Merini a riflettere sulla morte come anticamera della vita. La Fantato inaugura il libro così: “La scrittura di Alda Merini parte dalla vita, dal dolore e dalla carne che pulsa, ma si eleva oltre: verso luoghi abitati da creature angeliche , o scende nell’ombra, in quell’Ade che vive nell’animo umano”.

Eroticamore, un inno alla carnalità

E chi sono i due protagonisti? Hanno dei nomi? Certamente Alda Merini fa tutto perbene, erige un bel castello di verosimiglianza ma dietro i nomi di Dina e Mario si nasconde “lo sciamano della parola”, proprio quell’Alda che nel piacere giaceva adescata dall’eros più eccentrico e infuocato, rubicondo e libertino. L’inno alla carnalità non è un vizio per Dina e Mario, bensì una preghiera d’amore, una supplica e anche una condanna perché i due, pur amandosi con disperazione non riescono ad evitare di trastullarsi nella solitudine reciproca. Sono due poeti e d’amore possono morire, al contrario di come cantava Lucio Battisti. Chi legge è rapito dal senso, e un’esperienza sensoriale e disciolta nello stile di Merini. Uno stile che si mostra nudo, come la narrazione, una scrittura che ferisce, fa del male a chi scrive e chi legge perché tocca molti punti della riflessione umana: vita, amore, morte, spiritualità, eterosessualità-omosessualità, perversione, trasgressione, gelosia, “normalità” (secondo Merini i poveri sono matti, ma lo sono anche i ricchi, come il Governo che le ha tolto la libertà, perciò dirsi normali o diversi è coprirsi di un velo di maya). Ed è essenzialmente questo aspetto che costituisce la validità del libro, che la poetessa milanese aveva lasciato tra le ultime carte non consegnate al pubblico, perché eccessivo, forse eccessivamente bello da non poter essere pronto alle stampe. Eroticamore è un libro coraggioso e anche osceno, perché non si preoccupa, come l’autrice d’altronde, di fare stragi di pensieri  e critiche di puritani nel suo corso. Vive com’è, nel confine tra lecito ed illecito, come una grande casa aperta al piacere di chi voglia entrare senza pagare.

Suddivisa in parti assimilabili a sorta di capitoli, Eroticamore sfugge alle definizioni. Il libro di divide così in: Un movimento arcano, Corpo d’amore: una storia, nel quale si entra nella voraginoso rapporto, carnale e sentito come colpa non espiabile dalla narratrice, Pensieri privati – dove spazia dalla famiglia, alla disonestà fino all’accusa di Milano città senza sorriso – e infine a chiusura Notizia, una breve biografia della scrittrice a commento dell’opera.

Molto spesso nella narrazione, di ascendenza lirica e che somiglia anche al più incantevole aforismario e in alcuni punti a un diario, in entrambi la Merini eccelle. Si passa dal racconto in prima persona alle considerazioni sulla letteratura, sulla passione e il desiderio di maternità, sulla morte come sulla religione. Mai scade il progredire delle righe verso la fine perché non è totalmente afferrabile il discorso interiore e psichico che muove tramite l’inchiostro dalla mente del poeta alla sua vita reale fino alla carta. Tratti dal libricino alcuni passi intensi e carichi di un lirismo erotico senza confini:

<<Lei stessa forse era diventata il candelabro di una chiesa che non ammetteva altra preghiera che quella insana del suo peccato?>>

<<C’era qualche cosa di maestoso, di magistrale in quell’archetipo del giudizio universale, dove la vita era affiancata alla morte, dove il dolore faceva parte di una nascita estrema e di un inno gotico universale>>.

<<L’uomo, il poeta, tutti siamo in esilio, in attesa di vedere la soluzione della nostra parte interiore e il potere iniziatico scaraventato in quella zona del sogno che, comunemente, si chiama cielo>>.

 

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