Nuvola di Fuksas: la nostra eredità e l’era del “fuffazoico”

Inaugurato lo scorso 29 ottobre, il nuovo Centro Congressi Roma Eur, meglio noto come Nuvola di Fuksas, ha dato vita ad un vespaio di polemiche sui costi delle opere pubbliche e sulla utilità di una struttura che è costata circa 240 milioni di euro (soldi anche nostri) e otto anni di lavoro. L’opera, che si sviluppa su una superficie di 55.000 mq, è sintetizzabile – come racconta il sito ufficiale dello studio di progettazione – in tre immagini: la Teca, la Nuvola e la “lama” dell’Hotel. E pensare che nei dintorni c’è il meraviglioso palazzo dei congressi che poteva essere recuperato e valorizzato.

Un caso fortuito e cinico ha voluto che il giorno successivo all’inaugurazione il Centro Italia fosse colpito da una terribile nuova scossa di terremoto che ha distrutto parte del nostro inestimabile patrimonio artistico lasciando migliaia di persone senza una casa. Così, mentre i romani e gli addetti ai lavori polemizzavano sulla Nuvola di Fuksas e sul post inaugurazione, il 30 ottobre crollava la Basilica di San Benedetto di Norcia insieme a tanti monumenti e ad interi piccoli centri.

I due fatti, in queste ore confuse e piene di dolore segnate dalla distruzione e dalla costruzione, ci spingono a riflettere su quale sarà la nostra eredità per il futuro. Se da un lato è nostro dovere preservare ed intervenire per mettere in sicurezza il patrimonio artistico esistente, dall’altro abbiamo il compito di dare forma al nostro vivere contemporaneo.

Mentre sul primo punto siamo tutti perfettamente d’accordo, i dubbi e le incertezze si concentrano sulla seconda missione che ci attende. Siamo sicuri che opere come la Nuvola rappresentino realmente il nuovo millennio o, invece, non sono altro che “fuffa” e, ancora, spetta allo spazio pubblico e alla sua ridefinizione il compito di raccontare il nostro presente ai posteri? La questione non è affatto banale e riguarda da vicino non solo la storia dell’arte, ma anche l’identità e il futuro del nostro mondo globalizzato.

Se analizziamo da vicino la Nuvola di Fuksas osserveremo sicuramente una grande opera della modernità con tecnologie costruttive e materiali all’avanguardia, ma la sua collocazione è indipendente dal contesto. Roma, New York, Madrid, Parigi, Londra, Mosca, solo per citare alcune città, avrebbero potuto ospitare indifferentemente la struttura che è espressione di un’arte apolide o forse sarebbe più corretto definire, correndo il rischio di essere cinici, non arte.

Che il sopravvalutato architetto abbia involontariamente rappresentato simbolicamente ciò che sono diventate le istituzioni italiane e come viene spesso sprecato il denaro pubblico in Italia, tanto denaro finito in una “nuvola” che a differenza di una vera nuvola è senza grazia e fuori contesto, occupando uno spazio infinitamente maggiore rispetto a quello utilizzabile di 8.000 posti? La storia dell’architettura contemporanea può essere scritta sulle pareti di una struttura concepita per fini utilitaristici?

La Nuvola di Fuksas, che si inserisce nella corrente artistica internazionale denominata decostruttivismo, di cui fanno parte le più gettonate archistar del mondo, come Gehry, Zaha Hadid, Calatrava, tutte unite dal motto “Famolo strano !”, è una occasione preziosa per discutere sulla sostenibilità ambientale ed economica, e pensare dove vogliamo e possiamo andare, affinché gli archeologi di domani non trovino tra le macerie del duemila solo plastica ed elementi che facciano identificare la nostra epoca come il “fuffazoico”.

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