“The Dictionary Of Soul”: la grammatica di Mr.Redding

Che cos’è il soul?

The Dictionary Of Soul- Atlantic Records-1967

La risposta a questa semplice domanda può essere molto complessa. Il termine stesso implica un “sentire” di difficile definizione. Si può scegliere di darne una descrizione molto standardizzata, ossia: sottogenere musicale scaturito dal Rhythm And Blues in cui si fondono influenze gospel, jazz, blues e doo woop; oppure si può ascoltare “Complete & Unbelievable: The Otis Redding Dictionary of Soul”, che già nel titolo contiene l’atto di nascita e la definitiva consacrazione della “musica dell’anima”. In questo caso la risposta non si ottiene tramite le parole, ma attraverso l’ascolto e le sensazioni che questo stile è in grado di suscitare. E’ il modo forse più semplice di approcciare e capire cosa sia la “soul music”. Lo sa bene Otis Redding che riesce ad infondere, in tutto il suo repertorio ma soprattutto in quest’album, tanto pathos, tanto fascino e tanta suggestione da divenire, in breve tempo, il più famoso e celebrato artista soul di tutti i tempi. Basti pensare che nel giugno del 1967 è l’unico rappresentante del genere ad essere invitato sul palco del Monterey Pop Festival a fianco di artisti quali Jimi Hendrix, Janis Joplin, The Animals e Simon & Garfunkel.

 “Il cantato di Redding ricorda una fervente preghiera nera” (Michael Campbell and James Brody- Rock and Roll: An Introduction)

The Dictionary Of Soul rappresenta Redding al suo apice. La voce grezza ed implorante, gli ottoni infuocati, il ritmo pulsante fanno dei brani contenuti in quest’album dei classici immediati sia che si tratti di cover, sia che si tratti di pezzi originali. Basta ascoltare i fiati sinuosi di Fa Fa Fa Fa Fa (Sad Song), storico brano di apertura, per capire immediatamente l’atmosfera che permea il disco.

Otis Redding At Monterey Pop Festival-1967

A dispetto del titolo e del testo malinconico, il ritmo è travolgente e accattivante caratterizzato, nel ritornello, da un originale duetto in forma di “domanda/risposta” tra la band ed il cantante. Si prosegue con la torrida I’m Sick Y’All, la malinconica Tennesse Waltz, la torrenziale Sweet Lorene, per arrivare alla monumentale Try A Little Tenderness, forse il brano più rappresentativo del disco ed uno dei più significativi di Redding in assoluto. La voce passa da un cantato confidenziale fino ad esplodere in una disperata richiesta d’amore, sostenuta dall’incredibile lavoro strumentale dei Booker T. & M.G.’s e dei Bar-Kays. La beatlesiana Day Tripper passa dalle squillanti tonalità tipiche del Liverpool Sound, alle sonorità ruvide e scure del Mississippi. Il lato B è quasi interamente composto da brani originali tra i quali spicca My Lover’s Prayer mirabile distillato di puro Memphis Soul. Continuando il viaggio attraverso gemme quali She Put The Hurt On Me, Ton Of Joy, You’re Still My Baby, Hawg For You e Love Have Mercy, si può arrivare a capire il vero significato della parola soul e la grandezza di Otis Redding quale personaggio chiave della black music, Nella sua voce è racchiusa tutta l’evoluzione della musica nera americana dallo spiritual cristiano fino al moderno R’N’B, passando per il lamento blues di Robert Johnson, il gospel di Mahalia Jackson e le finissime incisioni di Sam Cooke. Pochi altri artisti hanno avuto la capacità di suscitare sensazioni così intense e profonde col semplice ausilio delle corde vocali proprio grazie a questa abilità di riassumere le caratteristiche principali di ognuno di questi generi incanalandole in uno stile innovativo e affascinante. L’influenza è, nemmeno a dirlo, enorme. Tutti gli artisti neri, dalla fine degli anni ’60 in poi, pagano pegno, in un modo o nell’altro, alla figura di Otis Redding. Basta ascoltare le incisioni di Aretha Franklin, Stevie Wonder, Marvin Gaye, Curtis Mayfield e Sly & The Family Stone per rendersene conto. Una gloria continua, un fascino innegabile ed inesauribile che neppure la morte è riuscita a scalfire.

Mina: L’urlo della Tigre

Un’artista. Anzi, una grande artista. Soubrette, attrice, presentatrice ma soprattutto cantante. Mina è stata il personaggio chiave del panorama televisivo e musicale italiano degli anni ’60 e ’70. Dagli esordi come urlatrice con lo pseudonimo di Baby Gate nel lontano 1960 fino al ritiro volontario nel 1978, Anna Maria Mazzini (questo il suo vero nome) è stata la punta di diamante della canzone italiana. Una voce e che voce! Potente, limpida, sensuale, versatile, dall’incredibile estensione (basta ascoltare il brano Brava scritto su misura per lei proprio per evidenziarne il fantastico registro vocale), che non accenna a mutare col passar del tempo e capace di confrontarsi, negli anni, con i repertori più disparati (dalla musica sacra ai Beatles passando per Renato Zero, Battisti, gli splendidi duetti con Celentano, la canzone napoletana fino ad arrivare ai recentissimi canti natalizi) uscendone, sempre e comunque, vincente. Non è facile trovare, in una produzione sterminata che si snoda in oltre cinquant’anni di carriera, un album simbolo o capolavoro. Un personaggio di tale statura ha lasciato tracce del suo genio e del suo talento in ogni singola opera perciò ho deciso di scegliere due lavori degli anni 70 che riescono a mettere in luce tutta la sua abilità interpretativa sia di brani inediti che di brani incisi da altri artisti.

Mina- anni ’70

Frutta e Verdura (1973)

Frutta e Verdura, pubblicato nell’ottobre del 1973, è senza dubbio uno dei migliori album di Mina in assoluto; splendidamente arrangiato, magistralmente suonato e prodotto.

«Frutta e verdura è un album straordinario» (Placido Domingo– Rai2-“Unici”-7 novembre 2013)

Frutta E Verdura- PDU-1973

In quest’album la Tigre Di Cremona si confronta con pezzi di autori di gran classe quali Califano, Shel Shapiro, Pino Donaggio, Dario Baldan Bembo e Antonio Carlos Jobim. Si passa dall’ironica e cadenzata Fa Qualcosa alla splendida Non Tornare Più, dalla tormentata Devo Tornare A Casa Mia alla tenerissima e poetica La Vigilia Di Natale fino alla straordinaria rivisitazione di un classico della bossa nova Aguas De Marco che si trasforma nella fantastica La Pioggia Di Marzo. Un disco molto intimo e sentito fatto di amori tormentati, tradimenti, sensazioni profonde e felicità a momenti. Suoni prettamente acustici ed un’orchestrazione leggera che permette a Mina di “indossare” al meglio le canzoni evidenziando tutte le sue doti di interprete. Uscito inizialmente in coppia con Amanti Di Valore  e poi distribuito singolarmente, Frutta E Verdura arriva a vendere un milione di copie risultando, così uno dei maggiori successi della cantante.

Minacantalucio (1975)

Minacantalucio-PDU-1975

Che Lucio Battisti sia stato l’alter ego maschile di Mina ci sono pochi dubbi. Il feeling artistico/musicale tra i due artisti è sembrato più che evidente in numerose occasioni. La stima reciproca è testimoniata dal fatto che Battisti ha “regalato” a Mina due delle canzoni più belle che abbia mai composto: Insieme (1970) e Amor Mio (1971); dal canto suo Mina ha infarcito i suoi dischi di rivisitazioni del canone battistiano fino a dedicare, nel 1975, un intero album al musicista di Poggio Bustone. Minacantalucio, uscito due anni dopo Frutta E Verdura, si avvale degli arrangiamenti del premio Oscar Gabriel Yared che riescono nell’impresa di trasformare e riadattare brani già famosissimi nella versione originale. Titoli quali I Giardini Di Marzo, 7 e 40, Dieci Ragazzi, L’Aquila, Emozioni, Il Nostro Caro Angelo, 29 Settembre, Innocenti Evasioni e Fiori Rosa Fiori Di Pesco diventano improvvisamente canzoni di Mina. Sembrano essere state composte appositamente per lei, per la sua voce, per il suo stile cosi dinamico ed eclettico. Cambiano pelle, cambiano forma, assumono nuovi significati e nuovo fascino grazie allo splendido lavoro dell’artista cremonese. Non è un semplice disco di cover fatto in un momento di scarsa ispirazione ma un preciso progetto artistico di altissima qualità musicale e di enorme spessore tecnico. Un omaggio al più grande cantante italiano di tutti i tempi dalla più grande cantante italiana di tutti i tempi. Non serve aggiungere altro.

Mina- un’immagine recente

I successi, i drammi personali, le discese ardite e le risalite, attraversano tutta la carriera di Mina e si riflettono inevitabilmente nei suoi lavori che assumono così una dimensione umana, vicina, familiare. Anche ora che è lontana, invisibile, inavvicinabile, Mina c’è e riesce ogni volta a stupire noi ascoltatori e amanti della musica, grazie alla sua innata capacità di trasformarsi musicalmente e di risultare totalmente nuova anche dopo mezzo secolo di carriera. E’ proprio questo suo essere un “camaleonte canoro” (potrebbe essere un ottimo titolo per un suo album), unitamente ad una voce “eterna”, a renderla una stella di prima grandezza nel firmamento artistico internazionale (al pari di Aretha Franklin, Celine Dion, Barbra Streisand, Liza Minelli) capace di trascendere confini geografici e generazionali, musicali e temporali.

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