“Ulisse”: l’epica rovesciata di James Joyce

James Joyce  inizia a sviluppare l’idea per il suo Ulisse ( pubblicato nel 1922) nel 1914. Inizialmente l’Ulisse venne concepito come una novella da aggiungere alle quattordici scelte per il volume Gente di Dublino, il testo fu considerato, infatti,  “una novella non scritta”. La storia è quella dell’incontro di un gruppo di persone che avviene nell’arco di una giornata (precisamente dalle otto del mattino alle 2 di notte del 16 Aprile 1904) e che, da quel momento in poi, vedranno le loro vite intersecarsi.  Tra i  protagonisti : Leopold Bloom, uomo medio, eroe che sbaglia (la sua storia è in sostanza quella dell’eroe dell’ Odissea), incapace ad instaurare rapporti umani,  Stephen Dedalus,   più idealista e alla ricerca di valori spirituali  ma che, come Bloom, non riesce a raggiungere i suoi obiettivi ed, infine,  Molly,  la rappresentazione della natura femminile in tutta la sua essenza. I primi due, nella loro ansiosa ricerca,  non sono altro che incubo, mentre Molly, al contrario, emerge come la figura più risolutiva, colei che trasforma l’incubo in estasi.  Le esperienze di questi personaggi ci arrivano attraverso i loro monologhi interiori,  o meglio quello che è definito, in letteratura,  flusso di coscienza che in realtà è stato inventato da Tolstoj con Anna Karenina.

Joyce sceglie Dublino perché rappresenta la città in cui  la morale cattolica si è ormai cristallizzata, gli stessi abitanti sono fermi, non conducono una vita autentica e sono letteralmente oppressi dalla religione e dal nazionalismo. Joyce respinge tutto ciò, scelta che, come vedremo, lo condurrà a trascorrere molti dei suoi anni in  esilio.

Ulisse, nel romanzo di Joyce è l’eroe che sbaglia, non ha patria e si tiene lontano da certe sovrastrutture. Proprio come Ulisse che peregrina per terre e mari lontani, così l’ eroe che viene fuori da questo romanzo trascorre le sue intere giornate per le strade ed i bar della città. Attraverso la lettura di questo romanzo,  potremmo azzardare un’analisi della figura umana, oltre che delle dinamiche e dei riti quotidiani che, nello specifico, la riguardano. La ricerca del padre, la ricerca del figlio e l’esilio sono alla base di una ricerca più grande che investe l’uomo nella sua integrità fisica e, per questo, temi inevitabilmente ricorrenti. Potremmo azzardare che dietro ogni personaggio, si celi  l’autore stesso che,  diventato più maturo, riesce a vedere se stesso da lontano, come un ‘estraneo’.

Joyce adotta uno stile schematico, rivisitato più volte. Quello che ci è giunto prevede una disposizione ternaria  e schematica ( lo Schema Linati).  Tecnicamente,  l’autore divide il libro in 18 episodi cercando di seguire l’ordine delle avventure che compaiono nell’Odissea. Questa varietà di tecniche narrative, la continua parodia e la confusione degli stili adottati, la percezione che ha l’autore dell’umanità rendono questo romanzo “vitale”, “contemporaneo” e, sicuramente, una delle opere più rivoluzionarie della letteratura mondiale.

Si è provato a recensire questo libro straordinariamente ipnotico, ma l’Ulisse non è un romanzo, piuttosto un’opera letteraria a sé e sarebbe velleitario cercare di trovare il pelo nell’uovo quando in realtà non si è capito nulla della letteratura/ non letteratura di Joyce, troppo facile dire: “non fa capire nulla”, “è contorto”, “è noioso” e via dicendo…Semmai si potrebbe e dovrebbe ragionare di più sul perché lo scrittore irlandese attua questo rovesciamento, perché fa la parodia della letteratura stessa (oltre che la religione), giocando con le parole e mettendo in atto tutti i tipi di scrittura possibili. Ha voluto dimostrare  deliberatamente che la letteratura moderna è questo oppure l’ Ulisse è lo specchio della sua nevrosi, dando quindi inizio alla rivoluzione che è contemporaneamente stilistica, paesaggistica ( sono percepibili i sospiri della sua Irlanda, come se Joyce avesse piazzato una webcam su quel microcosmo) linguistica, ottica ( il tempo che impieghiamo a leggere il libro è più lento rispetto all’azione della narrazione stessa, a differenza di altri romanzi, compreso Anna Karenina), inconsapevolmente., ma come se fosse un invito all’accettazione del disordine. Se fosse un film sarebbe sicuramente diretto da Robert Altman.

Imperdibile ma non immediato.

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