Lo studio della scrittura creativa e la sua utilità

Nel tempestoso clima dell’attuale mondo editoriale, sembra difficile pensare che sia possibile imparare a scrivere il grande romanzo italiano del ventunesimo secolo o un best-seller commerciale pronto a sbancare le classifiche. Eppure, i corsi e programmi di scrittura creativa prosperano, non soltanto per quanto riguarda le più prestigiose istituzioni statunitensi, ma anche per gli workshop locali e i club del libro, i cui docenti o mediatori sono più spesso abili imprenditori che scrittori di successo.
Alla luce di questo sorgerebbe spontanea l’ipotesi che, se in tutto il mondo il mercato editoriale sembrerebbe in declino, la fioritura di corsi di scrittura sia una di quelle che gli Americani chiamerebbero daylight robberies: rapine alla luce del sole. In altre parole: fregature. Pubblicare senza doversi prestare a case editrici fasulle o auto-pubblicazioni è semi-impossibile, ma imparare a scrivere un romanzo pubblicabile, se si è disposti a pagare, lo è: suona sospetto, è vero.

Sul The Atlantic, un giovane studente dell’Iowa Writers’ Workshop (il più prestigioso programma di scrittura creativa degli USA e del mondo) ha dichiarato che lui e la maggior parte dei suoi compagni girano per la biblioteca e le sontuose aule dell’Università ancora increduli di essere stati ammessi. Come se essere accettati in un programma così famoso garantisse la strada spianata verso la pubblicazione con un’ottima casa editrice, o come se le facoltà innate che permettono ad uno studente di essere ammesso al programma fossero doti eccezionali che condurranno – obbligatoriamente – ad una sfavillante carriera di scrittore. Chi lo sa. L’aura di mistero che circonda questi programmi non ha certo impedito la loro fioritura: sempre The Atlantic sostiene che, solo negli USA, i programmi di Creative Writing siano più di trecento, e il loro obiettivo sia quello di aiutare gli studenti a scrivere racconti, poesie e romanzi “di livello pubblicabile”, concetto che potremmo definire quantomeno controverso.

Pubblicabile secondo chi? Da chi? Vendibile? Adatto ai trend editoriali del momento? Sono molte le opere davvero buone scartate dalle agenzie letterarie e dalle case editrici perché proposte in un momento in cui, invece che un romanzo sociale, il mercato richiede un thriller psicologico sulla vita dei pendolari o un romanzo erotico per casalinghe, come è successo dopo il fenomeno di La Ragazza del Treno di Paula Hawkins o di Cinquanta Sfumature di Grigio di E.L. James.

L’idea di insegnare ad un gruppo di studenti più o meno talentuosi a scrivere un romanzo pubblicabile può sembrare strana, soprattutto agli Italiani. Insomma, l’Italia è una terra di grandi scrittori. Fare lo scrittore o il poeta, qui, è una cosa seria: lo scrittore è il vate, una figura circondata da un alone di rispetto e mistero. Il resto è solo spazzatura: libri di facile, troppo facile consumo, quelli considerati (spesso a ragione) la rovina del mondo editoriale, uno spreco di fondi che avrebbero potuto essere destinati ad una letteratura più seria e interessante.  Eppure, anche in Italia qualche corso di scrittura creativa esiste, basti pensare alla Scuola Holden, presieduta da Alessandro Baricco a Torino, alla Bottega Finzioni, a Bologna, dove insegna Carlo Lucarelli, star del noir e giallo italiano. Sempre a Bologna, lo scrittore Gianluca Morozzi organizza workshop da anni, mentre Antonella Cilento anima interessanti corsi di scrittura a Napoli. Questi sono solo pochi esempi nel mare di realtà locali su tutta la penisola.

La domanda, a prescindere dalla location e dal tipo di corso, rimane una sola: è possibile insegnare – o imparare – a scrivere? Qual è il modo “giusto”, se esiste, per imparare a scrivere una storia interessante, che trascini il lettore in un altro mondo e lì lo tenga per tutta la durata del racconto o del romanzo?
Roberto Cotroneo, scrittore e giornalista, ha scritto uno dei manuali più “classici” per lo studio della scrittura creativa in Italia. Nel libro, Manuale di Scrittura Creativa, si trovano anche consigli di quelli che sono considerati mostri sacri della letteratura italiana attuale come Andrea Camilleri, che, in un paio di pagine, descrive alcune tecniche da lui utilizzate nel processo di creazione dei suoi personaggi. Se uno scrittore così noto si presta a consigliare gli aspiranti autori su esperimenti da mettere in pratica per scrivere un buon pezzo significa che, forse, l’idea di dare lezioni o suggerimenti di scrittura creativa non sia una prerogativa di ciarlatani affamati di soldo facile fatto sulle speranze altrui.

La scrittrice americana Flannery O’Connor, che partecipò per anni a conferenze sulla scrittura creativa in molte università americane, disse di non avere teorie su come scrivere bene, ma di poter portare la propria esperienza e testimonianza di scrittrice. Ma il solo contatto con uno scrittore o una scrittrice eccezionale non può garantire un futuro da brillante stella nel firmamento della letteratura.

Ma allora – di nuovo -, cosa fa di un autore un futuro scrittore? Cosa lo contraddistingue da qualsiasi blogger, a parte l’idea di prendere in mano una penna o una tastiera e buttar giù qualche idea? Frequentare il programma di scrittura creativa più prestigioso del mondo? Seguire un corso di Baricco, leggere un a settimana, scrivere mille parole al giorno? Insomma, domanda da un milione di dollari: è davvero utile, un corso di scrittura creativa?

La domanda, forse, è mal posta. Forse sarebbe meglio chiedersi a cosa serva, uno corso di scrittura creativa, e qui le risposte si moltiplicano.

Un corso di scrittura creativa serve a trovare il coraggio di mettersi alla prova e di esprimere i propri pensieri e idee. Serve a sperimentare nuovi stili e generi e a conoscere persone dalla voce ed esperienza diversa, che riescono ad arricchire i percorsi degli altri, ad influenzarli e a condividere nuove ispirazioni e opinioni. E gli esercizi proposti da tutor e professori sono sempre utili a cercare nuove vie attraverso cui esprimere la propria creatività.

Nel documentario Le Cinque Variazioni, il regista Lars Von Trier sfida il suo mentore e famoso direttore Jørgen Leth a girare una nuova versione del vecchio film L’Uomo Perfetto, mettendo però in pratica limitazioni molto precise. Il regista fallisce nel seguire tutte le indicazioni di von Trier, ma alla fine sviluppa un progetto che va ben oltre le iniziali aspettative e perplessità. Ecco: gli esercizi e giochi letterari possono sempre servire a questo. Ad incanalare le proprie idee in percorsi ben definiti, giungendo, forse, a nuovi, interessanti luoghi da esplorare.

I docenti di scrittura creativa invitano ad imparare a osservare, ascoltare e conoscere, e sostengono che l’ispirazione possa essere tratta da qualsiasi luogo, evento o banalità della vita quotidiana. Da una conversazione ascoltata sul bus, da un biglietto lasciato sul bancone di un bar, dalla lettura del giornaletto di cucina di un supermercato. La grande idea può venire a molti e la pazienza di metterla in pratica, la tenacia e la passione sono sempre d’aiuto. Un grande libro potrebbe essere scritto da tutti meno che dal povero e speranzoso aspirante autore che ha frequentato fior fior di corsi di scrittura creativa.

Quindi forse no, la laurea in scrittura creativa non è utile, se per utilità si intende la possibilità di divenire il nuovo Stephen King. Ed è innegabile che, invece, molti sedicenti scrittori o ciarlatani si ergano a insegnanti, vantando le proprie auto-pubblicazioni e approfittando di chi, invece, il gene dello scrittore di best-seller in attesa della pubblicazione pensa di averlo sul serio.

Molti grandi scrittori hanno frequentato e insegnato corsi di Scrittura Creativa. I primi programmi di scrittura nacquero alla fine dell’Ottocento e all’inizio del Novecento negli Stati Uniti, e lo studioso Mark McGurl, autore del classico The Program Era, sostiene che la nascita di questi corsi sia stato l’evento più importante nella storia della letteratura americana del dopoguerra, grazie al progressivo avvicinamento tra scrittori e mondo accademico.

Il valore di un corso di scrittura creativa e il modo in cui difendersi da ciarlatani e sedicenti autori sono argomenti ampiamente trattati da scrittori e esperti. Per informarvi al meglio, nel caso in cui siate curiosi, vi consiglio la lettura di questo articolo di Louis Menand sul New Yorker, che vi chiarirà dubbi e curiosità sulla storia dello studio della scrittura creativa.

Book City Milano 2015, al via la quarta edizione

Anche quest’anno parte il Book City Milano, giunto alla sua quarta edizione. La manifestazione, gratuita, si è aperta oggi 22 Ottobre e si concluderà il 25 Ottobre. L’iniziativa è voluta dal Comune di Milano e dal Comitato Promotore (Fondazione Rizzoli Corriere della Sera, Fondazione Giangiacomo Feltrinelli, Fondazione Arnoldo e Alberto Mondadori, Fondazione Scuola per Librai Umberto e Elisabetta Mauri), a cui si è affiancata l’AIE (Associazione Italiana Editori), in collaborazione con l’AIB (Associazione Italiana Biblioteche) e l’ALI (Associazione Librai Italiani).

In questi quattro giorni in cui la città sembra raccogliersi intorno al libro. Le sedi più note, pubbliche, private, quelle sconosciute e tutte da scoprire entrano nel circuito della manifestazione. Biblioteche, sale di lettura, piazze, spazi universitari, fondazioni, gallerie, castelli tutta la città sarà coinvolta. Eventi a tema nelle sedi della cultura e della vita sociale milanesi, eventi “fuori luogo” così come sono stati definiti dall’organizzazione, che portano il libro e la lettura a voce alta in sedi nuove e soprattutto in nuovi scenari sociali. Una carrellata di altri eventi sparsi su tutto il territorio, promossi e gestiti da editori, librerie e, diverse istituzioni culturali e scolastiche. Tanti gli ospiti, tanti gli argomenti di cui parlare: presentazione di libri, dibattiti socio-culturali e scientifici, riflessioni sull’editoria e tanto altro. Intorno al libro, che è l’oggetto indiscusso della manifestazione, ruota un universo costruttivo e positivo ed è questo che Milano book city vuole promuovere: letture a voce alte, spettacoli, mostre, seminari, visite alle raccolte e alle biblioteche storiche sia pubbliche che private, passeggiate culturali. Al centro vi è la città, spazio che propone la lettura come un’esperienza di valore.

Isabel Allende, Jeffrey Deaver, Herta Müller, Alessandro Baricco, Umberto Eco, Erri De Luca, sono solo alcuni tra i nomi che figurano in questa serie di manifestazioni (circa 800); durante la giornata di oggi, alle 10.30, presso L’Università Cattolica del Sacro Cuore, si è svolto l’incontro L’Italia raccontata dai media, cui hanno partecipato Fabio Fazio, Luca Doninelli, Aldo Grasso, Fausto Colombo e Ruggero Eugeni. Durante la mattinata è stato presentato il progetto dell’opera in tre volumi Storia della comunicazione e dello spettacolo in Italia (a cura di Fausto Colombo e Ruggero Eugeni).

Alle 17.30 presso L’Università degli studi di Milano (Palazzo Greppi,) si  è parlato di Lezioni di indisciplina. Migrare e naufragare tra pensiero e azione: protagonisti sono stati Pierangelo Dacrema, Renato Mannheimer, Veronica Gronchi e Andrea G. Pinketts.

Il programma è aperto, poliedrico ed è adatto a tutti prevede eventi a tutte le ore in parti diverse della città. Laboratori di scrittura, mostre di costume e di arte bibliografica, cacce al tesoro orchestrate da librai misteriosi, rassegne stampa, seminari sull’editoria e sul mestiere dello scrittore, giochi educativi e interattivi per i più piccoli, percorsi per gruppi e famiglie, lezioni di filosofia e di economia, progetti per le scuole; insomma c’è davvero di tutto, è un vero e proprio festival.
La città dei libri funzionerà anche quest’anno, come gli anni passati, a riprova che i libri e la cultura interessano se sono ben proposti.

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