Assimilare ciò che è stato per autenticare ciò che è nuovo: uno dei procedimenti più utilizzati eppure meno facili del cinema acquista piena evidenza in “I figli della notte”, eccellente esordio nel lungometraggio di Andrea De Sica. Nell’attuale fase di stallo tra chiusure e innovazioni del prodotto italiano, infatti, il noir del figlio del rimpianto Manuel dimostra che l’incubo concentrazionario non alligna esclusivamente nelle degradate periferie romane bensì può sgomentare allo stesso modo negli scenari narrativamente e topograficamente più diversi dell’immaginario collettivo.
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