Arthur Hiller, regista canadese figli di immigrati ebrei polacchi, si è spento ieri a Los Angeles all’età di 92 anni. Il mondo del cinema piange dunque uno dei suoi registi più romantici, passato alla storia per la pellicola strappalacrime Love Story (1970) con Ali MacGraw (Jim, l’irresistibile detective, La ragazza di Tony, Getaway!) e Ryan O’Neal (Paper moon, Barry Lyndon, Vecchia America, Quell’ultimo ponte). La trama è arcinota: lui, studente di buona famiglia in un college che s’innamora di una ragazza di origine italiana e non benestante. Convolano a nozze contro la volontà dei genitori di lui. La ragazza muore di leucemia su un letto d’ospedale pronunciando le celeberrime ed indimenticabili parole rivolte al suo amato: “Amare significa non dover mai dire mi dispiace”.
Alla sua uscita Love Story (1 Oscar e 6 nominations) venne bollato da gran parte della critica come uno dei momenti più convenzionali e retrivi del sentimentalismo cinematografico, ma agli spettatori il film piacque molto e riscosse un grande successo al botteghino e probabilmente Arthur Hiller è stato molto più profondo e sensibile di quanto si possa pensare, intendendo raccontare l’amore vero, senza tattiche, tra due giovani universitari che si amano e basta e l’ottusità di una ricca famiglia piena di pregiudizi, cui importa solo la reputazione e l’apparenza. Senza dubbio Love Story poggia su una narrazione poco consistente e stereotipata che la rendono un prodotto ben confenzionato, per qualcuno ricattatorio (data la malattia di lei), farcito di frasi ad effetto, con lo scopo di commuovere e far piangere. E ci riesce, a meno che non si abbia un cuore di pietra.
Arthur Hiller ha diretto più di 70 film dal 1957 fino al 2006 spaziando da commedie, a film drammatici, passando per storie di guerra, satire e musical, tra cui meritano particolare menzione Non guardarmi, non ti sento, Le ali della notte, una strana coppia di suoceri, Un provinciale a New York, e portando cinque diversi attori alla nomination per l’Oscar: O’Neal, MacGraw, George C. Scott, Maximilian Schell e John Marley. Il regista ha vinto per volte l’ambita statuetta dorata.
Arthur Hiller ha avuto i primi contatti con il mondo dello spettacolo proprio grazie ai suoi genitori, che avevano fondato un’organizzazione teatrale per spettacoli in Yiddish. Sua moglie Gwen Hiller, conosciuta sui banchi di scuola, se n’era andata lo scorso giugno all’eta di 92 anni. Il romantico Hiller le aveva chiesto di sposarlo quando aveva otto anni e la loro unione è durata ben 68 anni.