In occasione del centesimo anniversario della morte di Guido Gozzano (Torino, 1883-Torino, 1916), vogliamo ricordare il poeta crepuscolare, proponendo una delle sue liriche più belle e significative: Invernale.
La lirica Invernale (sestine di endecasillabi) è tratta dalla raccolta I colloqui, del 1911 del poeta torinese Guido Gozzano. Considerata da Eugenio Montale una delle migliori novelle in versi di Gozzano, essa vale infatti quanto un breve racconto: un’occasionale pista per il pattinaggio invernale, un gruppo di giovani pattinatori e la sfida del pericolo, tra turbamenti d’amore e angosce esistenziali.
Guido Gozzano: tra inquietudine e lucido disincanto
Nella lirica Gozzano narra di come tutti i giovani sono in fuga al primo scricchiolio del ghiaccio; restano solo il poeta e una coraggiosa ragazza che lo convince a sfidare il pericolo: “Resta, se tu m’ami!”. Ma anche il poeta, ansioso, cede alla paura e ai cattivi presagi e si mette in salvo come i suoi amici. La partita con la ragazza è persa: il “Vile!” che gli sibila alla fine del componimento segna un confine per entrambi invalicabile. Solo apparentemente la lirica rappresenta l’antitesi di sentimenti opposti: il coraggio e la paura, l’amore del rischio e la prudenza. Mentre la ragazza pattinatrice affronta il pericoloso avventurarsi sulla sottile superficie gelata con allegra ebbrezza, il poeta avverte l’ambiguità delle proprie emozioni, e vive un conflitto tra desiderio di seguire l’invito amoroso e il proprio timore, che alla fine prevale.
Simbologia in Invernale
Il racconto in versi di Gozzano ha un evidente valore simbolico: il cauto pattinatore è un inetto; allude alla malattia esistenziale, al disagio profondo, alla patologia etica, di cui lo scrittore crepuscolare vuol farsi portavoce. La sua titubanza ad avventurarsi sul ghiaccio riflette l’ansia psicologica e i tormenti intellettuali che a Gozzano sono lasciati in eredità dalla crisi della cultura naturalista ottocentesca: il suo smarrimento infatti è quello del poeta alle soglie del nuovo secolo, troppo diverso da quello precedente. Se il pattinatore si configura come l’emblema della condizione crepuscolare, la ragazza solitaria, sprezzante della meschinità altrui, porta con sé il ricordo dell’eroe, del superuomo dannunziano; a ciò rimanda anche l’ironica ripresa dei motivi del poeta-vate: Lo stridulo sogghigno della Morte, la voluttà di vivere infinita.
Gozzano di fronte alla ragazza, prova un disagio sia estetico che esistenziale, non riuscendo a liberarsi dal proprio malessere che si manifesta sottoforma di dubbio, indecisione, autoripiegamento.