Alfredo Oriani, schietto ritrattista di anime inquiete

Alfredo Oriani (Faenza, 1852 – Casola Valsenio, 1909) è stato uno scrittore autentico, profondo, sensibile; uomo fiero e solitario, complicato, non avvezzo alla mondanità, ma soprattutto è stato un autore dimenticato, che ha passato la sua esistenza tra l’incomprensione della maggior parte dei critici e l’indifferenza del pubblico.

Rivalutato nientemeno che da Benito Mussolini, da poco salito al potere, finalmente Alfredo Oriani conosce un periodo glorioso post-mortem grazie alla pubblicazione da parte del Duce dell’opera omnia, in trenta volumi, dal 1923 al 1933.

Alfredo Oriani: la forza emotiva dei suoi romanzi

Alfredo Oriani ha scritto perlomeno due romanzi molto belli: Olocausto e Vortice; ha avuto un buon riconoscimento da Benedetto Croce in uno dei saggi della Letteratura della nuova Italia. Tuttavia la sorte ha riservato ad Alfredo Oriani un destino infausto. Secondo Renato Serra, il romanziere non arriva a un soliloquio intimo in cui l’uomo sia per se stesso materia e spettacolo per lo scrittore; egli infatti non è fatto per sdoppiarsi nemmeno quando parla di se. Ma le prospettive e le esigenze dei punti di vista cambiano e in questo senso sarebbe molto interessante riprendere alcuni romanzi di Alfredo Oriani che vanno dalla fine dell’800 all’inizio del ‘900: Gelosia (1894), La disfatta (1896), Vortice (1899) e Olocausto (1902), per vedere cosa potremmo trovarci dalla nostra prospettiva mutata.

Queste opere sono pervase da una forza schietta e indefinibile che vince il giudizio e il gusto per lasciare solo l’inquietudine delle anime. Si sente solo il dramma degli uomini e Alfredo Oriani mostra le loro anime nude e misere come fanno Zola e Tolstoj. Se prendiamo in esame il romanzo Gelosia, noteremo come questo libro, pur presentando dei difetti, sia ricco di qualità e virtù che pur mancano, Verga escluso, a tutti i romanzi che spuntano in Italia durante la stagione verista; e i limiti di Oriani si trovano dove egli viene meno al canone dell’impersonalità.

I romanzi di Alfredo Oriani, soprattutto La Disfatta, sono drammatici resoconti  di fallimenti, rovine e disastri , ma non rientrano in un certo “dover essere”, in una certa poetica della narrativa. I romanzi di Oriani rientrano nell’atmosfera che contraddistingue il materiale narrativo e lo stile del romanzo naturalista; tuttavia emergono però l’indipendenza di Alfredo Oriani dai modelli, soprattutto francesi. Senza dubbio La Disfatta è il romanzo più compiuto di Oriani per un lettore comune, ma è stato concepito meno schiettamente rispetto agli altri, in cui vi trapelano ambizione e volgarità. Alcuni critici, come il già citato Serra, ritengono che la qualità dei sentimenti personali di Oriani sia discutibile, se non addirittura bassa e che l’autore dia fastidio quando interviene troppo spesso di persona se descrive un paesaggio o un monumento; insomma secondo alcuni Oriani trova sempre il modo per infilare se stesso tra le pagine di un romanzo. E ancora: anche nel romanzo novecentesco Olocausto, Alfredo Oriani, secondo i critici Ambrosini e Serra, ha commesso un grave errore, quello di non fermarsi subito dopo la morte della piccola Tina, la protagonista, quando la madre, che l’ha prostituita, va a letto sola e sente sotto il suo corpo, nel materasso, “la buca della morta”. Secondo i critici dunque, Oriani non era contento nelle sue immaginazioni.

Ma nonostante diversi giudizi negativi, non si può non affermare che i romanzi di Oriani hanno in sé una grande forza emotiva e artistica e riescono a cogliere nel segno proprio perché derivano dall’identificazione tra i fallimenti e le sofferenze dell’autore e i disastri toccati ai suoi personaggi. Identificazione strettamente e visibilmente autobiografica, identificazione che di certo non deriva dall’essere informati sulla vita e sul privato di Oriani (soprattutto la sua presunta misoginia), altrimenti si scadrebbe solo nel pettegolezzo, anche perché l’autore emiliano era gelosissimo della sua infelicità personale che non potremmo mai assimilare alle vicissitudini da lui narrate. In lui l’intrusione autobiografica e il tentativo di catarsi allo stato di sfogo è divenuto lievito di poesia.

I critici di Alfredo Oriani sono tali in quanto essi hanno come modello di romanzo solo quello verista, essendo Oriani uno scrittore che ha vissuto perlopiù l’800; bisognerebbe mostrare, invece, quanto egli sia anche molto “novecentesco”, come i suoi personaggi, con i quali è stato reciso il cordone ombelicale, siano effettivamente dei personaggi-uomo, i quali patiscono le offese dell’autore, e che diventano sentimenti universali della vita.

Exit mobile version