Giovanna Rosadini è stata per anni redattrice ed editor dell’Einaudi, una delle migliori case editrici italiane, dove ha lavorato gomito a gomito con i migliori autori di narrativa e poesia italiani e stranieri, riguardo ai quali ha più volte raccontato aneddoti in articoli e interviste rilasciati in questi ultimi anni: più che un apprendistato, una vera e propria palestra intellettuale.
Dopo l’incidente che ha subito nel 2005 è diventata lei stessa autrice Einaudi, mettendo a frutto in prima persona il proprio talento letterario sia come curatrice (“Clinica dell’abbandono” di Alda Merini, e “Nuovi Poeti italiani 6” , entrambi usciti con Einaudi), e pubblicando anche le seguenti raccolte di poesie: “Il sistema limbico” ( Borgomanero, Atelier), “Unità di risveglio” (Torino, Einaudi), ”Il numero completo dei giorni” (Torino, Aragno), “Fioriture capovolte” (Torino, Einaudi), “Frammenti di felicità terrena” (Faloppio, LietoColle) ed infine nel 2021, “Un altro tempo” (Latiano, Interno Poesia Editore).
Con “Fioriture capovolte” ha vinto la XXXI edizione del Premio Letterario Camaiore. Con l’autoantologia che include una sezione di inediti “Frammenti di felicità terrena” ha vinto l’ottava edizione del Premio internazionale di Letteratura Alda Merini.
La poetessa ha subito un grave trauma. Ma lasciamo la parola completamente a lei. In una intervista alla poetessa Luigia Sorrentino il 24 marzo 2009 così descrive ciò che le è accaduto in modo dettagliato: “…A seguito di un banale cateterismo tubarico all’orecchio sinistro, sarebbe a dire un’insufflazione, sono finita in coma. Non ero mai stata sottoposta, prima, a questo tipo di pratica; ma eravamo (con la mia famiglia, Paolo e i nostri due ragazzi, Matteo e Bianca) alla vigilia della partenza per una lunga vacanza negli Usa, che avrebbe previsto diverse tappe, con punto d’arrivo nelle isole Hawaii, dall’altra parte del mondo.
Dunque, siccome accusavo un risentimento fastidioso, pensai di mettermi al riparo da possibili guai più grossi recandomi allo studio del mio otorino di fiducia, un medico genovese che mi seguiva sin dall’ infanzia. Quel sabato mattina (era una tiepida giornata primaverile) partii in auto da Milano insieme a mia figlia, che aveva allora nove anni; saremmo dovute rientrare l’indomani, dopo una serata in riviera coi nonni… Certo non potevo immaginare che avrei rivisto casa mia solo l’autunno seguente, e Paolo e Matteo dopo mesi… L’ultimo ricordo preciso è la telefonata di mio marito appena arrivate a Genova, poi tutto si sfilaccia… Un arresto cardiorespiratorio da riflesso vasovagale dovuto all’intervento mi ha precipitato nel buio… Mi sono risvegliata che era già estate piena, alla clinica S. Anna di Crotone, un centro d’eccellenza dove ho fatto i primi sei mesi di riabilitazione…
Non riuscivo a muovere la parte sinistra del corpo, ero completamente disorientata spaziotemporalmente, e ho dovuto reimparare, come un bambino piccolo e con uno sforzo indicibile, a fare tutte quelle cose che prima erano normali automatismi quotidiani: respirare e mangiare da sola, camminare, abbottonarmi un vestito, allacciarmi le scarpe, tenere una penna o uno strumento (un bicchiere, un paio di forbici, ecc.) in mano, e, in generale, riabituarmi al mondo esterno e ai suoi ritmi, che all’inizio mi davano le vertigini. Oggi, se posso dire di aver recuperato tutto dal punto di vista cognitivo, devo purtroppo convivere con una forma di disabilità permanente; ho perso infatti l’uso della mano sinistra, e certo non riesco e riuscirò più a svolgere le attività motorie di un tempo, come correre, andare in bicicletta, sciare, ballare o suonare il piano.
Posso dire ora di aver trovato un nuovo equilibrio, anche se ho pagato un prezzo molto alto, e insieme a me tutti i miei familiari, la cui vita è cambiata radicalmente. Unità di risveglio è il diario-racconto in versi, fra speranze e paure, del mio ritorno alla vita a seguito di quest’esperienza… Di come io abbia cercato di trasformare lo choc per quanto mi è successo, e per la mia nuova condizione, in un nuovo punto di partenza… Ribaltando la rabbia e il lutto per la perdita in punti di forza… Entrando a far parte di un mondo, quello della malattia, della sofferenza, dell’insufficienza fisica, che prima mi era totalmente sconosciuto… Un mondo sorprendentemente giovane, ricco di umanità ed empatia… Trovando finalmente il coraggio, io che scrivo da sempre, di legittimarmi compiutamente questa parte di me stessa, dopo una vita vissuta all’insegna dei ruoli di servizio (sorella maggiore, madre, editor per altri autori…)”.
Giovanna Rosadini lavora ancora oggi come editor freelance, oltre ad essere un’operatrice culturale.
Ecco alcuni testi eccellenti della Rosadini, tratti da “Un altro tempo”:
A poco a poco il giorno si fissa, diventa un continuum di immagini e presenze, a partire dall’inquadratura che isola, oltre la porta della stanza, una pingue ausiliaria che lava il pavimento del corridoio, con un carrello fornito di secchio e spazzoloni accanto. Piego le gambe, mi guardo la punta delle ginocchia ossute che emerge dalle lenzuola (la gamba sinistra sembra più sottile, ma ci vedo bene?). Ogni parte del corpo duole, le giunture sono come arrugginite e fuori uso, uno strano torpore formicolante si è impadronito degli arti, e la spalla sinistra è in fiamme. Cosa è successo al mio corpo?
Ti sei sentita male, hai perso conoscenza. Quando ti sei svegliata ti abbiamo portata qui” Affiora un pensiero magico: deve pure esistere un modo per tornare indietro. Tutto questo non può essere vero…. L’applauso che mi fanno i medici, terapisti ed infermieri per ogni piccolo progresso che faccio…”. “so cosa vuol dire ritrovarsi prigionieri di un corpo che non risponde… e so, sì, che l’accettazione consapevole di tutto ciò è la più alta forma di eroismo che possa esistere. Ogni cosa è allo stesso tempo nuova e remotissima.
Quando ascolto un brano musicale, sicura di conoscerlo… La presenza dei familiari, fondamentale. La sorella minore Vera, che fa da tramite con gli altri della famiglia, “ed ora è la vera sorella maggiore, e io mi affido volentieri alle sue cure e alla sua competenza. … E “riabilitazione” diventa una parola che mi genera fastidio e insofferenza… Posso ancora dire di essere la Giovanna che ero? E in quale misura potrò tornare a esserlo? … Provo con le persone ricoverate con me un sentimento di fratellanza che non ho mai avuto… L’immagine simbolo di questa epica riabilitativa picaresca-ospedaliera è la sessione settimanale di karaoke. … Sentimento di solidarietà e comunione profonda… Accettare l’imperfezione … vulnerabilità come dato costituente e basilare della nostra umanità … Sempre più chiaro che rimarrà una coda, ce lo dicono i medici, nessuno può dire quanto estesa… La riscoperta del gusto del cibo dopo mesi di anodine polpette, brodini e puré … Ed eccomi finalmente fuori, su questa lunghissima e selvaggia spiaggia calabrese, dove mi hanno portato Francesco e Cristina … Finalmente un pomeriggio nello studio di musicoterapia… sono invasa dalla musica… è un risveglio istantaneo dei sensi … e sto imparando la gratitudine, per la seconda possibilità che mi è stata data… Poi, una sera … una stupefacente nuvola rosa pennellata nella vastità del cielo ci ha ricordato di essere parte di un immenso Mistero.
Da “Unità di risveglio” (Einaudi):
Per Paolo
L’ultimo ricordo è la tua voce,
prima che tutto si confonda
e poi sbiadisca, in controluce;
dopo c’è stato un volo nella notte,
un tuffo dentro l’acqua più profonda,
lo scivolare netto dove l’ombra inghiotte
l’aria, e l’onda è un vortice che spiomba…
Mentre ogni cosa rimbomba per voi
che rimanete, a custodire il corpo inerme
chiuso nel silenzio e nell’assenza,
ormai slacciato da ogni appartenenza…
Da Fioriture capovolte (Einaudi):
Per M. D.
La Riviera è il nostro regno
in questo inizio di estate terso
come una promessa che si avvera
improvvisa e perpendicolare
ai morti orizzonti invernali
il primo amore è la sorpresa
di ritrovarsi in corsa nella luce
aperta della strada, appoggiata
alla tua schiena mentre l’aria
vortica intorno, e ogni cosa
sembra sul punto di schiudersi.
Mi lascio portare, leggera
d’animo e di pensieri, dimentica
di tutte le domande rimaste inevase:
oggi mi basta sapere quale sarà
la spiaggia dove siamo diretti,
da cui ci tufferemo
tenendoci per mano.
Respiro nel respiro, ascolto la notte
Respiro nel respiro, ascolto la notte.
Ombre lunghe tendono abbracci,
invitano a proseguire oltre la siepe
sul confine dello sguardo. Accade,
ancora, di ritrovarsi nudi, esposti.
Restare allora nella notte, accogliere
la sua lusinga è un balsamo per chi
non lascia tempo alla paura, tenebra
è una parola che risolve e cura.
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Di Davide Morelli