Al via la mostra “Da Artemisia a Hackert- Storia di un antiquario collezionista alla Reggia”

È partita ieri la mostra Da Artemisia a Hackert- Storia di un antiquario collezionista alla Reggia. L’esposizione, inaugurata il 16 Settembre, sarà visitabile dal pubblico fino al 16 Gennaio 2020. Ad ospitare il percorso espositivo sarà la Reggia di Caserta e precisamente la Sala degli Alabardieri, la Sala delle Guardie del Corpo e le Retrostanze settecentesche.

In mostra ci saranno quadri di scuola romana e napoletana appartenenti ad uno dei più prestigiosi antiquari italiani Cesare Lampronti.
“Cervello in fuga”, il collezionista Lampronti, esponente di una storica famiglia romana di antiquari, è stato costretto a chiudere la sua galleria romana per trasferirsi a Londra; un’ulteriore e triste testimonianza che in Italia mancano prospettive ed incentivi per agevolare le condizioni lavorative.

“L’ostacolo insormontabile è la burocrazia, i responsabili degli uffici che sbarrano la strada alla circolazione delle opere con vincoli, autorizzazioni, notifiche pareri e tasse” ha spiegato Lampronti.

A questo propositivo è intervenuto il coordinatore della mostra, Vittorio Sgarbi “Lampronti si è esposto al rischio di uno Stato che non capisce che le opere d’arte sono beni universali e limita attraverso vincoli e notifiche il commercio d’arte rendendo l’Italia un ghetto di intollerabile minorità culturale. Oggi tutto avviene a Londra e New York- ha aggiunto- dove le opere italiane circolano e nel 90% dei casi vengono acquistate da italiani e portate in patria”.

La mostra nasce dall’idea di avvicinare il mondo del collezionismo privato e delle Gallerie d’arte a quello dei Musei, intesi come luoghi deputati alla fruizione e alla valorizzazione culturale. Essa si propone di mostrare il legame esistente tra le opere già presenti all’interno della collezione reale, esposta nelle sale della Reggia e i dipinti presenti nella Lampronti Gallery.

La direttrice della Reggia, Tiziana Maffei si è espressa in questi termini: “Ha avuto coraggio a ospitare un ‘mercante nel tempio. Vorrei che questa mostra fosse il primo passo di una strada nuova in cui istituzioni e antiquari non siano più considerati come cani e gatti. L’antiquario che seleziona e valorizza le opere per i collezionisti non è un semplice mercante ma svolge un ruolo culturale importante”.

Questo grande evento culturale e artistico sarà non solo una magnifica vetrina per ammirare capolavori del seicento e del settecento ma, un’occasione per arricchire il patrimonio artistico della Reggia: Lampronti, infatti, donerà due opere della sua collezione, il Martirio di Sant’Agata di Salvator Rosa e il Ritratto del Cardinale Antonelli, di Pompeo Batoni.

Inoltre sarà esposto per la prima volta a Caserta, il Porto di Salerno di Jakob Philipp Hackert, che è il “pezzo” mancante della serie dei Porti realizzata da Hackert per il re Ferdinando IV di Borbone. La mostra, quindi, diventa così occasione per mostrare ai visitatori l’intera serie dei Porti del Regno, recentemente restaurata. Il progetto prevede l’esposizione di ulteriori quadri di vedute di Napoli e della Campania, realizzati da pittori presenti nella collezione della Reggia.

Le opere scelte sono riconducibili a cinque aree tematiche differenti: pitture caravaggesche; pittura del ‘600; vedute; paesaggi e nature morte. Tra gli autori in mostra Artemisia Gentileschi, Bernardo Cavallino, Salvator Rosa, Luca Giordano, Baciccio, Pietro da Cortona, Rubens, Pompeo Batoni, Guercino, Canaletto, Bellotto, Gaspar van Wittel, Jakob Philipp Hackert, Antonio Joli, Nicolas Poussin, Claude Lorrain, Francesco Solimena, Bartolomeo Bimbi e Paolo Porpora.

La mostra offrirà l’occasione anche per dare risalto al ruolo che già da diverso tempo la Reggia di Caserta ricopre, grazie alla collaborazione con le università e gli istituti di cultura campani e con la rete di musei italiani, di centro di diffusione culturale e di luogo dedicato allo studio e alla ricerca. La finalità culturale, nonché quella didattico-scientifica sarà quindi promossa attraverso la realizzazione di giornate-studio, che vedranno coinvolti esperti del mondo accademico, con approfondimenti su tematiche quali: il mercato dell’arte; il legame tra il collezionismo privato e gli enti pubblici; la pittura napoletana del XVII e il XVIII secolo.

 

Fonte: http://www.ansa.it/canale_viaggiart/it/notizie/bellezza/2019/09/16/un-antiquario-alla-reggia-di-caserta_391ce14f-d940-405b-a5f6-060c100ec454.html

Artemisia Gentileschi al Palazzo Braschi di Roma dal 30 novembre

In questa stagione espositiva, assolutamente da non perdere è l’appuntamento tutto al femminile con l’attesa e importante retrospettiva interamente dedicata a una delle più grandi artiste donne del Seicento: Artemisia Gentileschi, che dal 30 novembre 2016 all’8 maggio 2017, sarà in mostra nelle sale del magnifico Palazzo Braschi, sede del museo di Roma, nel cuore barocco della città.

 

La mostra

In uno dei luoghi più belli e storici della Capitale, tra i vicoli rinascimentali che portano a Piazza Navona, Palazzo Braschi propone la seconda personale in assoluto dedicata a questa importante figura artistica che, per l’eccezionalità del suo talento, ha saputo gettare nuova luce nel panorama artistico italiano del Seicento, anche se spesso costrittivo e caratterizzato da guerre e pestilenze, e nel momento prima che il Barocco esplodesse con la sua ricchezza decorativa.

Nata da un’idea di Nicola Spinosa, l’esposizione, promossa e prodotta da Roma Capitale, Assessorato alla Crescita culturale-Sovrintendenza Capitolina ai Beni Culturali e Arthemisia Group e organizzata con Zètema Progetto Cultura, contempla un percorso di 90 opere provenienti da tutto il mondo.

 

L’arte di Artemisia Gentileschi sulla scena della sua tormentata vita

Artemisia Gentileschi nacque a Roma nel 1593. Ai suoi tempi la chiamavano pittora o pittoresca, perché il termine “pittrice” ancora non esisteva, a testimoniare che la pittura era un mestiere da uomini, adatto al padre Orazio, dal quale Artemisia iniziò ad esercitare la sua abilità artistica che di lì a poco si sarebbe sviluppata in perfetta autonomia e soprattutto indipendenza da quel mondo di maschi di cui essa era circondata, subendo addirittura violenza carnale da parte di un uomo, tale Agostino Tassi, allievo del padre al quale aveva affidato la figlia per insegnarle come costruire la prospettiva in pittura. La sua personalità artistica passerà alla storia facendosi conoscere fuori dai confini romani per la tragica vicenda giudiziaria che segnò la sua gioventù attraverso romanzi e film che hanno contribuito a fare della Artemisia Gentileschi una figura di grande attualità, quasi un’eroina femminista ante litteram.

La mostra romana celebrerà questa grande artista che ha realizzato dei capolavori unici ed inimitabili. Le sue opere diventano le testimonianze di un animo tormentato segnato dal ricordo di una giovinezza troppo dolorosa per essere dimenticata, così gli atti di violenza che riporta sulla tela si traducono nelle scene che vede protagoniste donne-eroine, per cui, tutte le sue donne, persino le figure sacre, sono caratterizzate da robusta virilità e prosperosa femminilità.

L’esposizione mette in scena le opere più importanti della produzione di Artemisia Gentileschi attraverso la parabola artistica che ha inizio a Roma con l’esordio nella bottega del padre Orazio, quando la giovane artista osservava da vicino molte opere che vari pittori producevano in quel periodo: Carracci, Caravaggio, Guido Reni, il Domenichino e proseguendo con gli anni a Firenze, in cui lo stile di Artemisia si sviluppò autonomamente, il ritorno a Roma all’inizio degli anni Venti e i successivi venticinque anni a Napoli fino alla morte giunta nel 1653. Artemisia Gentileschi come Caravaggio soggiornò a Napoli, nei primi anni Trenta, invitata dal viceré, il conte di Monterrey, suo estimatore e dipingendo pale d’altare, contribuendo con il suo stile a diffondere notevolmente il linguaggio espressivo intenso nell’ambiente pittorico locale di questo periodo artistico.

L’arte di Artemisia è un trionfo femminile, dove su tutte Giuditta che decapita Oloferne, una delle sue opere più famose proveniente dalla Pinacoteca Nazionale di Capodimonte, è stata interpretata come il documento pittorico della tormentata e affascinante vita della pittrice. Eseguita a Roma tra il 1612 e 1613 “Giuditta e Oloferne” di Artemisia Gentileschi resta, assieme a quella compiuta da Caravaggio vent’anni prima e dal quale deriva ma che ne rappresenta l’evoluzione, una delle interpretazioni più suggestive compiute nell’ambito della pittura italiana del Seicento. In uno stile del tutto personale, Artemisia sceglie il momento della vicenda più cruento, quando l’eroina ebrea partecipe e co-protagonista, e non simbolo di virtù e di devozione a Dio, uccide il re assiro Oloferne tagliandogli la testa con due colpi di scimitarra assistita dalla schiava Abra, riuscendo così a salvare la propria gente.

La mostra di Artemisia Gentileschi al Palazzo Braschi di Roma svela gli aspetti più autentici dell’artista, attraversando un arco temporale che va dal 1610 al 1652, illustrando i motivi per i quali «Artemisia – come scrisse il critico Roberto Longhi nel 1916 – è l’unica donna in Italia che abbia mai saputo che cosa sia pittura, e colore, e impasto, e simili essenzialità».

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