Khrystyna Gryshko è nata e vissuta durante la sua infanzia a Pidluzhzhya, un piccolo villaggio ucraino. A 13 anni si è trasferita in Italia, dove ha scritto a 16 anni il suo primo romanzo per ragazzi chiamato “EREA”. A 17 anni è stata la volte del “Bucaneve calpestato“. Dopo essersi laureata in Economia e Management presso Bocconi di Milano ha pubblicato “Benvenuti a Neverland”. Consapevole del fatto che le poesie hanno ormai un sapore troppo antico e che secondo le recenti stime in Italia i lettori di poesia sono sempre meno, Khrystyna non abbandona questo tipo di scrittura, e decide di buttarsi a capo fitto in un progetto relativo proprio a una raccolta poetica, nel 2018 nasce “Io mi bacio da sola” e nel 2021 la raccolta di poesie “Guerra” per Bertoni Editore.
La recente guerra in Ucraina è un evento che tocca Khrystyna nel profondo, in quella nazione ci sono le sue radici, e non può fare a meno di dedicare un’opera anche ai caduti in “Guerra”; attraverso le sue parole si possono conoscere e apprendere fatti strazianti che, purtroppo, ancora oggi affliggono il suo popolo.
La poetessa, ormai in Italia da molti anni, non ha vissuto le orribili vicende belliche in prima persona, ma è stata in grado di renderle vive agli occhi del lettore, con i suoi scritti, da un lato crudi nel descrivere la situazione esisteste, dall’altro aperti alla speranza verso un futuro diverso nella silloge dal titolo Guerra.
“I soldati ci proteggeranno” – qualcuno dice – “Se non moriranno prima”.
Angoscia e speranza, attesa e disillusione si fondono in questa strofa della raccolta dal fortissimo impatto emotivo. L’esperienza bruciante di un conflitto del quale perpetua le tematiche del dolore, ad ogni passo segna quel senso di precarietà e debolezza che ne deriva (“Questa guerra ha mangiato / il mio respiro, il mio fiato” ; “Ho una guerra / penetrata nelle ossa / e la terra / girandosi si sposta.”).
Poesia e guerra sono due concetti apparentemente in contrasto tra loro, eppure la Gryshko, come viene sottolineato della prefazione, ne fa materia poetica; una materia che, sì è vero è stata trattata in tutti i tempi, e che ha conosciuto nel secolo scorso fertile terreno su cui amaramente germogliare e testimoniare al sorgere dei due conflitti mondiali; visioni estetiche e letterarie che l’autrice ucraina ha assimilato, opponendo ad una lettura positivistica della realtà la quale dovrebbe manifestarsi nel progresso sociale (“[…] / Dov’è il progresso quello morale/ se dappertutto vita non vale?”).
Attraverso una serie di poesie l’autrice condanna ciò che porta disumanità e dolore, una guerra che porta via quel sentimento in cui crediamo sempre, ovvero la Speranza o il bene stesso, nascoste dietro sentiment come il male stesso, la perfidia e la sete di potere. Il suo è una sorta di grido a reagire e di cercare di rinascere attraverso il bene e l’amore.