Antonio Baldini

Antonio Baldini, tra serio e faceto

Antonio Baldini (Roma, 10 ottobre 1889 – Roma, 6 novembre 1962), dopo la laurea in Lettere con una tesi su Francesco Petrarca, incomincia a svolgere una lunga attività di collaborazioni giornalistiche, grazie alle quali diventa uno dei più seguiti elzeviristi e uno dei più noti inviati speciali del giornalismo italiano tra le due guerre. La sua notorietà gli consente di entrare a far parte dell’Accademia d’Italia (1939).

L’impegno giornalistico (<<La Tribuna>>, <<Corriere della Sera>>, <<Idea nazionale>>) è strettamente intrecciato a quello letterario: ogni articolo dà l’occasione a Baldini di offrire una prosa elegante e di grande affabilità, seguendo in’idea di letteratura che gli deriva direttamente dalla sua cultura e formazione classica. Come saggista letterario, del resto, Antonio Baldini ha sostenuto più volte la necessità di riferirsi alla scrittura della tradizione letteraria italiana. Le sue opere sono sempre costruite con un montaggio di testi diversi già apparsi su quotidiani o su periodici. Tra le sue opere possiamo ricordare: La vecchia del Bal Buller (1934), Italia di Bonincontro (1940), Michelaccio (1941), Rugantino (1942), Italia sottovoce (1956), che raccoglie i suoi scritti di inviato, La dolce calamita (1929), Fine Ottocento (1947).

Durante gli anni Quaranta e Cinquanta lo scrittore romano prende parte a molte trasmissioni radiofoniche, raccogliendo poi i suoi interventi in Melafumo (1950) e Il doppio Melafumo (1957). Baldini è stato uno scrittore diviso tra le esperienze frammentiste, impressioniste della Voce, e dalla sua educazione classica, che, repugnando alle forme più disarticolate del lirismo, fra l’ostentato antitradizionalismo e antiumanesimo di molti suoi colleghi. Ad un certo punto della sua carriera lo scrittore acquisisce “visività”, ovvero quella sensualità visiva, che tende a rappresentarsi ogni aspetto della vita, ogni sentimento o concetto sotto specie di  immagine, di “pura forma”, e a farne quadro, spettacolo. Visività che però non esclude affatto una ricca vita affettiva con i suoi riflessi umoristici, da ogni ingorgo lirico; caratteristica dominante di Baldini.

Tra le opere più valide di Baldini sicuramente figura Michelaccio, un lungo racconto ambientato nel Cinquecento ed incentrato sulla storia di un giovane scapestrato e sognatore. La bizzarria stilistica tipica di Baldini, trova in questa opera un equilibrio e un argine nella realtà, probabilmente mai più raggiunti dall’autore. A questa prima edizione ha fatto seguito una seconda, in cui Baldini ha aggiunto alla storia di Michelaccio altri diciassette racconti, privi però della forza emblematica delle pagine della prima edizione. Tra i vari personaggi si ricordano, oltre all’ozioso Belacqua (incontrato da Dante nel Purgatorio), Gennarino re, favola di un vagabondo divenuto re, e Duccio Cannibale, racconto tra il serio e il faceto, di un servo a cui le bellezze della nipote del padrone suscitano un desiderio quasi cannibalesco.

Lo stile di Antonio Baldini per quanto ricercato, assume un aspetto giocoso e si rivela essere un puro divertimento letterario, non a caso lo scrittore, a differenza di Dante, nutre della simpatia per il personaggio di Belacqua.

Pubblicato da

Annalina Grasso

Giornalista, social media manager e blogger campana. Laureata in lettere e filologia, master in arte. Amo il cinema, l'arte, la musica, la letteratura, in particolare quella russa, francese e italiana. Collaboro con L'Identità, exlibris e Sharing TV

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