La poesia Madrid 1937 del cileno Pablo Neruda, fa parte del poema La Spagna nel cuore (1937), dove Neruda esalta l’eroismo del popolo spagnolo durante la guerra civile, quando tentò per alcuni anni di resistere alla pressione dei franchisti, alleatisi con Hitler e Mussolini per rovesciare il legittimo governo repubblicano. Madrid, l’ultimo baluardo di difesa, cadde il 30 marzo 1939; il poeta scrive nel 1937, quando, da oltre un anno è assediata dagli avversari, intorno c’è solo morte e desolazione e tutto sembra immerso della più totale angoscia come in una notte tenebrosa. L’unico conforto sono i soldati che combattono per difendere la città, in cui, a quell’epoca viveva il poeta in qualità di console del Cile. La lotta dei repubblicani spagnoli hanno portato il poeta a credere profondamente nei valori umani e sociali, stimolando in lui un nuovo filone poetico, più impegnato.
I versi seguenti esprimono la desolazione morale e al contempo il desiderio di vendicare le ingiustizie e le crudeltà, diventando lirica di ispirazione civile, abbandonando i temi che un tempo erano stati cari al poeta come quello della natura, dei sogni, dell’amore, delle astratte riflessioni ben lontane dalla realtà storica.
…Oggi
comincia un nuovo inverno.
Non v’è in questa città
dove sta ciò che amo,
non v’è pane, né luce: un vetro freddo cade
su gerani secchi. Di notte sogni neri
aperti da obici, come buoi insanguinati:
nessuno all’alba delle fortificazioni,
altro che un carro rotto: già muschio, già silenzio di
età
invece di rondini nelle case bruciate,
dissanguate, vuote, con porte volte al cielo:
già il mercato sta aprendo i suoi poveri smeraldi,
e le arance, il pesce,
ogni giorno portati attraverso il sangue,
si offrono alle mani della sorella e della vedova.
Città a lutto, scavata, ferita,
rotta, battuta, bucherellata, piena
di sangue e vetri rotti, città senza notte, tutta
notte e silenzio, e scoppi ed eroi,
ora un nuovo inverno più nudo e più solo,
ora senza farina, senza passi, con la tua luna
di soldati.
In conseguenza alla guerra spagnola e del contatto con gli esuli antifranchisti a Parigi, Neruda, quindi, muta radicalmente i temi della sua poesia, condannando in particolare lo sfruttamento neocolonialistico e celebrando la lotta per la libertà e l’uguaglianza. Egli stesso, come è noto, è stato incriminato e perseguitato per le sue idee politiche (Neruda è stato eletto senatore nella lista del Partito Comunista), ma sfuggito all’arresto, grazie all’ospitalità dei suoi compatrioti è rimasto in esilio fino al 1952. Il poeta ritorna in Cile in seguito all’elezione di Salvador Allende e dal 1971 al 1973 è a Parigi come ambasciatore del nuovo governo.
La desolazione provocata dalla guerra è resa attraverso immagini vivide e cruente, dove domina l’accostamento del colore nero e sanguigno (Di notte sogni neri; come buoi insanguinati; nelle case bruciate, dissanguate; Città a lutto…piena di sangue). Tuttavia nella poesia di Neruda vi è sempre l’affermazione convinta della vita contro la morte (I suoi poveri smeraldi/le arance, il pesce/ogni giorno portati attraverso il sangue) e un profondo senso di solidarietà umana e fratellanza che nasce proprio dall’aver visto e vissuto lo stesso orrore (Si offrono alle mani della sorella e della vedova). Come Ungaretti, anche il poeta cileno riscopre l’importanza e la bellezza di essere tutti fratelli. Grazie ai frequenti enjambements, frasi brevi ed incisive, pause ritmiche, si susseguono rappresentazioni concrete di distruzione e di vuoto (Un vetro freddo cade/sui gerani secchi, già muschio, già silenzio di/età; città senza notte, …), dal quale emerge un unico barlume di conforto, quello dei soldati, espresso attraverso la metafora la luna dei soldati.