Quando Bukowski in una sua poesia diceva: ‘l’uomo di oggi è merce deperibile’

Bukowski dissacra il sogno americano. La sua è una critica feroce all’America benestante, puritana, conservatrice; una presa di posizione destabilizzante nei confronti dell’America del consumismo e del conformismo. Ce lo dice senza giri di parole in una sua poesia: l’uomo di oggi è merce deperibile.

Lo scrittore americano è un ribelle solitario, che svela il grottesco della società a stelle e strisce; è per questa ragione che in America è rimasto sempre underground ed invece in Francia ed in Germania ha avuto grande successo. Bukowski svela gli scheletri dell’armadio della rispettabilità borghese. I personaggi dei suoi libri sono assurdi e la loro grama esistenza può apparire talvolta al lettore insensata e vuota.

Troviamo, quando va bene, mariti ubriachi e mogli brontolone affacciate alla ringhiera, affittacamere spilorce e maleodoranti. E tutti indistintamente che cercano di ammazzare il tempo, mentre aspettano di morire. Bukowski è troppo vecchio per appartenere alla beat generation e troppo originale per classificarlo in qualsiasi altra scuola poetica.

Per alcuni versi potremmo definire lo scrittore erede di Fante o almeno potremmo dire che ha un debito nei suoi confronti. Infatti lui stesso ha dichiarato a riguardo di Fante: Ecco, finalmente uno scrittore che non aveva paura delle emozioni. Ironia e dolore erano intrecciati tra loro con straordinaria semplicità”.

Bukowski dice no all’impegno politico, no all’establishment letterario: è un uomo a mani vuote, senza alcuna certezza né ideologia. Per quanto riguarda ogni presa di posizione politica, Bukowski ci ricorda che gli uomini non sono mai forti come le loro idee. L’unica rivoluzione che forse potrebbe fare è quella dei barboni, che lui immagina nel suo racconto “La vendetta dei dannati” in “Niente canzoni d’amore”.

Inoltre in un suo libro di poesie “Si prega di allegare 10 dollari per ogni poesia inviata” scrive a proposito dell’elite culturale: “Dire che sono un poeta mi mette in compagnia di grafomani matti e rincoglioniti che si mascherano da grandi saggi”.

L’originalità delle sue poesie sta nel fatto che non c’è distanza tra l’espressione poetica e la lingua ordinaria americana. Lo stile colloquiale d’intonazione bassa con cui si rivolge al lettore è rassicurante, però quando meno te lo aspetti ecco che Bukowski colpisce con la sua sicura fulmineità. E’ singolare il suo modo di evocare la condizione umana: quello di Bukowski evoca una storia d’uomo disilluso che, assunta liricamente, desta risonanze in tutti ed esprime efficacemente il malessere di un’epoca. Un altro aspetto interessante è che troviamo uomini in carne ed ossa, non cifre e segni.

La sua non è una poesia intellettualistica. Kerouac aveva scritto su un rotolo di carta telescrivente “On the road”. Vi narrava con un ritmo febbrile le peripezie di due giovani che percorrevano gli Stati Uniti da costa a costa. Ma in Kerouac c’era il desiderio di avventura, la voglia di esplorare il mondo e di effettuare un viaggio interiore tra Jazz, droghe, alcol. In Bukowski prevale invece una mistura sapiente di disincanto, cinismo, autoironia.

In W. Burroughs ci imbattiamo in scenari onirici e psichedelici, che mettono a dura prova l’immagine prefabbricata dell’America. Troviamo le sue esperienze da tossicomane, gli allucinogeni, gli spacciatori, gli alcolizzati ed una moltitudine di trasgressori e trasgressioni. Ma in Burroughs è rintracciabile anche la paranoia, il tema ricorrente della cospirazione, la presenza più o meno discreta del “Demoralizzatore totale”.

In Bukowski invece no. Egli non perde mai il contatto con la realtà. Ci sorprende per il suo sguardo diretto alle cose quotidiane, per la sua immediatezza nel coglierne i tratti essenziali. Nei suoi testi non ci sono né allusioni, né allegorie. Ogni suo libro nel suo insieme è così chiaro, che si può abbracciarlo tutto con un solo pensiero.

Nei suoi libri troviamo innanzitutto le sue più grandi passioni: la musica classica e la letteratura. Gli ambienti descritti nei suoi racconti e nelle sue poesie sono il bar, la strada, l’ospedale, l’ippodromo, la squallida stanza d’albergo, il manicomio, la bettola in cui è costretto a vivere. L’aspetto che più impressiona di Bukowski è l’occhio mirifico, la non comune capacità di cogliere il dettaglio di ogni ambiente e di ogni personaggio. Le sue storie poi spiazzano, perché sono vere eppure all’apparenza inverosimili.

Un’altra qualità è la battuta sferzante, l’aforisma tagliente, che spesso al momento giusto riesce a riassumere ed allo stesso tempo a sdrammatizzare la situazione paradossale in cui si trovano i personaggi. Ma questo non è ancora tutto. Il personaggio Bukowski entra prepotentemente in ogni suo racconto con le sue contraddizioni ed i suoi vizi. Un personaggio dedito agli eccessi: all’alcool, all’erotismo sfrenato e sfacciato, talvolta alle risse.

Insomma individualismo e boheme, o per dirla in termini italiani genio e sregolatezza. Lo scrittore usa spesso a questo proposito il suo alter ego Henry Chinaski, che come lui ha lavorato alle poste, il quale a tratti si comporta come un ragazzino a tratti rivela una saggezza illuminante. E’ un uomo conflittuale, mai pienamente risolto, le cui storie senza uscita alimentano continuamente il suo disagio esistenziale.

Bukowski dimostra il talento di fare della propria esperienza personale motivo e pretesto di condizioni più universali. Un tema che più volte Bukowski mette a fuoco è il rapporto difficile con le donne: sembra misogino e maschilista, eppure ha bisogno di relazioni a lungo termine con le donne: relazioni che non riesce a far durare a lungo per i suoi scatti d’ira e per i suoi umori altalenanti.

Nelle sue vicissitudini sentimentali regnano incontrastate incomunicabilità ed estraneità reciproca. La donna non è mai idealizzata, contemplata. Non è mai fatta simbolo di niente. Eppure nella sua vita sarà proprio una sua donna, Linda Lee a mettere freno agli impulsi distruttivi dello scrittore. Gli farà ridurre l’assunzione di alcol, lo metterà a dieta, lo incoraggerà ad andare tutti i giorni alle corse dei cavalli per distrarsi e a non alzarsi mai prima di mezzogiorno. Bukowski mette a nudo i difetti delle donne con un certo sarcasmo. Però allo stesso tempo mette a nudo anche i suoi difetti ed i suoi limiti di uomo. E questa sincerità disarmante da sola è rara e preziosa tra tutti gli scrittori esistiti ed esistenti.

 

Di Davide Morelli

Bukowski scopre che gli scissionisti del PD sono uguali ai maiali de ‘La fattoria degli animali’ di Orwell

Charles Bukowski entra alla Bury Farm, ma c’è qualcosa di strano. Gli animali, le strutture, tutto a posto, ma qualcosa non va… non vede uomini. Bussa alla villa padronale e… gli apre un maiale.

Bukowski: Ma quanto cazzo ho bevuto? Devo proprio smetterla. Lo sa che lei mi sembra un maiale? – dice ridendo al maiale – Almeno riesco a vederla che ancora cammina su due gambe, lei sicuramente è un uomo, non sono poi così ubriaco. Senta, volevo chiederle se per caso ha un dollaro, o due, o… ma sì dai, facciamo prima, ha una bottiglia di alcool da offrirmi?

Il maiale lo guarda con un’aria di superiorità infinita: Aspetti qui due gambe, le chiamo Napoleon.

Bukowski: Chi?

Il maiale: Sì, mi scusi, può chiamarlo Massimo, Massimo d’Alema.

Bukowski: Ah! Come no, lo scissionista.

Il maiale: Rivoluzionario! – urla.

Bukowski: Ok, ok, stai calmo, compagno…

Il maiale: Può chiamarmi Pierluigi Bersani. Comunque non sono tuo compagno, due gambe, stai al tuo posto. – e gli indica il salotto dove Bukowski sente un gran vociare…

Bukowski entra accompagnato da maial-Bersani e vede seduti al tavolo tanti maiali. “Ma possibile che quello che ho bevuto mi fa vedere tutto, tranne che uomini? E poi i visi di quei maiali hanno qualcosa di familiare”, consulta lercio.it su facebook. “Ma sì!!! Ecco chi siete!” Riconosce d’Alema, che siede dietro il capotavola, pronto, se servisse (a lui) ad accoltellare il capotavola di turno, e poi c’è un maiale enorme, lo scruta a fondo… è Emiliano! E poi Speranza attaccato alla gamba di Bersani continua a sorridere come uno scemo.

Maial-Bersani: Prego, si accomodi due gambe.

Bukowski: Ma… ma voi sembrate gli scissionisti del Pd, ma dove sono finito, che fattoria è questa?

Napoleon-d’Alema: Questa non è una fattoria, questo è il paradiso, non lo riconosce? Forse deve bere di più, vedrà che con qualche sorso la vita sembra un paradiso, prego si sieda e beva, e ascolti.

A Bukowski sedendosi sembra di leggere

quattro gambe è buono, due gambe è meglio, popolo è buono, d’Alema è meglio.

Si rese conto che non aveva bisogno di bere ancora: No grazie, apposto così. Volete spiegarmi che succede?

Napoleon-d’Alema interviene dicendo: Compagno Boschi…

Bukowski: Bukowski.

Napoleon-d’Alema: Sì insomma, compagno Boschi, la dirigenza si occupa del suo bene, non di spiegarglielo. Altre domande saranno ritenute da noi come sintomo di… – E Napoleon-d’Alema cerca di schioccare le dita, ma non è ancora così antropomorfo per farlo con lo zoccolo a due punte che ha, così interviene subito il maial-Speranza che sfrega il suo zoccolo su quello di Napoleon-d’Alema, in modo da ottenere il suono dello schioccare per ricordarsi qualcosa – Ah sì ecco, sintomo di renzismo, tu compagno sei renziano?

Bukowski: Io?… Boh, non so neanche che vuol dire.

Maial-Bersani: Se lo faccia dire dal nostro Emiliano, lui è antirenziamo, ma anche renziano, dipende da chi apparecchia la tavola.

Maial-Emiliano intanto si muove di continuo sulla sedia giustificandosi: Mi scusi sa, ma sono abituato a cambiare sempre posizione.

Bukowski: Le pare.

Maial-Emiliano: Comunque le spiego, io non sono contro gli scissionisti, ma preferisco rimanere dentro il PD, non sono neanche renziano, io sono per un altro PD!

Bukowski: Che tipo di PD?

Maial-Emiliano: PD…. Vorrei dirglielo, ma non ho una posizione sola neanche su questo, sicuramente un PD diverso da tutti gli altri PD. Sicuramente!

Napoleaon-D’Alema: Sicuramente! – poi rivolgendosi di nuovo a Bukowski – Vede signor Boschi, noi, IL POPOLO, non possiamo restare nel PD, lì padron-Renzi…

Bukowski: Ma non era padron-Frodo nella storia?

Napoleaon-D’Alema: L’anello ce l’ha Renzi, no? Quindi noi, IL POPOLO, abbiamo capito che padron-Renzi non ci avrebbe mai lasciato il controllo: purtroppo vince sempre le primarie, anche se perde le elezioni e quindi comanda sempre lui. Ci tocca fare come in Russia, meno voti… allora armi e rivoluzione! Lui non riconosce l’uguaglianza delle minoranza, che deve comandare sulla maggioranza. Noi, signor Boschi, siamo più uguali degli altri!

Bukowski: Voi siete dei maiali, proprio come tutti i politici. – e ride di gusto, ma intanto maial-Bersani gli spacca una bottiglia d’alcool in testa uccidendolo.

Due giorni dopo, funerali di stato del regime…

Napoleaon-D’Alema: Noi POPOLO piangiamo oggi la terribile scomparsa del compagno Boschi. Da quello che dice il medico (il medico non è alla fattoria ma gli altri, cioè le pecore non lo sanno, sono pecore) è morto per un attacco di renzismo. Abbiamo cercato di cambiare la sua testa con questa bottiglia, aveva chiesto lui l’alcool, chiedendoci praticamente di morire, piuttosto che rimanere renziano. Non potevamo fare altro , lo ha chiesto lui. Ricorderemo sempre il suo amore per l’acool. Propongo di intitolare una pizza al defunto, la bukoskaiola!

Le pecore osannanti cantarono poi l’inno Boschi ciao…

«Una mattina mi sono scisso,
o Boschi, ciao! Boschi, ciao! Boschi, ciao, ciao, ciao!
Una mattina mi son scisso
e ho salutato l’invasor (Renzi).

O d’alemiano, portami via,
o Boschi, ciao! Boschi, ciao! Boschi, ciao, ciao, ciao!
O bersaniano, portami via,
ché mi sento di morir.

E se io voto da speranziano,
o Boschi, ciao! Boschi, ciao! Boschi, ciao, ciao, ciao!
E se io voto da rossiano,
tu mi devi candidar.

Mi candiderai in Parlamento,
o Boschi, ciao! Boschi, ciao! Boschi, ciao, ciao, ciao!
E candiderai in Parlamento
al caldo di una bella poltron.

E le genti che passeranno
o Boschi, ciao! Boschi, ciao! Boschi, ciao, ciao, ciao!
E le genti che passeranno
Ti diranno «Che faccia da cul!»

«È questa la faccia da cul del d’alemiano»,
o Boschi, ciao! Boschi, ciao! Boschi, ciao, ciao, ciao!
«È questa la faccia da cul del d’alemiano
morto per la poltro-o-na!»

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