Prof. Antonio Giordano: i nuovi vaccini ad RNA sarebbero facilmente modificabili, il problema restano i tempi di produzione e somministrazione

Il professor Antonio Giordano, direttore dello Sbarro Institute for Cancer Research and Molecular Medicine della Temple University di Philadelphia e rappresentante del Ministero dell’Ambiente italiano, è un’eccellenza italiana che a Filadelfia ha fondato un centro che si occupa di ricerca in ambito oncologico, monitorando l’espressione e le relative  conseguenze del male del secolo. Ciò consente di migliorare il successo di una terapia e di offrire ai pazienti strategie di terapia personalizzata, di precisione, con la consapevolezza che la ricerca scientifica debba essere incentivata e accompagnata da cultura e profonda umanità. Giordano fa anche il punto della situazione sull’emergenza Covid, sulle varianti e sui vaccini.

 

1_Professor Giordano, come vede la situazione Covid in Italia?

Nonostante i progressi scientifici l’epidemia è in corso. I vaccini sono efficaci ma a causa di una loro lenta distribuzione e somministrazione, rimangono necessarie tutte le misure di mitigazione.

 

2_ E negli States, dove lei vive?

Vale il medesimo discorso. La pandemia ha stravolto la vita dell’intero pianeta e, ad oggi, oltre casi isolati come l’Israele, la situazione continua ad essere grave. La stessa Inghilterra, pur essendo riuscita a ridurre notevolmente il numero dei positivi è stata comunque messa a dura prova da lunghi periodi di lockdown.

 

3_ Cosa ci può dire delle varianti in relazione al vaccino?

In relazione al vaccino possiamo dire che i prodotti Pfizer e Moderna sono diretti contro la proteina spike, per cui fino a quando non si verificheranno importanti mutazioni in quest’ultima, non dovrebbero esserci riduzioni di efficacia. In ogni caso, l’utilizzo dei vaccini per contrastare le varianti è in corso di valutazione. In aggiunta, i nuovi vaccini ad RNA sarebbero facilmente modificabili, il problema rimane sempre lo stesso: tempi di produzione e di somministrazione andrebbero rivisti, accelerati.

 

4_ Ci si può fidare della Russia e della Cina, di quello che dicono sui loro vaccini?

Non ho nulla contro i prodotti russi o cinesi. Tuttavia, e’ d’uopo riporre la massima fiducia nelle agenzie deputate ad elargire le approvazioni: EMA ed FDA (rispettivamente europea ed americana) che seguono regole estremamente rigide nel sottoporre i dati oggetto di sperimentazione ad un rigoroso controllo. Mi auguro che Russia e Cina forniscano, al più presto, i dati scientifici in loro possesso in modo che le popolazioni di altri Stati possano usufruire anche dei loro prodotti.

 

5_ Secondo lei ci siamo rilassati troppo duranti determinati periodi?

Parlare a posteriori è sempre più semplice. Il virus è nuovo per tutti, ed in effetti, in alcuni periodi aveva illuso i cittadini circa la sua remissione. Così non è stato e, quindi, possiamo solo imparare dai nostri errori e non abbassare la guardia.

 

6_ Quando pensa ne usciremo?

Al momento non è possibile fare previsioni, troppe le variabili. Certamente le campagne di vaccinazione massiva rappresentano un’arma potente contro il virus e finche’ non avremo vaccinato l’80% della popolazione dovremo continuare ad assumere atteggiamenti estremamente rigorosi.

 

7_ Si dice che la scienza non è democratica, non si può contestare. Come mai allora ci sono state e ci sono posizioni diverse da parte dei virologi?

La scienza si basa su evidenze, su dati certi e ripetutamente testati. Un’infezione così giovane, studiata da meno di un anno non può ancora fondarsi su solide basi scientifiche. Ciò potrebbe creare qualche confusione nella comunicazione. Il mio consiglio è che i medici diffondano solo informazioni validate e che la stampa si attenga a quelle nella fase di divulgazione.

 

8_ La cosa più importante che le ha insegnato la scienza?

Mi ha confermato l’importanza della ricerca scientifica che dovrebbe essere implementata ed incentivata.

 

9_ Ci parli del suo centro di ricerca a Filadelfia. Come funziona nello specifico la ricerca negli States e cosa dovremmo apprendere da loro?

Principalmente ci occupiamo di ricerca in ambito oncologico. Oggi, grazie all’indubbio miglioramento del progresso scientifico abbiamo la possibilità di studiare migliaia di geni in contemporanea e di monitorarne l’espressione e le relative  conseguenze. Siamo, quindi, in grado di migliorare il successo di una terapia e di offrire ai pazienti strategie di terapia personalizzata, di precisione. Per aumentare il successo di una terapia è necessario diagnosticare quanto più precocemente possibile la neoplasia, individuare caratteristiche peculiari del tumore che lo rendono responsivo o meno a determinati trattamenti. L’incidenza delle patologie neoplastiche, inoltre, è in forte aumento e, di pari passo, è sempre più evidente la stretta correlazione che lega la trasformazione neoplastica ai fattori ambientali. Il cancro oggi è definito: una “malattia genetica di origine ambientale” estremamente eterogenea, multifattoriale, in cui interagiscono fattori genetici e fattori ambientali (chimici, fisici e biologici). Quindi tutti gli studi sono interconnessi tra loro.

Inoltre, oggi, sappiamo che l’alterato equilibrio tra uomo-ambiente è responsabile di svariate problematiche. Soffermandoci sulla pandemia possiamo affermare che un alto tasso di inquinamento dell’aria può aver contribuito come fattore peggiorativo dell’epidemia. Per “ambientale”, tuttavia, non bisogna solo intendere esposizioni ad eventuali inquinanti chimici, fisici e biologici, ma anche fattori psicologici. Bisogna considerare vari aspetti dei pazienti oncologici, ad esempio: la loro malattia li obbliga ad affrontare eventi traumatici, pertanto, è importante, in questo momento, gestire la doppia fatica di questi malati che devono affrontare sia l’ansia della loro specifica patologia sia quella collegata alla pandemia.

 

10_ Miti da sfatare sul cancro in relazione all’alimentazione?

L’incidenza delle patologie neoplastiche è in forte aumento e, di pari passo, è sempre più evidente la stretta correlazione che lega la trasformazione neoplastica ai fattori ambientali. Se si guarda agli studi sulla migrazione si scopre che, persone che migrano da una zona di alto rischio di cancro ad una zona di basso rischio di cancro, o viceversa, nel loro corso della vita assumono i tassi di cancro del paese verso il quale si muovono, rendendo chiara la connessione tra cancro e ambiente.

Oltre l’inquinamento, gli stili di vita e la corretta alimentazione costituiscono una ulteriore e fondamentale arma di prevenzione contro lo sviluppo di tumori. Una alimentazione sana è rappresentata dalla ormai famosissima “Dieta Mediterranea” i cui effetti positivi sulla nostra salute sono ormai noti a tutti. Un ulteriore aspetto da tenere sotto controllo è riuscire a mantenere stabili i livelli di glicemia, scegliendo con attenzione i cibi da mangiare. Elemento principe della dieta mediterranea è, ad esempio, il pomodoro, alimento ricco di carotenoidi, tra cui il licopene, che è il più potente tra gli antiossidanti. In virtù di queste sue caratteristiche, il gruppo di ricerca da me coordinato studia le proprietà di alcuni tipi di pomodoro in relazione allo sviluppo di tumori. In un lavoro, pubblicato sulla rivista scientifica Journal of Cellular Physiology nel 2018, abbiamo dimostrato che il trattamento con estratti totali di due varietà di pomodoro inibisce la crescita e le caratteristiche maligne delle cellule di cancro gastrico, aprendo la strada a studi futuri mirati all’identificazione di buone abitudini alimentari non solo come strategia di prevenzione antitumorale, ma anche come possibile sostegno alle terapie convenzionali.

Quindi non c’è nulla da sfatare ma educare ad una sana alimentazione per implementare le attività di prevenzione necessarie ed utili a qualsiasi età.

Covid-19, tra previsioni e cure. Parla l’oncologo e genetista Prof. Antonio Giordano

Fare previsioni sui futuri scenari, in questo momento, è molto complicato. È impossibile dire quando si verificherà il picco della pandemia da Covid-19, in quanto, ad oggi non esistono elementi per fare previsioni certe attraverso modelli predittivi attendibili. Tutto dipende da quanto velocemente i governi adotteranno misure tese ad arrestare il contagio; in questo senso, è essenziale agire rapidamente ed in maniera decisa. Come ci dimostra l’esperienza della Cina e del Giappone.

“I modelli matematici ci sono, ma sono proiezioni, non sappiamo quanto siano affidabili perché non conosciamo a fondo questo virus e i dati riportati spesso non sono uniformi. Tracciare curve realistiche relative ai contagi non è possibile perché esistono molti casi asintomatici, che sono comunque infettivi, e infetti con sintomi lievi o individui immuni al Covid-19 non registrati dalle statistiche ufficiali”

L’evoluzione nel tempo del contagio prevede una fase di crescita iniziale, il raggiungimento di un picco e poi una fase finale di progressiva decrescita.
In questo momento, l’epidemia è ancora in fase di piena espansione, quindi siamo ancora nella fase esponenziale.
Il picco si calcola sulla base del valore di “R con zero”, che è il “tasso di contagiosità” che per questo virus abbiamo visto sta tra 2,5 e 3, secondo modelli basati su quanto si è già verificato.

Questo valore dipende non solo dalle caratteristiche biologiche del virus (dall’attitudine del virus a diffondersi, dalla durata dell’infezione) ma anche dal numero di contatti di una persona e dal livello di densità della popolazione.

“La diffusione del contagio può essere rallentata, nella misura in cui le persone praticheranno il ‘distanziamento sociale’, evitando gli spazi pubblici e limitando i loro movimenti.

Serve a poco fare delle previsioni; piuttosto che cercare di prevedere quando la curva raggiungerà il picco, bisogna agire per modificare attivamente l’andamento di quella curva, come sta facendo l’Italia. Non bisogna minimizzare perché significherebbe favorire dei comportamenti irresponsabili e aumentare la probabilità che le persone si ammalino e muoiano; al contrario bisogna promuovere la responsabilità personale e sociale .

Fare previsioni sui futuri scenari, in questo momento, è molto complicato. È impossibile dire quando si verificherà il picco della pandemia da coronavirus, in quanto, ad oggi non esistono elementi per fare previsioni certe attraverso modelli predittivi attendibili. Tutto dipende da quanto velocemente i governi adotteranno misure tese ad arrestare il contagio; in questo senso, è essenziale agire rapidamente ed in maniera decisa. Come ci dimostra l’esperienza della Cina e del Giappone.

I modelli matematici ci sono, ma sono proiezioni, non sappiamo quanto siano affidabili perché non conosciamo a fondo questo virus e i dati riportati spesso non sono uniformi. Tracciare curve realistiche relative ai contagi non è possibile perché esistono molti casi asintomatici, che sono comunque infettivi, e infetti con sintomi lievi o individui immuni al Covid-19 non registrati dalle statistiche ufficiali.

L’evoluzione nel tempo del contagio prevede una fase di crescita iniziale, il raggiungimento di un picco e poi una fase finale di progressiva decrescita.
In questo momento, l’epidemia è ancora in fase di piena espansione, quindi siamo ancora nella fase esponenziale.
Il picco si calcola sulla base del valore di “R con zero”, che è il “tasso di contagiosità” che per questo virus abbiamo visto sta tra 2,5 e 3, secondo modelli basati su quanto si è già verificato.
Questo valore dipende non solo dalle caratteristiche biologiche del virus (dall’attitudine del virus a diffondersi, dalla durata dell’infezione) ma anche dal numero di contatti di una persona e dal livello di densità della popolazione.

La diffusione del contagio può essere rallentata, nella misura in cui le persone praticheranno il “distanziamento sociale”, evitando gli spazi pubblici e limitando i loro movimenti.

Serve a poco fare delle previsioni; piuttosto che cercare di prevedere quando la curva raggiungerà il picco, bisogna agire per modificare attivamente l’andamento di quella curva, come sta facendo l’Italia. Non bisogna minimizzare perché significherebbe favorire dei comportamenti irresponsabili e aumentare la probabilità che le persone si ammalino e muoiano; al contrario bisogna promuovere la responsabilità personale e sociale .

Anche il professor Enrico Bucci dello Sbarro Institute della Temple University di Philadelphia dichiara in un suo post che diversi modelli sono stati smentiti nell’ultima settimana e che nelle attuali condizioni, prevedere picchi o flessi non ha molto senso. Il professor Bucci invita a diffidare di modelli e previsioni a più di tre giorni e a concentrarsi sui nostri medici ed infermieri, veri gli eroi di questa guerra
Più che fare previsioni possiamo utilizzare le conoscenze acquisite sul virus sulla scorta dei dati già registrati che ci consentono considerazioni sensate. Ad esempio è importante creare strutture appropriate per curare un numero di pazienti che per qualche settimana potrebbe restare nell’ordine di attuale grandezza.

Antonio Giordano

Fonte: http://www.juorno.it/

Lo Scienziato Antonio Giordano: “E’ fondamentale investire nella ricerca, fare prevenzione può salvare la vita”

Antonio Giordano è un oncologo, patologo, genetista, ricercatore e professore universitario di fama mondiale. Direttore dello Sbarro Health Research Organization a Philadelphia. Professore ordinario di Anatomia  ed istologia patologica presso l’Università degli studi di Siena, coordinatore  di una linea di ricerca al  Centro di  Ricerche di Mercogliano-Pascale : sono solo alcuni degli incarichi che fregiano il suo curriculum. Eppure la veste in cui è più spesso ritratto è il camice bianco, in laboratorio: per fare ricerche per  la cura dei tumori. Fautore di scoperte notevoli e instancabile scienziato è sempre in prima linea in questa battaglia dura ma senz’altro proficua per il presente e per il nostro futuro.

 

Professore Antonio Giordano, oggi Lei è una persona affermata e la sua carriera professionale è costellata da innumerevoli successi ma, chi o cosa lo ha spinto a studiare Medicina e diventare un oncologo?

E’ innegabile che sia stato fortemente influenzato dalla professione di mio padre che e’ stato un affermato anatomo patologo, anche se la mia prima passione e’stata la chirurgia.Confesso che solo dopo aver trascorso un periodo negli Stati Uniti ho considerato la genetica. Senza voler togliere alcun merito agli ottimi colleghi chirurghi intuii che la tecnologia avrebbe conquistato uno spazio, sempre maggiore, in questa professione.

Durante il suo Dottorato negli Stati Uniti, è stato allievo del premio Nobel James Dewey Watson, Quale insegnamento fondamentale ha ereditato?

Sicuramente il rigore lavorativo e scientifico, ma anche l’arte della competizione. Cold Spring Harbour mi ha insegnato molto sotto questo profilo. Non solo venivo dall’Italia,ma anche dal Sud e affermarmi non e’ stato semplice.

Nel 1993 si è distinto per una pregevole scoperta: il gene oncosopressore RB2/p130. In cosa consiste questo gene? Quanto ha influito sulle diagnosi e sulle terapie dei pazienti affetti da cancro?

Si tratta di un gene oncosoppressore che, introdotto attraverso un retrovirus, in alcuni modelli animali e’ in grado di ridurre la crescita tumorale. La ricerca su questo gene e sulle sue applicazioni e’ ancora molto attiva.

Dal Suo lavoro di ricerca si evince quanto in Campania l’insorgenza di tumori sia fortemente legata agli ambienti inquinati. Cosa ha significato per un napoletano come Lei prenderne coscienza?

In realtà’, successivamente alla morte di mio padre, sono andato a rileggere i suoi studi e mi sono reso conto della loro attualità. Mio padre e il suo team di ricerca, con incredibile lucidità’, era riuscito a prevedere la situazione ambientale che si sarebbe realizzata da li’ ai 40 anni successivi. Quindi, più’ che prendere coscienza ho voluto aggiornare scientificamente quella mappa della nocività’ che mio padre aveva tracciato quando ero ancora un ragazzo.

Preziose sono le Sue pubblicazioni divulgative: Monnezza di Stato.La terra dei fuochi nell’Italia dei veleni e Campania, terra dei fuochi, dossiers che raccontano il disastro ambientale. Quanto è stato rilevante portare alla luce questi dati?

E’ necessario contestualizzare gli eventi. Quando ho incominciato ad interessarmi della questione “rifiuti tossici” sono stato molto scoraggiato per non dire avversato da alcuni tra i miei stessi colleghi. Allora si parlava ancora poco dell’argomento. Solo successivamente i pentiti della camorra hanno confermato quanto a livello scientifico si andava dimostrando. Ritengo importante per un cambiamento di rotta portare all’attenzione dell’opinione pubblica, ma soprattutto dei giovani la reale situazione ambientale. Solo smuovendo le coscienze potremo sperare in un futuro più’ pulito.

Napoli ormai da anni è declassata a terra dei fuochi. Su quali risorse può contare secondo Lei per scrollarsi da questo epiteto e ritornare a risplendere come una delle più belle regioni d’Italia?

A mio modo di vedere Napoli e’ stata una città’ che ho scoperto più’ di altre il vaso di Pandora anche grazie al lavoro dei comitati locali che si sono andati costituendo man mano che l’emergenza crescevaIn realtà’, come apprendiamo quasi quotidianamente, dagli organi di informazione, i siti inquinati dai rifiuti tossici sono presenti in Italia, ma più in generale nel mondo intero. Addirittura l’oceano e’ invaso da quintali di plastica. 

Grazie all’impegno dei ricercatori e dei medici, il cancro  oggi viene sempre più debellato e il tasso di sopravvivenza è aumentato notevolmente. Quanto è importante investire sulla ricerca e promuovere una sensibilizzazione sociale?

E’ fondamentale continuare ad investire nella ricerca scientifica e nella prevenzione per comprendere meglio i meccanismi alla base della malattia e per meglio curarla. Anche la prevenzione pero’ ha un ruolo determinante: un intervento tempestivo può’ salvare la vita.

Professore Giordano un mese fa ha siglato con l’ospedale di Marcianise un accordo per la creazione di un centro studi e ricerche contro il cancro. Quanto è significativo disporre anche in Italia di questi centri?

Premesso che l’Italia e’ un Paese all’avanguardia nelle cure del cancro, ritengo che in qualsiasi parte del mondo siano auspicabili collaborazioni di studio che consentano lo scambio di conoscenze scientifiche.

Quale consiglio si sente di dare a tutti i ricercatori e coloro che intendono intraprendere questa missione?

Consiglio di essere onesti con se stessi e di intraprendere questo lavoro per passione. Si tratta di una professione nella quale si e’ costretti ad affrontare molteplici sacrifici non ultimo quello di lasciare anche il proprio Paese per delle esperienze più o meno lunghe all’estero. In Italia, la situazione dei ricercatori e’ difficile e la maggior parte emigra all’estero.

Se trovasse una lampada e sfregandola avesse la  possibilità di esprimere tre desideri, quale esprimerebbe?

E’ molto complicato risponderLe. Probabilmente, provvederei alle bonifiche dei territori inquinati, migliorerei le condizioni lavorative dei giovani italiani (soprattutto dei giovani ricercatori) e, per me stesso,chiederei di poter lavorare ancora per molti anni.

 

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