Il neorealismo di Pasolini, tra letteratura e cinema

Il Neorealismo è una corrente letteraria di particolare spessore che ha creato nel corso degli anni un vero e proprio “filone” critico o semplicemente di analisi, da parte di studiosi, letterati, linguistici ma anche storici.

Attraverso la letteratura neorealista si mette in scena la quotidianità, con una serie di elementi negativi o positivi che siano e che indiscutibilmente la caratterizzano. Una rappresentazione oggettiva, che può scuotere gli animi. In questa situazione la più evidente testimonianza dei tempi, proprio per le sue contraddizioni, è offerta da Pier Paolo Pasolini1.

Il Neorealismo in Italia fu contraddistinto da una serie di “voci” impastate nella lingua letteraria ma anche artistica. La visione ed il modo critico-razionale di intervenire sulla quotidianità, propri di Pier Paolo Pasolini, si oppongono al cosiddetto sistema borghese, ma anche al capitalismo.

Quella di Pasolini è una forma di opposizione che sfocia in un vero e proprio dissenso ideologico ed oggettivo; lo scrittore bolognese prende le distanze, grazie al Neorealismo dalla tradizione lirica del Novecento, promuovendo un filone sperimentale diverso, lontano dai canoni della tradizione, vero, in cui chiunque avrebbe potuto riflettersi e riconoscersi. Da tutto ciò nasce quella che è stata definita la demistificazione che lo scrittore fa del non-civile neocapitalismo, l’ipotesi sempre più ostinata di rapporti umani nel quadro di una natura immutabile, la ricerca delle ragioni essenziali di vita al di fuori dell’ambito letterario, la negazione attiva come vitalità, l’impossibilità di mutare il sistema, una sorta di fatalismo astorico, le regressioni e il ritorno alle mitologie.

In questo modo, il Neorealismo di Pasolini diventa la forma più alta di comunicazione con quel mondo fatto di una propria psicologia e cultura due identità strettamente collegate tra loro e spesso dimenticate. Non solo in ambito prettamente letterario, ma anche dal punto di vista cinematografico, gli attori scelti da Pasolini si discostano dal ruolo reale di attori professionisti, sono persone scelte a caso, prese dalla strada, nei quartieri malfamati, casalinghe, padri di famiglia, bambini. I corpi, i volti, le posture di chi ha interpretato i personaggi dei film di Pasolini non sono prodotti di un artificio illusionistico che fa capo al sistema-cinema, poiché gli “attori” riportavano sulla pellicola ciò che erano nella vita reale, senza dover fingere in nulla.

Probabilmente è in questo che risiede la chiave di lettura del Neorealismo inteso come strumento di rappresentazione della verità. Rappresentare tutto ciò che circonda l’uomo ma senza artefatti, in modo naturale e spontaneo.

Una visione che si oppone al Capitalismo, dunque al quale prima si faceva menzione e che presuppone l’abolizione delle classi sociali a favore di un’identità che sappia far parlare di sé per ciò che si è.

L’orda capitalistica che ha invaso la società italiana era stata scorta nella sua più cruda totalità. Era scomparso quel sottoproletariato incontaminato, che trovava come alternativa alla cultura borghese la propria cultura, vera e autentica, basata su una scala di valori “altra”, come sosteneva lo stesso autore. Quella di Pier Paolo Pasolini è stata infatti definita una lotta contro l’universo consumistico.

Ci prova l’autore e regista friulano, con tutte le sue forze. Nonostante spesso non riesca ad arrivare dove vuole. Nonostante a volte proprio quella realtà dove prova ad agire, si opponga ad ogni cambiamento. Infondo è risaputo che il cambiamento è una costante ed in quanto tale non può essere forzato o richiesto, ma Pasolini, pur essendone consapevole ci prova.

Di conseguenza, Pier Paolo Pasolini problematizza il rapporto tra interiorità singola e oggettività sociale e vede come via d’uscita lo sperimentalismo «sprofondato in un’esperienza interiore» come «lotta innovatrice non nello stile ma nella cultura».

L’arte che ha portato avanti Pasolini, dunque, sposa in maniera precisa la sua intenzione di dare uno ampio scorcio di una dimensione sociale forzatamente messa da parte. Se precedentemente il Neorealismo di De Sica e Rossellini aveva il compito di porre in evidenza la disperazione mortale e totalizzante dell’uomo del dopo-guerra, quello di Pasolini invece di dare a quei ragazzi di vita la voce che gli era stata tolta e mettere in risalto lo spirito del tempo, veicolato dall’egemonia culturale di una borghesia cattolica e selettiva.

Quel genocidio culturale – a cui si è sempre appellato l’autore – che ha generato quella mutazione antropologica del popolo italiano –  ha visto una variazione dello spirito del tempo che ha invaso anche il sottoproletariato. Il cambiamento generato da una società che stava basando le proprie fondamenta sulla circolazione e sull’accumulo di denaro, ha causato una variazione di ogni relazione sociale.

 

“ […] Tra il 1961 e il 1975 qualcosa di essenziale è cambiato: si è avuto un genocidio. Si è distrutta culturalmente una popolazione. E si tratta precisamente di uno di quei genocidi culturali che avevano preceduto i genocidi fisici di Hitler.

[…] Se io oggi volessi rigirare Accattone, non potrei più farlo. Non troverei più un solo giovane che fosse nel suo “corpo” neanche lontanamente simile ai giovani che hanno rappresentato sé stessi in Accattone. Non troverei più un solo giovane che sapesse dire con quella voce, quelle battute. Non soltanto egli non avrebbe lo spirito e la mentalità per dirle: ma addirittura non le capirebbe nemmeno […]”.  

Lettere Luterane 

Pasolini e la musica

 

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In occasione dell’anniversario della tragica, violenta e assurda scomparsa (avvenuta il 2 novembre 1975) di Pier Paolo Pasolini, gigante della cultura italiana e mondiale, vorremmo provare a ricordarlo lasciando per un momento da parte il Pasolini poeta, scrittore, regista, intellettuale per soffermarci su un lato artistico poco considerato, Pasolini paroliere e amante della musica. Nella lingua italiana il termine paroliere ha un che di dispregiativo in quanto lo si abbina solitamente alla musica leggera, alla “canzonetta”, ma è d’uopo ricordare quali meravigliosi versi hanno saputo scrivere, negli anni, artisti quali Mogol, De Andrè, Guccini, Di Giacomo, abbinandoli ad altrettanto efficaci melodie.

Non potevano certo sfuggire le potenzialità di questo connubio ad un sensibilissimo intellettuale come Pasolini, sempre in cerca di nuove modalità di espressione che gli consentissero di allargare il suo orizzonte culturale. Nascono cosi delle composizioni in versi che si sublimano nelle note di maestri quali Ennio Morricone o Piero Piccioni e prendono vita grazie alla voce di interpreti come Laura Betti, Domenico Modugno e Sergio Endrigo.

Pasolini, che considerava la musica come l’unica azione espressiva alta e indefinibile, amava la musica colta, Bach e Mozart in particolare, ma al contempo non poteva non allontarsi dalla passione per la canzone popolare: il dialetto, lingua materna e ancestrale, è contrapposta all’italiano, lingua del padre e simbolo di un ordine borghese. Afferma lo stesso Pasolini nel 1956:

“Non vedo perché sia la musica che le parole delle canzonette non dovrebbero essere più belle. Un intervento di un poeta colto e magari raffinato non avrebbe niente di illecito. Personalmente, credo che mi interesserebbe e mi divertirebbe applicare dei versi ad una bella musica, tango o samba che sia”. (Pierpaolo Pasolini- Intervista ad “Avanguardia”-1956)

E ancora: “Personalmente non mi è mai capitato di scrivere versi per canzoni… non mi si è presentata l’occasione… credo che mi interesserebbe e mi divertirebbe applicare dei versi ad una bella musica, tango o samba che sia”.
Questa fascinazione per il mondo delle sette note lo spinge a comporre piccoli gioielli quali Il valzer della toppa, Cristo Al Mandrione, Macrì Teresa detta Pazzia, Cocco Di Mamma, scritte in romanesco ed incise da artiste come Laura Betti e Gabriella Ferri, che si inquadrano perfettamente nella poetica pasoliniana fatta di periferie, “ragazzi di vita”, miseria, fame e violenza. Il corrispettivo in musica di capolavori cinematografici quali Accattone e Mamma Roma, dove i vinti, gli emarginati, i disadattati sono descritti in maniera molto più che realistica escludendo qualsiasi possibilità di riscatto o redenzione.

Ma non solo Roma, le sue periferie, le sue contraddizioni, il suo linguaggio sono fonte di ispirazione per Pasolini, ma anche la tematica pacifista, l’antimilitarismo, la pura poesia forniscono ottimo materiale per liriche stupende. Nascono così Il Soldato Di Napoleone, tratta dalla raccolta di poesie La Meglio Gioventù e musicata da Sergio Endrigo, Che Cosa Sono Le Nuvole, composta con frammenti tratti dall’Otello di Shakespeare e affidata alla voce di Domenico Modugno, Danze Della Sera (Suite In Modo Psichedelico), tratta dalla poesia Notturno ed interpretata dal gruppo Chetro & Co, C’è Forse Vita Sulla Terra, scritta a quattro mani con Dacia Maraini e riproposta dalla misconosciuta Daniela Davoli. Alcune composizioni pasoliniane si sono prestate, nel tempo, ad essere musicate da numerosi artisti,come La Recessione elaborata da Mino De Martino per Alice, a dimostrazione dello straordinaria compatibilità tra il suo modo di fare poesia e lo spartito.

Entrando nello specifico, soprattutto analizzando la musica in alcuni film diretti da Pasolini, si va dall’ascetismo di Accattone alla fisicità decadente di Salò, da una fase nazional-popolare (che si presenta come studio dell’epos degli umili) caratterizzata dall’apporto della musica classica di Bach, la quale “sacralizza” il proletariato, come si può notare anche ne Il Vangelo secondo Matteo, dove Pasolini al Coro della Matthäus Passion, affianca senza pregiudizi il Gloria dalla Missa Luba congolese: religiosità celeste e religiosità terrena si fondono meravigliosamente.
La musica sacra di Bach, inoltre, come nota Alessandro Cadoni, è tradizionalmente emblema di una classe colta borghese, ma viene applicata da Pasolini al modo della borgata creando un punto di rottura con la convenzionalità descrittiva imperante nel cinema, che prevedeva musiche popolari per commentare scene di gente comune, musiche di chiesa per scene religiose, ecc.. Strategia “eversiva” che accredita Pasolini come uno dei principali artefici del rinnovamento linguistico e dell’abbattimento dei luoghi comuni che investono il cinema d’autore negli anni ’60.

La vita, l’arte e, soprattutto, la morte di Pasolini hanno ispirato numerosi artisti che hanno dedicato al poeta friulano canzoni bellissime e commoventi: Lamento Per La Morte Di Pasolini di Giovanna Marini, Una Storia Sbagliata di Fabrizio De Andrè, A Pà di Francesco De Gregori, manifestano l’impatto che la forte personalità di Pasolini ha avuto anche sul mondo della musica. L’influenza in termini di tematiche, stile di scrittura e valenza letteraria è rintracciabile in molti autori contemporanei specie di scuola romana quali Franco Califano (Semo Gente De Borgata), Edoardo De Angelis (Lella), Francesco De Gregori (La Leva Calcistica Della Classe ’68), Antonello Venditti (Sora Rosa), Gabriella Ferri (Sempre) e Claudio Baglioni (E Me Lo Chiami Amore). In tutti loro è presente un scintilla del genio pasoliniano ogni qualvolta tentano di descrivere un certo tipo di realtà legata indissolubilmente al mondo delle periferie, della difficoltà del vivere ed a un tipo di umanità più povera materialmente ma più ricca spiritualmente. Chissà cos’altro avrebbe potuto fare Pasolini se quella lontana notte di novembre del 1975 non fosse mai arrivata…

Di Gabriele Gambardella

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