‘Al mondo’, l’ironica invocazione di Andrea Zanzotto

La poesia Al mondo, che fa parte della raccolta La beltà (1968) del poeta veneto Andrea Zanzotto, va interpretata come un’ironica invocazione che scaturisce dal bisogno di reagire alla disgregazione della società contemporanea, sempre più alienata e annichilita. Proprio il riferimento al barone di Münchhausen, che si “liberò dalla palude tirandosi per i capelli”, come annota lo stesso poeta, mostra tutta la consapevolezza ironica e autoironica dell’autore che, pur conscio della propria crisi, riafferma la propria volontà di sottrarsi al labirinto entro cui si trova.

 

Mondo, sii, e buono;
esisti buonamente,
fa’ che, cerca di, tendi a, dimmi tutto,
ed ecco che io ribaltavo eludevo
e ogni inclusione era fattiva
non meno che ogni esclusione;
su bravo, esisti,
non accartocciarti in te stesso in me stesso.

Io pensavo che il mondo così concepito
con questo super-cadere super-morire

il mondo così fatturato
fosse soltanto un io male sbozzolato
fossi io indigesto male fantasticante
male fantasticato mal pagato
e non tu, bello, non tu «santo» e «santificato»
un po’ più in là, da lato, da lato.

Fa’ di (ex-de-ob etc.)-sistere
e oltre tutte le preposizioni note e ignote,
abbi qualche chance,
fa’ buonamente un po’;
il congegno abbia gioco.
Su, bello, su.

        Su, Münchhausen.

 

La ricerca linguistica di Andrea Zanzotto è il dato più evidente alla lettura della poesia. Il poeta utilizza infatti una serie di materiali eterogenei, accostandoli in maniera apparentemente casuale e disordinata: si tratta di espressioni tratte dalla vita quotidiana (v. 16- un po’ più in là, da lato; v.22- su, bello, su), elementi tratti da un registro più”tecnico” della lingua (vv.5-6-ogni inclusione era fattiva/non meno che ogni esclusione, v.18-oltre tutte le preposizioni note e ignote), termini stranieri (i prefissi latini ex-, de-, ob-, il francese chance), neologismi (buonamente, supercadere, super-morire), dialettismi (male sbozzolato).

La stessa irregolarità è riscontrabile anche dal punto di vista sintattico: a fronte di frasi perfettamente “grammaticali” (v.1- Mondo, sii, e buono; vv.9-12-Io pensavo che il mondo così concepito…fosse soltanto un io male sbozzolato), si trovano frammenti giustificabili solo all’interno della logica dell’accumulazione, quale fa’, che, cerca, di, tendi a, dimmi tutto (v.3), dove l’ultimo elemento spiega il significato dei precedenti.

La struttura metrica svolge una funzione fondamentale di “ordinamento” dei materiali utilizzati da Zanzotto: le prime due strofe propongono due temi fondamentali della poesia: nella prima il poeta si rivolge al mondo, ovvero alla realtà nel suo complesso, alla ricerca di un significato oggettivo e non puramente soggettivo e nella speranza che questo significato sia buono, cioè che la realtà si riveli dominata da un principio positivo. Nella seconda strofa Zanzotto spiega che la sua visione negativa del mondo nasce proprio dall’idea che la realtà sia semplicemente una proiezione dell’io, dell’interiorità del soggetto. La terza strofa riprende circolarmente l’invocazione del mondo della prima e si conclude con un verso isolato che mette in evidenza il carattere ironico di tutta la riflessione: il poeta, in realtà, non può credere alla presenza di un ordine garantito da una realtà superiore, da un dio trascendente, per cui il mondo, per acquisire un significato, non può fare altro che ordinarsi da solo, esattamente come il barone di Münchhausen, protagonista di un celebre romanzo umoristico del Settecento, che morirebbe nella palude se non si tirasse su da solo afferrandosi per i capelli.

 

 

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