‘Una donna alla finestra’ di Drieu la Rochelle: un romanzo ambiguo sulla decadenza e un confronto con la Grecia metafisica

Una donna alla finestra di Pierre Drieu la Rochelle è un romanzo sulla decadenza e nella decadenza, scritto in un tempo magnifico e disgraziato nel quale i più grandi sogni degli uomini si sono trasformati nei loro peggiori incubi.

Tre francesi, un italiano, più un tedesco, un persiano, un danese e un serbo. Sembra l’inizio di una barzelletta, invece è l’elenco dei personaggi che animano l’Atene cosmopolita degli anni Venti, sfondo e protagonista di Una donna alla finestra, appena riapparso nelle librerie italiane per le edizioni GOG. Un romanzo ambiguo, sottile, che si avvia nel banale schema di un ménage a trois, una donna sposata che si innamora di un altro uomo, sostenuta dall’alterno beneplacito del marito. Situazione strana e paradossale ma non troppo, se si considera che la donna è una giovane francese che ha sposato il marchese Rico Santorini, dell’ambasciata italiana, dandy latin lover e dissoluto ma non sprovveduto; mentre l’uomo al cui fascino crolla è Michel Boutros, comunista francese che una notte, scappando dalla polizia, si rifugia nella stanza d’albergo in cui alloggia proprio la bella Margot, che lo protegge e si fa complice della sua fuga.

Una donna alla finestra procede su più piani, come sempre accade nei testi di Drieu, tra l’intreccio amoroso dei tre, il profilo politico che ciascun personaggio rappresenta e il confronto estetico e metafisico tra la Grecia che fu patria e culla della civiltà europea e gli europei moderni che alla Grecia fanno ritorno. Una Grecia che però dell’antico spirito conserva solo i resti archeologici e pare far da proscenio alla vicenda umana che si avviluppa negli abissi della modernità industriale, meccanizzata e borghese. Una vicenda che ci restituisce una visione dell’uomo e del mondo tornata oggi, in tempi di turbolenta transizione, di stringente attualità.

Non è difficile individuare nei tre protagonisti una scissione dell’animo e dei sentimenti dello stesso Drieu la Rochelle. Da un lato l’autore conserva per tutta la vita un forte afflato verso i nobili ideali e i costumi che sono caduti insieme alla nobiltà e alla società europea tradizionale: li interiorizza ma sa di non poterli esprimere in una società che li rigetta, travolta dall’impeto delle industrie e della nuova morale. Valori che si risolvono allora in quell’individualismo tragico comune a diversi scrittori dell’epoca che si resero interpreti dello scontro tra l’intimo, fortissimo, desiderio di raggiungere vette alte e la meschinità del quotidiano moderno. Scrittori come Drieu o Majakovskij che, va aggiunto, trovarono la pace solo suicidandosi. Lotta contro il mondo moderno e le sue forme che diventa in Drieu anche istinto rivoluzionario. Sarà il fascino dell’estetica rivoluzionaria, l’unica capace di infondere nell’animo di Drieu l’eroismo di cui sentiva bisogno, sarà pure per la politicizzazione delle masse e l’inevitabile scontro tra posizioni inconciliabili, certo è che l’autore incarnò quell’ambiguità tra la volontà di ribaltare la società borghese, della macchina che così tanto spazio esistenziale sta sottraendo all’uomo, e la conservazione di riti e miti dell’Europa classica.

Ambiguità che lo porterà a nutrire fascino e ammirazione verso il comunismo ma anche il fascismo e il nazionalsocialismo, pur filtrati da una morale aristocratica e da una visione elitaria e estetizzante della vita. Infine quella voluttà femminea, la volontà di un radicamento alla terra che non fosse solo ideale puro e ascesi eroica, ma anche passione, eternizzazione del sé nell’atto d’amore e nel desiderio sessuale, nella perdita di orientamento tra l’amore divino e l’amore terreno che si fa strada nel Diario di un delicato (volume che vede la luce quattordici anni dopo Una donna alla finestra). Occorre molto amore divino per perdonare il rifiuto dell’amore umano, scrive un uomo che di donne ne ebbe parecchie e da loro fu catturato quanto se non più che dalla ricerca metafisica cui concedette qualsiasi appiglio, dalla politica all’amore, dalla letteratura alla religione.

Il primo dei tre tipi d’animo di Drieu è Rico Santorini, il secondo Michel Boutros, il terzo ovviamente Margot Santorini. Tre personaggi tanto diversi, accomunati dalla fragilità di un percorso individuale disseminato di ostacoli. Rico pare un uomo spregevole, marito onesto nei suoi sentimenti, Margot

l’aveva amato per ciò che di lui vi era di perduto e inutile. Ma allo stesso tempo si era compiaciuta all’idea di renderlo diverso da ciò che era, e quell’illusione aveva giocato un ruolo assurdo nel momento del suo matrimonio.

Un uomo raffinato e amorale, cavaliere senza destriero, nobile senza feudo, un italiano che dice di non esserlo,

è Mussolini che è italiano, io non sono niente. Io sono di ogni luogo e di nessun luogo, sono del paese delle donne, del paese di quelle che non ho ancora avuto.

Boutros è un ragazzo particolare, un comunista che per il suo ideale rivoluzionario rischia la vita, ma non è un proletario, un uomo del popolo. Non si conoscono le sue origini, verso i diciotto anni il lusso lo aveva affascinato, ma non per molto, dopodiché null’altro che il comunismo. La donna e il denaro non erano state per lui che una cosa sola. Il denaro, il lusso, gli svaghi non avevano alcuno splendore se non quello che offrivano alla donna. Boutros è il rivoluzionario romantico, delinquente e affascinante, rinnega la sua origine borghese negando anche la propria sensualità fino a votarsi alla castità pur di non cedere spazio alla mollezza, prima nemica di un rivoluzionario di professione. Infine Margot, donna magnifica, tanto bella quanto straziata dalla pochezza della sua vita quotidiana, legata a un marito che non ama e a un ambiente sociale che detesta e di cui si fa beffe ogni volta che può. Boutros finendo in casa di lei le aveva dato l’occasione di tornare a vivere un poco, senza saperlo sprona Margot a donare nuovo senso alla sua esistenza, trovare quella cosa che la mia vita cercava oscuramente, quella forza. La forza che viene dall’amore, ma un amore ambiguo, lacerante e mai palese, che non sa fin dove potrà condurla.

Una donna alla finestra è un romanzo, si diceva, sulla e nella decadenza, ricco di contraddizioni tra le aspirazioni e le attività di personaggi che non fanno della propria vita ciò che vogliono ma ciò che tocca loro farne, mentre ciascuno di essi trova un appiglio fuori di sé per darsi un senso: chi nel sesso, chi nell’ideologia, nel denaro, nella civetteria o nel potere. Un romanzo in cui ci si rende conto che ci si butta in politica o nei grandi affari come in qualsiasi altra cosa per dimenticarsi, per distruggersi. I parallelismi e i contatti con l’epoca odierna sono evidenti e sconfortanti, eppure Una donna alla finestra non è un romanzo pessimista: ciascun personaggio evolve, nella propria individuale complessità, e prende radicali decisioni che ci rendono l’idea che qualcosa in fondo può essere fatta, che non per forza ci si debba lasciar vivere ma a un certo punto è concesso, a patto di sofferenze e fermezza, di iniziare a vivere.

Come scrive Marco Settimini nella postfazione,

Drieu deplora il fatto che ovunque nel mondo gli uomini siano estatici di fronte alle tombe, ma (o meglio poiché) la vita presente sfugge loro, si assenta, evapora. Muore.

La Grecia è proprio una di queste tombe, chi la attraversa non può ammirare che qualcosa di morto e putrescente ancorché maestoso. Di fronte a questa morte non resta che cercare di avviare la propria vita verso un sentiero in salita, pensare, come Boutros:

sono nato tra delle razze vecchie; sulla superficie della terra forse non intravedo più che delle folle sterili; eppure in me c’è un sangue fresco come in quegli indomiti canti. Io sono lo Spirito, la vita eterna!

E questo è Pierre Drieu la Rochelle, la rotta che indica a chi vuole prestargli ascolto. È l’aristocrazia della vita.

Da romanzo di Drieu è stato tratto nel 1976, l’omonimo film di Deferre con Romy Schneider, Philippe Noiret, Umberto Orsini e Victor Lanoux.

 

Fonte: L’intellettuale dissidente

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