M’ALA o non M’ALA? Non M’ALA! Il rifiuto di Gentiloni a Verdini

ALA sta per Alleanza liberalpopolare-autonomie, partito di Denis Verdini, distaccatosi da Forza Italia e sostenitore ufficioso del passato governo di Matteo Renzi. Alcuni giorni fa Enrico Zanetti, ex vice-ministro dell’economia del detto governo ed ex segretario dell’ormai defunto partito politico Scelta civica, sia durante la formazione del Governo di Paolo Gentiloni, cioè nella scelta dei ministri, sia durante la conseguente scelta dei sottosegretari, ha sdegnosamente preso atto del rifiuto da parte del medesimo governo di accoglierli nella fila della nuova, ma solo formalmente, maggioranza di governo.

Cosa c’entra ALA? E soprattutto, chi è Zanetti? E’ una personalità curiosa: entra in Parlamento nel 2013 con Scelta civica, al cui vertice c’era l’ex presidente del consiglio e attuale senatore a vita Mario Monti, partito che si schiera per il governo di coalizione con il centro-destra di Forza Italia e poi con il nuovo centro-destra di Angelino Alfano. Quando Monti lascia (senza dirlo lui, ma probabilmente il dolore di non essere di nuovo presidente del consiglio deve averlo schiacciato) il partito elegge come nuovo segretario di Scelta civica Stefania Giannini, ormai ex ministro dell’istruzione del governo Renzi. La Giannini decide anch’ella di abbandonare il partito e di passare al partito democratico (di nuovo, senza dirlo lei si può sostenere che lasciò un partito senza prospettive per un posto nel carro del nuovo e apparentemente invincibile leader politico Renzi) insieme ad altri membri parlamentari del medesimo partito. Cosa che ovviamente lasciò il partito privo, in poco tempo e per ben due volte, dei propri vertici politico-parlamentari – da lì iniziò ad essere soprannominato Sciolta civica.

Fu eletto Enrico Zanetti come nuovo segretario. Segretario che sembrò voler puntare sulla riconquista di un’identità e di un peso del partito dopo quanto accaduto, tanto da apostrofaremalamente la Giannini, invitandola almeno ad un dignitoso silenzio. Quale spessore morale lasciò intuire il segretario! Pur se leader solo di una formazione parlamentare minima, esclusa ormai dal Senato, ma pronta a mantenere la propria dignità contro i propri stessi capi, che l’avevano tradita.

Poi… Già,poi… Poi Enrico Zanetti, da segretario (cioè nuovo vertice di Scelta civica) decide di traghettare il partito in una nuova formazione, insieme ai verdiniani di ALA, dando vita a Scelta civica verso i cittadini per l’Italia – maie (nome facile da ricordare, da vero comunicatore!). Già, peccato che a seguirlo, su 23 deputati, sono stati solo 3! Gli altri sono stati costretti a rinunciare al nome Scelta civica, anche se sono la maggioranza e anche se Mario Monti ha protestato, definendosi proprietario del simbolo e contrario, in quanto tale, alla cessione del nome al nuovo traditore, che in un colpo solo, da grande moralista ipocrita, pensa magari di non avere tradito sostanzialmente, perché il nome se l’è portato con sé. Il nome… ma non il partito, dettaglio abbastanza notevole da scordare per l’ambizioso Zanetti, che fondando un nuovo partito con Denis Verdini e i suoi, lo ha fatto entrare di fatto al governo di cui Zanetti faceva parte.

Era il 14 luglio del 2016, il 4 dicembre scorso, cioè pochi mesi dopo, il governo verso cui ogni capo di Scelta civica ha perso la dignità in cambio di una poltrona, cadde. Poveri Zanetti e Verdini! Hanno fatto tanto: il primo per assumere sempre più importanza, ma mantenere intatta l’immagine di non traditore, il secondo accettando da sempre anche quell’immagine, pur di entrare al governo, per poi ritrovarsi a dover negoziare di nuovo un posticino, che rifletta il loro ricatto numerico al Senato.

Gentiloni, nuovo presidente del consiglio, questa volta sì con un po’ di dignità, ha invece salutato Zanetti e Verdini. Forse perché, al contrario di Renzi, Gentiloni è meno ambizioso e più lucido e sa che i traditori, anche se dicono di volerti sostenere, prima o poi ti tradiscono, e farsi tradire per un governo destinato a durare poco, a fare poco ed ad essere in fondo poco, sarebbe stupido. Gentiloni è parso non esserlo. Per fortuna.

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