‘Romanzo digitale’, l’intelligenza artificiale secondo Antonio Pascotto

Romanzo Digitale è il nuovo libro del giornalista Antonio Pascotto, edito Jolly Roger, in cui tempo e futuro sono legati da un filo conduttore che si dirama nella dimensione dei ricordi. L’autore, infatti, partendo da un flusso emozionale che origina dal passato accompagna il  lettore in un viaggio nel tempo che culmina in una realtà futura derivata da un flusso di cambiamenti determinanti; prima fra tutti la pandemia dovuta al Covid-19.

Il testo, che si pone sotto forma di diario, racconta lo scandire del tempo attraverso porzioni di immagini che si mescolano creando, all’interno della trama, una sorta di andirivieni; un flashback di momenti passati e futuri che contribuiranno a creare, grazie al protagonista Giancarlo, un mondo ormai appartenente al tempo che fu e una società sempre più proiettata alla meccanica, dove addirittura l’autore teorizza una realtà in cui l’Intelligenza Artificiale possa essere del tutto autonoma.

All’ascesa inarrestabile della tecnologia Antonio Pascotto evidenzia anche una tematica, tutt’ora ampiamente discussa, come l’ambientalismo. Sulle problematiche ambientali, oggi, l’informazione è sicuramente più precisa  e molto più diffusa rispetto a un tempo; il fast -fashion, per esempio, è diventato un ‘’nemico’’ da combattere  basti pensare alle numerose campagne social e ai carousel dedicati al contributo negativo del fast fashion sull’ambiente. Tuttavia l’autore, con  semplicità e profondità disarmanti,  pone i suoi lettori di fronte a un interrogativo che reclama un’impellente riflessione: in una società così noncurante dell’importanza vitale di un eco-sistema è molto più facile continuare a inquinare che trovare soluzioni capaci di arginare una possibile catastrofe.

Pascotto, infatti,  sottolinea attraverso un monito incalzante un’ importante questione: va bene accogliere il progresso, ma non ci si deve mai dimenticare dell’ambiente e della sua tutela se non si vuol rischiare l’abbattersi di disastri ambientali sempre più certi.

L’uomo e l’Intelligenza Artificiale: un’alleanza utile ma pericolosa?

Se alle spalle ci si lascia ricordi analogici, il futuro ha invece cromature scintillanti e algoritmi creativi capaci di ricreare persino dimensioni fantastiche appartenenti alla natura umana o porzioni di testi scritti, come romanzi  e poesie, capaci di emozionare. L’autore riflette – e fa riflettere colui che si accosta al suo romanzo –  sulla tecnologia, il futuro e i cambiamenti che questa comporterà nel tempo; ma soprattutto descrive minuziosamente il rapporto dell’uomo con le macchine e, in modo particolare, con l’Intelligenza Artificiale. Dando voce ai pensieri di molti che si sono accostati a questo nuovo progresso scientifico, Pascotto si chiede se davvero strumenti come Chat GPT possano essere alleati o acerrimi nemici dell’uomo. Il responso accoglie, ovviamente, diverse sfumature: se da un lato facilita le azioni umane, dall’altro si sostituisce alla stessa umanità. Risulta automatico un parallelismo: Italo Calvino nel 1967 profetizza l’avvento dell’Intelligenza Artificiale nella conferenza  ”Cibernetica e fantasmi – Appunti sulla narrativa come processo combinatorio’’ in  seguito pubblicata in “ Una pietra sopra “ (1980) per Einaudi Torino:

“Penso a una macchina capace di sostituire il poeta e lo scrittore, di ideare e comporre poesie e romanzi”.

Ma sul concetto di ‘’automa-letterario’’ Italo Calvino dice anche che è sempre il lettore a fare la differenza e a valutare quello che legge, per cui l’avvento delle macchina non consiste nella perdita di una letteratura autentica. In Romanzo Digitale, però, la maestria dell’autore risiede nel descrivere qualcosa di sconosciuto che può far paura: taxi che si guidano da soli, poesie scritte grazie a processi combinatori cibernetici ed è proprio nel ricordo di un passato puro, dove bastava la semplicità a dar gioia, che ci si chiede cosa ne sarà dell’uomo senza supporti tecnologici come, per esempio,  i ‘’visori digitali’’: saprà ancora utilizzare l’immaginazione?

Gianfranco Contini e “la critica delle varianti”

Tra i maggiori esponenti della critica stilistica, Gianfranco Contini (Domodossola, 4 gennaio 1912 – Domodossola, 1 febbraio 1990) è stato anche filologo e storico della letteratura italiana, prediligendo la letterature delle origini, del Risorgimento, dell’Ottocento e del Novecento. Il metodo adottato da Contini non si basa unicamente sull’opera fatta e finita , ma analizza anche le edizioni precedenti e le varie fasi di correzione dei manoscritti, inserendosi   nella corrente della critica stilistica di  VosslerSpitzer; la cosiddetta “critica delle varianti”. Tuttavia, mentre nel primo vi era una forte influenza di Croce   per  quanto riguarda l’estetica e nel secondo la ricerca dell’etimo psicologico, Contini  analizza esclusivamente il dato linguistico,  ripercorrendo la genesi del testo  e le  variazioni dell’autore.

“Letteratura italiana delle origini”

Ma cosa s intende precisamente per “critica delle varianti”? Essa rappresenta una “nuova filologia”, per usare la tipica espressione del filologo Michele  Barbi, che si è trovata a dover  fronteggiare problemi editoriali semisconosciuti, rispetto alla più tradizionale filologia della copia (redazioni plurime, stratificazioni di varianti e altre questioni legate al rapporto non sempre idilliaco tra autore e stampatore). Per questo motivo è importante la costruzione dell’idea di testo che guidi l’attività filologica; e la critica delle varianti ha giocato sicuramente  un ruolo fondamentale nel determinare non solo l’idea di testo, ma soprattutto nel  gettare  le basi  stesse del problema. La maniera più semplice per sbroglarsi dai problemi che ruotano intorno ai testi autografi,senza aggirarli è creare di volta in volta nuovi parametri, partendo dal presupposto semiotico che è il destinatario che conferisce una certa rilevanza al testo.  Di questo si occupa la “critica delle varianti”.

Gianfranco Contini si è interessato di letteratura a 360 gradi : dai saggi su Dante e Petrarca fino ai moderni e contemporanei Pascoli, Montale, Gadda. Ha tracciato, per quanto riguarda la  letteratura italiana, due linee che l’attraversano dalle origini al Novecento: una linea plurilinguistica e una monolinguistica. Il plurilinguismo, a cui va la predilezione del critico, caratterizzato da un uso sperimentale del linguaggio, parte da Dante per arrivare fino a Gadda e Pasolini, mentre il monolinguismo, ovvero l’uso esclusivo di una lingua letteraria “alta”, parte da Petrarca. Sebbene la sua fosse un’analisi basata su di un criterio preciso e  prestabilito, Contini sostiene  che una metodologia è valida solo se accompagnata dalla sensibilità e dall’intelligenza del critico.

“La letteratura italiana delle origini” è diventata un punto di riferimento  da cui non si può prescindere, perché, secondo il critico, il Duecento rappresenta<< il secolo più importante per le nostre lettere>>. Gianfranco Contini mostra come anche gli auotri cosiddetti “minori”abbiano ricoperto un ruolo fondamentale della diffusione di un linguaggio poetico nuovo.

“Letteratura italiana del Risorgimento”

Esemplare è poi la “Letteratura italiana del Risorgimento”, un classico della storia della  cultura italiana; per tutti gli appassionati di Dante si consiglia vivamente la lettura di “Un’idea di Dante” che raccoglie tutti i saggi danteschi del critico sul sommo poeta; lo stesso vale per i manzoniani, “Antologia manzoniana” infatti offre una doppia chiave di lettura razionale e condensata  de “I promessi sposi”.

Gianfranco Contini è stato anche presidente della Società Dantesca Italiana (dal 1956), direttore degli Studi danteschi e del centro di filologia dell’Accademia della Crusca; socio nazionale dei Lincei (1962); altre sue opere sono :”Les dialectes de l’ancien français”, ” L’influenza culturale di Benedetto Croce”,”Varianti e altra linguistica”,  “La letteratura italiana. Otto-Novecento”. Importanti anche le antologie: “Letteratura dell’Italia unita” (1861-1868), , ” Letteratura italiana del Quattrocento”,  “Diligenza e voluttà”.

Exit mobile version